REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Giorgio Fidelbo – Presidente –
Dott. Ersilia Calvanese – Relatore –
Dott. Enrico Gallucci – Consigliere –
Dott. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli – Consigliere –
Dott. Antonio Costantini – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(omissis) (omissis) (cui 0(omissis)R), nato in Marocco il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 20/06/2024 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Francesca Ceroni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni della parte civile, avv. (omissis) (omissis), che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettando, depositando nota spese;
lette le conclusioni del difensore, avv. (omissis) (omissis), che ha chiesto, presentando anche una memoria, l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Verona del 13 dicembre 2022, che aveva condannato, all’esito di giudizio abbreviato, l’imputato (omissis) (omissis) per il ‘ reato di cui all’art. 337 cod. pen., commesso il 30 ottobre 2017, alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costituita, (omissis) (omissis).
Secondo l’imputazione, (omissis) (omissis), invitato dal capo treno (omissis) (omissis) a scendere dal treno per fine della corsa, si rifiutava di aderire all’invito ed usava violenza verso la stessa ed il macchinista, spintonandoli e colpendoli con calci e pugni.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 23-bis d.l. n. 149 del 2020, 178 cod. proc. pen. per omesso deposito delle conclusioni scritte del Procuratore generale.
La difesa aveva eccepito in sede di appello la mancata trasmissione delle conclusioni scritte del Procuratore generale o in alternativa dell’omessa loro formulazione.
La Corte di appello ha ritenuto di superare tale eccezione per il solo fatto che non erano state depositate le conclusioni del Procuratore generale.
Questa conclusione è erronea perché il deposito delle conclusioni è atto dovuto, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 28728 del 2022), che ha ravvisato in tal caso la nullità della sentenza impugnata.
In ogni caso, nel caso di specie non potevano neppure considerarsi valide le conclusioni formulate per l’udienza dell’8 aprile 2024, posto che per essa la Corte di appello ha ritenuto la nullità della citazione a giudizio.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 357 e 38 cod. pen. e alla sussistenza del contestato reato.
Erroneamente la Corte di appello ha qualificato la persona offesa come pubblico ufficiale, in quanto l’attività che la stessa stava svolgendo non riguardava né il controllo dei biglietti né il trasporto dei passeggeri, ma soltanto la mera verifica del “fine corsa”, priva di pubblica finalità ed estranea alla sicurezza dei passeggeri.
Si trattava di attività interna all’azienda, finalizzata alla custodia e manutenzione del mezzo, nella quale alcun potere autoritativo e certificativo, di cui agli artt. 17 e 31 d.P.R. n. 753 del 1983, stava esplicando il capo treno (ne è conferma che alcuna sanzione era prevista per l’inosservanza della richiesta di scendere).
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e le parti private hanno depositato conclusioni scritte e memorie, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
2. In ordine al primo motivo va premesso che l’udienza di appello, con rito cartolare, si è tenuta il 20 giugno 2024.
Sulla base della normativa che, regolava in via transitoria l’applicazione delle disposizioni per i giudizi di impugnazione, dettate dalla riforma di cui al d.gls. n. 150 del 2022, per le impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024 continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 (art. 94 d.lgs. n. 150 del 2022).
L’art. art. 23-bis cit. stabiliva che “entro il decimo giorno precedente l’udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che saranno resi disponibili ed individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati.
La cancelleria invia l’atto immediatamente, per via telematica (…), ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte d’appello per via telematica, ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137″.
La sequenza procedimentale, dunque, prevedeva che, fissata l’udienza, le parti e il Procuratore generale possono formulare istanza di trattazione orale entro i quindici giorni precedenti; in difetto, il Procuratore generale formula le proprie conclusioni per iscritto entro il termine di dieci giorni prima dell’udienza, mentre le altre parti, cui le conclusioni debbono essere telematicamente inviate, “possono” presentare a loro volta conclusioni scritte entro il quinto giorno precedente l’udienza.
Secondo la sentenza richiamata dal ricorrente (Sez. 2, n. 28728 del 2022), sulla base della diversità dei termini (“formula le conclusioni”, “possono presentare le conclusioni’), mentre i difensori delle parti private possono presentarle, ma non sono obbligati, la Parte pubblica deve formulare le conclusioni per ciascuno dei processi fissati all’udienza.
Le conclusioni della Parte pubblica, poi, a differenza di quelle delle parti privati devono essere immediatamente comunicate alle altre parti.
L’orientamento seguito dalla Seconda Sezione di questa Corte ha trovato in precedenza altre affermazioni (così Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, Rv. 282175; Sez. 3, n. 38177, del 7 settembre 2021, Rv. 282373), tutte convergenti nel ritenere obbligatorie le conclusioni del Pubblico ministero.
É tuttavia presente nella giurisprudenza di legittimità anche una più recente e consistente esegesi di segno contrario, che ha dato rilievo alla partecipazione solo eventuale del procuratore generale nel procedimento camerale con contraddittorio cartolare (Sez. 1, n. 14766 del 16/03/2022, Rv. 283307; in senso conforme, Sez. 5, n. 34796 del 03/07/2024 n.m.; Sez. 7, n. 28273 del 25/06/2024, n.m.; Sez. 5, n. 46393 del 03/10/2023, n.m.).
A prescindere dalla condivisione dell’uno o dell’altro orientamento, il Collegio ritiene dirimente che in ogni caso il ricorrente non ha dedotto un concreto interesse all’osservanza della disposizione violata (Sez. 2, n. 44017 del 19/09/2023, Rv. 282175; Sez. 5, n. 19368 del 24/03/2023, n. m.; Sez. 2, n. 2627 del 19/11/2024, dep. 2025, n. m.).
Secondo la giurisprudenza consolidata, risalente a Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693, l’interesse ad impugnare deve essere ricostruito «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo».
3. Non ha alcun pregio la censura dedotta con il secondo motivo, relativa alla effettiva configurabilità del reato.
Secondo la Corte di appello, il capo treno al momento del fatto non aveva cessato il suo servizio e stava svolgendo mansioni di controllo sulla sicurezza dei passeggeri a bordo delle vetture, quando ha sorpreso l’imputato addormentato e ubriaco ancora a bordo, nonostante che il treno fosse giunto alla fine della corsa, invitandolo a scendere.
Nonostante l’invito, l’imputato dava in escandescenze aggredendo il capo treno, allontanandosi lungo il convoglio.
Tale controllo, come correttamente ha ritenuto la Corte di appello, era finalizzato ad assicurare la incolumità dei viaggiatori e il rientro in sicurezza del convoglio al deposito e rientrava nei compiti assegnati al capo treno dal d.P.R. n. 753 del 1980 in materia di ordine e sicurezza, anche con poteri accertativi.
Il d.P.R. n. 753 del 1980 prevede che “chiunque si serve delle ferrovie deve osservare tutte le prescrizioni relative all’uso delle medesime ed è tenuto in ogni caso ad attenersi alle avvertenze, inviti e disposizioni delle aziende esercenti e del personale per quanto concerne la regolarità amministrativa e funzionale, nonché l’ordine e la sicurezza dell’esercizio” e che i trasgressori di tale disposizione sono soggetti a sanzione amministrativa (art. 17); che la constatazione dei suddetti fatti e la relativa verbalizzazione, in assenza di personale della Polizia ferroviaria o altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, sono attribuiti al “personale addetto all’esercizio, alla custodia ed alla manutenzione delle ferrovie” (art. 71).
4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Consegue, ancora, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado a favore della parte civile costituita, liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, (omissis) (omissis), che liquida come richiesto in complessivi euro 1.844,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 26/03/2025
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2025.