REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –
Dott. NARDIN Maura – Consigliere –
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –
Dott. DOVERE Salvatore – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) SALVATORE nato a ASTI il 22/07/19xx;
avverso la sentenza del 30/03/2021 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. GIULIO ROMANO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. A mezzo del difensore avv. Michele (OMISSIS), (OMISSIS) Salvatore ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Torino ha confermato quella emessa dal Tribunale di Asti, che lo aveva condannato, all’esito di rito abbreviato, alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 412,00 euro di multa, avendolo giudicato colpevole di tentato furto aggravato.
Ad avviso del ricorrente la Corte di appello è incorsa nel vizio di motivazione laddove ha negato la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità; infatti, la motivazione è incentrata sul danno che si sarebbe prodotto laddove il furto fosse stato consumato.
Per il ricorrente, invece, poiché vi è stato solo un tentativo di sottrazione e i beni (alcune buste di pinoli) erano stati subito restituiti, non si è verificato alcun danno.
Inoltre la Corte distrettuale non ha motivato in ordine al rilievo difensivo che poneva in luce come il danno dovesse essere accertato alla stregua del complessivo pregiudizio economico patito dalla persona offesa; nel caso di specie una società con un patrimonio miliardario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile siccome manifestamente infondato.
In merito al diniego della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 cod. pen.), lo stesso ricorrente rammenta che la Corte di appello si è richiamata al principio secondo il quale nel reato di furto tentato, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, deve aversi riguardo al danno ipotetico che il reato avrebbe cagionato qualora fosse stato consumato.
Si tratta di un principio che espresso da diverse decisioni di questa Corte (tra le altre, Sez. 5, n. 44153 del 30/09/2008, Chiarvesio, Rv. 241688; Sez. 5, n. 35827 del 04/06/2010, Borgia, Rv. 248500) era stato criticato da un diverso filone interpretativo, per il quale in tema di reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità non si applica al delitto tentato, in quanto il danno patrimoniale non è elemento costitutivo dell’ipotesi delittuosa (Sez. 5, n. 11923 del 27/01/2010, Luongo, Rv. 246556).
L’intervento delle Sezioni Unite ha però da tempo e definitivamente risolto il contrasto, nel senso che «Nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità é applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima» (Sez. U, n. 28243 del 28/03/2013, Zonni, Rv. 255528).
L’assunto del ricorrente, che si concreta in realtà nell’indicazione di una ipotetica violazione di legge, è quindi manifestamente infondato.
Quanto al secondo profilo, questa Corte intende ribadire l’interpretazione già resa da questa Sezione, secondo la quale la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante, ma è, inoltre, necessario considerare, oltre al valore in sé della cosa sottratta, anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res” (Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015, Chiefari, Rv. 262450).
Detto altrimenti, il valore complessivo del pregiudizio sovviene quando il valore economico della cosa sia di per sé compatibile con l’attenuante in parola, non essendo sufficiente considerare questo ma dovendosi ampliare l’accertamento al più ampio orizzonte.
Per contro, il ricorrente evoca il principio come se il valore di speciale tenuità fosse da apprezzare in rapporto alle capacità patrimoniali della persona offesa; ben diversamente, vanno sì considerati oltre al valore in sé della cosa sottratta anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza del reato, ma non rileva, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (cfr. ex multis, Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615).
Anche la seconda censura è quindi manifestamente infondata.
3. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1.6.2022.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2022.