Nave cargo collide con un peschereggio uccidendo i due marinai pescatori. Condannati sia il terzo ufficiale che il timoniere per omicidio colposo (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 23 marzo 2023, n. 12128).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Rel. Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

(OMISSIS) (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 21/12/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa CAPPELLO Gabriella;

il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. PERELLI Simone, ha concluso con memoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS), con condanna del predetto al pagamento delle spese processuali; l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al punto dell’omessa valutazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale a (OMISSIS) (OMISSIS); l’inammissibilità del restante motivo e l’irrevocabilità della sentenza con riferimento alla condanna dello stesso per il reato contestato al capo a) dell’imputazione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale cittadino con la quale era stata affermata la penale responsabilità, tra gli altri, degli imputati (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), nelle rispettive qualità di terzo ufficiale comandante in coperta e vedetta timoniere della nave cargo “(OMISSIS)”, in rotta il (OMISSIS), per i reati di omicidio colposo ai danni di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), marinai a bordo del peschereccio “(OMISSIS)”, e di naufragio colposo di tale natante, per avere, per colpa grave e comunque per negligenza, imprudenza e imperizia e agendo in violazione di plurime regole poste a salvaguardia della navigazione marittima, cagionato la collisione tra le due imbarcazioni al largo dell’isola di (OMISSIS), ha dichiarato estinto il reato di omicidio colposo per prescrizione, rideterminando la pena.

Per quanto qui d’interesse, non essendo devoluto il punto della decisione inerente alla penale responsabilità del (OMISSIS), a costui erano stati mossi plurimi rilievi, analiticamente indicati in imputazione, laddove al (OMISSIS) era stato specificamente rimproverato di essersi posto al servizio di vedetta in condizioni fisiche non efficienti derivanti dalla assunzione di stupefacenti e dal ridotto riposo notturno e di avere omesso un efficace servizio di vedetta e di avvisare tempestivamente l’ufficiale in coperta, in presenza di navigazione a vista.

2. Avverso la sentenza la difesa dei due imputati ha proposto ricorsi, con unico atto, formulando tre motivi.

Il primo riguarda il solo imputato (OMISSIS) e con esso si deduce violazione di legge e vizio motivazionale quanto alla ritenuta insussistenza degli estremi della scriminante dell’adempimento del dovere.

In primo grado, il consulente tecnico dell’accusa aveva escluso profili di colpa in capo al timoniere e lo stesso pubblico ministero aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato. Ciononostante, i giudici territoriali ne avevano ritenuto la responsabilità, omettendo di considerare che il (OMISSIS), quale timoniere, era obbligato a dare esecuzione agli ordini del terzo ufficiale (OMISSIS).

Sotto altro profilo, la difesa rileva che il timoniere, oltre a essere obbligato a eseguire l’ordine imposto dal terzo ufficiale, agisce in base alla rappresentazione degli eventi veicolati da quest’ultimo, cosicché quell’ordine era insindacabile dall’imputato, sia in quanto gerarchicamente sottoposto, sia per essere stato indotto in errore sulla sua legittimità da una rappresentazione dei fatti difforme da parte del soggetto preposto alla comunicazione.

Occorre, dunque, considerare la reale percezione dei fatti da parte del timoniere (OMISSIS) e se gli stessi, come erroneamente rappresentati, potessero indurre a una diversa valutazione della situazione, sì da far ritenere la illegittimità dell’ordine impartito e far sorgere il conseguente dovere di disattenderlo.

Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto vizio motivazionale, in relazione alla omessa giustificazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena nei confronti dell’imputato (OMISSIS): a seguito, infatti, dell’intervenuta declaratoria di estinzione del reato di omicidio colposo per prescrizione, la Corte d’appello aveva parzialmente riformato quella di condanna, riportando la pena nei limiti di operatività dell’istituto, ma aveva omesso di valutare tale possibilità, pur avendo l’appellante fatto esplicita richiesta dei doppi benefici nella parte conclusiva del gravame.

Con il terzo, infine, sempre formulato nell’interesse del solo (OMISSIS) (OMISSIS), la difesa ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al diniego delle attenuanti generiche, avendo i giudici territoriali omesso di considerarne il contegno e la condizione di incensurato, tenuto conto della contestazione e della cooperazione colposa di altri imputati.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. PERELLI Simone, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS), con condanna del predetto al pagamento delle spese processuali; l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al punto dell’omessa valutazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale a (OMISSIS) (OMISSIS); l’inammissibilità del restante motivo e l’irrevocabilità della sentenza con riferimento alla condanna dello stesso per il reato contestato al capo a) dell’imputazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorso sono inammissibili.

2. La presente disamina è circoscritta al devolutum introdotto con i motivi formulati per ciascun imputato, quanto al (OMISSIS) (OMISSIS) rilevandosi preliminarmente che non sono state articolate censure inerenti all’affermazione della penale responsabilità.

Alla luce di tale premessa, va rilevato che la Corte territoriale ha rigettato la richiesta del (OMISSIS) di riconoscimento delle attenuanti generiche osservando che costui, responsabile delle plurime violazioni contestate, non si era trovato a fronteggiare una situazione improvvisa e un inaspettato pericolo: al contrario, aveva avuto un ampio margine di tempo per approntare le manovre necessarie a scongiurare la collisione, serbando invece un atteggiamento “spavaldo e sprezzante” anche di fronte al timido suggerimento del timoniere di segnalare all’altro natante la loro presenza mediante mezzi acustici (il fischio).

Non ha neppure riconosciuto elementi positivi idonei a neutralizzare il pregnante valore attribuito a tale comportamento, rilevando che l’imputato non era reduce da turni logoranti o attività che ne avessero fiaccato le facoltà percettive, a fronte di condizioni climatiche favorevoli e della disponibilità di strumentazione di bordo pienamente funzionante. Le stesse manovre alternative imposte dalla situazione contingente non richiedevano particolari perizia ed esperienza.

Quanto, invece, alla posizione del (OMISSIS), i giudici d’appello non hanno ritenuto operativa nella specie la scriminante dell’adempimento del dovere: l’imputato aveva ricevuto istruzioni di non operare una “accostata” più decisiva, pur avendo suggerito al suo comandante di mettere il timone “in barra”, ossia di compiere una manovra più incisiva e di avvisare il peschereccio con il “fischio”; inoltre, aveva ricevuto ordini che si palesavano in aperto contrasto con le regole della navigazione imposte dal regolamento internazionale.

Ciò posto, nonostante la riconosciuta operatività in astratto della scriminante invocata, quei giudici hanno rilevato, da un lato, che tra i due imputati non poteva dirsi esistente un rapporto gerarchico di tipo militare, estraneo all’ordinamento della marina mercantile.

Pertanto, al (OMISSIS) non era inibito un sindacato sulla legittimità degli ordini impartiti e neppure gli era preclusa la facoltà di opporvisi, soprattutto alla luce della macroscopica violazione di una serie di regole basilari stabilite dal regolamento e della esperienza acquisita in dodici anni di attività nelle mansioni espletate.

Sotto altro profilo, poi, hanno escluso che al (OMISSIS) fosse stata prospettata una situazione tale da far apparire la legittimità dell’ordine impartitogli dal (OMISSIS): in tal senso deponeva, secondo i giudici di merito, un dato assai significativo, rappresentato dal fatto che era stato proprio il (OMISSIS) a suggerire il comportamento alternativo lecito qualche attimo prima della collisione, nella piena consapevolezza, dunque, del pericolo incombente e della scorrettezza del comportamento impostogli dal superiore.

Neppure le eventuali sanzioni disciplinari alle quali egli avrebbe potuto esporsi potevano essere ritenute tali da escluderne la colpevolezza, dal momento che, a fronte del ben più grave rischio, altri erano i beni fondamentali che l’ordine errato metteva a repentaglio.

3. I motivi sono tutti manifestamente infondati.

E’ necessario precisare, stante il contenuto di parte delle doglianze difensive, che in questa sede possono essere presi in considerazione solo rilievi che attengono alla applicazione corretta delle norme di legge e alla verifica della spiegazione degli eventi, offerta dai giudici del merito a sostegno delle conclusioni rassegnate, sulla scorta del materiale probatorio disponibile, tenuto conto che, trattandosi di doppia sentenza conforme, tale giustificazione risulterà congrua alla stregua di una lettura integrata delle motivazioni rese nei due gradi di merito (sul punto, sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, 1994, Rv. 197250), a maggior ragione allorché i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata (sez. 3 n. 13926 dell’1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615).

Infatti, va ribadita l’estraneità al sindacato di legittimità degli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori riguardanti interamente il merito e che non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui ne risulti viziato il percorso giustificativo sulla capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio.

Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099).

Ora, muovendo proprio dalla affermazione della penale responsabilità del (OMISSIS), deve rilevarsi come la difesa abbia fatto proprio questo, riproposto cioè la stessa questione, affrontata apertamente dai giudici d’appello, offrendo una lettura diversa delle prove raccolte.

4. Alla luce di tali premesse, va rilevato intanto che la Corte territoriale ha congruamente evidenziato i motivi per i quali ha ritenuto il comportamento del (OMISSIS) non scriminato dalla esecuzione di un ordine superiore e neppure configurabile una erronea rappresentazione della realtà, tale da ingenerare l’apparenza della legittimità delle istruzioni ricevute.

L’argomento speso dai giudici d’appello è assai pregnante, avendo lo stesso imputato, attraverso il suggerimento pur formulato, dato conto della piena conoscenza dei dati fattuali disponibili e, quindi, della illegittimità dell’ordine eseguito passivamente.

Trattasi di un argomentare perfettamente coerente con il consolidato indirizzo di legittimità, secondo il quale, non è applicabile la causa di giustificazione invocata in questa sede (art. 51 c.p.) qualora il soggetto abbia agito in esecuzione di un ordine illegittimo impartitogli dal superiore gerarchico (sez. 5, n. 16703 del 11/12/2008, dep. 2009, Palanza, Rv. 243332).

Il principio è stato anche successivamente ripreso e calibrato, affermandosi, per esempio, che la scriminante in esame è configurabile nel caso in cui la condotta colposa dell’agente derivi dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta nelle ipotesi di delitto colposo, quando la condotta riferibile all’agente che ricopre una posizione di garanzia sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza (sez. 1, n. 20123 del 20/1/2011, Sanz, Rv. 250027).

5. Per quanto riguarda, invece, le doglianze formulate nell’interesse del (OMISSIS), la manifesta infondatezza di quella che attiene al diniego delle generiche deriva dalla semplice constatazione del mancato raffronto con i motivi della decisione: i giudici del gravame hanno ampiamente giustificato la determinazione assunta alla stregua di elementi certamente valorizzabili, quali il grado della colpa e l’assenza di concause che, pur non incidendo sul nesso eziologico tra condotta e evento, tuttavia ne possano indicare un minor disvalore.

Al contrario, la valutazione operata dà conto della particolare gravità della condotta e di un atteggiamento dell’imputato sordo anche a suggerimenti, timidamente formulati dal suo sottoposto.

Peraltro, sul punto specifico, deve richiamarsi ancora una volta il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, per ribadire che le circostanze attenuanti generiche hanno anche la funzione di adeguare la sanzione finale all’effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalità degli elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificità della vicenda può richiedere un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell’art. 3 Cost., e della finalità rieducativa, di cui all’art. 27 Cost., comma 3, di cui la congruità costituisce elemento essenziale (sez. 2, n. 5247 del 15/10/2020, dep. 2021, P., Rv. 280639).

La ratio della disposizione di cui all’art. 62 bis c.p., infatti, non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (sez. 2, n. 3896 del 20/1/2016, De Cotiis, Rv. 265826).

Cosicché, al fine di ritenerle o escluderle, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Marigliano, Rv. 279549).

E, poiché il giudice, nel valutare la concedibilità delle generiche, esprime un giudizio di fatto, la relativa motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Pettinelli, Rv. 271269, in fattispecie nella quale infatti la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).

6. Infine, è manifestamente infondato anche il motivo inerente alla mancata sospensione condizionale della pena, formulato nell’interesse del (OMISSIS), a seguito della rideterminazione della stessa in sede d’appello, conseguente alla declaratoria di estinzione del reato di omicidio colposo.

Sul punto, va rilevato, intanto, che l’obbligo motivazionale del giudice non può che essere calibrato in base alla articolazione del relativo motivo di gravame.

Nella specie, oltre a rilevarsi che l’istanza, formulata genericamente con la locuzione “ogni beneficio di legge”, ha impegnato l’ultimo rigo delle richieste conclusive di cui all’atto di gravame (vedi 17 dell’appello), è lo stesso ricorrente ad affermare di aver genericamente chiesto i doppi benefici nella parte finale dell’atto d’impugnazione.

Ma, anche a voler considerare il novum rappresentato dalla rimodulazione della pena, va osservato che, nella specie, è la complessiva valutazione della gravità del fatto e della personalità dell’imputato a far ritenere che il beneficio sia stato implicitamente escluso, pur rientrando la pena nei parametri legali.

Si è già affermato, infatti, che le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con la quale il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 c.p. (sez. 4., n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244; sez. 3, n. 26191 del 28/372019, Lamaj, Rv. 276041).

5. All’inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e il versamento della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.