REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. PATRIZIA PICCIALLI -Presidente
Dott. LUCIA VIGNALE -Consigliere
Dott. EUGENIA SERRAO -Consigliere
Dott. ATTILIO MARI -Consigliere
Dott. ALESSANDRO D’ANDREA -Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del 13/08/2019 del TRIBUNALE di LECCO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO D’ANDREA;
lette/sentite le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21 agosto 2019 il Tribunale di Lecco ha rigettato il ricorso proposto da (omissis) (omissis) avverso il provvedimento con cui in data 16 luglio 2018 il giudice unico dello stesso Tribunale aveva rigettato una sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto dell’esistenza di due precedenti condanne definitive per omesso versamento dell’I.V.A., di cui all’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis), a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione degli artt. 76 e 91 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui l’art. 91 prevede una presunzione iuris et de iure di abbienza, conseguentemente escludendo la possibilità di richiedere l’ammissione al gratuito patrocinio per i condannati per i reati c.d. fiscali.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che l’effetto preclusivo derivante dalla condanna per il reato di violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto potrebbe operare solo nei casi in cui il procedimento nel quale è richiesta l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia relativo proprio a tale categoria di reati, e non già nelle diverse ipotesi, come quella in esame, in cui l’istante sia, invece, indagato o imputato per crimini di diversa natura – nella specie per le fattispecie di cui agli artt. 582, 585 cod. pen. (capo A); 4 I. 18 aprile 1975, n. 110 (capo B) -. La difforme interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità sarebbe, pertanto, erronea, nonché contraria ai parametri dettati dalla Carta Costituzionale.
3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato, per cui lo stesso deve essere rigettato.
2. Deve essere osservato, infatti, come l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio dello Stato sia stata correttamente rigettata dal Tribunale di Lecco non solo riferendosi all’esclusione, prevista dall’art. 91 D.P.R. n. 115 del 2002, dell’ammissione al gratuito patrocinio per il condannato con sentenza definitiva per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, bensì operando anche richiamo alla presunzione di superamento dei limiti di reddito prevista dall’art. 76, comma 4-bis, dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, con riguardo a soggetti già condannati con sentenza definitiva per determinate categorie di reati, tra cui, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 7 marzo 2019, n. 34, anche quelli commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
La Corte Costituzionale ha dichiarato con sentenza 16 aprile 2010, n. 130, l’illegittimità costituzionale di tale previsione, stabilendo che detta presunzione deve essere intesa come relativa, ossia superabile con prova contraria.
L’art. 91 del D.P.R. n. 115 del 2002 prevede, come detto, l’esclusione dell’ammissione per i condannati con sentenza definitiva in ordine ai reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Nell’originaria formulazione tale esclusione era estesa anche agli “indagati” ed agli “imputati”, ma a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 7 marzo 2019, n. 34 – che ha soppresso dette parole, ed ha, come osservato, introdotto nell’art. 76, comma 4-bis, D.P.R. n. 115 del 2002, i reati c.d. fiscali tra quelli per cui vale la presunzione di superamento dei limiti di reddito – permane per il solo condannato in via definitiva.
Ed allora, dalla lettura coordinata degli artt. 76, comma 4-bis, e 91 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così come modificati dal d.lgs. 7 marzo 2019, n. 34, si desume che la condanna riportata dal richiedente il gratuito patrocinio in ordine a reati c.d. fiscali determina una presunzione di superamento dei limiti di reddito, vincibile con prova contraria, quando l’ammissione è richiesta in procedimenti relativi a reati diversi da quelli in esame, ed una preclusione assoluta alla ammissione al beneficio, quando essa è richiesta in procedimenti aventi ad oggetto proprio tale condanna.
In tema di patrocinio a spese dello Stato, cioè, è legittimo il provvedimento di rigetto dell’ammissione al beneficio richiesto da chi abbia già riportato condanna irrevocabile per reato commesso in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, fondato sulla presunzione relativa di superamento dei limiti di reddito prevista dall’art. 76, comma 4-bis, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e sulla mancata allegazione, da parte del richiedente, di concreti elementi di fatto idonei a vincerla (così, espressamente, Sez. 4, n. 13742 del 22/03/2022, Falduto, Rv. 283021-01).
Nel caso in esame, il giudice dell’opposizione ha correttamente rigettato l’istanza del (omissis) osservando come il ricorrente avesse riportato precedenti condanne definitive per il reato di violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, tali da far presumere, ai sensi dell’art. 76, comma 4-bis, D.P.R. n. 115 del 2002, il superamento dei limiti di reddito ai fini della ammissione, senza che, in senso contrario, l’opponente sia stato in grado di allegare o indicare elementi concreti idonei a vincere la suddetta presunzione.
3. Ne deriva, pertanto, la pronuncia del rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27/09/2023.
Depositato in Cancelleria, oggi 5 ottobre 2023.