REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –
Dott. APRILE Ercole – Rel. Consigliere –
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –
Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(OMISSIS) Francesco Pio, nato a San Giovanni Rotondo il 10/03/19xx;
avverso l’ordinanza del 25/07/2022 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ercole Aprile;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Andrea Venegoni, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio o con rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Bari, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., riformava parzialmente l’originario provvedimento cautelare disponendo la sostituzione della applicata misura degli arresti domiciliari con quella interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico servizio; e confermava nel resto quel medesimo provvedimento genetico con il quale il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia aveva riconosciuto nei riguardi di Francesco Pio (OMISSIS) la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e l’esistenza di un rischio di recidiva in relazione ai delitti di cui agli artt. 81 e 314, 56 e 314 cod. pen., per essersi – in qualità di incaricato di pubblico servizio e in concorso con il padre Michele, entrambi dipendenti della (OMISSIS) s.r.l. concessionaria del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti per il comune di San Giovanni Rotondo – appropriato in più occasioni, dal marzo 2022 all’8 luglio 2022, con cadenza di circa due volte a settimana, di 800 litri di gasolio di cui avevano il possesso in ragione del loro servizio, prelevati con una pompa elettrica dal serbatoio dell’autocarro della (OMISSIS) utilizzato per la raccolta dei rifiuti, mezzo che a tal fine era stato parcheggiato nei pressi di un deposito di pertinenza dell’abitazione dei due prevenuti dove erano stati rinvenuti alcuni bidoni pieni di quel carburante e altri vuoti; ed ancora, per avere, sempre in concorso con il genitore, l’8 luglio 2022 compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco ad appropriarsi del carburante quel giorno presente nell’autocarro che era stato loro affidato.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso Francesco Pio (OMISSIS), con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale, con due distinti punti, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 314 e 358 cod. pen., e il vizio di motivazione, per mancanza o apparenza, per avere il Tribunale del riesame confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento agli indicati delitti contro la pubblica amministrazione, erroneamente affermando, e comunque omettendo di fornire adeguato sostegno motivazionale sul punto, che il prevenuto potesse essere qualificato come incaricato di pubblico servizio in ragione della posizione dallo stesso rivestita all’interno della società (OMISSIS), concessionaria del servizio pubblico comunale della raccolta dei rifiuti.
3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dall’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall’art. 5- duodecies del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell’interesse di Francesco Pio (OMISSIS) vada accolto, per le ragioni e con gli effetti di seguito precisati.
2. È fondato il motivo dedotto in termini di violazione di legge (con assorbimento dell’esame della connessa doglianza inerente al denunciato vizio di motivazione).
Come noto, l’art. 358 cod. pen., nel testo modificato dall’art. 18 della legge 26 aprile 1990, n. 86, stabilisce che «Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale».
Poco dopo l’entrata in vigore di tale disposizione, questa Corte ebbe modo di chiarire che dovevano essere considerati incaricati di un pubblico servizio, ai sensi del novellato art. 358 cod. pen., coloro i quali, pur agendo nell’ambito di un’attività disciplinata nelle forme della pubblica funzione, mancano dei poteri tipici di questa, purché non svolgano semplici mansioni di ordine, né prestino opera meramente materiale; e che, perciò, il pubblico servizio è attività di carattere intellettivo, caratterizzata, quanto al contenuto, dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è solo in rapporto di accessorietà o complementarietà (Sez. U, n. 7958 del 27/03/1992, Delogu, Rv. 191172).
In seguito, nella giurisprudenza di legittimità sono state registrate oscillazioni con riferimento alla qualifica di pubblico servizio in tutti i casi di svolgimento di attività delegate ovvero di attività latamente di interesse pubblico ma gestite da enti in regime di diritto privato; tuttavia, nessuna incertezza esegetica si è manifestata in relazione alla definizione dell’ambito applicativo della norma in argomento nella parte in cui viene esclusa in radice la configurabilità della posizione penalistica dell’incaricato di pubblico servizio laddove l’agente sia assegnatario di mere mansioni d’ordine ovvero presti un’opera meramente materiale: tali dovendosi qualificare quelle attività che siano caratterizzate dalla mancanza di poteri decisionali ovvero dall’assenza di qualsivoglia margine di discrezionalità, e che, perciò, si esauriscono nello svolgimento di compiti semplici solamente materiali o di pura esecuzione (in questo senso v. anche, nella giurisprudenza civilistica, Cass., sez. lav., n. 3106 del 12/04/1990, Rv. 466637).
In tale contesto, mentre la sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio è stata riconosciuta nei riguardi di quei soggetti che, operando tanto nell’ambito di enti pubblici quanto di enti di diritto privato, siano risultati titolari di funzioni di rilevanza pubblicistica caratterizzate dall’esercizio del potere di adottare in autonomia provvedimenti conformativi dei comportamenti dei destinatari del servizio, con i quali l’agente instaura una relazione diretta (così, tra le molte, Sez. 6, n. 3932 del 14/12/2021, dep. 2022, Signorile, Rv. 282755; Sez. 3, n. 26427 del 25/02/2016, B., Rv. 267298; Sez. 6, n. 6749 del 19/11/2013, dep. 2014, Gariti, Rv. 258995), quella qualifica è stata convintamente negata in relazione alla posizione di quei soggetti che, privi di mansioni propriamente intellettive, nel contesto di quelle strutture siano chiamati a compiere generiche attività materiali in esecuzione di ordini di servizio ovvero di prescrizioni impartire dai superiori gerarchici.
In particolare, si è puntualizzato che non sono incaricati di pubblico servizio coloro che svolgono un’attività meramente materiale o esecutiva, che resta estranea all’attività propriamente amministrativa, qual è quella svolta dagli operatori ecologici in senso stretto: soggetti per i quali è stata significativamente esclusa la sussistenza degli estremi tanto del delitto di omissione di atti di ufficio di cui all’art. 328 cod. pen., quanto del reato di falso in atto pubblico in relazione alla redazione di documentazione inerente al mero rapporto contrattuale (sottoscrizione di fogli di presenza) al di fuori ovvero non connessa all’esercizio delle attribuzioni proprie dell’agente (in questo senso Sez. 5, n. 3901 del 15/12/2000, dep. 2001, Pizzimenti, Rv. 219242).
Né conduce a differenti conclusioni – come perspicuamente sottolineato nella sua requisitoria dal Procuratore generale – la pronuncia con la quale la Cassazione ha riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio nel caso del dipendente di una società di diritto privato ad intera partecipazione pubblica, che operava per il soddisfacimento della finalità tipicamente pubblica della raccolta dei rifiuti solidi urbani, che si era impossessamento di materiali di consumo in dotazione di quella società incaricata della raccolta di tali rifiuti: in quanto decisione avente ad oggetto una condotta appropriativa materialmente posta in essere da un soggetto assegnatario di mere mansioni d’ordine o materiali, ma in concorso con altri dipendenti della società titolari di altri compiti di responsabilità espressivi della volontà della struttura e specificamente preposti all’organizzazione di quel pubblico servizio (Sez. 6, n. 49286 del 07/07/2015, Di Franco, Rv. 265702).
Nel caso di specie, va rilevato come il Tribunale del riesame abbia erroneamente attributo ai due (OMISSIS) la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, per il sol fatto che gli stessi fossero dipendenti di una società privata concessionaria del servizio comunale di raccolta di rifiuti solidi urbani: trascurando, però, di considerare quanto evidenziato dalla difesa con la documentazione prodotta, da cui risultava che i due indagati erano stati assunti rispettivamente con le qualifiche di operaio per raccolta dei rifiuti e di conducente di mezzi per il trasporto e la movimentazione dei rifiuti, per le quali il Contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende private operanti nel settore igiene-ambientale, vigente dal 10 marzo 2021, prevedeva espressamente l’assegnazione di mere “mansioni esecutive” ovvero di compiti materiali richiedenti “l’applicazione di procedure e metodi operativi prestabiliti e specifiche conoscenze teorico-pratiche (…) con autonomia operativa limitata ad istruzioni generali non necessariamente dettagliate”.
3. L’assenza della qualifica soggettiva necessaria per la configurabilità dei delitti contestati ai sensi degli artt. 314 e 56-314 cod. pen. è, allo stato, di ostacolo al mantenimento dell’unica misura cautelare di natura interdittiva in corso, quella della sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio di cui all’art. 289 cod. proc. pen.
Gli elementi di conoscenza offerti dai giudici di merito, con riferimento ai quali non pare utilmente possibile una integrazione in sede di rinvio, impongono, dunque, l’annullamento senza rinvio tanto della ordinanza impugnata del Tribunale di Bari, quanto del provvedimento genetico della misura cautelare emesso il 13 luglio 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché quella emessa il 13 luglio 2022 dal Gip del Tribunale di Foggia e dispone l’immediata cessazione della misura interdittiva in atto.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen. .
Così deciso il 11/01/2023.
Depositato in Cancelleria, oggi 18 gennaio 2023.