REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARLINI Enrico Vittorio Stanislao – Presidente
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. ROMANO Michele – Consigliere
Dott. SESSA Renata – Rel. Consigliere
Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) ALESSANDRO MORVAN nato a ISEO il 24/08/19xx;
avverso la sentenza del 19/10/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. VINCENZO SENATORE che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
il difensore insiste nell’accoglimento del ricorso, formulando nuovo motivo.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 26 ottobre 2020 la Corte di appello di Brescia ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Bergamo nei confronti di (OMISSIS) Alessandro Morvan, dichiarato colpevole dei reati a lui ascritti di cui agli artt. 61, comma 1, n. 5, 624 bis, 625 comma due, 707, cod. pen..
2. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato, la violazione dell’art. 61, n. 5, cod. pen..
Contesta, in particolare, la sussistenza dell’aggravante della commissione dei fatti in orario notturno; secondo la ricostruzione della difesa l’aver commesso i fatti in orario notturno non è sintomo di una maggiore gravità della condotta ma ontologica conseguenza della tipologia del luogo in cui si sono verificati, nel quale il reato non avrebbe potuto che essere commesso in orario serale o notturno; d’altronde né il giudice di primo grado né la Corte di appello si soffermano sulla circostanza in esame, essendosi il collegio limitato ad affermare la sussistenza della stessa senza svolgere alcuna considerazione al riguardo.
3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
– il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
– il difensore, nell’insistere con la memoria versata in atti nell’accoglimento del ricorso, ha formulato un nuovo motivo con cui chiede la rideterminazione della pena inflitta al (OMISSIS).
4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Ed invero, la corte territoriale, nel ritenere sussistente l’aggravante di cui all’articolo 61 nr. 5 c.p., si è, nella sostanza, conformata al consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, oramai consacrato dalle Sezioni Unite nella recente ‘sentenza dardellini (Sez. U, Sentenza n. 40275 del 15/07/2021 Ud. (dep. 08/11/2021 ) Rv. 282095 – 01), che ha affermato che la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
Ed infatti, contrariamente a quanto esposto nel ricorso, la Corte di Appello si è ampiamente soffermata, con argomentazioni logiche e dettagliate, svolte in relazione alla situazione concreta, sulle ragioni per le quali l’autore si sia determinato ad agire proprio in tempo di notte, utilizzando obiettive circostanze – quali, ad es., la chiusura di notte dei locali delle aziende e l’assenza di persone – che proprio nelle ore notturne ostacolavano senz’altro la privata difesa (cfr. pag. 8 della motivazione).
Né, peraltro, la difesa ha imperniato la censura sulla eventuale esistenza di circostanze idonee a neutralizzare l’effetto derivante dall’avere agito in orario notturno.
Quanto al motivo proposto solo nella memoria difensiva è solo il caso di osservare che, di là della sua assoluta novità, esso si appalesa del tutto generico (avendo la corte territoriale già esposto, in risposta al motivo parimenti nuovo sul trattamento sanzionatorio formulato in sede di appello, le ragioni per le quali la pena dovesse ritenersi equa e congrua).
5. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 606 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/2/2022.
Depositato in Cancelleria, Roma 1° aprile 2022.