Quando è configurabile la rinuncia tacita all’usucapione? (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 15 novembre 2022, n. 33618)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. VARRONE Luca – Rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27767/2018 R.G. proposto da:

COMUNE DI RIMINI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 3, presso lo studio dell’avvocato MICHELE (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avv.to ASTORRE (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

RISTORANTE RIMINI (OMISSIS) SNC (OMISSIS) OLIVER C, elettivamente domiciliato in ROMA VIA (OMISSIS), n. 30, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI (OMISSIS) rappresentato e difeso dagli avvocati STEFANO (OMISSIS) e PAOLO (OMISSIS);

-controricorrenti-

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 520/2018 depositata il 20/02/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2022 dal Consigliere Dott. Luca VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Rimini conveniva in giudizio la società ristorante Rimini (OMISSIS) di (OMISSIS) Oliver C. chiedendo di accertare l’occupazione senza titolo da parte della convenuta dell’area di proprietà del Comune sita in fregio al lungomare, identificata a catasto terreni al foglio 75 mappale 1909, parte di complessivi metri quadri 294,39, e chiedendo di condannare la convenuta all’immediato rilascio di detta area, nonché al pagamento di una somma da determinarsi in corso di causa a titolo di indennizzo o canone per l’intero periodo di abusiva occupazione.

2. La società convenuta proponeva domanda riconvenzionale chiedendo di accertare l’usucapione dell’area oggetto di causa ai sensi dell’articolo 1158 c.c. in forza del possesso ultraventennale.

La convenuta chiedeva altresì di accertare e dichiarare gli indebiti pagamenti effettuati a favore del comune negli anni dal 1999 al 2005 perché privi di causa.

3. Il Tribunale di Rimini rigettava la domanda proposta dal Comune e accoglieva la domanda riconvenzionale della convenuta dichiarando l’acquisto per usucapione ventennale ex articolo 1158 c.c. dell’aria distinta al nuovo catasto terreni del Comune di Rimini foglio 75, mappale 1909, e del diritto di mantenere il manufatto di metri quadri 138,99 e retto sul mappale 1998 nell’attuale consistenza ed ubicazione.

Condannava altresì il Comune a restituire alla società convenuta la somma di euro 88.994,95.

4. Il Comune di Rimini proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

5. La società ristorante Rimini (OMISSIS) resisteva al gravame e proponeva a sua volta impugnazione incidentale.

6. La Corte d’Appello, per quel che ancora rileva, evidenziava che il Tribunale di Rimini aveva accolto la domanda riconvenzionale, attribuendo rilievo decisivo alle deposizioni testimoniali raccolte in corso di causa dalle quali era emerso che sin dagli anni 60 il fondo in questione era stato pacificamente e pubblicamente posseduto da Nello (OMISSIS) e successivamente, a partire dal 1987 da Gelateria (OMISSIS) di (OMISSIS) Oliviero, poi divenuta ristorante Rimini (OMISSIS).

Il Tribunale sulla base dell’esame congiunto delle fotografie prodotte dalla convenuta e delle deposizioni testimoniali aveva ritenuto che: la delimitazione, dal 1987, dell’area in questione rispetto alla pubblica via con fioriere di grosse dimensioni, con un solo varco centrale per consentire l’accesso ai clienti; l’occupazione dell’intera sua estensione con attrezzature tipiche di un ristorante alcune delle quali anche fissate al suolo; il completo asservimento del bene all’esercizio dell’attività aziendale gestita dalla convenuta; l’attività di manutenzione e pulizia svolta dalla medesima, nonché il decorso del tempo stabilito dalla legge, integrassero elementi idonei per affermare la sussistenza sia del corpus sia del animus possessionis e che ad analoghe conclusioni era lecito pervenire anche con riferimento all’area edificata, tenendo presente che l’intero immobile come acquistato dal 1987 era stato ininterrottamente posseduto dalla convenuta nella sua consistenza ed ubicazione.

Quanto all’atto di transazione firmato con riserva da Oliviero (OMISSIS), soggetto privo del potere di disporre dei diritti in questione, escludeva che potesse ravvisarsi un riconoscimento dell’altrui diritto idoneo a interrompere il termine dell’usucapione, così come i pagamenti effettuati dalla convenuta in favore del Comune.

L’atto di transazione sottoscritto in epoca successiva al marzo 2000, quando era già maturata l’usucapione, non solo era stato firmato da un soggetto non più legale rappresentante della convenuta ma era stato espressamente siglato con riserva, infatti, il sottoscrittore aveva espresso un consenso subordinato, ovvero sospensivamente condizionato, alla stipula di un accordo successivo relativo alla concessione del diritto di superficie, accordo che non era mai stato raggiunto tra le parti.

Di conseguenza, la transazione per il mancato avveramento della condizione sospensiva era da considerarsi inefficace con l’ulteriore effetto che non era necessario procedere ad esperire una consulenza calligrafica per accertare la paternità della firma.

Anche i pagamenti effettuati dalla convenuta al Comune non esprimevano alcuna volontà di rinuncia perché erano stati eseguiti nella prospettiva di un accordo mai raggiunto con la pubblica amministrazione.

6.1 La Corte d’Appello di Bologna evidenziava che non era più oggetto di contestazione il possesso ultraventennale dell’area così come il fatto che la transazione era avvenuta in epoca successiva al 31 marzo 2000, quando era già maturata l’usucapione a favore della società Rimini (OMISSIS).

Ciò premesso, doveva farsi applicazione del principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la rinuncia tacita all’usucapione si configura solo allorché sussista l’incompatibilità assoluta fra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto, senza possibilità di diversa interpretazione.

Nel caso di specie, il Comune aveva dato atto di aver annullato tutti gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società Gelateria (OMISSIS) e di Rimini (OMISSIS) e la controparte si era impegnata a corrispondere all’ente la somma di lire 16.836.684 quale prima rata del complessivo ammontare di lire 84.183.419 a titolo di corrispettivo di indennizzo per l’occupazione della detta area dal 1987 al 1998.

Per il futuro le parti avevano formalizzato la concessione del diritto di superficie sull’area nello stato di fatto di diritto in cui si trovava per 18 anni rinnovabile e con un canone annuo di lire 18.514.669.

Il testo contrattuale era stato sottoscritto con un’espressa riserva manoscritta nella quale si rinviava il valore dell’accordo al successivo contratto di superficie.

Risultava, pertanto, indifferente accertare l’effettiva paternità della firma dell’atto di transazione in quanto l’atto era stato certamente ratificato dalla Rimini (OMISSIS) che aveva chiesto di pagare i primi canoni in attesa della formalizzazione della concessione del diritto di superficie relativi all’indennità di occupazione.

Tuttavia, il fatto che l’efficacia della transazione fosse esplicitamente subordinata alla formalizzazione della concessione del di ritto di superficie impediva di interpretarla come rinuncia ai diritti derivanti dalla già maturata usucapione.

Esclusa l’ipotesi di una rinuncia espressa che non risultava dal testo della scrittura privata, né da altri documenti prodotti dalle parti, il comportamento tenuto dalla Rimini (OMISSIS) non sembrava integrare gli estremi per una rinuncia tacita, non sussistendo alcuna incompatibilità assoluta tra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto senza possibilità di diversa interpretazione.

In altri termini, la transazione era subordinata all’avverarsi della condizione sospensiva e, dunque, non essendo stato raggiunto l’accordo per la concessione del diritto di superficie era da considerarsi inefficace.

Rimini (OMISSIS) aveva aderito alla proposta di transazione formulata dal Comune con riserva, nel senso che aveva subordinato il suo consenso all’esito del buon fine di tutta la procedura amministrativa che avrebbe dovuto portare alla concessione del diritto di superficie. Procedura interrotta dal Comune a causa di irregolarità edilizie non suscettibili di sanatoria.

Dunque, gli impegni assunti con la scrittura privata non erano mai divenuti effettivamente vincolanti tra le parti ma soprattutto Rimini (OMISSIS) non aveva mai inteso aderire incondizionatamente all’ipotesi di transazione prospettata del Comune e la sua manifestazione di volontà era finalizzata a pervenire ad un’intesa tra le parti che garantisse nel tempo la possibilità di utilizzare in modo stabile l’area in questione per l’ordinario svolgimento della propria attività commerciale.

Di conseguenza detta manifestazione di volontà non poteva contenere una rinuncia anche implicita ai diritti derivanti dalla già maturata usucapione per l’assorbente ragione che a quella data il Comune non era in condizione di garantire a Rimini (OMISSIS) di rilasciare la concessione del diritto di superficie, quindi di garantire alla società di poter utilizzare in modo stabile l’area.

In conclusione, alla volontà abdicativa del comportamento tenuto da Rimini (OMISSIS) poteva contrapporsi una diversa interpretazione, fondata sul rilievo esplicito della riserva, secondo la quale la parte privata si era determinata a cercare di regolarizzare in via amichevole la sua posizione trovando una soluzione congiunta idonea ad eliminare il contenzioso insorto con il Comune senza perdere il diritto acquisito in virtù della maturata usucapione.

6.2 Peraltro, la Corte d’Appello evidenziava che non vi erano atti di interruzione del possesso o di riconoscimento dell’altro diritto antecedenti la transazione e anche i pagamenti successivi non potevano ritenersi espressione di una volontà di riconoscimento dell’altro diritto di rinuncia all’usucapione.

6.3 Infine, la Corte d’Appello riteneva che la somma che il Comune doveva restituire fosse inferiore a quella accertata dal primo giudice e ordinava la restituzione della differenza tra quanto il Comune aveva già pagato e quanto era effettivamente dovuto.

Veniva accolto anche l’appello incidentale della società Rimini (OMISSIS) rispetto alla declaratoria di intervenuto acquisto per usucapione ventennale anche dell’area edificata distinta al nuovo catasto terreni foglio 75 mappale 1998 di metri quadri 138,99.

7. Il Comune di Rimini ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo.

8. La Società Ristorante Rimini (OMISSIS) di (OMISSIS) Oliver ha resistito con controricorso.

9. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso è così rubricato:

– violazione e falsa applicazione degli articoli 1158, 1165, 2944 e 2937 c.c. per mancata rilevazione della rinuncia implicita da parte della società Rimini (OMISSIS) di (OMISSIS) Oliver C ad avvalersi della tutela giuridica apprestata dall’ordinamento in tema di usucapione, atteso il contenuto esplicito dell’atto di transazione sottoscritto il 31 marzo 2000 e delle successive missive del 31 ottobre 2001 e del 14 settembre 2002.

Secondo il Comune ricorrente i tre documenti sopra evidenziati evidenzierebbero inequivocabilmente la rinuncia implicita all’azione di usucapione e costituirebbero atti interruttivi della prescrizione acquisitiva.

Al momento della sottoscrizione della transazione, Rimini (OMISSIS) era consapevole dell’altruità del bene e, dunque, il fatto che i l programma negoziale non si sia potuto realizzare non assumerebbe rilevanza.

La società Rimini (OMISSIS) di (OMISSIS) Oliver C., corrispondendo un’indennità per la futura concessione del diritto di superficie, avrebbe tenuto un comportamento palesemente incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione acquisitiva, integrando con ciò una rinuncia implicita alla stessa.

La manifestazione di volontà contenuta nei documenti indicati in rubrica sarebbe successiva al preteso ventennio in cui sarebbe maturato il diritto di usucapione e da essa emergerebbe chiaramente la rinuncia implicita all’azione di usucapione. Pertanto, anche qualora si volesse ritenere positivamente trascorso il tempo utile ai fini dell’usucapione, dovrebbe comunque rilevarsi la evidente rinuncia implicita ad avvalersi dell’azione.

1.2 Il motivo di ricorso è infondato.

La Corte d’Appello ha ritenuto che l’atto di transazione del 31 marzo 2000, quando era già maturata l’usucapione a favore della Società Rimini (OMISSIS), non potesse interpretarsi come rinuncia ad avvalersi della suddetta causa di acquisto a titolo originario dei beni oggetto della controversia.

Infatti, il fatto che l’efficacia della transazione fosse esplicitamente subordinata alla formalizzazione della concessione del diritto di superficie impediva di interpretarla come rinuncia ai diritti derivanti dalla già maturata usucapione.

Esclusa l’ipotesi di una rinuncia espressa che non risultava dal testo della scrittura privata, né da altri documenti prodotti dalle parti, il comportamento tenuto dalla Rimini (OMISSIS) non integrava una rinuncia tacita, non sussistendo alcuna incompatibilità assoluta tra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto senza possibilità di diversa interpretazione.

Rimini (OMISSIS) aveva aderito alla proposta di transazione formulata dal Comune con riserva, nel senso che aveva subordinato il suo consenso all’esito del buon fine di tutta la procedura amministrativa che avrebbe dovuto portare alla concessione del diritto di superficie.

Dunque, gli impegni assunti con la scrittura privata non erano mai divenuti effettivamente vincolanti tra le parti ma soprattutto Rimini (OMISSIS) non aveva mai inteso aderire incondizionatamente all’ipotesi di transazione prospettata del Comune e la sua manifestazione di volontà era finalizzata a pervenire ad un’intesa tra le parti che garantisse nel tempo la possibilità di utilizzare in modo stabile l’area in questione per l’ordinario svolgimento della propria attività commerciale.

Di conseguenza detta manifestazione di volontà non poteva contenere una rinuncia anche implicita ai diritti derivanti dalla già maturata usucapione.

La decisione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale gli accordi negoziali fatti dopo il decorso del termine per usucapire, non possono configurarsi come rinuncia all’usucapione, potendosi da essi desumersi anche soltanto una volontà del possessore di regolarizzare la propria posizione e di eliminare il contenzioso in atto, pur senza perdere il diritto ormai acquisito.

Il Collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto:

È configurabile rinuncia tacita all’usucapione soltanto allorché sussista incompatibilità assoluta fra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto, senza possibilità di diversa interpretazione (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che la dichiarazione di disponibilità all’acquisto di un immobile, fatta dopo il decorso del termine per usucapire, potesse configurarsi come rinuncia all’usucapione, potendosi da essa desumere anche soltanto una volontà del possessore di regolarizzare la propria posizione e di eliminare il contenzioso in atto, pur senza perdere il diritto ormai acquisito) Sez. 2 , Sent . n. 17321 del 2015 , S ez. 2 , Sent . n.10026 del 2002 ). L’apprezzamento di una tale incompatibilità non può essere sottratto al giudice del merito, il quale ha il pieno dominio delle emergenze di causa per esprimere un tale giudizio.

La Corte di appello, come si è detto, ha ampiamente motivato le ragioni per le quali il comportamento della società Rimini (OMISSIS) non è sufficientemente ed univocamente dimostrativo della rinuncia all’usucapione.

Alla efficacia abdicativa attribuita alla volontà negoziale espressa con l’atto di transazione può in sostanza contrapporsi, come rilevato dalla corte territoriale, la diversa interpretazione nel senso che essi fossero ispirati solo alla volontà del convenuto di regolarizzare in via amichevole la propria posizione trovando una soluzione congiunta idonea ad eliminare il contenzioso insorto con il Comune senza perdere il diritto acquisito in virtù della maturata usucapione.

2. Il ricorso è rigettato.

3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

4. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Rimini al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente che liquida in euro 6.000 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di cassazione, il giorno 25 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.