REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27042/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), difeso dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) in persona del legale rappresentante, p.t., elettivamente domiciliato in (OMISSIS) difeso dall’avvocato v (OMISSIS) che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
nonché contro
COMUNE di (OMISSIS) persona del Sindaco, p.t., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2335/2017 depositata il 07/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/03/2023 dal Consigliere Dott.ssa LAURA TRICOMI.
RITENUTO CHE:
1.- La Corte di appello di Roma, con la sentenza depositata il 7/4/2017, ha respinto il gravame proposto da (omissis) (omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda proposta dallo stesso (OMISSIS) contro (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) volta ad ottenere la condanna di (OMISSIS) al risarcimento dei danni derivatigli dalla nomina a Presidente del Consiglio di Amministrazione di (OMISSIS) dalla dedotta illegittimità della revoca di tale nomina, e lo ha condannato alla refusione delle spese di lite.
Segnatamente, la Corte territoriale ha rammentato che:
i) (OMISSIS) era stato nominato “Presidente del Consiglio di Amministrazione della società (OMISSIS) (OMISSIS) incarico vacante dal (OMISSIS) – con ordinanza del (OMISSIS) n. (OMISSIS);
ii) tale incarico non era stato accettato da (OMISSIS) né iscritto nel registro delle Imprese, ed era stato, quindi, revocato con ordinanza del (OMISSIS) n. 302 del 5/11/2008, con la quale era stata contestualmente nominata altra persona nella qualità di Presidente;
iii) (OMISSIS) non aveva ricevuto comunicazione della nomina e della revoca da (OMISSIS);
iv) solo successivamente alla revoca, dopo avere avuto conoscenza in via indiretta e casuale della vicenda, (OMISSIS) aveva chiesto, con propria lettera del 12/8/2009 e con diffida del proprio legale in data 6/8/2010, chiarimenti in merito alla condotta, ritenuta illegittima, dell’Amministrazione comunale, formulando richiesta di corresponsione degli emolumenti, a suo parere, dovuti, nonché risarcimento dei danni subiti;
v) non avendo ricevuto alcuna risposta, (OMISSIS) aveva adito il Tribunale di Roma chiedendo di dichiarare la nomina a componente e presidente del C. di A. di (OMISSIS) (OMISSIS) imperfetta e produttiva di effetti, di ritenere illegittima e, comunque, illecita in quanto senza giusta causa oltre che non motivata, la revoca diretta dell’incarico e, in conseguenza, di condannare il Comune di (OMISSIS) in persona del Sindaco a corrispondere gli emolumenti dovuti e a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali causati all’esponente, nella misura specificata negli atti di causa;
vi) le domande erano state tutte respinte dal Tribunale, con condanna alle spese dell’attore.
La Corte di appello ha confermato la prima decisione, sulla considerazione che il potere di nomina da parte del Comune di (OMISSIS) socio unico di (OMISSIS) (OMISSIS) pur espresso in forma di provvedimento amministrativo, non era estrinsecazione di un potere pubblicistico e che, in assenza di accettazione della nomina a Presidente del C. di A. da parte di (OMISSIS) non poteva ritenersi costituito alcun rapporto contrattuale tra l’interessato.
(OMISSIS) e (OMISSIS) ha proposto ricorso con quattro mezzi per conseguire la cassazione della sentenza di secondo grado. (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) hanno replicato con separati controricorsi.
CONSIDERATO CHE:
2.- Nel ricorso sono formulati i seguenti motivi:
I) Primo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-quater della legge 241/1990, dell’art. 50, comma 8, del d.lgs. n.267/2000, dell’art. 2449 cod.civ. e dell’art. 11 dello Statuto (OMISSIS).
A parere del ricorrente, indebitamente ed erroneamente i giudici di merito hanno ricondotto il rapporto intercorso tra (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) ed egli medesimo allo schema della conclusione del contratto privatistico, mancando di rilevare che la fonte del diritto a prendere incarico quale presidente di (OMISSIS) non aveva natura contrattuale e, quindi, non aveva fonte contrattuale nemmeno la domanda risarcitoria, ma aveva natura pubblicistica.
Tale errore, secondo il ricorrente, ha inficiato la valutazione dei primi quattro motivi del gravame. Deduce, in proposito che l’ordinanza sindacale di nomina era un provvedimento amministrativo esecutivo ed autosufficiente, indipendentemente dalla volontà adesiva del destinatario, la cui sfera giuridica veniva incisa dal provvedimento.
Secondo il ricorrente, la nomina ha fatto sorgere il suo diritto ad assumere l’incarico, a nulla rilevando la sussunzione nello schema contrattuale, erroneamente ritenuta necessaria perché il potere di nomina da parte del Comune di (OMISSIS) stato esercitato uti socius, ma con atto tipicamente amministrativo.
II) Secondo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2383, terzo comma, cod. civ. e, ancora, dell’art. 21 -quater della legge n. 241/1990, dell’art. 50, comma 8, del d.lgs. n.267/2000, dell’art. 2449 cod.civ. e dell’art. 11 dello Statuto (OMISSIS).
Secondo il ricorrente, per le medesime ragioni esposte nel primo motivo, anche l’atto di revoca è atto amministrativo esercitato uti socius, e, anche se la revoca era intervenuta prima che egli fosse stato messo in condizione di assumere l’incarico, egli aveva, comunque, maturato il diritto ad esercitare le relative funzioni.
Si duole che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi sulla legittimità della revoca in quanto ne ha erroneamente valutato il valore, ponendola in rapporto allo schema di conclusione del contratto.
III) Terzo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 cod.proc.civ. Il ricorrente lamenta le anzidette violazione laddove la Corte capitolina ha rilevato l’inammissibilità e l’infondatezza dell’atto di appello in relazione alla deduzione della natura precontrattuale della causa petendi, cui ascrivere la richiesta risarcitoria avanzata da (OMISSIS) (OMISSIS).
Il ricorrente deduce a sostegno della sua tesi di avere sempre chiesto che venisse dichiarata l’illegittimità, o comunque, l’illiceità della revoca disposta dal Comune in quanto senza giusta causa e non motivata, senza avere specificamente qualificato come contrattuale, extracontrattuale o precontrattuale la causa petendi sottesa alla domanda.
Secondo il ricorrente, la domanda di risarcimento, come proposta, ben avrebbe potuto essere di natura precontrattuale (considerate le trattative intercorse con il Comune, la richiesta della dichiarazione della mancanza di motivi ostativi all’incarico da restituirsi a stretto giro, l’immediata restituzione del documento e l’adozione dell’ordinanza di nomina) ed il giudice aveva omesso di pronunciarsi (art. 112 cod.proc.civ.), mentre avrebbe dovuto sussumere i fatti e le contestazioni entro i margini della responsabilità precontrattuale (art. 113 cod.proc.civ.).
IV) Quarto motivo – Violazione dell’art. 11S proc.civ. per mancata ammissione delle prove testimoniali richieste, relative ad una questione reputata centrale della controversia, consistita nella circostanza che (OMISSIS) avrebbe fornito una valida accettazione della nomina prima della firma dell’ordinanza sindacale di nomina, mentre quello che era mancato, invece, era la ratifica assembleare della nomina da parte del socio unico Comune di (OMISSIS) rimasto assente alla relativa assemblea.
3.- Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente perché connessi, sono infondati per le ragioni espresse dalla Corte di merito, non essendosi perfezionata nemmeno la nomina del (OMISSIS) a Presidente del C. di A. con l’accettazione dell’incarico, secondo il modello contrattuale privatistico.
Come già chiarito da consolidata giurisprudenza di legittimità, il rapporto di amministrazione rientra a pieno titolo in ambito privatistico, in quanto la nomina e la revoca di amministratori e sindaci delle società a partecipazione pubblica (anche costituite secondo il modello delle società in house providing) da parte dell’ente pubblico debbono essere ascritte agli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario e restano perciò interamente assoggettate alle regole del diritto privato commerciale proprie del modello recepito (Cass. Sez. U. n. 34473/2019, Cass. Sez. U. n. 24591/2016 Cass. Sez. U. n. 30167/2011) senza essere riconducibili all’esercizio di alcun pubblico potere, come si evince chiaramente dal testo dell’art. 2449 cod.civ., il quale, da un lato, individua nello statuto sociale, e dunque in un atto fondamentale di natura negoziale, la fonte esclusiva dell’attribuzione al socio pubblico della facoltà di nominare un numero di amministratori proporzionale alla sua partecipazione, con la correlata facoltà di revocarli, e, dall’altro, precisa che gli amministratori così nominati hanno i medesimi diritti e i medesimi obblighi di quelli designati dall’assemblea (Cass. Sez. U. n. 29078/2019).
4.- Il terzo motivo è inammissibile.
La Corte d’appello non ha operato una qualificazione della domanda, ma ha effettuato due affermazioni: con la prima ha statuito che il motivo di appello era del tutto generico, poiché avrebbe contestato l’omesso esame del profilo di responsabilità precontrattuale, da parte del Tribunale, senza specificare dove ed in qual modo nell’atto di citazione di primo grado tale questione fosse stata proposta; con la seconda ha rimarcato che la doglianza era anche infondata, atteso che l’unica causa petendi allegata dall’attore concerneva l’inammissibilità della revoca, per essersi perfezionato il contratto di amministrazione.
Orbene, la genericità del motivo di appello non è stata contrastata con autosufficiente riproduzione dello stesso inoltre, l’atto di citazione è trascritto solo in parte, in nota, e non contiene indicazione alcuna del profilo relativo alla responsabilità precontrattuale.
5.- Il quarto motivo è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza, perché in ricorso non sono riprodotti i capitoli di prova testimoniale non ammessi, in modo da consentire l’apprezzamento della doglianza.
Invero, è privo di autosufficienza il ricorso fondato su motivo con il quale viene denunziato vizio di motivazione in ordine all’assunta prova testimoniale, omettendo di indicare nel ricorso i capitoli di prova non ammessi ed asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza (Cass. n. 6440/2007 Cass. n. 17915/2020).
Inoltre, dalla stessa censura si evince che la prova testimoniale avrebbe dovuto consentire di approfondire “il valore della dichiarazione” già documentalmente acquisita in atti, di guisa che appare evidente, per altro verso, il contenuto valutativo e non fattuale della stessa.
6.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore di ciascun controricorrente.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto (Cass. Sez. U. n. 4315/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in euro 7.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge, in favore di ciascun controricorrente.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del P.R. del 30 maggio 2002, n.115, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 31 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2023.