Responsabilità della titolare dell’azienda agricola ove la tirocinante subiva una lesione alla mano (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 1 marzo 2022, n. 7093).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente –

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –

Dott. BRUNO Mariarosaria – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DILETTA nata a FIRENZE il 16/07/19xx;

avverso la sentenza del 12/06/2020 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARIAROSARIA BRUNO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa LUCIA ODELLO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) ANTONIO del foro di FIRENZE, anche in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) FABIO (delega orale), in difesa di (OMISSIS) DILETTA che illustrando i motivi del ricorso insiste per l’accoglimento.

E’ presente l’avvocato (OMISSIS) MASSIMO del foro di FIRENZE in difesa di (OMISSIS) CAMILLA che, riportandosi alle conclusioni, insiste per il rigetto del ricorso. Deposita conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 12/6/2020, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Firenze, ha concesso a (OMISSIS) Diletta il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, confermando nel resto l’affermazione di penale responsabilità della imputata in relazione alla fattispecie di cui all’art. 590 cod. pen., con condanna alla pena ritenuta di giustizia.

2. Era contestato all’imputata, nella qualità di titolare dell’omonima azienda agricola, di avere cagionato a (OMISSIS) Camilla (studentessa dell’università di agraria in tirocinio formativo, da qualificarsi come lavoratore ai sensi dell’art. 2 lett. a) d.lgs. n. 81/2008) lesioni personali alla mano destra, consistite in un taglio con lesione del tendine flessore I dito mano destra, giudicate guaribili in gg. 105.

Secondo la ricostruzione offerta dai giudici di merito, l’infortunio si sarebbe svolto nel seguente modo: il giorno 07/12/2014 presso la cantina della predetta azienda agricola, la (OMISSIS), insieme a (OMISSIS) Claudio, cantiniere e tutor della tirocinante, era stata incaricata dell’operazioni di pulitura di un grosso tino, alto circa 2 metri e mezzo.

La giovane apprestandosi a compiere l’operazione era salita su di una scala appoggiata alla vasca con in mano un tubo di gomma collegato al rubinetto dell’acqua. Il (OMISSIS) nel frattempo sollevava il pesante coperchio metallico della vasca con l’ausilio di una carrucola, appoggiandolo in equilibrio sul bordo e lasciando uno spazio di apertura che consentisse di eseguire il lavaggio con la pompa.

Durante il lavaggio il coperchio rovinava sulla persona offesa, colpendo la mano destra della giovane, che, in seguito al colpo ricevuto, riportava una profonda ferita da taglio con lesione al tendine.

Si addebitava alla imputata di avere commesso il fatto con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e, segnatamente, di avere disposto che l’attività di lavaggio della vasca venisse eseguita senza alcuna preventiva valutazione del rischio, in carenza assoluta di una precipua formazione e senza munire la tirocinante dei necessari dispositivi di protezione (artt. 17, 37 e 71 d.lgs. 81/2008).

Avverso la pronuncia di cui sopra ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza.

I) Inosservanza ed erronea applicazione della legge.

Deve escludersi, secondo !a prospettazione difensiva, che !a imputata dovesse farsi carico del rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. 81/08, garantendo la sicurezza della persona offesa. In tema di tirocini curriculari si rinviene copiosa normativa di settore, nazionale e regionale, di fonte primaria e regolamentare, che prevede il dovere di adempimento degli obblighi di sicurezza del tirocinante esclusivamente in capo al soggetto promotore, salvo il caso di apposita convenzione che “sposti” l’obbligo in capo all’azienda ospitante.

Tale evenienza non si sarebbe verificata nel presente caso. Infatti, nella già citata Convenzione Quadro del 31.07.2014 (acquisita agli atti del giudizio, ma nuovamente allegata al ricorso) non solo viene stabilito che il datore di lavoro della (OMISSIS) fosse l’Università e non l’azienda ospitante della imputata, ma soprattutto, all’art. 3, viene espressamente statuito che rientri fra gli obblighi del soggetto promotore, ossia l’Università, quello di provvedere direttamente alla copertura assicurativa del tirocinante contro gli infortuni sul lavoro, anche per eventuali attività svolte al di fuori dell’azienda, purché rientranti nel progetto formativo.

Risulterebbe dimostrato a mezzo della documentazione in atti che la responsabilità per la sicurezza della persona «offesa, durante l’espletamento del tirocinio curriculare, avrebbe dovuto ricadere integralmente sull’Università di Firenze con conseguente totale esonero per l’Azienda ospitante della ricorrente.

Tale assunto risulterebbe conforme al disposto normativo vigente: nel caso in esame deve farsi riferimento alla legge regionale della Toscana n. 32 del 26/07/2002, emanata ai sensi dell’art. 19 legge 196/1997 ed in ottemperanza alla “Linee Guida in materia di tirocini” concordate in data 24/01/2013 fra Governo e Regioni, che, all’art. 17-ter prevede l’obbligo per il soggetto promotore di “assicurare il tirocinante contro gli infortuni sul lavoro presso l’Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)”, ad evidente attestazione del fatto che la responsabilità, civile e penale, in caso di infortunio del tirocinante ricade in via esclusiva sul datore di lavoro-promotore.

Risulterebbe, pertanto, evidente l’errore compiuto dalla Corte territoriale nell’applicazione della legge posto che non può ritenersi corretto il richiamo operato all’art. 2 d.lgs. n. 81/2008 per ritenere provata la responsabilità della (OMISSIS) in ordine al delitto in contestazione.

A conforto ulteriore dell’assunto, si richiama la circolare dell’I.N.A.I.L. n. 16 del 04/03/2014, ritualmente acquisita innanzi al giudice di prime cure (allegata anche al ricorso), ignorata nelle due sentenze di merito, la quale, all’art. 4, sottolinea come le discipline regionali, coerentemente con i criteri definiti dalle Linee Guida concordate tra Stato, Regioni e Province autonome in data 24/1/2013, prevedano l’assenza in capo al soggetto ospitante di qualsiasi forma di responsabilità nei confronti del tirocinante, specificando, poi, al paragrafo b, che il praticantato ed il tirocinio non danno luogo ad un rapporto di lavoro strutturato anche in presenza di un rimborso spese forfettario.

Infine la Corte di Appello di Firenze non ha considerato la circostanza che gli spazi ed i relativi impianti messi a disposizione dei tirocinanti erano assolutamente a norma, in totale ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 4 della Convenzione stipulata con l’Università.

Tale regolarità della condotta dell’azienda della ricorrente è stata chiaramente accertata ed attestata dagli Ispettori dell’A.S.L. oltre che confermata nella relazione dal Dott. Marco (OMISSIS), professionista incaricato dall’azienda della ricorrente per risolvere ogni problematica in materia di sicurezza.

Alcuna responsabilità, specie di natura penale, può essere individuata a carico della (OMISSIS), che, in tema di sicurezza sul lavoro, altro non poteva fare che incaricare un tecnico all’uopo specializzato per la valutazione dei rischi all’interno dell’azienda, dovendosi anche considerare l’assenza di problematiche simili antecedentemente all’infortunio verificatosi.

In conclusione la Corte territoriale, ritenendo sussistente un obbligo normativo di protezione della parte offesa a carico della ricorrente, non ha fatto corretta applicazione della disciplina dettata dal legislatore, nazionale e regionale, in tema di tirocini degli studenti universitari.

II) Manifesta illogicità della motivazione in relazione alla responsabilità penale della ricorrente per il reato a lei contestato, laddove non è stata adeguatamente considerata la condotta abnorme tenuta dalla persona offesa (OMISSIS) Camilla.

La Corte territoriale avrebbe fornito una motivazione palesemente illogica nel capo in cui ha rigettato il secondo motivo di gravame proposto avverso la sentenza del Tribunale di Firenze, ritenendo non abnorme la condotta della persona offesa.

In realtà, le dichiarazioni testimoniali rese nel corso del giudizio di primo grado, all’udienza del 23/06/2017, proprio dalla (OMISSIS) renderebbero lampante che l’infortunio occorso al dito della mano destra della stessa sia dipeso, in via esclusiva, da un comportamento istantaneo ed imprevedibile, non collegato al compito affidatole.

Alla (OMISSIS) era stato richiesto di procedere alla pulizia di una vasca mediante utilizzo di una canna con la quale spruzzare acqua attraverso una mezzaluna creata a seguito dell’apertura del relativo coperchio – di peso ingente – da parte del (OMISSIS), dipendente dell’azienda. Costui aveva appoggiato il coperchio sul bordo della vasca.

Ebbene, durante l’attività di pulizia posta in essere dalla parte offesa, il coperchio, probabilmente a causa degli spruzzi di acqua ricevuti, si sbilanciava verso l’interno della vasca; in tale momento la (OMISSIS), senza alcuna logica, tentava di fermare il coperchio con la sola mano destra, continuando a tenere il tubo dell’irrigazione con la sinistra.

La persona offesa, così operando, era assolutamente conscia del fatto che stava ponendo in essere una condotta pericolosa per la propria incolumità.

Sarebbe quindi individuabile un comportamento abnorme suscettibile di escludere ogni responsabilità della (OMISSIS).

Anche in presenza di adeguata formazione in punto di sicurezza l’infortunio si sarebbe egualmente verificato, esulando il comportamento della persona offesa dalle più elementari regole di prudenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di doglianza sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Quanto alla prima doglianza, correttamente i giudici di appello hanno ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 2, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Dalla definizione fornita dal citato articolo si evince che al lavoratore è equiparato, ai fini dell’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche chi svolge attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere nonché il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro.

Conseguentemente, nella specifica ipotesi in cui presso un’azienda siano presenti soggetti che svolgano tirocini formativi, il datore di lavoro sarà tenuto ad osservare tutti gli obblighi previsti dal citato testo unico al fine di garantire la salute e la sicurezza degli stessi.

Non fa eccezione il caso del tirocinio svolto dalla persona offesa nella fattispecie in esame, disciplinato dalla “Convenzione quadro per l’attivazione di tirocini di formazione ed orientamento curriculari e non curriculari”, stipulato tra l’Università degli Studi di Firenze e l’azienda agricola di (OMISSIS) Diletta, convenzione citata nel ricorso, che prevede obblighi a carico del soggetto promotore ed obblighi a carico dell’ospitante, del tutto negletti dalla ricorrente nella impugnazione promossa.

In particolare, all’art. 4 della citata convenzione, in ossequio a quanto previsto dalla fonte primaria, è previsto che l’ospitante garantisca le condizioni di sicurezza e igiene sul lavoro nel rispetto della vigente normativa in materia di sicurezza.

3. Aspetto diverso, non incidente sull’obbligo di tutela gravante sul datore di lavoro, è quello che riguarda l’assunzione degli oneri previdenziali: il richiamo alla circolare INAIL n. 16 del 04/03/2014, contenuto nel ricorso, il cui oggetto, ricavabile già dal titolo, riguarda l'”Obbligo assicurativo dei tirocinanti e relativa determinazione del premio”, non ha attinenza con la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Nella premessa della circolare da ultimo richiamata si legge: “L’approvazione, in data 24.01.2013, delle Linee guida in materia di tirocini nell’ambito dell’accordo della Conferenza unificata Stato/Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e il susseguirsi delle discipline regionali in materia pongono l’esigenza di dettare uniformi indirizzi alle sedi, specie con riferimento alla vigenza o meno della disciplina prevista dall’art. 3 del d.m. 142/1998 contenente il regolamento di attuazione dell’art. 18 della legge 196/1997 in tema di classificazione tariffaria e retribuzione imponibile ai fini del calcolo del premio assicurativo dovuto per le lavorazioni svolte dai tirocinanti”.

Nell’articolo 4, citato nel ricorso a sostegno dell’assunto difensivo, è disciplinato il regime assicurativo riguardante i tirocini formativi.

E’ di tutta evidenza, alla luce di tale premessa, come non possa validamente sostenersi la esistenza di una fonte di esonero da responsabilità del datore di lavoro nei confronti dei tirocinanti, partecipanti a stage formativi in un’azienda, nella disciplina e nella convenzione richiamata nel ricorso.

4. Tutto ciò premesso la motivazione della sentenza è immune da censure. Sono state individuate in maniera puntuale le regole cautelari violate dal datore di lavoro, riconducibili alla omessa previsione del rischio a cui era esposta la persona offesa nella lavorazione a cui era stata adibita (artt. 28 e 17 d.lgs. 81/08), alla omessa formazione e informazione della tirocinante (artt. 36, 37 d.lgs 81/08), alla omessa fornitura di idonei dispositivi di protezione (art. 77 d.lgs. 81/08).

La ricostruzione offerta dai giudici di merito nelle due sentenze conformi e !e inferenze da essa desunte, danno conto in maniera esaustiva e coerente delle ragioni del decisum.

La Corte di appello, nel condividere le argomentazioni del primo giudice, ha posto in evidenza come la (OMISSIS) non avesse compiuto “una valutazione del rischio specifico inerente l’operazione di lavaggio della vasca in riferimento al pericolo di caduta del coperchio in quanto appoggiato sul bordo senza alcun ancoraggio”; ha ancora rilevato come fosse stata omessa qualunque attività di informazione e formazione sull’attività da espletare, richiamando le dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva precisato di non aver ricevuto alcuna istruzione sulle modalità esecutive del lavoro da compiere e quelle del (OMISSIS), il quale, a sua volta, aveva affermato di non sapere come doveva essere compiuta l’operazione di lavaggio della vasca e di non possedere alcuna preparazione per lo svolgimento dell’attività di tutoraggio.

Ha ancora evidenziato come il datore di lavoro non avesse dotato la (OMISSIS) dei mezzi di protezione individuali (guanti antitaglio) necessari per eseguire l’operazione, tenuto conto delle caratteristiche del coperchio e del fatto che esso non fosse trattenuto in nessun modo nel momento in cui veniva spostato.

Le argomentazioni contenute nelle motivazioni espresse nelle sentenze di merito rivelano l’esatto inquadramento giuridico del caso ed il buon governo dei principi consolidati espressi in materia da questa Corte di legittimità.

La qualità datoriale in capo alla (OMISSIS) imponeva la previa valutazione del rischio a cui era esposta la tirocinante, la cui posizione è equiparata al lavoratore per quanto detto sopra, e l’adozione delle necessarie misure di sicurezza (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Rv. 267253 – 01:”In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori”).

Non rileva la circostanza, segnalata nel ricorso, che la titolare dell’azienda si fosse avvalsa della collaborazione di un professionista incaricato di risolvere ogni problematica in materia di sicurezza.

Invero, la valutazione del rischio, ai sensi dell’art. 17 d.lgs 81/08, è compito affidato al datore di lavoro, non delegabile (cfr. Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 31/05/2017, Rv. 270355 – 01:”In tema di prevenzione degli infortuni, i! datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata”).

Era parimenti obbligo della (OMISSIS) provvedere alla necessaria formazione della tirocinante, alla somministrazione delle informazioni sui rischi specifici a cui era esposta in relazione all’attività da svolgere, alla dotazione di adeguati dispositivi di protezione.

La difesa avanza doglianze che riproducono questioni già attentamente vagliate dai giudici di merito e disattese con motivazione del tutto congrua.

5. Del pari inammissibile è la censura contenuta nel secondo motivo di ricorso.

E’ inconferente il richiamo al comportamento abnorme della persona offesa: per consolidato orientamento della Corte di legittimità, ribadito in plurime pronunce, in tema di infortuni sul lavoro, qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato anche elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia.

Ciò in quanto la carenza delle necessarie forme di tutela determinano un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro (dr, da ultimo, Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017, dep. 05/04/2018, Rv. 273247 – 01: “In tema di infortuni sul lavoro, qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro”).

6. Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).

Consegue altresì la condanna della ricorrente stessa alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della parte civile Camilla (OMISSIS) liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore della parte civile Camilla (OMISSIS), liquidate in euro tremila oltre accessori di legge.

In Roma, così deciso in data 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1° marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.