Risarcimento danni: la responsabilità civile derivante dai danni da cose in custodia (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 15 marzo 2022, n. 8408).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23426-2020 proposto da:

(OMISSIS) GIOVANNA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO VIRGINIO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) STEFANO, rappresentato e difeso dall’avvocato VALENTINA ANTONELLA (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2020 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 14/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/02/2022 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Giovanna (OMISSIS) ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, n. 49/2020 del 14 febbraio 2020.

Resiste con controricorso Stefano (OMISSIS).

La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha accolto il gravame avanzato da Stefano (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Sassari, rigettando la domanda risarcitoria avanzata da Giovanna, Francesco e Biagio (OMISSIS) per i danni subiti dall’immobile di loro proprietà in via Siotto Pintor 2 di Osilo.

Il primo ed il terzo motivo di ricorso censurano la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza d’appello, mentre il secondo motivo allega la violazione ed errata applicazione dell’art. 2051 c.c., avendo la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, negato che l'(OMISSIS) avesse un dovere di custodia sul pozzo luce causa delle infiltrazioni pregiudizievoli.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Va dapprima superata l’eccezione pregiudiziale del controricorrente circa la carenza della procura conferita dalla ricorrente all’avvocato Giorgio Virginio (OMISSIS).

Nella memoria presentata da Giovanna (OMISSIS), ai sensi dell’art. 380-bis, comma 2, c.p.c., in relazione all’adunanza fissata per il 26 novembre 2021, è stato esposto che la procura risultava conferita al difensore avvocato (OMISSIS) su foglio separato ma congiunto all’originale del ricorso, benché non indicata nell’atto.

La causa venne perciò rinviata a nuovo ruolo all’esito di tale adunanza con ordinanza n. 40302 del 15 dicembre 2021.

La questione pregiudiziale in oggetto è stata comunque da ultimo decisa dalle Sezioni Unite con sentenza 19 novembre 2021, n. 35466, sulla base del seguente principio di diritto: “L’incorporazione della procura rilasciata ex articolo 83, terzo comma, c.p.c. nell’atto di impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene.

Pertanto, non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l’eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l’ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell’atto originale”.

Il ricorso non risulta poi né intimato né notificato a Baingio (OMISSIS) e Francesco (OMISSIS), già attori ed appellati nei pregressi gradi di giudizio, ma, in ipotesi di domanda risarcitoria azionata da una pluralità di danneggiati, non sussiste, in sede di gravame proposto soltanto da uno degli stessi, la necessità dell’integrazione del contraddittorio, ex art. 331 c.p.c., né sotto il profilo della inscindibilità, né sotto quello della dipendenza delle cause, mentre l’impugnazione deve essere notificata agli altri ai sensi dell’art. 332 c.p.c., e cioè soltanto se la stessa non è preclusa dalla scadenza del termine.

Il ricorso è non di meno inammissibile in rapporto a tutti i suoi tre motivi, da esaminare congiuntamente.

La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha accolto il gravame avanzato da Stefano (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Sassari ed ha così rigettato la domanda risarcitoria avanzata da Giovanna, Francesco e Biangio (OMISSIS) per i danni subiti dall’immobile di loro proprietà in via Siotto Pintor 2 di Osilo, affermando che il pozzo luce, causa delle lamentate infiltrazioni all’appartamento di proprietà Fadda, fosse non di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS), ma condominiale, oppure di proprietà esclusiva (OMISSIS) (come da contratto di vendita inter partes del 28 luglio 1978), e comunque sottratto ad un potere fisico e quindi ad un dovere di custodia da parte del medesimo (OMISSIS).

La sentenza impugnata ha inoltre richiamato le prove testimoniali circa la chiusura del pozzo luce operata già dalla dante causa dell'(OMISSIS) e circa la rimozione della copertura del pozzo attribuibile ad una tromba d’aria avvenuta nel 2009.

La Corte d’appello ha dunque negato che le infiltrazioni nell’appartamento di proprietà (OMISSIS) fossero dovute alla rimozione della copertura del pozzo attuata dall'(OMISSIS) nel 2010 durante un intervento di installazione di un’antenna e di un condizionatore, essendo iniziate in epoca antecedente, dovendosi piuttosto imputare (come accertato dalla CTU) sia alla mancanza di copertura del pozzo sia alla posa non corretta di una finestra, cause comunque non attribuibili all’opera o al dovere di custodia dell'(OMISSIS).

Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono, allora, inammissibili, in quanto deducono il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non più configurabile nel vigore del testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. introdotto dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti.

Neppure può ritenersi che sussista la violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, in quanto la sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.

L’allegazione che il contratto preliminare stipulato tra le parti obbligava il venditore (OMISSIS) a mantenere coperto il pozzo luce, operata nel primo motivo di ricorso, è inammissibile alla stregua dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in quanto riferisce di una questione che non è contemplata dalla sentenza e non indica specificamente né il contenuto testuale della pattuizione, né il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti nelle pregresse fasi del giudizio di merito.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, poi, non tengono conto della ratio decidendi della sentenza della Corte d’appello e sono perciò inammissibili ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.

La sentenza impugnata ha motivatamente escluso la configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. dell'(OMISSIS) con riguardo al pozzo luce, causa delle lamentate infiltrazioni all’appartamento di proprietà Fadda, negando che il bene fosse di proprietà esclusiva dell’appellante, e che comunque fosse soggetto ad un potere fisico dello stesso.

I giudici di appello, con apprezzamento delle risultanze istruttorie, hanno pure affermato che la chiusura del pozzo luce era stata realizzata già da Maria Fine, dante causa dell'(OMISSIS) e che la rimozione della copertura si era verificata a causa di una tromba d’aria nel 2009.

La Corte d’appello ha quindi riferito la causa delle infiltrazioni nell’appartamento di proprietà (OMISSIS) non alla installazione di un’antenna e di un condizionatore da parte dell'(OMISSIS) nel 2010, ma alla preesistente mancanza di copertura del pozzo ed alla posa in opera non corretta di una finestra.

La sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo postula, invero, l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere – dovere di intervento su di essa.

La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia; la relativa indagine, così come più in generale la verifica della sussistenza del nesso di causalità materiale – richiesto dall’art. 2043 c.c., in tema di responsabilità extracontrattuale – tra un’azione o un’omissione ed un evento, costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito (ex multis, Cass. Sez. 2, 17/06/2013, n. 15096).

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, regolandosi le spese del giudizio di cassazione secondo soccombenza in favore del controricorrente.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^ Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, in data 11/02/2022.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.