Risponde dell’uso del gonfiabile sull’acqua lo stabilimento che non controlla i clienti (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 5 luglio 2024, n. 26553).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

FRANCESCO MARIA CIAMPI – Presidente

EUGENIA SERRAO – Relatore

MARIA TERESA ARENA – Consigliere

DANIELE CENCI – Consigliere

ANNA LUISA ANGELA RICCI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 22/04/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso:

letta la memoria di replica del difensore, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (omissis) (omissis) era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver commesso il reato di cui agli 589 e 113 cod. pen. perché, in qualità di legale rappresentante della (omissis) s.r.l., concessionaria del servizio di gestione dell’area di sponda Iago attrezzata in località (omissis) presso il Iago di (omissis) unitamente agli assistenti bagnanti aveva causato la morte di (omissis) (omissis).

Quest’ultimo, nel fruire delle strutture offerte dall’area attrezzata, in particolare utilizzando la struttura gonfiabile galleggiante piramidale modello «iceberg» alta quattro metri, collocata sul Iago e ancorata sul fondo a scopo ricreativo per tuffarsi, distante circa m. 10-15 dalla parte terminale della passerella che dall’area attrezzata consente di portarsi per circa m. 15 lungo la superficie dell’acqua, era salito insieme ad altre persone sulla struttura galleggiante e, tuffandosi dalla stessa o comunque scivolando, aveva urtato contro un ostacolo non individuato, perdendo cosi i sensi, senza che nessuno si accorgesse dell’accaduto; il (omissis) era stato individuato, dopo diverse ore, ormai privo di vita, sul fondo del Iago a una profondità di m. 2,5-3 in posizione prona a una distanza di circa m. 5 dalla struttura galleggiante.

2. II fatto: poco prima della mezzanotte del 29 luglio 2015 il cadavere di (omissis) (omissis) un ragazzo di 19 anni, era stato rinvenuto nel Iago di (omissis) quel giorno il giovane si era recato al Iago insieme ad altri sette compagni di scuola per festeggiare la maturità e il compleanno di uno di loro; giunti sul luogo verso le 10, i ragazzi si erano sistemati in un tratto di spiaggia libera posto al lato di uno stabilimento balneare denominato (omissis) (omissis) gestito dalla omonima società amministrata dal (omissis) il gruppo aveva noleggiato delle canoe al (omissis) riportandole intorno alle 16:30; circa 10 minuti dopo, tutti, salvo una ragazza rimasta sulla spiaggia, erano andati a fare il bagno tuffandosi dalla pensilina posta nella spiaggia dello stabilimento per recarsi al gonfiabile in plastica a forma di iceberg galleggiante a circa 30 metri dalla riva e fissato al fondo; verso le 18, quando i ragazzi erano usciti dall’acqua, si erano accorti dell’assenza di (omissis) (omissis) e si erano recati al (omissis) chiedendo agli addetti di chiamarlo con l’altoparlante, senza esito; la ragazza rimasta sulla spiaggia aveva riferito di aver visto (omissis) (omissis) uscire dall’acqua, cosicché i compagni erano stati indotti in errore ma, protraendosi l’assenza, erano state allertate le forze dell’ordine; rinvenuti i sandali di (omissis) sulla passerella, era emerso che l’ultima volta che il ragazzo era stato visto era verso le 17 al gonfiabile quando, dopo aver tentato di giungere sulla parte più alta avvalendosi per salire delle maniglie ivi presenti, aveva perso la presa perché la struttura si era piegata (non essendo del tutto gonfia) ed era caduto in verticale; il compagno non aveva potuto vedere l’ingresso in acqua di (omissis) perché dalla piattaforma dove era seduto non era in grado di vedere la base della struttura; l’attenzione del ragazzo era stata, peraltro, attirata dal fatto che un altro amico, visibilmente dolorante, si stava allontanando dal gonfiabile recandosi verso la spiaggia aiutato da un altro compagno, aveva riferito che, mentre si trovava in acqua, alla base del gonfiabile, era stato colpito con forza alla testa da qualcosa o qualcuno, che non aveva individuato, ed era andato sott’acqua; era risalito subito dopo, stordito e dolorante, con una ferita alla testa ed era stato aiutato dal (omissis) a raggiungere la riva, ma non aveva vista come si fosse procurato la lesione; una delle compagne, aveva riferito di aver vista cadere sul (omissis) un ragazzo biondo, che non aveva riconosciuto, ma che poteva essere (omissis) (omissis).

Sulla base delle testimonianze dei ragazzi, i giudici di merito avevano ritenuto provato che scivolando dal gonfiabile, fosse caduto sul compagno e fosse annegato, posto che i consulenti tecnici erano stati concordi nel ritenere che la morte per annegamento fosse avvenuta a causa di una iperestensione del collo, che aveva determinato uno stato di incoscienza (già sussistente al momento dell’entrata del corpo in acqua), attestata dall’atteggiamento «ad artiglio» delle mani e dalla iperestensione dei piedi.

In sede di esame autoptico, in particolare, era emersa la presenza di segni indicativi di un trauma acuto del tronco cerebrale, determinato da un forte urto subito dal basso verso l’alto, sotto al mento, dove era presente una ferita di cm. 1,5; cadendo dal gonfiabile, aveva subito un urto sotto il mento colpendo la testa di (omissis) (omissis) che si trovava in acqua proprio sotto di lui, cosicché l’improvviso shock midollare per iperestensione del collo ne aveva determinato lo stato di incoscienza e, giunto in acqua, l’annegamento.

3. L’evento letale, avvenuto in (omissis) il 29 luglio 2015, era stato ascritto a (omissis) (omissis) con sentenza del Tribunale di Firenze, che aveva invece assolto i coimputati, per colpa omissiva sulla base dell’accertata posizione di garanzia del medesimo avente la sua fonte, in primo luogo, nell’attività pericolosa costituita dall’istallazione del gonfiabile.

L’altezza, l’inclinazione delle pareti e dei mezzi per salirvi, l’utilizzazione dell’attrazione contemporaneamente da una molteplicità di soggetti, la scivolosità del materiale plastico bagnato dall’acqua erano gli elementi dai quali il Tribunale aveva desunto la pericolosità dell’attrazione; tanto trovava conferma nelle numerose norme cautelari che ne disciplinano la realizzazione e l’utilizzo, essendo prescritto da normativa europea che il gestore si munisca di apposita autorizzazione di pubblica sicurezza.

La pericolosità del gonfiabile, si legge nella sentenza, era ben nota allo stesso gestore, posto che proprio nel regolamento di utilizzo apposto sul gonfiabile era testualmente scritto «i giochi se non correttamente utilizzati possono essere molto pericolosi».

L’apposizione di cartelli non era stata ritenuta idonea a escludere la posizione di garanzia dell’imputato che, una volta installato il gonfiabile, avrebbe avuto l’obbligo di approntare strumenti preventivi idonei a scongiurare il verificarsi di eventi lesivi nonché strumenti organizzativi tali da consentire un tempestivo intervento al concretizzarsi di tali eventi.

4. Si riteneva, dunque, che (omissis) (omissis) avrebbe dovuto organizzare il servizio di salvataggio in maniera tale da permettere agli assistenti ai bagnanti di pater esercitare efficacemente i poteri impeditivi dell’evento morte; non era sufficiente un sistema di salvataggio rivolto allo specchio acqueo di riferimento, ma sarebbe stato necessario organizzare una vigilanza specificamente rivolta al gonfiabile.

La predisposizione della struttura sull’invaso faceva sorgere in capo al gestore un ulteriore rischio, diverso da quello connesso alla semplice balneazione.

II giudice di primo grado aveva individuato l’ulteriore fonte della posizione di garanzia nell’art. 6 del Regolamento per la fruibilità dell’invaso di (omissis) approvato con delibera del Consiglio comunale n. 71 del 31 luglio 2003 intitolato «Disciplina del servizio di salvataggio»; secondo tale disposizione, gli assistenti ai bagnanti «Non possono essere impiegati in altre attività o comunque destinati ad altro servizio, salvo i casi di forza maggiore e breve sostituzione con altro operatore abilitato… L’assistente deve stazionare nella postazione di cui al successivo comma 8 oppure in acqua sull’imbarcazione di servizio… La postazione di salvataggio, posta sull’arenile in posizione che consenta la più ampia visuale possibile, é costituita da seggiola o torretta di avvistamento».

Al contrario, si legge nella sentenza, gli assistenti ai bagnanti erano adibiti anche ad attività diverse e ulteriori rispetto a quella di salvataggio, essendo impiegati nel noleggio di lettini e ombrelloni, nel noleggio di natanti (quali canoe e pedalo) e nel controllo ed eventuale allontanamento di avventori esterni. Solo nei giorni di massima affluenza allo stabilimento i bagnini (omissis) (omissis) erano coadiuvati da una terza persona che provvedeva ad accompagnare bagnanti all’ombrellone oppure ai lettini oppure consegnava le canoe.

II giorno dell’evento i bagnini erano impegnati nei compiti più disparati, tanto é vero che i testi avevano dichiarato che per noleggiare le canoe si erano recati direttamente da uno di loro, seguendo peraltro quanto indicato in un cartello apposto nei locali dello stabilimento.

5. La normativa della Federazione Italiana Nuoto prevede che, in condizioni tali da ostacolare la visione dell’assistente ai bagnanti, quest’ultimo debba utilizzare un natante ovvero posizionarsi su un’isola galleggiante in modo da controllare la parte di acqua balneabile non visibile dagli assistenti posizionati a terra.

Nel caso concreto, secondo il giudice di merito era emerso che la postazione di salvataggio fosse posta sulla spiaggia a una distanza notevole dal gonfiabile rendendo particolarmente difficoltoso, se non impossibile, il controllo su quanto accadeva sul gonfiabile, anche perché i lati del gonfiabile diversi da quello di fronte alla riva non erano visibili dalla postazione a terra. La postazione dei bagnini era stata scelta al centro della spiaggia, non era sopraelevata, ne vi era un’imbarcazione di servizio o una piattaforma galleggiante dalla quale l’assistente potesse garantire un controllo costante ed effettivo del corretto utilizzo del gonfiabile.

6. II Tribunale aveva individuato ulteriori profili di colpa specifica, tuttavia esclusi dalla Corte di appello che, con la sentenza indicata in epigrafe, nel confermare la pronuncia di condanna nei confronti di (omissis) (omissis) ne ha disposto la non menzione nel certificato del casellario giudiziale rideterminando la misura delle somme riconosciute a titolo di provvisionale in favore delle parti civili.

7. (omissis) (omissis) propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica del fatto. Secondo la difesa, pur volendo ammettere che (omissis) sia scivolato dal gonfiabile urtando con il mento contro la testa dell’amico (omissis) é assolutamente illogico sostenere che tale incidente non sia stato percepito da alcuno dei bagnanti presenti nell’area del gonfiabile.

In quel momento erano presenti dodici-tredici persone, di cui otto in acqua e quattro-cinque sulla struttura; quattro di queste persone erano amiche della vittima; (omissis) era vicino a (omissis) (omissis) tanto é vero che gli aveva prestato subito soccorso.

I giudici di merito hanno ritenuto plausibile che nessuna delle undici persone presenti, in parte sul gonfiabile e in parte nelle vicinanze, si fosse accorta della presenza di un corpo umano che si stava inabissando nonostante la visibilità fosse ottima e nonostante sia stato individuato dai giudici un tempo di sommersione del corpo in tre-cinque minuti dall’entrata in acqua sulla scorta delle varie consulenze tecniche.

La difesa ritiene altresì manifestamente illogico affermare che dalle ore 17:00 sino alla chiusura dello stabilimento balneare nessuno dei bagnanti che saliva sul gonfiabile e si tuffava in acqua da un’altezza di circa tre o quattro metri abbia notato un corpo che fluttuava a una profondità di appena m. 2,5-3, anche perché al momento del ritrovamento il corpo non era adagiato sul fondo ma rialzato di un metro rispetto ad esso.

La sentenza si presenta manifestamente illogica anche nel punto in cui, pur negando credito alla tesi difensiva circa la presenza di correnti lacustri, ha accertato che il corpo esanime del ragazzo fosse stato trovato a distanza di dieci metri dal gonfiabile piuttosto che alla base del medesimo.

7.1. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La difesa ritiene incomprensibile che i giudici di merito abbiano ritenuto configurabile la colpa specifica per violazione dell’art. 6 del «Regolamento di fruibilità del lago Bilancino» considerato che il giorno della tragedia i bagnini in servizio erano due, erano sistemati su di una posizione rialzata rispetto all’arenile e, al momento della tragedia, non erano stati distolti dalla loro funzione essenziale di assistenti ai bagnanti.

Sussiste il vizio di travisamento della prova in quanto il giudice ha trascurato la deposizione determinante della teste (omissis), la quale aveva visto i bagnini posizionati sulla spiaggia su due sedie poste alle sue spalle a circa 3 metri di distanza; se la Corte di appello avesse adeguatamente valorizzato tale testimonianza, non avrebbe concluso che i bagnini al momento della tragedia erano stati distolti dalla loro attività di vigilanza, oltretutto accogliendo la tesi difensiva secondo la quale, per disposizioni dettate dall’imputato (omissis), era presente una terza persona addetta al noleggio di ombrelloni e lettini e che, in ogni caso, nel momento dell’annegamento, entrambi i bagnini erano presenti alla loro regolare postazione di servizio in alto sulla spiaggia, nel pieno rispetto della norma asseritamente violata.

Non esiste agli atti una sola deposizione testimoniale secondo la quale, al momento della tragedia, i bagnini fossero distolti dal loro servizio di vigilanza e di assistenza ai bagnanti; la Corte di appello ha omesso di esaminare la censura dell’appellante laddove si erano richiamate le dichiarazioni acquisite dal teste (omissis) e dai testi (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis).

La Corte ha introdotto nel procedimento un’informazione rilevante che non esisteva nel processo e ha omesso di valutare una prova decisiva, ossia le molteplici deposizioni testimoniali, omettendo di confrontarsi con una specifica censura contenuta nei motivi di appello.

Avendo l’imputato predisposto un servizio di assistenza ai bagnanti nel rispetto dell’art. 6 del Regolamento di fruibilità del lago (omissis), non era prevedibile che i bagnini non si accorgessero di eventuali incidenti in acqua che potessero coinvolgere i bagnanti.

La motivazione sul punto è illogica e contraddittoria.

I giudici di merito hanno dato atto che, per salvare il giovane (omissis) (omissis), sarebbe stato sufficiente intervenire in una finestra temporale che andava dai 3 ai 5 minuti, attesa anche la modesta profondità del fondale, con insanabile frattura logica laddove il servizio di assistenza ai bagnanti approntato dal (omissis) avrebbe perfettamente consentito ai due bagnini presenti di intervenire tempestivamente e trarre in salvo il giovane.

È evidente che l’imputato (omissis), avendo approntato un idoneo servizio di assistenza bagnanti, avesse predisposto le misure atte a evitare eventi fatali in base a un giudizio ex ante e in concreto fondato su regole di alta probabilità logica, considerato che i due assistenti bagnanti avevano tutto il tempo necessario per percepire la situazione di pericolo e intervenire per evitare l’evento.

La difesa ritiene sul punto dirimenti le considerazioni svolte dal consulente tecnico di parte civile il quale ha affermato che, data la vicinanza della struttura gonfiabile alla riva, un arco temporale di tre-cinque minuti sarebbe stato congruo per effettuare un intervento salvifico in relazione alla tempistica del decesso.

Si cita una pronuncia della Corte di cassazione che ha affermato che, in presenza di un servizio di assistenza ai bagnanti predisposto dal gestore di una piscina, sia il bagnino a rivestire la posizione di garanzia prevista dall’art. 40, comma 2, cod. pen.; la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla prevedibilità dell’evento e al decorso causale nei reati colposi omissivi impropri.

7.2 Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione e violazione di legge per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Risultando escluso qualsiasi profilo di colpa specifica eziologicamente connesso all’evento morte, il giudice di appello avrebbe dovuto prendere atto di un ridimensionamento della gravità della colpa; i giudici di merito hanno fatto discendere conseguenze negative in punto di attenuanti generiche dall’omesso risarcimento del danno da parte dell’imputato, sebbene ai fini dell’applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. la giurisprudenza abbia solo riconosciuto valenza positiva al risarcimento del danno, mai facendo derivare conseguenze negative dal mancato risarcimento.

8. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

9. Il procuratore speciale delle parti civili (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) ha inviato dichiarazione di revoca della costituzione di parte civile.

10. I difensori del ricorrente hanno depositato memoria di replica, concludendo per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.

2. La Corte territoriale ha ritenuto certo che (omissis) (omissis), poco prima delle ore 17, fosse entrato in acqua insieme a tutti i suoi compagni tuffandosi dalla pensilina del Bahia e che avesse raggiunto l’iceberg gonfiabile galleggiante; le testimonianze di (omissis) (omissis) e di (omissis) (omissis) attestavano la consequenzialità tra la caduta di (omissis) e il ferimento del (omissis); la presenza delle ciabatte di (omissis) ancora sulla pensilina dello stabilimento dimostravano che il ragazzo non fosse uscito dall’acqua.

Il confronto tra gli elementi fattuali emersi dalle deposizioni dei compagni della vittima e i risultati delle consulenze tecniche è stato ritenuto idoneo a dimostrare che (omissis) fosse caduto in acqua in stato di incoscienza e che ciò fosse stato provocato da una iperestensione del collo dovuta a un colpo netto e forte contro un corpo solido diretto dal basso verso l’alto (compatibile, secondo i consulenti, con la testa di una persona) che aveva determinato un taglio sotto al mento, realizzatosi quando (omissis) era in vita.

Con riguardo all’elemento soggettivo del reato, la Corte ha ritenuto manifesta la colpa generica ascrivibile all’imputato, consapevole della pericolosità della struttura gonfiabile, di grosse dimensioni, sulla quale si poteva salire contemporaneamente in più persone e dalla quale ci si poteva buttare in acqua (mentre altre erano alla base) o si poteva cadere, come accaduto alla vittima; il rischio che qualcuno potesse farsi del male, si legge a pag. 16, anche seriamente, era palese ma l’imputato non aveva valutato e gestito adeguatamente tale situazione di pericolo omettendo di assicurare una postazione fissa o mobile di assistenza ai bagnanti o di regolare comunque l’afflusso alla struttura.

Ulteriore profilo di colpa, in questo caso specifica, è stato ravvisato nella violazione dell’art. 6 del «Regolamento di fruibilità del lago (omissis)», concretato dalla negligenza nell’organizzazione del servizio di assistenza ai bagnanti, anche perché i due addetti erano frequentemente distolti dai loro doveri di controllo per noleggiare canoe, pedalò, ombrelloni e lettini, come da disposizione del datore di lavoro e come evincibile dal cartello esposto nello stabilimento, che invitava i clienti a rivolgersi al bagnino per il noleggio di ombrelloni, lettini e natanti.

La Corte ha, dunque, incentrato il giudizio di rimproverabilità sulla generale negligenza nella gestione del rischio insito nell’allestimento della struttura, dimostrata anche dalle modalità del gonfiaggio, attuato senza seguire le procedure previste nella scheda tecnica e in modo occasionale, causalmente collegabile all’evento in quanto (omissis) era caduto proprio in conseguenza del flettersi della struttura, evidentemente poco gonfia.

3. La difesa, al fine di escludere la riconducibilità della morte di (omissis) (omissis) all’uso dell’attrezzatura gonfiabile presente presso lo stabilimento gestito dall’imputato, sostiene che il Corpo esanime del ragazzo sia stato rinvenuto a distanza di m. 10 dal gonfiabile, segno inequivoco della presenza di correnti lacustri, e che tale dato è emerso dalla deposizione del Luogotenente CC (omissis) all’udienza del 6 giugno 2017.

Una prima osservazione che s’impone concerne la genesi del rinvenimento del corpo della vittima e la sua posizione rispetto al gonfiabile; a pag.3 della sentenza di primo grado si è specificato che i Vigili del Fuoco avevano orientato le ricerche mediante apparecchiatura sonar «prevalentemente verso la zona dove era ancorata una piramide galleggiante tanto che veniva costituito un campo di ricerca intorno alla piramide attraverso il posizionamento di pedagne e boe in superficie.

All’interno di questa zona, utilizzando il sonar, veniva effettuata una scansione del fondale che permetteva di individuare e quindi di recuperare, attraverso due sommozzatori in immersione, il corpo esamine del giovane scomparso». Il corpo di (omissis) (omissis) era stato rinvenuto a circa 5 metri dal gonfiabile, come ribadito a pag.7 della sentenza di primo grado.

3.1. La distanza del corpo dal gonfiabile non risulta essere stata oggetto di contestazione da parte della difesa che, anzi, ha su tale dato probatorio fondato la tesi dell’esservi stato un fenomeno di corrente lacustre che avrebbe ivi trascinato il corpo da ben altra zona del lago in cui si sarebbe verificato l’annegamento; altrimenti, secondo la difesa, il corpo esanime sarebbe stato visibile a chiunque fosse nei pressi dell’attrezzatura di gioco.

Per converso, il giudice di primo grado aveva ritenuto non casuale che, in un invaso che si estende per un’area di kmq. 5, il corpo fosse stato rinvenuto proprio a cinque metri dal gonfiabile, sottolineando che sia il fondale sabbioso e limoso delle acque lacustri sia il riflesso dei raggi solari all’ora del tramonto, sia l’ombra provocata dalla voluminosa piramide galleggiante avevano impedito ai presenti di percepire la presenza del ragazzo annegato.

3.2. Il dato probatorio, non introdotto per la prima volta come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n.45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 – 01), non si assume travisato nè risulta essere stato contestato nell’atto di appello, come si evince da quanto riportato a pag.10 della sentenza impugnata.

Se ne desume che l’asserita manifesta illogicità della motivazione, laddove si fonda sul dato del rinvenimento del corpo della vittima a dieci metri di distanza dal gonfiabile, risulta inammissibile in quanto priva di adeguato confronto con le acquisizioni istruttorie valutate dai giudici di merito.

4. Al medesimo fine, la difesa ribadisce la manifesta illogicità della ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito.

La Corte territoriale ha, tuttavia, replicato ritenendo che non vi sia alcuna contraddizione tra la dinamica dell’incidente, da ritenere provata oltre ogni ragionevole dubbio, e l’assenza di testimoni diretti al fatto, considerato che la prova dichiarativa non ha lasciato dubbi circa il fatto che (omissis) (omissis) avesse raggiunto l’iceberg gonfiabile galleggiante e che fosse scivolato dall’attrezzo di gioco nel medesimo istante in cui il compagno (omissis) (omissis) aveva riportato un taglio alla testa; la prova dichiarativa, si legge a pag. 13, ha trovato un elemento oggettivo di corroborazione nella presenza delle ciabatte di (omissis) sulla pensilina dello stabilimento, indicative del fatto che il ragazzo non fosse uscito dall’acqua.

Conferma definitiva della ricostruzione emergente dalla prova dichiarativa è stata ravvisata nella prova tecnica fornita dai consulenti in merito alle cause della morte.

La Corte si è soffermata sulle ipotesi alternative fornite dalla difesa ritenendole mere suggestioni, considerando irragionevole ipotizzare che (omissis), dopo essere scivolato dall’iceberg, fosse uscito dall’acqua, si fosse allontanato scalzo in un terreno boschivo fino a un luogo dove sarebbe stato aggredito e ridotto in stato di incoscienza per poi essere gettato in acqua e considerando altrettanto illogico ricondurre la morte del ragazzo alla condotta di uno o più compagni che avrebbero tenuto concordemente un comportamento omertoso, peraltro suscettibile di essere contraddetto dai tanti bagnanti presenti nel luogo.

4.1. A fronte di una serie di acquisizioni istruttorie analiticamente esaminate nelle conformi sentenze di merito, che non hanno trascurato i possibili elementi di falsificazione, la censura di manifesta illogicità risulta aspecifica in quanto non si confronta adeguatamente con la congruenza degli elementi valutati nella sentenza impugnata né, a proposito dell’impossibilità che nessuno abbia visto il ragazzo annegare, con quanto già richiamato nel par. 3.1. né con l’affermazione a pag. 15 della sentenza di appello, in cui si è osservato che le acque lacustri con fondale sabbioso non possono considerarsi trasparenti fino a una profondità di m. 2,5-3 e si è precisato come sia fatto notorio che si verifichino annegamenti e permanenza di corpi per vari minuti sott’acqua senza che alcuno li noti anche nelle piscine.

La Corte ha, dunque, replicato con motivazione non manifestamente illogica osservando come le acque di un lago in un punto nel quale si accalcano molte persone, tutte intente nella difficile impresa di salire sulla struttura e comunque distratte nel gioco, rendessero priva di pregio la censura qui riproposta.

4.2. Ulteriore argomento con il quale la censura non si confronta è la logica considerazione operata dai giudici di appello a proposito del fatto che fosse normale che il ragazzo sprofondasse in acqua dopo una caduta dal gonfiabile, che l’impatto con la testa dell’amico era stato istantaneo e tale da poter non essere notato, che l’attenzione dei compagni era stata attirata dalla ferita e dal malore del Sabatini, così da rendere verosimile che nessuno controllasse se (omissis) fosse riemerso o meno dall’acqua.

Tanto più ove si osservi che il dato tecnico dei tre-cinque minuti asseritamente riferito al tempo di immersione del corpo era stato, invece, indicato, come peraltro rilevabile anche nel ricorso, quale termine massimo entro il quale si sarebbe verificato l’irreversibile annegamento.

5. Il secondo motivo di censura non supera il vaglio di ammissibilità in quanto, oltre a proporre una rilettura dei fatti, deduce la violazione di legge in ipotesi di condanna per mancato rispetto di una norma cautelare laddove la sussistenza di plurimi profili di colpa, non specificamente contestati, non consentirebbe di pervenire a diverso esito del giudizio.

5.1. La difesa parte dal presupposto, contrastante con tutto l’impianto motivazionale delle conformi sentenze di merito, che l’imputato avesse organizzato il servizio di assistenza bagnanti nel rispetto dell’art. 6 del Regolamento di fruibilità del lago (omissis).

Tale assunto trova una frontale smentita in quanto dichiarato dallo stesso imputato e dai due assistenti bagnanti nel corso del giudizio; secondo quanto precisato a pag. 14 della sentenza di primo grado, nel corso dei rispettivi esami (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) avevano concordemente ammesso che soltanto nei giorni di massima affluenza allo stabilimento era richiesto l’aiuto di un terzo dipendente, il quale provvedeva ad accompagnare i bagnanti all’ombrellone assegnato, oppure ai lettini, oppure consegnava le canoe.

Il Tribunale aveva sottolineato come già tale ammissione fosse in contrasto con il Manuale degli assistenti bagnanti adottato dalla F.I.N., secondo il quale l’assistente bagnanti non può essere adibito ad altri compiti che potrebbero allontanarlo dalla sua postazione, mentre il 29 luglio 2015 ai due assistenti bagnanti erano stati demandati i compiti più disparati, come dimostrato dalla prova dichiarativa da cui era emerso che gli stessi ragazzi del gruppo del quale faceva parte (omissis) (omissis), per noleggiare le canoe, si erano recati direttamente da uno dei bagnini. Tale circostanza era confermata da un cartello apposto nei locali dello stabilimento, che informava i clienti che, per il noleggio di lettini, o ombrelloni, canoe, fosse necessario rivolgersi ai bagnini.

5.2. La censura contrasta frontalmente anche con l’accertata postazione degli assistenti bagnanti che, nel caso in esame, secondo quanto dichiarato dalla stessa teste indicata dal ricorrente, si trovavano sulla spiaggia in posizione non sopraelevata e comunque tale da non garantire un controllo costante ed effettivo del corretto utilizzo del gonfiabile.

A fronte di tali accertamenti, la censura inerente all’assenza di colpa specifica propone una nuova lettura dei fatti e trascura che, in ogni caso, la pronuncia di condanna si fonda anche sull’accertamento della colpa generica dell’imputato, consistente nell’aver omesso di assicurare una diretta e continua vigilanza sul posto tramite una postazione fissa o mobile di assistente ai bagnanti tale da poter garantire la prevenzione dell’ulteriore rischio correlato all’uso del galleggiante rispetto agli ordinari rischi connessi alla balneazione.

A pag. 17 della sentenza impugnata si legge che la generale negligenza nella gestione del rischio insito nell’allestimento della struttura è stata desunta, con logica ineccepibile, anche dalle modalità di gonfiaggio: gli assistenti bagnanti avevano riferito che il gonfiaggio dell’attrezzatura iceberg veniva attuato senza seguire le procedure previste nella scheda tecnica e in modo occasionale.

I giudici di appello hanno ritenuto che tale negligenza abbia inciso sulla verificazione dell’evento in quanto (omissis) era caduto proprio in conseguenza del flettersi della struttura, evidentemente poco gonfia.

6. Il terzo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, posto che il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato fondato principalmente sulla gravità della colpa ascrivibile all’imputato e sull’assenza di ulteriori elementi positivamente apprezzabili.

Occorre, inoltre, ricordare che la valutazione degli elementi sui quali si fonda la concessione dell’attenuanti generiche rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 cod. pen., è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve essere senz’altro escluso.

7. Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ii ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 19 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria, oggi 5 luglio 2024.

SENTENZA