REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12790-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) MARINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. Malladra 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato LUDOVICA (OMISSIS) giusta procura in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 95/2013 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 16/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/2020 dal Consigliere Dott.ssa MILENA BALSAMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) Giovanni che ha chiesto l’accoglimento.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. In seguito al decreto di omologa della separazione dei coniugi, Giuseppe (OMISSIS) e Marina (OMISSIS) procedevano allo scioglimento giudiziale della comunione legale, che veniva pronunciato con sentenza provvisoria del 23 agosto 2017.
In data 27 febbraio 2009, il Tribunale di Venezia assegnava il lotto A (la casa coniugale) alla sig.ra (OMISSIS) – condannandola al pagamento del conguaglio in favore dell’ex coniuge di euro 442.500 – e il lotto B (altro fabbricato) al coniuge, a carico del quale veniva posto il pagamento del conguaglio pari ad euro 32.425,96, tenuto conto del credito in denaro precedentemente riconosciuto in favore del medesimo.
L’Agenzia delle Entrate notificava avviso di liquidazione per la corresponsione delle imposte di registro e accessori, ritenendo che la sentenza non fosse esente da imposta di registrazione.
Avverso detto avviso, ricorreva la contribuente, invocando l’applicazione dell’art. 19 della I. n. 74/87 ed eccependo la carenza di motivazione dell’atto impositivo.
La Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti dei cui alla normativa citata.
Proponeva appello la (OMISSIS), reiterando le difese ed eccezioni svolte nel primo grado, le quali venivano accolte dalla Commissione tributaria regionale, in riforma della decisione dei primi giudici.
L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un solo motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 95/8/2013, depositata il 16.12.2013.
Marina (OMISSIS) resiste con controricorso.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI DIRITTO
2. Con un’ unico motivo, si lamenta violazione dell’art. 19 della I. n. 74/87, ex art. 360, n. 3), c.p.c..; per avere il decidente erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie in esame il regime di esenzione previsto dall’art. 19 della L. n. 74/1987, sul presupposto che il trasferimento immobiliare in questione – per il quale l’avviso di liquidazione impugnato aveva disposto l’assoggettamento a tassazione ordinaria – costituisse segmento conseguenziale ed attuativo della separazione consensuale tra i coniugi; ciò senza considerare — circostanza questa pacifica in fatto — che la comunione non era stata sciolta convenzionalmente delle parti, ma in sede giudiziale; deducendo, tra l’altro, che il regime della comunione ordinaria si era sostituito a quello legale per effetto dell’omologa della separazione, con la conseguenza che il successivo giudizio instaurato dai coniugi per la divisione giudiziale dei beni, ormai in comunione ordinaria, deve ritenersi ‘solo occasionalmente correlato alla separazione e non annoverabile tra gli atti esenti di cui all’art. 19 cit.
3. La censura è priva di pregio.
4. La definizione giuridica degli “atti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio cui è applicabile l’esenzione di cui all’art. 19 cit. “è stata modulata da questa Corte nell’ultimo ventennio, anche alla luce dell’intervento della Corte Costituzionale.
Secondo una risalente interpretazione (Cass. n. 15231/2001), si distingueva tra contenuto necessario ed eventuale degli accordi di separazione; ricomprendendo nel primo il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa familiare in funzione del preminente interesse della prole e la previsione di assegno di mantenimento a carico di uno dei coniugi in favore dell’altro, ove ne ricorrano i presupposti.
Nel secondo, invece, erano annoverati i patti che trovavano solo occasione nella separazione, costituiti da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata.
Detta distinzione, che si trova ribadita anche nella più recente giurisprudenza della I sezione civile di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. 19 agosto 2015, n. 16909; Cass. 22 novembre 2007, n. 24321), è sostanzialmente finalizzata a distinguere tra i patti, riflettenti il contenuto necessario della separazione, che sono soggetti alla procedura di modifica o revoca, ex art. 156, ultimo comma, c.c. e 710 c.p.c., e quelli viceversa che abbiano trovato solo occasione nella separazione, la cui efficacia tra le parti trova il proprio riferimento normativo nell’art. 1372 c.c.
La giurisprudenza della sezione tributaria di questa Corte, mutando inizialmente, solo in parte, l’indirizzo sopra esposto, ha riconosciuto l’applicabilità dell’esenzione di cui all’art. 19 della L. n. 74/1987 “a tutti gli atti e convenzioni che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge” (cfr., tra le altre, Cass. 22 maggio 2002, n. 7493; Cass. 28 ottobre 2003, n. 16171), o anche in favore dei figli (più di recente cfr. Cass. 17 gennaio 2014, n. 860); avendo modo di chiarire che “l’esenzione non opera quando si tratti di atti ed accordi che non siano finalizzati allo scioglimento della comunione tra coniugi conseguente alla separazione, ma siano soltanto occasionalmente generati dalla separazione” (cosi, testualmente, la citata Cass. n. 7493/2002).
Ciò statuendo sulla base della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 19 della L. n. 74/1987 operata dalla Corte cost. 10 maggio 1999, n. 154, “nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”.
Si tratta di sentenza additiva pura che – ponendosi nel solco della precedente Corte cost. 15 aprile 1992, n. 176, che aveva già dichiarato l’illegittimità della norma con riferimento alla mancata previsione dell’estensione dell’esenzione al solo provvedimento d’iscrizione d’ipoteca a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge separato – osservava che il profilo tributario non potesse ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione tra il giudizio di divorzio e la procedura di separazione, “atteso che l’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio divorzile, è con più accentuata evidenza presente nel giudizio di separazione”.
4.1 Con sentenza n. 2111/2016 (seguita, tra le altre, da Cass. n. 5156 /2016; n. 13340/2016), questa Sezione ha inaugurato un nuovo indirizzo, sottoponendo a critica la distinzione tra accordi di separazione propriamente detti ed accordi stipulati “in occasione della separazione”, affermando che anche gli accordi che prevedano, nel contesto di una separazione tra coniugi, atti comportanti trasferimenti patrimoniali dall’uno all’altro coniuge o in favore dei figli, debbano essere ricondotti nell’ambito delle “condizioni della separazione” di cui all’art. 711 comma 4 c.p.c.; in considerazione del carattere di “negoziazione globale” che la coppia in crisi attribuisce al momento della “liquidazione” del rapporto coniugale; attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati “contratti della crisi coniugale”, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi.
Motivando detta conclusione sul rilievo che il D.L. n. 132/2014, quale convertito dalla L. n. 162/2014, riducendo l’intervento dell’organo giurisdizionale in procedimenti tradizionalmente segnati dall’area di diritti indisponibili legati allo status coniugale ed alla tutela della prole minore, ha, nel quadro d’interventi definiti di “degiurisdizionalizzazione”, di fatto attribuito al consenso tra i coniugi un valore ben più pregnante rispetto a quello che aveva pur sempre indotto unanimemente dottrina e giurisprudenza ad escludere che nel nostro ordinamento giuridico potesse avere cittadinanza il c.d. divorzio consensuale.
In questa prospettiva, questa Corte venne indotta a ritenere che dovesse riconoscersi il carattere di negoziazione globale a tutti gli accordi di separazione che, anche attraverso la previsione di trasferimenti mobiliari o immobiliari, fossero volti a definire in modo tendenzialmente stabile la crisi coniugale, destinata a sfociare nella cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o nello scioglimento del matrimonio civile.
In tale contesto detti negozi sono stati inclusi negli “atti relativi al procedimento di separazione o divorzio”, che, come tali possono usufruire dell’esenzione di cui all’art. 19 della L. n. 74/1987, nel testo ‘conseguente alla pronuncia n. 154/1999 della Corte costituzionale, salvo che l’Amministrazione contesti e provi, secondo l’onere probatorio cedente a suo carico, la finalità elusiva degli atti medesimi.
Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, la ratio della menzionata disposizione è senza dubbio quella di favorire la complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede (così Cass. n. 8104 del 29/03/2017; conf. Cass. n. 13340 del 28/06/2016).
4.2 In questa prospettiva, l’agevolazione di cui all’art. 19 della L. n. 74 del 1987, nel testo conseguente alla declaratoria di incostituzionalità (Corte cost., sentenza n. 154 del 1999), spetta, dunque, per gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi in esito alla separazione personale o allo scioglimento del matrimonio, atteso il carattere di “negoziazione globale” attribuito alla liquidazione del rapporto coniugale per il tramite di contratti tipici in funzione di definizione non contenziosa, i quali, nell’ambito della nuova cornice normativa (da ultimo culminata nella disciplina di cui agli artt. 6 e 12 del d.l. n. 132 del 2014, conv. con modif. nella L. n. 162 del 2014), rinvengono il loro fondamento nella centralità del consenso dei coniugi» (così Cass. n. 2111 del 03/02/2016; Cass. n. 7966/2019, con riferimento all’atto stipulato dai coniugi in sede di separazione personale (o anche di divorzio) e comportante la vendita a terzi di un immobile in comproprietà e la successiva divisione del ricavato, il quale pur non facendo parte delle condizioni essenziali di separazione è stato ritenuto compreso nella negoziazione globale dei rapporti tra i coniugi ed è, pertanto, meritevole di tutela).
4.3 Sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia ampliato la nozione di accordi di separazione e di divorzio includendo anche quelli diretti a risolvere lo scioglimento della comunione legale, solo di recente, si è pervenuti ad una più ampia lettura della normativa che disciplina la materia, statuendo che il ragionamento seguito da questa Corte (vds. sentenza n. 3110/2016) con riferimento agli accordi di divisione è suscettibile di essere esteso, mutatis mutandis, anche alle sentenze di divisione rese necessarie dal mancato raggiungimento di accordi; sostenendo che l’esenzione stabilita dall’art.19 della L. n. 74/1987, nel testo risultante dalla sentenza additiva della Corte costituzionale n. 154/1999, riguarda tutti gli atti relativi ai procedimenti di separazione e di divorzio, senza potersi ulteriormente giustificare la distinzione, operata dall’indirizzo giurisprudenziale pregresso, tra atti “atti relativi al procedimento di separazione o divorzio” (ai quali soltanto detto indirizzo limitava l’esenzione) e “atti stipulati in occasione della separazione e del divorzio” (Cass. n. 13840/2020).
Già con la decisione n. 14157/2013 si è affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, la normativa contenuta nella Legge n. 74 del 1987 deve essere interpretata nel senso che il beneficio dell’esenzione dalle imposte riguarda anche i provvedimenti che, pur se non pronunciati nel corso del giudizio di divorzio, sono comunque rivolti a regolare rapporti economici insorti tra i coniugi in ragione della lite matrimoniale.
Osservava la Corte, in quella occasione, che la lettera della L. n. 74 del 1987, art. 19, laddove la norma parla di esenzione dall’imposta dei provvedimenti “relativi” a procedimenti “divorzili”, sembra voler riconoscere il beneficio anche con riferimento a provvedimenti che pur se non pronunciati nel corso del giudizio di divorzio, siano comunque rivolti a regolare rapporti economici insorti tra i coniugi a cagione della lite matrimoniale.
Questo perché, in effetti, un provvedimento di divisione giudiziale che termini una controversia patrimoniale insorta in “relazione” a procedimento “divorzile”, non verrebbe fiscalmente incentivato sol perché il rispetto della forma processuale ne impedisce la contestuale trattazione, con la conseguente irrazionale perdita della funzione assegnata alla L. n. 74 del 1987, art. 19, in un’ipotesi non diversa da altre per cui il beneficio viene dall’Amministrazione pacificamente accordato.
Ne discende la positiva ricognizione che anche i provvedimenti giudiziali che, come quello in parola definiscano rapporti patrimoniali dipendenti dalla lite “divorzile”, hanno diritto all’esenzione L. n. 74 del 1987, ex art. 19 (Cass. n. 16348 del 28/06/2013).
Questa Corte ritiene di aderire all’ultimo indirizzo di legittimità (Cass. n. 13840/2020; Cass. n. 3110/2016), inaugurato dalla menzionata pronuncia del 2013, che ha esteso l’agevolazione anche ai provvedimenti di divisione giudiziale, atteso che la ratio del trattamento tributario agevolato, stabilito dall’art. 19 I. 6 marzo 1987 n. 74, va ravvisata nell’intenzione del legislatore di favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale, non sottoponendo quindi a tassazione i trasferimenti patrimoniali tra i coniugi compiuti nel difficile momento della separazione e del divorzio, o in un momento ad essi successivi, né lo scioglimento della comunione che insieme ai trasferimenti non sono ragionevolmente indice di capacità contributiva.
Mentre, per quanto più in particolare concerne la specifica esenzione per i provvedimenti giudiziali di scioglimento della comunione, le ragioni di tutela che hanno concorso a prevederla in sede di provvedimenti relativi allo scioglimento del matrimonio, connotano con pari valenza anche i provvedimenti destinati a separare i patrimoni dei coniugi, elidendo in questo modo ulteriori ipotesi di conflittualità. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
5. La recente evoluzione giurisprudenziale sul tema al momento della proposizione del ricorso giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte
– rigetta il ricorso;
– compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile della Corte di Cassazione del 22.10.2020.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021.