Sinistri stradali e mora dell’assicuratore (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 17 marzo 2022, n. 8676).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26430-2019 proposto da:

GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato a Roma, v. (OMISSIS) n. 10, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIA (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) AMELIA, (OMISSIS) MARCO, (OMISSIS) CARLO, (OMISSIS) MARIANNA, domiciliati presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, difesi dagli avvocati MICHELE (OMISSIS) e PIERLUIGI (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1374/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006 Alba (OMISSIS) perse la vita allorché, mentre attraversava la strada, venne investita da un autoveicolo condotto da Giuseppe (OMISSIS) e assicurato contro i rischi della r.c.a. dalla società Groupama s.p.a..

2. Nel 2010 Amelia (OMISSIS) (zia della vittima), Carlo (OMISSIS) (convivente more uxorio della vittima), Marianna (OMISSIS) e Marco (OMISSIS) (fratelli uterini e figli della vittima) convennero dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Giuseppe (OMISSIS) e la Groupama, chiedendone la condanna risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza della morte di Alba (OMISSIS).

2. Con sentenza 19 luglio 2014 n. 2818 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accolse la domanda, attribuendo alla vittima un concorso di colpa del 30%.

La sentenza venne appellata dalle parti danneggiate.

3. Con sentenza 12 marzo 2019 n. 1374 la Corte d’appello di Napoli accolse parzialmente il gravame.

La sentenza d’appello:

-) escluse la sussistenza di un concorso di colpa della vittima, riliquidando il danno non patrimoniale lamentato da tutti e quattro gli appellanti;

-) reputò che la Groupama tenne una condotta gravemente colposa, per avere adempiuto i propri obblighi solo due anni dopo il sinistro e per di più solo parzialmente, nonostante non fosse discutibile la responsabilità dell’assicurato; di conseguenza ritenne sussistente una “mala genio improprid‘ da parte della società assicuratrice, e la condannò al risarcimento dell’intero danno sofferto dai quattro danneggiati, in eccedenza rispetto al massimale e senza limitazioni.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Groupama con ricorso fondato su un motivo ed illustrato da memoria.

Hanno resistito con controricorso unitario, anch’esso illustrato da memoria, Amelia (OMISSIS), Marco (OMISSIS), Carlo (OMISSIS) e Marianna (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la Groupama lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli articoli 1224 c.c., nonché dell’articolo 144 codice delle assicurazioni.

Deduce la società ricorrente:

che il danno complessivamente patito dai quattro danneggiati, cui doveva aggiungersi anche la madre della vittima (deceduta dopo avere ottenuto dalla Groupama un risarcimento di euro 50.000), già all’epoca del sinistro eccedeva il massimale, pari ad euro 774.685,35;

che l’obbligazione dell’assicuratore della r.c.a. è una obbligazione di valuta, con conseguente applicazione del principio nominalistico di cui all’articolo 1277 c.c.;

che la mora dell’assicuratore, anche colposa, può avere per effetto soltanto il pagamento degli interessi moratori di cui all’articolo 1224, primo o secondo comma, c.c., calcolati sul valore nominale del massimale;

che la Corte d’appello, condannando l’assicuratore senza limitazione alcuna, aveva violato i suddetti principi.

1.1. I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, sul presupposto che l’eccezione di incapienza del massimale, sollevata in primo grado, non fu reiterata in grado di appello, sicché deve ritenersi abbandonata.

1.2. L’eccezione non può essere accolta.

I controricorrenti sono nel vero quando osservano che nel giudizio di appello la società Groupama né nella comparsa di costituzione e risposta, né nella comparsa conclusionale, si è soffermata a discorrere dell’incapienza del massimale.

E tuttavia è altresì vero la Corte d’appello a pagina 9, ultimo capoverso, della propria decisione, ha affermato che “il complessivo risarcimento supera il massimale di polizza che Groupama Assicurazioni allega e prova essere pari ad euro 774.685,35”.

Il giudice di secondo grado, dunque, ha evidentemente ritenuto sia ritualmente riproposta in grado di appello l’eccezione di incapienza del massimale, sia ritualmente provato l’ammontare di quest’ultimo.

Non si può dunque ritenere “nuova”, nel presente giudizio di legittimità, una questione espressamente presa in esame dal giudice d’appello.

Ove, poi, quest’ultimo avesse errato nel ritenere allegata e provata una eccezione in realtà non reiterata in sede di appello, questo eventuale errore della Corte partenopea si sarebbe dovuto impugnare con ricorso incidentale, eventualmente condizionato, il che non è avvenuto.

2. Il ricorso è fondato.

L’assicuratore della r.c.a. è debitore in via diretta d’una obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato (art. 144 cod. ass.).

Questa obbligazione va adempiuta nel termine stabilito dalla legge, che nel caso di morte o lesioni personali causate da persona assicurata da una impresa assicuratrice in bonis è di 90 giorni decorrenti da quello in cui la vittima ha richiesto per iscritto il risarcimento (art. 148 cod. ass.).

Superato questo termine legale di adempimento anche l’assicuratore della r.c.a. – come qualsiasi altro debitore inadempiente – va incontro agli effetti della mora, a meno che non dimostri che il ritardo sia dovuto a causa a lui non imputabile, ex art. 1218 c.c. (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019 e, soprattutto, Sez. 3, Sentenza n. 1083 del 18/01/2011, ambedue diffusamente in motivazione).

3. La mora dell’assicuratore della r.c.a. nei confronti del danneggiato ha conseguenze diverse a seconda che il massimale sia capiente o incapiente.

3.1. Sino a quando il massimale resti capiente rispetto al danno causato dall’assicurato al terzo, la mora dell’assicuratore è giuridicamente insignificante, perché resta assorbita dalla mora dell’assicurato.

Quest’ultimo infatti, in quanto autore di un fatto illecito, è tenuto al pagamento degli interessi (compensativi) di mora dal giorno dell’illecito, ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 1, c.c., interessi che costituiscono una delle voci del risarcimento spettante al terzo.

L’assicuratore della r.c.a. ha l’obbligo di pagare al terzo danneggiato il medesimo risarcimento a quegli dovuto dall’assicurato: sia a titolo di capitale, sia a titolo di interessi.

Pertanto gli interessi dovuti dall’assicurato al danneggiato ai sensi dell’art. 1219 c.c. sono ipso facto dovuti anche dall’assicuratore della r.c.a., e vanno calcolati col saggio e sul capitale stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza 17.2.1995 n. 1712, e cioè ad un tasso equitativamente scelto dal giudice in considerazione delle peculiarità del caso, applicato sulla semisomma tra credito espresso in moneta dell’epoca dell’illecito, e credito rivalutato all’epoca della decisione (Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 9666 del 19/04/2018, Rv. 648408-01; Sez. 6-3, Ordinanza n. 10221 del 26/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 13537 del 13/06/2014; Sez. 3, Sentenza n. 1885 del 11/02/2002, Rv. 552161-01; Sez. 3, Sentenza n. 4186 del 23/04/1998, Rv. 514836-01; tali decisioni hanno superato il precedente e remoto orientamento secondo cui gli interessi dovuti dall’assicurato al terzo danneggiato “hanno carattere moratorio e restano a carico dell’assicurato”, senza che questi potesse pretenderne la rifusione da parte dell’assicuratore: così Sez. 3, Sentenza n. 2817 del 22/10/1963, Rv. 264376-01).

Pertanto sino al limite di capienza del massimale l’assicuratore in mora sarà tenuto a versare all’assicurato gli stessi interessi dovuti dall’assicurato, vale a dire gli interessi compensativi computati secondo i criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995.

Questa è la ragione per la quale si è affermato che l’obbligazione dell’assicuratore della r.c.a., la quale è una obbligazione di valuta, fino a quando non supera il massimale “si comporta” come una obbligazione di valore per quanto attiene le conseguenze della mora (Sez. 3, Sentenza n. 28811 del 08/11/2019).

3.2. Quando il danno causato dall’assicurato eccede il massimale, l’obbligazione dell’assicuratore nei confronti del terzo danneggiato ha per oggetto l’intero massimale.

Il massimale è una somma di denaro certa, liquida ed esigibile, e forma oggetto d’una obbligazione di valuta.

In caso di inadempimento, l’assicuratore sarà tenuto al pagamento degli interessi legali dal giorno della mora, ed eventualmente del maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, c.c..

4. Quando l’assicuratore della r.c.a. sia tenuto al pagamento dell’intero massimale, e non adempia nei termini di legge, non può ovviamente più pretendere che le conseguenze della (sua) mora restino contenute nel limite del massimale.

Quel limite, infatti, concerne una garanzia per fatto altrui, e cioè il risarcimento del danno causato dall’assicurato.

Ma se l’assicuratore della r.c.a. debba versare alla vittima l’intero massimale e non lo faccia nei termini di legge, tale ritardo sarà imputabile a lui, non al fatto dell’assicurato.

Pertanto in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni) l’assicuratore in mora nel pagamento dell’intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa sena limiti di sorta. In questo caso infatti le conseguenze della mora scaturiscono dall’inadempimento dell’assicuratore, e non dall’illecito dell’assicurato (ex permultis, Sez. 3-, Sentenza n. 22054 del 22/09/2017, Rv. 646015-01; Sez. L, Sentenza 2525 del 06/03/1998, Rv. 513435-01; ma il principio è pacifico e risalente: così già Sez. 1, Sentenza n. 6356 del 09/12/1980, Rv. 410099 – 01).

5. L’assicuratore che ritardi il pagamento dell’intero massimale va incontro alle conseguenze cui si espone il debitore che non adempia una obbligazione di valuta.

Egli dunque sarà tenuto al pagamento degli interessi di mora al saggio legale (art. 1224, primo comma, c.c.).

Se poi il creditore lo chieda e lo dimostri, gli spetterà il risarcimento del “maggior danno” di cui all’art. 1224, comma secondo, c.c..

Il “maggior danno” di cui all’art. 1224, comma secondo, c.c., può essere ritenuto sussistente in via presuntiva dal giudice, salvo prova contraria da parte del debitore, in tutti i casi in cui nel tempo della mora il saggio di rendimento medio dei BOT di durata annuale sia stato superiore al saggio legale medio degli interessi, così come statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte nel comporre i precedenti contrasti sull’interpretazione dell’art. 1224, comma secondo, c.c. (Sez. U, Sentenza n. 19499 del 16/07/2008).

5.1. La mora debendi dell’assicuratore della r.c.a. nei confronti del terzo danneggiato è speso designata nella prassi forense e giudiziaria “mala gesti° impropria”: ma deve essere ben chiaro che questa espressione è puramente convenzionale e, essa sì, “impropria”.

Infatti una “cattiva gestione” degli interessi altrui è concepibile unicamente nel rapporto tra assicurato ed assicuratore.

Solo nell’ambito di questo rapporto è ipotizzabile una condotta colposa consistente nella malaccorta gestione degli interessi altrui.

Per questa ragione nel rapporto tra assicurato ed assicuratore mora e mala gestio sono concetti non coincidenti: la mora è l’effetto dell’inadempimento d’una obbligazione di dare; la mala gestio è invece l’inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell’assicurato).

L’assicuratore che incorra nella mala gesti° degli interessi dell’assicurato potrà essere tenuto al pagamento di somme eccedenti il massimale non solo a titolo di interessi, ma anche a titolo di capitale (l’esempio di scuola è quello dell’assicuratore che, rifiutando per colpa una vantaggiosa proposta transattiva avanzata dal danneggiato e contenuta nei limiti del massimale, finisca per lasciare l’assicurato, all’esito del giudizio, esposto alla pretesa del danneggiato per l’eccedenza del credito risarcitorio rispetto al limite del massimale).

5.2. Nel rapporto tra assicuratore della r.c.a. e danneggiato, per contro, l’assicuratore assume la veste di debitore, non di mandatario o gestore di affari altrui.

Pertanto la mora dell’assicuratore nell’ambito di tale rapporto non potrà mai comportare altre conseguenze che quelle di cui all’art. 1224 c.c.: e cioè l’obbligo di pagamento di somme eccedenti il massimale a titolo di interessi o maggior danno ex art. 1224 c.c., ma mai a titolo di capitale (principio, quest’ultimo, che questa Corte viene ripetendo ormai da vent’anni: così già, con grande chiarezza, Sez. 3, Sentenza n. 10725 del 08/07/2003, nella cui motivazione si afferma che la responsabilità dell’assicuratore in mora nei confronti del danneggiato “ritrae disciplina e contenuto dall’art. 1224 cod. civ., perché è obbligazione da ritardo nell’adempimento di una obbligazione pecuniaria e dunque da un lato trova il suo unico presupposto nella mora, dall’altro richiede la prova, quanto al danno, solo per la parte che eccede gli interessi di mora’).

6. Alla luce dei princìpi sin qui esposti, deve concludersi che la sentenza impugnata ha effettivamente violato l’art. 1224 c.c., per avere:

a) condannato l’assicuratore moroso al pagamento in favore dei terzi danneggiati d’una somma eccedente il massimale non solo quanto agli interessi (il che è sempre possibile), ma anche in conto capitale, trascurando di considerare che, anche nel caso di tempestivo adempimento da parte dell’assicuratore, i danneggiati comunque non avrebbero potuto ottenere un ristoro integrale;

b) calcolato il danno da mora nell’adempimento di una obbligazione di valuta con i criteri che disciplinano la mora nelle obbligazioni di valore.

7. La ritenuta fondatezza del ricorso non comporta tuttavia la necessità di cassare con rinvio la sentenza impugnata.

Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere la causa nel merito, ai sensi dell’articolo 384, secondo comma, c.p.c., provvedendo a ricalcolare il danno da mora dovuto dalla Groupama ai quattro danneggiati.

A tal fine occorre:

a) determinare il credito di ciascun danneggiato in moneta attuale;

b) ripartire il massimale tra i quattro danneggiati, previa riduzione proporzionale ai sensi dell’art. 140, comma primo, cod. ass.;

c) conteggiare la mora, previa imputazione degli acconti pagati ante causam dall’assicuratore.

8. Determinazione del complessivo danno causato dal sinistro (art. 140 cod. ass.).

La misura del credito dovuto, in conto capitale, ai danneggiati è stata determinata dalla Corte d’appello con statuizione non impugnata.

Ai danni liquidati dalla Corte d’appello agli odierni controricorrenti deve poi aggiungersi la somma liquidata dalla Groupama a Rosa (OMISSIS) (euro 50.000), madre della vittima già deceduta al momento della liquidazione giudiziale del danno (all.to 12 atto di citazione in primo grado).

Anche tale importo infatti, intaccando il massimale, concorre alla ripartizione proporzionale di cui all’art. 140 cod. ass..

Tutti i suddetti importi devono essere resi omogenei mediante rivalutazione alla data odierna (12 gennaio 2022), per evitare distorsioni nell’applicazione della regola proporzionale già ricordata.

Il danno complessivo causato dal sinistro sarà dunque pari alla sommatoria dei seguenti importi:

-) per Amelia (OMISSIS), euro 82.110 liquidati nel 2014, pari ad euro 88.432,47 attuali (coefficiente di rivalutazione 1,077);

-) per Carlo (OMISSIS), euro 271.198,7 liquidati nel 2014 (coefficiente di rivalutazione 1,077) più curo 80.000 liquidati nel 2019 (coeff. di rivalutazione 1,050), pari complessivamente ad euro 376.081 attuali;

-) per Marianna (OMISSIS), euro 271.198,7 liquidati nel 2014 (coefficiente di rivalutazione 1,077), pari ad euro 302.851 attuali;

-) per Marco (OMISSIS), euro 271.198,7 liquidati nel 2014 (coefficiente di rivalutazione 1,077), pari ad euro 302.851 attuali;

-) per Rosa (OMISSIS), euro 50.000 liquidati nel 2009 (coefficiente di rivalutazione 1,171), pari ad euro 58.550 attuali.

L’importo complessivo dei danni causali dal sinistro, espresso in moneta attuale, è dunque pari ad euro 1.128.765,47.

9. Ripartizione proporzionale del massimale (art. 140 cod. ass.).

Poiché il danno complessivo causato dal sinistro eccede il massimale, la base di calcolo degli interessi di mora deve essere, per ciascuno dei quattro danneggiati, la quota di massimale a ciascuno di essi spettante in proporzione del relativo credito.

Tale quota andrà calcolata con la consueta formula:

R = (M*Ds)/Dc:

dove R è il risarcimento spettante a ciascun danneggiato; M è il massimale; Ds è il credito di ciascun danneggiato; Dc è la somma di tutti i crediti vantati dai danneggiati.

Per maggior chiarezza espositiva, la ripartizione del massimale tra i vari danneggiati, previa riduzione proporzionale, è riassunta nella tabella che segue: (omissis; vedi tabella allegata in sentenza).

10. Calcolo della mora e diffalco degli acconti.

Il calcolo della mora, in eccedenza rispetto al massimale, richiede di stabilire:

a) la disciplina applicabile;

b) il dies a quo;

c) il saggio applicabile;

d) se sia dovuto il maggior danno;

e) come vadano scomputati gli acconti pagati dalla società debitrice.

10.1. Della prima questione (disciplina applicabile) si è già detto: il debito della Groupama nei confronti dei danneggiati ha ad oggetto, in conto capitale, il massimale: costituisce dunque un’obbligazione di valuta, soggetta al principio nominalistico (art. 1277 c.c.), con la conseguenza che il massimale non può essere automaticamente rivalutato, a meno che la rivalutazione non sia stata chiesta a titolo di maggior danno, ex articolo 1224, comma secondo, c.c., domanda non formulata nel presente giudizio (gli attori, infatti, nell’atto di citazione si limitarono a domandare la condanna dell’assicuratore al pagamento degli “interessi e rivalutazione secondo il criterio suggerito dalla nota sentenza n. 1712 del 1995”, criterio come già detto inapplicabile alle obbligazioni di valuta; la rivalutazione in ogni caso si sarebbe potuta accordare solo se i danneggiati avessero allegato e dimostrato che, in caso di tempestivo adempimento, avrebbero impiegato il loro denaro in investimenti idonei a preservarlo dagli effetti dell’inflazione; ma su tale questione non vi fu mai né allegazione, né offerta di prova da parte degli attori).

10.2. Gli effetti della mora decorreranno clall’11.9.2006, data in cui è spirato lo spatium deliberandi di 90 giorni, decorrenti da quello in cui l’assicuratore ha ricevuto la richiesta di risarcimento speditagli il 7.6.2006 (all.to 2 all’atto di citazione in primo grado).

10.3. Il saggio degli interessi di mora sarà quello legale vigente di tempo in tempo.

10.4. I danneggiati non hanno dimostrato di avere subito danni maggiori, per effetto della mora, rispetto a quelli compensati dagli interessi legali. Inoltre tra il 2006 (epoca del sinistro) e oggi (12.1.2022) il saggio medio di rendimento dei BOT di durata annua (1,10%) è stato inferiore al saggio medio degli interessi legali (1,2742%), sicché in applicazione dei principi stabiliti da Cass. S.U. 19499/08, già ricordati supra, § 5, spetteranno ai danneggiati gli interessi di mora calcolati al saggio legale vigente de die in climi, e non al saggio di rendimento dei titoli di Stato di durata annua.

10.5. Infine, gli acconti pagati dalla Groupama andranno imputati dapprima agli interessi e poi al capitale, in applicazione della regola dettata dall’articolo 1194 c.c..

Agli acconti di cui ha già dato conto la sentenza d’appello (100.000 euro in due tranches a Carlo (OMISSIS); 50.000 euro a Marco (OMISSIS)) andranno aggiunte le somme pagate dalla Groupama in esecuzione delle sentenze di primo e secondo grado, indicate dalla società ricorrente a p. 9 del ricorso, non contestate dai controricorrenti, e la cui percezione è stata comunque da questi ultimi ammessa negli atti di pignoramento allegati dalla Groupama sub 6 al fascicolo del presente giudizio di legittimità.

10.6. Alla luce dei criteri che precedono, risulta che:

a) il credito di Amelia (OMISSIS) è stato interamente risarcito, con un’eccedenza di euro 13.223,74;

b) il credito di Marianna (OMISSIS) è stato interamente risarcito, con un’eccedenza di euro 32.809,56;

c) il credito di Marco (OMISSIS) è stato interamente risarcito, con un’eccedenza di euro 23.969,01;

d) il credito residuo di Carlo (OMISSIS) si è ridotto ad euro 18.618,25 in conto capitale, oltre interessi legali successivi dal 1° maggio 2019.

Omissis (a tal proposito, si rimanda alla tabella allegata alla sentenza).

11. La Groupama ha chiesto, a pagina 10 del proprio ricorso, che sia passata la sentenza impugnata “con ogni conseguenza anche in ordine alla restituzione delle somme che risulteranno indebitamente percepite dai resistenti”.

Pertanto Amelia (OMISSIS), Marianna (OMISSIS) e Marco (OMISSIS), che sono risultati avere incassato dalla Groupama somme eccedenti rispetto al loro credito, vanno condannati alla restituzione in favore della società ricorrente delle somme indicate al paragrafo 10.6 che precede, oltre interessi nella misura legale dalla data dell’ultimo pagamento in acconto, che in mancanza di ulteriori precisazioni da parte della Groupama va individuata nel 1 0 settembre 2019.

12. La decisione della causa nel merito impone a questa Corte di provvedere anche sulle spese dei precedenti gradi di giudizio.

Avuto riguardo all’esito complessivo della lite, che vede comunque la soccombenza della Groupama, la quale ha adempiuto integralmente la propria obbligazione solo dopo la sentenza d’appello (ex plurimis, Sez. L -, Sentenza n. 14199 del 24/05/2021, Rv. 661300 – 01), ritiene il Collegio che debba confermarsi la regolazione delle spese dei due gradi di merito così come disposta dalla Corte d’appello di Napoli.

12.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate, in considerazione dell’esito complessivo della lite e del grave ed ingiustificato ritardo con cui la Groupama ha comunque adempiuto le proprie obbligazioni, in un caso in cui ben pochi dubbi potevano ragionevolmente sussistere sulla responsabilità dell’assicurato.

P.q.m.

(-) accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito:

(a) dichiara integralmente adempiute le obbligazioni della società Groupama s.p.a. nei confronti di Amelia (OMISSIS), di Marianna (OMISSIS) e di Marco (OMISSIS);

(b) ridetermina il credito residuo della società Groupama nei confronti di Carlo (OMISSIS) nella misura di euro 18.618,25, oltre interessi successivi al saggio legale decorrenti dal 10 settembre 2019;

(c) condanna Amelia (OMISSIS) alla restituzione in favore della Groupama s.p.a. della somma di euro 13.223,74, oltre interessi legali dal 1° settembre 2019;

(d) condanna Marianna (OMISSIS) alla restituzione in favore della Groupama s.p.a. della somma di euro 32.809,56, oltre interessi legali dal 10 settembre 2019;

(e) condanna Marco (OMISSIS) alla restituzione in favore della Groupama s.p.a. della somma di euro 23.969,01, oltre interessi legali dal 1° settembre 2019;

(-) conferma le statuizioni della sentenza impugnata in punto di regolazione delle spese;

(-) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte di cassazione, addì 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 17 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.