Strada sconnessa: risarcito comunque il conducente disattento (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 23 giugno 2021, n. 17947).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente

Dott. POSITANO Gabriele – Rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4040-2019 proposto da:

COMUNE DI COGORNO elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II, 154, presso lo studio dell’avvocato Daniele (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente

contro

(OMISSIS) GIANMARCO elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI (OMISSIS) 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DAVIDE (OMISSIS), DAVIDE (OMISSIS), PAOLO (OMISSIS);

– controricorrente, –

nonché contro

CITTA’ METROPOLITANA DI GENOVA ;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1774/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 22/11/2018.

Rilevato che:

con atto di citazione del 10 settembre 2009, Gianmarco (OMISSIS) evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Chiavari, la provincia di Genova per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito del sinistro verificatosi il 15 ottobre 2003.

Aggiungeva che, in orario notturno, mentre percorreva la strada provinciale 33, alla guida del proprio ciclomotore, era caduto rovinosamente a terra a causa di una “buca o avvallamento” del manto stradale;

si costituiva in giudizio la provincia di Genova che chiamava in causa il Comune di Cogorno che, nel periodo in questione, aveva autorizzato l’esecuzione di lavori di rifacimento del manto stradale.

L’amministrazione comunale non si costituiva;

il Tribunale, con sentenza del 17 luglio 2012, accoglieva la domanda, ritenendo provato il nesso causale tra le condizioni della strada, l’evento lesivo dedotto e l’accadimento ascrivibile al fatto del terzo, condannando la Provincia al risarcimento dei danni e accogliendo la domanda di manleva proposta nei confronti del Comune;

avverso tale decisione proponeva appello la Provincia di Genova, con atto di citazione del 30 ottobre 2012, lamentando l’omesso esame dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, l’erroneità della motivazione relativa al materiale probatorio, l’errata valutazione dell’efficienza causale del comportamento del danneggiato e contestando la quantificazione dei danni, oltre che la liquidazione delle spese processuali.

Si costituiva (OMISSIS) contestando la fondatezza del gravame.

Si costituiva, altresì il Comune di Cogorno, proponendo appello incidentale, contestando la sussistenza del nesso causale, lamentando il travisamento delle risultanze istruttorie, censurando l’ordinanza di ammissione della consulenza tecnica, criticando l’accoglimento della domanda di manleva e deducendo la violazione del principio del contraddittorio;

con ordinanza del 25 gennaio 2017 la Corte d’Appello di Genova disponeva consulenza medico legale e, con sentenza del 22 novembre 2018 ed in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la responsabilità di Gianmarco (OMISSIS) nella misura del 30% e della Città metropolitana di Genova (già Provincia), nella misura del 70% con condanna di quest’ultima al pagamento della somma di euro 120.000, circa oltre interessi.

Condannava il Comune di Cogorno a corrispondere alla Provincia le somme indicate.

Respingeva, nel resto, l’appello principale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannava la Provincia al pagamento, in via esclusiva, delle spese della consulenza medica, rigettando, nel resto, l’appello incidentale e provvedendo sulle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di Cogorno, affidandosi a quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso Gianmarco (OMISSIS) e deposita memoria.

Considerato che:

con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. la violazione degli articoli 1227 e 2051 c.c. oltre che dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 24 della Costituzione, e la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità e della contraddittorietà manifesta.

La sentenza avrebbe errato nell’affermare la responsabilità della Provincia dando per scontata la sussistenza di una “buca” rispetto alla quale era stato richiesto al consulente di esprimere un giudizio sulla evitabilità della stessa, nel caso di guida rispettosa del limite di velocità.

Al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, quello raffigurato nella foto costituiva un avvallamento e non una buca.

La prova testimoniale non avrebbe consentito di individuare con esattezza la dinamica e l’esistenza della buca.

Conseguentemente mancherebbe la prova del nesso causale che incombeva sul (OMISSIS) e tale profilo sarebbe stato evidenziato anche dal consulente d’ufficio.

Nonostante la mancanza di prova dell’esistenza della buca e la probabile esistenza di un semplice avvallamento, la Corte avrebbe comunque localizzato tali anomalie della strada vicino al margine destro della carreggiata, con ciò pervenendo ad una conclusione assolutamente contraddittoria;

con il secondo motivo si deduce la violazione delle medesime disposizioni oggetto della precedente censura, oltre che dell’articolo 141 del Codice della strada e la mancanza di motivazione, sotto il profilo dell’illogicità e della contraddittorietà manifesta.

La Corte territoriale pur affermando che se il (OMISSIS) avesse condotto il motociclo al centro della carreggiata, rispettando i limiti di velocità e avvedendosi della scarsa manutenzione della strada, avrebbe certamente evitato la (presunta) buca, ne ha limitato il concorso di responsabilità alla misura del 30%;

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 4, la violazione di articoli 183 e 189 c.p.c., oltre che 112 c.p.c. la mancanza di motivazione sotto il profilo dell’illogicità manifesta e la ultrapetizione.

(OMISSIS) non aveva proposto appello incidentale riguardo alla quantificazione del danno effettuata in sede di accertamento tecnico preventivo; pertanto, la Corte avrebbe dovuto attenersi ai valori determinati in quella sede e non alle considerazioni espresse dal consulente medico legale nominato in sede di appello;

con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 4 c.p.c., la violazione di articoli 2697 c.c. e 24 Cost. e la mancanza di motivazione sotto il profilo della illogicità e della contraddittorietà manifesta.

Diversamente da quanto affermato dal giudice di appello, gli interventi descritti nel disciplinare sottoscritto tra la Provincia e il Comune, riguardavano la “rottura del suolo comunale” in posizione distante dal luogo dell’incidente, come emergerebbe dall’esame della planimetria; inoltre, non sarebbero stati eseguiti interventi sul suolo pubblico, ma solo l’apertura dei tombini presenti sul manto stradale e la consegna dei lavori avvenne il 20 gennaio 2004, in data successiva al sinistro (15 ottobre 2003).

Di tali elementi la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto.

Sotto altro profilo la decisione sarebbe contraddittoria poiché da un lato ribadisce che la Provincia di Genova, quale ente proprietario della strada, avrebbe dovuto monitorare le condizioni della strada, ma dall’altro accoglie la domanda di manleva proposta nei confronti del Comune;

il primo motivo (assenza del nesso causale) è infondato.

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia, riguardo all’onere spettante al danneggiato di dimostrare il nesso causale.

La Corte d’Appello ha affermato che il motociclo del (OMISSIS) era caduto per la presenza di una buca e tale anomalia della strada era “rappresentata nella fotografia”.

Ha precisato che il consulente non ha potuto accertare il posizionamento esatto della buca, evidentemente perché lo stato dei luoghi era mutato dopo l’incidente.

Pertanto, non è stato possibile rilevare se la “buca rappresentata nella fotografia” era posizionata in corrispondenza di un palo della illuminazione pubblica.

La sentenza chiarisce successivamente che dalla fotografia si evinceva che più che di una buca si trattava “più propriamente di avvallamento”, che secondo il consulente era stato determinato dalla asperità dell’asfalto “dovuta verosimilmente ad una non corretta preparazione del fondo”.

Era, invece, possibile posizionare la “buca o avvallamento” in prossimità del margine destro della carreggiata.

Tali elementi consentono di definire con chiarezza il nesso causale e rispetto a tali affermazioni le censure del ricorrente sono dedotte in violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. e non sono specifiche poiché il Comune avrebbe dovuto dimostrare di avere formulato uno specifico motivo di appello incidentale con riferimento all’esistenza stessa della buca o dell’avvallamento e alla sua efficienza causale, trascrivendo, allegando o localizzando all’interno del fascicolo di legittimità la censura specificamente sottoposta al giudice di secondo grado.

Ma tale adempimento non è stato espletato, per cui la doglianza si traduce in una contestazione volta a criticare il convincimento del giudice di merito in esito all’esame del materiale probatorio, prospettando una ricostruzione alternativa e più appagante rispetto a quella adottata dai giudici di merito.

Ma nel giudizio di legittimità è precluso l’accertamento dei fatti o la loro valutazione a fini istruttori; il secondo motivo è inammissibile poiché riguarda una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità atteso che la Corte territoriale ha ragionevolmente chiarito le ragioni in base alle quali ha determinato il concorso del danneggiato nella causazione dell’evento nella misura del 30%.

Per il resto, la censura si traduce in un’inammissibile critica al convincimento del giudice si è formato in applicazione dell’articolo 116 c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio.

Sotto altro profilo la decisione è rispettosa del principio giurisprudenziale secondo cui la presenza di una strada fortemente sconnessa e piena di avvallamenti non rappresenta di per sé una esimente per l’ente pubblico, atteso che un comportamento disattento dell’utente, non rappresenta una condotta imprevedibile.

D’altra parte, portando alle estreme conseguenze il ragionamento opposto, si legittimerebbe il mantenimento delle strade pubbliche in una situazione di incuria e di dissesto al fine di beneficiare di una riduzione o esclusione della responsabilità, facendo ricadere soltanto sull’utilizzatore della strada le conseguenze della mancanza di manutenzione.

Il terzo motivo è inammissibile poiché è il Comune, che ha richiesto l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio in grado di appello, sul rilievo dell’inopponibilità dell’accertamento tecnico preventivo già espletato per violazione del contraddittorio: pertanto, non può dolersi dei risultati di quella CTU;

sotto altro profilo la doglianza è infondata perché il danneggiato (OMISSIS) (parte totalmente vittoriosa in primo grado) si è limitato a insistere per la condanna degli appellanti, principale e incidentale, e, all’esito della consulenza espletata in grado di appello, “nelle modalità e percentuali meglio viste e ritenute, al risarcimento del maggior importo”.

Pertanto, non è stata introdotta alcuna domanda nuova, ma si è reiterata la richiesta di condanna degli originari convenuti con variazione puramente quantitativa del petitum e non introducendo una domanda nuova, in quanto tale inammissibile sensi dell’articolo 345 c.p.c. (Cass. n. 25341 del 17 dicembre 2015);

per l’ultimo motivo vanno ribadite le considerazioni già espresse per la prima censura.

A fronte di una affermazione specifica della Corte d’Appello (“è risultato dall’istruttoria-prova testimoniale e documentali-che, sulla strada dell’avvenuto l’incidente, erano in corso alcuni lavori di rifacimento dell’asfalto non ancora terminati e dovuti alla riparazione della rete fognaria da parte del Comune di Cogorno”), le deduzioni del ricorrente sono formulate in violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. poiché si fondano su una serie di dati fattuali (contenuto del disciplinare, planimetria, localizzazione del luogo del sinistro, eccetera) dedotti in assenza della puntuale indicazione del momento processuale e della relativa fase, della tempestiva produzione di tali documenti, oltre che della trascrizione, allegazione o localizzazione all’interno del fascicolo di legittimità degli stessi e, prima ancora, della trascrizione dello specifico motivo di appello incidentale relativo a tali profili, al fine di dimostrare di avere sottoposto al giudice di appello tali questioni;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato;

le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.T.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in C 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.