REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. PIERO MESSINI D’AGOSTINI -Presidente-
Dott. MARIA DANIELA BORSELLINO -Relatore-
Dott. GIUSEPPE COSCIONI -Consigliere-
Dott. SANDRA RECCHIONE -Consigliere-
Dott. MARZIA MINUTILLO TURTUR -Consigliere-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) nato in Marocco il 9 settembre 19xx;
Avverso la sentenza resa il 31 gennaio 2023 dalla Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARIA DANIELA BORSELENO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Fulvio Baldi, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata in accoglimento del secondo motivo di ricorso e il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma;
lette le conclusioni dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) che ha insistito nei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza resa il 18 maggio 2022 all’esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Velletri, che aveva dichiarato la responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) in ordine ai reati di rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate in danno di un agente di P.G., unificati per continuazione, ha modificato il giudizio formulato ex art. 69 cod.pen., riconoscendo la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti, e ha ridotto la pena inflitta.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato deducendo:
2.1 vizio di motivazione poiché con il primo motivo di appello si chiedeva l’assoluzione dell’imputato dal reato di rapina, evidenziando il contrasto oggettivo tra la somma rinvenuta nella disponibilità dell’imputato e quella indicata dalla persona offesa come presente nel portafoglio sottratto.
La sentenza non ha risposto a questa censura limitandosi ad affermare che la refurtiva era nella disponibilità dell’imputato, che veniva visto gettare il portafoglio per terra.
Così facendo la Corte ha reso una motivazione apparente poiché non ha risposto alla censura formulata in quanto, ribadisce la difesa, le somme rinvenute nella disponibilità dell’imputato non coincidono con quelle presenti nel portafoglio sottratto e ciò palesa il possibile errore di persona.
2.2 Violazione dell’art. 62 n. 4 cod.pen. e vizio di motivazione poiché la Corte ha respinto l’istanza di applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità osservando che la valutazione complessiva dei fatti ha provocato un effettivo pregiudizio alla vittima che non può dirsi di speciale tenuità.
Anche in questo caso la Corte avrebbe reso una motivazione apparente poiché il richiamo agli effetti dannosi non è accompagnato dalla individuazione degli stessi.
Peraltro il reato ex art. 628 cod.pen. rientra nei delitti contro il patrimonio e la norma di cui all’art. 62 n.4 cod.pen. si riferisce esclusivamente al profilo economico del danno senza far alcun riferimento ad altri ed ulteriori effetti dannosi.
Ne consegue che il riferimento formulato dall’impugnata sentenza agli effetti dannosi della condotta dell’imputato non è contemplato dalla norma indicata e la motivazione è frutto di una erronea interpretazione della legge penale.
2.3 Violazione degli articoli 62 bis, 65 e 69 cod.pen. e vizio di motivazione poiché il calcolo della pena risulta errato.
Occorre premettere che nella sentenza di primo grado erano state concesse le circostanze attenuanti generiche riconosciute come equivalenti alle aggravanti, stabilendo la pena base per il reato di rapina di cui al capo A in anni 5 di reclusione, aumentata di sei mesi per ciascuno dei due reati unificati.
Nella motivazione dell’impugnata sentenza le attenuanti sono state ritenute prevalenti, ma la pena è stata determinata in misura superiore a quella indicata in motivazione e che faceva riferimento alla riduzione di un terzo della pena base per le attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La censura avanzata con il primo motivo non è consentita in quanto invoca una diversa valutazione del compendio probatorio che è stato oggetto di adeguata verifica da parte dei giudici di merito di rito e che non costituisce oggetto del sindacato di legittimità.
La circostanza che la somma rinvenuta nel possesso dell’imputato non coincida esattamente con quanto riferito dalla persona offesa, peraltro, non ha rilevanza dirimente sul giudizio di colpevolezza, ove si consideri che l’imputato non è mai stato perso di vista da parte dell’inseguitore che lo ha visto disfarsi della refurtiva, l’ha recuperata e lo ha poi bloccato.
2. La seconda censura è manifestamente infondata poiché a pag. 4 della sentenza la Corte ha negato il riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, facendo corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte ribadito che in presenza di un reato plurioffensivo quale la rapina si deve tenere conto del modus operandi dell’autore del reato e del complessivo pregiudizio cagionato alla persona offesa dalla condotta anche violenta.
Nel caso di specie la Corte ha sottolineato che la persona aggredita era un soggetto anziano che ha subito un pregiudizio anche di ordine morale dalla condotta violenta dell’imputato.
3. Il terzo motivo è in parte fondato poiché la Corte a pagina due della sentenza impugnata spiegando le modalità di calcolo attraverso le quali è pervenuta alla determinazione della pena afferma di avere riconosciuto alle attenuanti generiche carattere di prevalenza sulle aggravanti e in particolare sulla recidiva specifica infraquinquennale, e di avere ridotto di un terzo la pena inflitta per la rapina ex art. 62 bis cod.pen..
Tuttavia ha poi operato una riduzione di un anno di pena detentiva, così rendendo una statuizione contradditoria.
In conclusione la Corte nell’effettuare il calcolo della pena è incorsa in un errore che impone la rettifica della sentenza impugnata, determinando la riduzione per le attenuanti generiche in un terzo della pena, come affermato in motivazione, e operando su detta pena ridotta di un terzo finale, l’aumento per la continuazione e la diminuzione di un terzo per il rito abbreviato, così pervenendo alla pena finale di anni due, mesi sei e giorni venti di reclusione ed euro 800 di multa.
P.Q.M.
Rettifica la sentenza impugnata nel senso che la pena detentiva deve essere determinata in anni due, mesi sei e giorni venti di reclusione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Roma 19 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria, Seconda Sezione Penale, Corte di Cassazione il 30 novembre 2023.