Sulla differenza tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza alle persone ed estorsione (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 22 marzo 2022, n. 9972).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Rel. Consigliere –

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

• (OMISSIS) Franco (detto “zio Franco”) nato a Montefalco il 13/10/19xx;

• (OMISSIS) Federica nata a Roma il 26/08/19xx;

• (OMISSIS) Massimo nato a Roma il 29/05/19xx;

• (OMISSIS) Emilio nato a Roma il 05/07/19xx;

• (OMISSIS) Valerio nato a Roma il 14/03/19xx;

• (OMISSIS) Maurizio (detto “Baby”) nato a Roma il 06/04/19xx;

avverso la sentenza del 15/06/2021 della Corte di Assise di Appello di Roma;

PARTE CIVILE:

(OMISSIS) Joanna

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Luigi Agostinacchio;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio nei confronti di (OMISSIS) per nuovo giudizio nonché l’annullamento con rinvio per il trattamento sanzionatorio per gli altri imputati, con rigetto nel resto dei ricorsi;

sentito il difensore della parte civile, avv. Fabio (OMISSIS) del foro di Roma, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi con conferma delle statuizioni civili e condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle ulteriori spese processuali;

sentiti i difensori presenti, tutti del foro di Roma, avv. Cesare (OMISSIS) e avv. Gianluca (OMISSIS) per (OMISSIS) Franco e (OMISSIS) Valerio, avv. Marco (OMISSIS) e avv. Sandro (OMISSIS) per la (OMISSIS), avv. Stefano (OMISSIS) in sostituzione anche dell’avv. Maurizio (OMISSIS) per il (OMISSIS), avv. Marco (OMISSIS) per il (OMISSIS), avv. Angelo (OMISSIS) per il (OMISSIS) che hanno concluso riportandosi a tutti i motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO

1. Con sentenza del 15/06/2021 la Corte di Assise di Appello di Roma confermava la sentenza della Corte di Assise di Roma del 13/10/2020 con la quale gli imputati appellanti (OMISSIS) Franco, (OMISSIS) Federica, (OMISSIS) Massimo, (OMISSIS) Emilio, (OMISSIS) Valerio e (OMISSIS) Maurizio erano stati condannati alle pene di giustizia perché ritenuti responsabili, in concorso, dei reati di estorsione aggravata in danno di (OMISSIS) Joanna, costituitasi parte civile (capo A), di tentata estorsione aggravata in danno di (OMISSIS) (OMISSIS) Giulio Porfirio (capo C, così riqualificata l’originaria imputazione di sequestro di persona a scopo di estorsione) nonché, (OMISSIS) Franco e (OMISSIS) Emilio, in concorso, di lesioni in danno della (OMISSIS) (capo B); delitti tutti aggravati anche ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen.

In sintesi, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, le odierne persone offese avrebbero sottratto ed incassato assegni ad un centro sportivo gestito da (OMISSIS) Valerio, determinando la reiterata reazione violenta di costui e dei coimputati al fine non soltanto di rientrare in possesso della somma, peraltro non ingente, ma, soprattutto, di ripristinare il prestigio del gruppo criminale all’interno del quartiere romano di Montespaccato, dove il circolo era ubicato.

2. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati.

2.1 (OMISSIS) Franco e (OMISSIS) Valerio, con un unico atto mediante i comuni difensori di fiducia, hanno eccepito:

– la violazione di legge processuale (artt. 64, comma 3 lett. c – 197 bis – 210, comma 6 cod. proc. pen.) e la nullità dell’ordinanza emessa l’08/06/2020, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) Joanna e (OMISSIS) Rios, indagati per reati strettamente collegati a quelli sub a) e c), escussi come testi dell’accusa senza l’avviso previsto dall’art. 64 cod. proc. pen. e le formalità dettate dall’art. 210 cod. proc. pen. nonostante le determinazioni in tal senso inizialmente assunte dalla Corte di Assise con ordinanza allegata al verbale di udienza del 31/01/2020, in seguito mutate sull’erroneo presupposto che il regime processuale in questione riguardasse solo le dichiarazioni auto-indizianti e non già quelle relative alla responsabilità di terzi, con inammissibile scissione del contenuto della prova dichiarativa e violazione della garanzia processuale in ordine all’affidabilità del teste (in tal modo il giudice di primo grado aveva ottenuto che la (OMISSIS) esercitasse il diritto al silenzio in relazione ai fatti a suo carico ma fosse obbligata a deporre sulla responsabilità altrui; il giudice di appello, disattendendo le censure difensive sul punto, si era appellato al carattere spontaneo delle dichiarazioni della teste, senza considerare che ciò poteva affermarsi solo per la denunzia presentata alla P.G. ma non per l’audizione dibattimentale);

– la violazione di legge ed il vizio di motivazione circa la mancata derubricazione degli episodi di estorsione, tentata e consumata, di cui ai capi a) e c) nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 393 cod. pen. avendo i ricorrenti agito in qualità di terzi, per il recupero di una somma spettante a (OMISSIS) Gianluca, titolare della società che gestiva il centro sportivo al quale le somme erano state sottratte, nella convinzione dell’esistenza del diritto alla restituzione;

– la violazione di legge per avere la corte territoriale escluso – ai fini della configurabilità del delitto ex art. 393 cod. pen.

– che il titolare della pretesa azionabile possa essere l’amministratore di fatto o il socio della società, qualità che i (OMISSIS) rivestivano;

– la violazione di legge ed il vizio di motivazione – sempre in relazione alla qualificazione dei fatti – circa l’affermazione, da ritenersi erronea, secondo cui l’ingiusto profitto dell’estorsione consisterebbe non solo nella proiezione patrimoniale della condotta costrittiva ma anche in ogni utilità, materiale o spirituale, che l’agente intenda perseguire, compresa l’intenzione di tutelare il prestigio criminale nella zona d’influenza, con finalità punitiva, e, quindi, con interpretatio abrogans del requisito di legge, ancorato ad una valutazione strettamente economica dell’illecito;

– la violazione di legge ed il vizio della motivazione circa l’applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. non essendo stati indicati gli elementi fattuali caratterizzanti il metodo mafioso che si assumeva utilizzato;

– il vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed all’entità degli aumenti per la continuazione.

2.2 (OMISSIS) Emilio e (OMISSIS) Federica, con lo stesso atto, tramite il comune difensore di fiducia, hanno eccepito con un unico motivo il vizio di motivazione circa l’accertamento di responsabilità, dovendosi escludere alla stregua del quadro probatorio la responsabilità concorsuale nella commissione della condotta violenta contestata, da ricondursi in ogni caso alla previsione di cui all’art. 393 cod. pen. senza alcuna effettiva condizione di assoggettamento derivante dalla vicinanza degli imputati al clan (OMISSIS).

2.3 Nell’interesse di (OMISSIS) Massimo sono stati articolati cinque motivi di ricorso:

– vizio di motivazione circa l’affermazione di responsabilità per i delitti contestati ai capi a) e c) in assenza di prove in tal senso, tale non potendosi considerare le testimonianze, le videoriprese e le intercettazioni acquisite, prive di riferimenti in relazione ad una partecipazione concorsuale alla condotta violenta nei confronti delle vittime;

– violazione di legge per l’utilizzazione ai fini della decisione di dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) nel corso delle indagini ed acquisite in dibattimento;

– violazione di legge e vizio di motivazione circa la mancata riqualificazione dei reati sub a) e c) nel delitto di cui all’art. 393 cod. pen.;

– violazione di legge e vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante speciale del metodo mafioso, in difetto di evidenze oggettive in tal senso;

– violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al trattamento sanzionatorio e, in particolare, all’aumento per la continuazione per il reato sub c) nonché al diniego delle attenuanti.

2.4 il ricorso di (OMISSIS) Maurizio attiene:

a) alla violazione dei criteri di imputazione soggettiva dell’aggravante del metodo mafioso, posto che il ruolo attribuito di “palo”, all’esterno del locale ove si svolgeva il pestaggio, non implicava la consapevolezza o la colposa ignoranza della condotta dei correi, senza indicazione da parte dei giudici di merito degli elementi per giustificare l’imputazione dell’aggravante stessa;

b) all’ingiustificato diniego delle attenuanti e riduzione dell’aumento di pena per la continuazione.

Con motivi nuovi la difesa del (OMISSIS) ha ampliato le censure sul trattamento sanzionatorio (in relazione al secondo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti generiche al reato di cui al capo C nonché alla determinazione dell’aumento per tale reato, con violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e rieducazione della pena).

RITENUTO IN DIRITTO

1. Deve preliminarmente rilevarsi che all’odierna udienza il difensore di (OMISSIS) Emilio ha depositato il certificato di morte del proprio assistito, sopravvenuta in data 23 gennaio 2022. Tale evento determina l’estinzione del reato, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di detto ricorrente.

2. Secondo l’ordine delle questioni deve preliminarmente esaminarsi il primo motivo dei ricorsi dei (OMISSIS), relativo alla inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa Joanna (OMISSIS).

2.1 Il motivo è aspecifico e, come tale, inidoneo ad essere esaminato in sede di legittimità.

Nell’ipotesi, infatti, in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Cass. sez. 2, sent. n. 7986 del 18/11/2016 – dep. 20/02/2017 – Rv. 269218; Sez. 6, sent. n. 18764 del 05/02/2014 – dep. 06/05/2014 – Rv. 259452).

Nel caso di specie – a fronte, peraltro, della precisa motivazione del giudice di appello, secondo cui l’affermazione di responsabilità degli imputati in ordine a tutto quanto successo non poggia solo sulle dichiarazioni di Joanna (OMISSIS) ma anche su tutte le intercettazioni audio e video effettuate (pag. 32 della sentenza impugnata) – era preciso onere del ricorrente confrontarsi criticamente con il rilievo della corte ed argomentare l’insufficienza di tali risultanze (e delle altre prove dichiarative acquisite in dibattimento) a giustificare lo stesso giudizio di colpevolezza.

3. I motivi relativi alla riqualificazione giuridica delle estorsioni contestate nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sono manifestamente infondati (trattasi del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso dei (OMISSIS); del terzo motivo del ricorso del (OMISSIS); del motivo del ricorso della (OMISSIS)).

Sostengono i ricorrenti che l’azione violenta deriverebbe dal diritto di recuperare le somme sottratte alla società, riportate dagli assegni rubati e posti all’incasso, pretesa fatta valere dal titolare del credito e dai terzi ai quali costui si sarebbe rivolto al solo fine di rientrare in possesso di quanto sottratto.

3.1 Alcun preteso diritto i (OMISSIS) ed i suoi correi potevano esercitare direttamente nei confronti della (OMISSIS) e del (OMISSIS) in quel preciso momento storico posto che, in alcun modo, si era accertata la responsabilità dei predetti per il pregresso fatto di furto in danno della società sportiva sicché l’azione appare totalmente arbitraria perché esercitata in presenza di un semplice sospetto.

Deve infatti essere sottolineato come gli imputati, al momento dell’esecuzione dell’aggressione, non potevano vantare un diritto di credito nei confronti delle odierne persone offese, le quali non erano mai state riconosciute autrici del precedente furto, né in sede giudiziale né stragiudiziale, sicché, in assenza di qualsiasi accertamento nell’ambito delle indagini da parte dell’autorità giudiziaria, alle vittime non poteva essere rivolta una richiesta con contenuto legittimo.

3.2 Su tale tema, con più pronunce, questa corte ha già affermato che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è configurabile quando il soggetto agisca per esercitare un suo preteso diritto e non già una potestà pubblica (Sez. 5, n. 9731 del 03/02/2009, Rv. 243021; più recentemente, Cass. sez. 2, sent. n. 23084 del 09/05/2018 – dep. 23/05/2018 – Rv. 273433, secondo cui risponde di tentata estorsione e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni colui che, anziché denunziare all’autorità il presunto autore di un furto, richieda a quest’ultimo, con violenza o minacce, la restituzione delle cose rubate).

In definitiva, il riferimento ad una provvista acquisita dalla persona offesa in modo illecito elimina a priori la possibilità di qualificare la condotta estorsiva nel delitto di cui all’art. 393 cod. pen; il privato, non ha alcun “diritto” ad esercitare una propria indagine personale esercitando violenza nei confronti del sospettato autore di un precedente furto per ottenere la restituzione di quanto si assume sottratto illecitamente, proprio perché l’iniziativa volta alla individuazione degli autori di un fatto illecito ed alla repressione degli stessi è integralmente attribuita alla pubblica autorità di polizia ed alla autorità giudiziaria e non può, certamente, essere esercitata da privati attraverso indagini autonome e la comminatoria di conseguenti sanzioni altrettanto estranee all’ordinamento.

3.3 Del resto, è appena il caso di osservare – con ciò anticipandosi l’esame del motivo relativo all’aggravante del metodo mafioso – che fenomeni come questi costituiscono la tipica manifestazione delle organizzazioni criminali che esercitano il controllo del territorio attraverso personali attività, rivolte alla repressione dei fatti commessi in danno di soggetti partecipi dell’organizzazione o che comunque alla stessa si rivolgano per la soluzione di problematiche, e ciò fanno senza avere alcun potere per l’effettuazione di indagini od attività di repressione del crimine.

L’esercizio di “potestà” sostitutive dei pubblici poteri costituisce una delle più eclatanti manifestazioni delle realtà criminali le quali mirano non soltanto all’arricchimento attraverso la consumazione di una o più fattispecie di delitto ma, anche, al controllo della popolazione vivente all’interno del territorio controllato, attraverso la repressione di quei piccoli fatti criminosi operati da soggetti estranei alle logiche criminali che vengono perseguiti e puniti sulla base di semplici sospetti od accertamenti compiuti con efferatezza (in termini, in motivazione, la citata sentenza n. 23084/2018).

Le conclusioni sul punto dei giudici di merito sono pertanto condivisibili, sebbene sorrette da diversa motivazione, in tal modo integrandosi la parte argomentativa del provvedimento impugnato.

E’ altresì assorbita ogni questione attinente al profitto dell’estorsione posto che la pretesa economica, così come accertata, priva di rilevanza l’ulteriore finalità delle azioni violente, non strettamente collegate alla singola vicenda ma all’affermazione del prestigio criminale sul territorio, a seguito di una intromissione, ritenuta indebita dai ricorrenti, negli introiti di un’attività imprenditoriale.

4. Manifestamente infondato è il motivo relativo al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. (quinto motivo del ricorso dei (OMISSIS), parte finale del motivo del ricorso della (OMISSIS), primo motivo del ricorso del (OMISSIS), terzo e quarto motivo del ricorso del (OMISSIS)).

Premesso che integra gli estremi dell’estorsione aggravata dal cd. “metodo mafioso”, la condotta consistente in minacce di morte o gravi lesioni personali in danno anche dei prossimi congiunti della vittima, estrinsecantesi nell’evocazione dell’appartenenza di uno di essi ad una organizzazione malavitosa, in tal modo esercitando una forza intimidatoria estrema (cfr. Cass. sez. 2, sent. n. 33870 del 06/05/2014 – dep. 31/07/2014 – Rv. 260344), nel caso di specie la Corte di appello (par. 4.2.3) ha esaurientemente motivato sul punto, con riferimento a precise e circostanziate modalità delle azioni delittuose, ricostruite sulla base delle acquisizioni istruttorie (valutazione in fatto che si sottrae a censure di legittimità):

– la minaccia di un male ingiusto alla figlia della (OMISSIS), individuata tramite l’operazione di incasso degli assegni bancari sottratti, costretta a fare il nome di chi le aveva fornito i titoli (episodio del 26/10/2013);

– il contenuto della minaccia, posto che alla donna era stata evocata l’uccisione con due colpi di pistola di un soggetto nel quartiere di Casalotti, la mattina del 12 febbraio 2013;

– l’ulteriore costrizione esercitata, imponendo alla donna di assistere alla spedizione punitiva, al fine anche di convincerla a prelevare la somma corrispondente al saldo attivo del conto acceso per il deposito degli assegni;

– l’azione di pestaggio nei confronti del (OMISSIS), presso un bar, punto di riferimento del gruppo criminale, dove agiva principalmente il capo clan, (OMISSIS) Franco;

– soprattutto, la finalità delle condotte estorsive tese a riaffermare il controllo del quartiere da parte del clan, a seguito dell’affronto subito (in tal senso, le intercettazioni e le prove dichiarative riportate, in dettaglio, alle pagine 50 e seguenti della sentenza di primo grado).

Risulta dunque che gli imputati hanno agito in più occasioni avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva sul territorio, per la loro appartenenza o vicinanza al clan (OMISSIS), radicato nel quartiere romano periferico di Montespaccato (in tal senso, non solo l’inaudita violenza conseguente al torto subito ed al prestigio criminale compromesso, così come emerso dalla piattaforma probatoria, ma il riscontro fornito dal provvedimento giudiziale di confisca, basato proprio sulla pericolosità sociale dei proposti, citato a pagina 53 della sentenza di primo grado).

5. Restano da esaminare quindi i motivi che attengono al profilo dell’accertamento di responsabilità, proposti da alcuni ricorrenti che lamentano, al riguardo, il vizio di motivazione del provvedimento impugnato (primo motivo del ricorso del (OMISSIS), con riferimento ai reati sub A e C; prima parte del motivo di ricorso della (OMISSIS)).

5.1 È appena il caso di rilevare preliminarmente, ai fini del controllo di legittimità, che ricorre nel caso di specie la cd. “doppia conforme” in quanto la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze devono essere lette congiuntamente, costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Cass. sez. 2, sent. n. 37295 del 12/06/2019 – dep. 06/09/2019 – Rv. 277218), e l’incongruità del ragionamento a base dell’affermazione di responsabilità può essere eccepita solo quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (da ultimo, Cass. sez. 4, sent. n. 35963 del 03/12/2020 – dep. 16/12/2020 – Rv. 280155).

5.2 Ciò precisato, i ricorsi – nella parte in cui contestano l’accertamento di responsabilità per l’inadeguata valutazione del compendio probatorio – si caratterizzano per profili che esulano dal giudizio di legittimità, riproponendo questioni di merito esaminate nei precedenti gradi del procedimento in termini corretti, alla stregua dei parametri della logica e completezza motivazionale, posto che anche l’eccepita violazione di legge si traduce in una censura alle valutazioni della corte di assise, confermate dalla corte di assise di appello.

5.3 Le censure a riguardo della (OMISSIS) sono del tutto generiche, consistendo in richiami a principi di diritto, senza un effettivo confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata.

I giudici di merito hanno infatti accertato la responsabilità della ricorrente in ordine alle condotte contestate sub A) e C), avendo fornito il suo contributo causale alle azioni violente nei confronti delle vittime (svolgendo la funzione di palo ed in tal modo vigilando che non arrivassero forze di polizia: in tal senso le dichiarazioni testimoniali della (OMISSIS) e, soprattutto, le risultanze delle intercettazioni video esterne al bar – pag. 40 della sentenza di primo grado).

5.4 Quanto al (OMISSIS), la sua partecipazione ai fatti – contestata in termini reiterativi rispetto all’appello – è sorretta da adeguata motivazione, incentrate sulle conversazioni monitorate e riportate al paragrafo 3 della sentenza di primo grado nonché sulle intercettazioni video che lo riprendono in occasione della commissione dei reati.

Il secondo motivo di ricorso è invece estraneo all’appello; l’eccezione di nullità dell’ordinanza della Corte di Assise di Roma del 10/09/2020 è stata infatti proposta per la prima volta con il ricorso in esame.

In tema di ricorso per cassazione, infatti, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (Cass. Sez. 4, sent. n. 10611 del 04/12/2012, dep. 07/03/2013, Rv. 256631).

L’inutilizzabilità del riconoscimento fotografico eseguito dalla (OMISSIS) è eccepita in termini aspecifici, posto che la responsabilità del (OMISSIS) si basa sulle dichiarazioni di quest’ultima, acquisite in dibattimento, oltre che sulle molteplici conversazioni monitorate, riportate nel par. 3 della sentenza di primo grado.

6. Gli ulteriori motivi (dei (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS)) riguardano il trattamento sanzionatorio – l’entità dell’aumento per la continuazione ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche – e devono considerarsi generici, in quanto reiterativi di quelli dedotti in appello.

La personalità negativa degli imputati ed il ruolo nelle gravi condotte delittuose giustifica il mancato riconoscimento del beneficio di cui all’art. 62 bis cod. pen.; l’aumento per la continuazione è stato correttamente determinato, con riferimento a ciascuna delle condotte delittuose, in termini congrui, immuni da rilievi di legittimità (pagine 56 e 57 della sentenza di primo grado).

Per quanto riguarda il (OMISSIS), in particolare, e in relazione ai motivi nuovi, si sostiene l’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche in riferimento al reato in continuazione di cui al capo c), senza considerare che il giudizio di comparazione fra circostanze di segno opposto, in termini di equivalenza, si riferisce ad entrambi i reati, aggravati ex art. 71, l. 203/91, senza possibilità di una diversa comparazione – in termini di prevalenza – per il delitto sub c).

I rilievi sul trattamento sanzionatorio rispetto ai correi appaiono inconferenti, a fronte della valutazione complessiva delle condotte e della gravità dei fatti nonché delle diverse determinazioni in tema di attenuanti generiche.

7. L’inammissibilità dei ricorsi dei (OMISSIS), della (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS) determina, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di €. 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria nonché, in solido, alla rifusione delle ulteriori spese sostenute dalla parte civile, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Nei confronti di (OMISSIS) Emilio, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per morte dell’imputato.

Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) Franco, (OMISSIS) Federica, (OMISSIS) Massimo, (OMISSIS) Valerio e (OMISSIS) Maurizio che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché in solido tra loro alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS) Ioanna che liquida in complessivi euro 2340,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il giorno 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.