Sulla liquidazione del compenso per la consulenza del c.t.u. in materia di costruzioni edilizie (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 6 marzo 2024, n. 5991).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

MILENA FALASCHI    – Presidente

LUCA VARRONE        – Consigliere

FEDERICO ROLFI       – Consigliere

PATRIZIA PAPA          – Consigliere – Rel.

VALERIA PIRARI         – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 13800–2018 proposto da:

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, via (omissis) (omissis) 41, presso lo studio dell’ avv . (omissis) (omissis), rappresentata e difesa dagli avv.ti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;

-ricorrente e intimata incidentale-

contro

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliato in Roma, viale (omissis) (omissis) 183, presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) dalla quale è rappresentata e difesa con l’avv. (omissis) (omissis), giusta procura in calce al controricorso in atti, con indicazione degli indirizzi pec;

-controricorrente e ricorrente incidentale–

e contro

(omissis) (omissis) (omissis);

-intimata-

avverso l’ordinanza del Giudice delegato del PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI RAVENNA, resa in data 22/3/2018 nel fascicolo n.3360/2017 RG Tribunale di Ravenna;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/11/2023 dal consigliere dr.ssa PATRIZIA PAPA;

lette le memorie delle parti.

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 23/2/2018, il Giudice del Tribunale di Ravenna, delegato dal Presidente del Tribunale accolse l’opposizione proposta ex art. 170 d.P.R. 115/02 da (omissis) (omissis) avverso il decreto di liquidazione dei compensi reso, in data 29/8/2017, in favore del c.t.u. (omissis) (omissis) nel giudizio civile intercorso tra lei e (omissis) (omissis) (omissis).

Al geometra (omissis), era stato affidato l’incarico di individuare gli abusi edilizi commessi su un immobile, con accertamento della verosimile data di costruzione di una recinzione e la quantificazione del costo delle operazioni necessarie alla loro eliminazione e delle spese per la loro eventuale sanatoria.

Il Giudice delegato ridusse l’importo riconosciuto al professionista, applicando la tariffa a scaglioni invocata dall’opponente, come prevista dall’art. 11 del d.m. 30/5/2002, invece di quella a vacazioni utilizzata a parametro nel provvedimento impugnato; operò altresì la decurtazione in conseguenza del ritardo nella consegna dell’elaborato; compensò, quindi, le spese tra le parti.

2. Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis), con un unico motivo; ha resistito con controricorso (omissis) (omissis), proponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

L’intimata (omissis) (omissis) (omissis), attrice nel giudizio in cui era stata espletata la c.t.u., non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso principale, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., (omissis) (omissis) ha prospettato la violazione degli artt. 91 e 92, comma II, cod. proc. civ., per non aver reso il Giudice alcuna motivazione sulla disposta compensazione delle spese processuali, nonostante il c.t.u. fosse risultato pienamente soccombente, in quanto i motivi di opposizione avevano trovato integrale accoglimento.

2. Con il primo motivo di ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., (omissis) (omissis) ha lamentato la violazione degli artt. 11 e 1 del d.m. 30.05.2002, nonché dell’art. 52 d .P.R. 115/2002 , per avere ritenuto applicabile la disciplina dettata dall’art. 11 d.m. 30.05.2002 e cioè la c.d. liquidazione dei compensi « a scaglione», per il solo fatto che la consulenza tecnica era stata esperita «in materia di costruzioni edilizie», sebbene uno dei quesiti postigli, il secondo , non avesse alcun riferimento monetario e potesse essere liquidato solamente a vacazioni, con il criterio stabilito dall’art. 1 del d.m..

2.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, pure articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., (omissis) ha denunciato l’illegittima applicazione della riduzione prevista dall’art. 52 comma 2 d.P.R. n. 115/2002, senza alcuna motivazione sulla mancata compensazione, invece operata in sede di prima liquidazione del compenso, con l’aumento fino al doppio previsto dal comma 1 dello stesso articolo per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà quale era stata la sua.

3. Il ricorso incidentale –che dev’essere esaminato prima per priorità logica –è infondato.

3.1. Quanto al primo motivo, (omissis) ha rimarcato che, a differenza del primo e del terzo quesito affidatigli – che implicavano il calcolo del deprezzamento dell’immobile conseguente agli abusi, del costo della loro eliminazione e delle spese di sanatoria dei cosiddetti « abusi minori », il secondo quesito gli aveva demandato l’accertamento dell’epoca di costruzione di una recinzione e, dunque, un’indagine non diretta ad una valutazione di valore o di altra utilità.

Il motivo è infondato e la puntualizzazione non è rilevante.

Oggetto dell’indagine è stato il deprezzamento dell’immobile conseguente agli abusi e l’ammontare dei costi di ripristino, rispetto al quale l’accertamento della data di costruzione antecedente o successiva al 1 settembre 1967, demandato con il secondo quesito, non risulta essere autonomo: il Giudice del Tribunale ha, infatti, esplicitamente tenuto conto della «pluralità dei quesiti», ma unicamente per determinare la scelta tra i parametri minimi e massimi, individuando, di converso, il criterio applicabile che ha stabilito in riferimento proprio alle operazioni di calcolo dell’ammontare complessivo del deprezzamento e delle spese di ripristino.

Così decidendo, il Tribunale ha statuito in conformità della giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui, a i fini della liquidazione del compenso per la consulenza in materia di costruzioni edilizie, in ipotesi di pluralità di quesiti ma di unicità dell’indagine, dev’essere applicato un unico criterio di liquidazione e, in ipotesi di valore determinato o determinabile dell’utilità accertata, l’applicabilità del criterio a scaglioni, non a vacazioni (v. Cass. Sez. 2, n. 16768 del 13/06/2023; Sez. 2, n. 28417 del 07/11/2018).

Per la individuazione dello scaglione applicabile, il Giudice ha poi correttamente tenuto a riferimento il valore risultante dagli atti, atteso che la mancanza di certezza sul valore dell’immobile non giustifica di per sé il ricorso al criterio delle vacazioni, che ha carattere solo residuale, potendo la liquidazione basarsi anche sui valori indicati dal consulente nella propria richiesta, se ritenuti congrui (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, n. 15465 del 20/06/2013).

3.2. Ugualmente infondato è il secondo motivo.

(omissis) ha rimarcato che nel primo decreto di liquidazione, poi opposto , erano stati correttamente tenuti in conto – e compensati con il ritardo- il pregio e la difficoltà dell’opera svolta e ha lamentato che il Giudice dell’opposizione non abbia deciso allo stesso modo, senza motivare sul punto.

Invero, la motivazione è necessaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in ipotesi di concessione dell’aumento, trattandosi di riconoscimento eccezionale, laddove la liquidazione contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa non richiede motivazione specifica.

Il riconoscimento di tale aumento – che a propria volta presuppone il riconoscimento, in favore del consulente, del compenso massimo liquidabile sulla base delle tabelle – costituisce, infatti, oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione e la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata (Cass., sez. 2, n. 29876del 18/11/2019).

In tal senso, mentre l’ampiezza dell’incarico affidato all’ausiliare costituisce un elemento di giudizio nella determinazione degli onorari variabili tra il minimo e il massimo (secondo cui il giudice deve al riguardo tenere conto della difficoltà dell’indagine, della completezza e del pregio della prestazione), ai fini dell’applicabilità della disposizione di cui all’art. 5 delle legge n. 319/1980 (oggi art. 52 del d.P.R. n. 115/2002), occorre che il grado di importanza e di difficoltà della prestazione, che la legge prescrive che debba essere «eccezionale», sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l’attribuzione degli onorari nella misura massima; la semplice circostanza che il giudice abbia attribuito particolare rilevanza al livello quantitativo e qualitativo dell’opera dell’ausiliare non implica, per sé sola, che detta rilevanza debba anche considerarsi necessariamente di livello così elevato da giustificare, altresì, il superamento dei massimi già riconosciuti «sino al» raddoppio degli stessi, evincendosi, comunque, dalla suddetta norma una possibilità di gradualità della valutazione in funzione dell’operazione di liquidazione dei compensi in questione (Cass. Sez. 2, n. 29876 del 18/11/2019, con richiami).

Quanto alla decurtazione per il ritardo, infine, questa Corte ha già affermato in passato – in riferimento alla Legge n. 319/1980 – che la decurtazione degli onorari in percentuale fissa, prevista in ragione di un quarto nella vigenza della legge n. 319/1980 e oggi invece , dopo l’entrata in vigore del d. P . R . n.115/2002, fissata nella misura di un terzo, costituisce una sanzione tesa a disincentivare comportamenti non virtuosi degli ausiliari del giudice, dai quali può derivare la dilatazione dei tempi del processo e la lesione del principio del cd. «giusto processo» di cui all’art. 111 Cost.; se ne ricava che anche in presenza di un ritardo minimo nel deposito della relazione, la detta decurtazione dev’essere applicata nella misura fissata dal legislatore, in assenza di qualsiasi potere discrezionale del giudice.

La previsione normativa, d’altro canto, non è irragionevole se si considera che essa fa riferimento esplicitamente non soltanto al termine « originariamente stabilito »ma anche « a quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili», con ciò introducendo un particolare dovere di diligenza e collaborazione dell’ausiliario che è tenuto, ove si avveda di non essere in grado di rispettare la scadenza fissata dal giudice nel provvedimento di conferimento dell’incarico peritale, a presentare anche per le vie brevi un’istanza di differimento (Cass. Sez. 2, n. 22621 del 10/09/2019).

4. Anche l’unico motivo di ricorso principale è infondato.

Il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dall’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 – come già nella vigenza della l. n. 319 del 1980 -, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell’istante – con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ. – e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza (Cass. Sez. 6 – 2, n. 1470 del 22/01/2018 ); evidentemente, allora, non vi è soccombenza dell’ausiliario in conseguenza dell’accoglimento dei motivi di opposizione, perché comunque a lui è stato riconosciuto un compenso, seppure di importo inferiore.

5. Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono perciò respinti, con conseguente compensazione delle spese del grado per reciproca soccombenza.

Non vi è statuizione sulle spese di (omissis) (omissis) (omissis) che non ha svolto difese.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensando interamente le spese processuali del giudizio di legittimità.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, in data 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.