REPUBBLICA ITALIANA
In name del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Vita Di Nicola – Presidente –
Dott. Cinzia Vergine – Relatore –
Dott. Antonella Di Stasi – Consigliere –
Dott. Giovanni Giorgianni – Consigliere –
Dott. Ubalda Macrì – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 18/12/2023 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Cinzia Vergine;
udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, che ha invocate declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni rese dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) in sostituzione, come da nomina depositata in udienza, dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) difensore di fiducia del ricorrente, che, riportandosi ai motivi di ricorso, ne ha invocato l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 dicembre 2023 la Corte di appello di Venezia ha confermato quella con cui -nel procedimento in cui (OMISSIS) era imputato, in concorso con (OMISSIS) (OMISSIS) del reato di cui all’art. 416, commi 1 e 2, cod.pen., contestato sino al mese di aprile 2015 (capo 1);
in concorso con (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) dei reati di cui agli artt. 110 cod.pen., e 3, 8), 4, nn. 1) e 7) I n. 75/58 (capo 2);
del reato di cui all’art. 612-bis cod.pen. (capo 3) – il 10 gennaio 2023 il Tribunale di Treviso aveva assolto l’odierno ricorrente dal reato di cui al capo 1 perché il fatto non sussiste (e la coimputata (OMISSIS) dal reato di cui al capo 2, per non aver commesso il fatto), lo aveva invece dichiarato responsabile dei delitti ascritti ai capi 2 e 3 di imputazione, riuniti sotto ii vincolo della continuazione, e, riconosciute attenuanti generiche valutate equivalenti a tutte le aggravanti contestate, lo aveva condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 4.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
lo aveva, altresì, interdetto dai pubblici uffici per anni cinque, e condannato al risarcimento del danno in favore della parte offesa, costituitasi parte civile (OMISSIS), da liquidarsi in separata sede, con la provvisionale di euro 4.500, nonché alla rifusione in suo favore delle spese di rappresentanza in giudizio.
2. (OMISSIS) ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso, affidato a quattro motivi.
2.1. Col primo motivo, svolto in relazione al capo 2 di imputazione, la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. b) e e) cod.proc.pen., erronea applicazione della legge penale – 110 cod. pen. e 3, n. 8), 4, nn. 1) e 7) I. n. 75/58 – in relazione alla ritenuta condotta concorsuale del ricorrente, e correlato vizio di motivazione.
La difesa ha, innanzi tutto, rammentato l’oggetto della contestazione mossa – di aver concesso in locazione, in cambio del versamento di somme riscosse da altri con cadenza settimanale, le postazioni utilizzate come base di stazionamento in attesa di clienti al prezzo di 200/250 euro a settimana- ritenuta dai giudici di merito addebitabile al ricorrente sulla scorta della attendibilità e coerenza delle dichiarazioni testimoniali molteplici delle parti offese di tale delitto e di quelle rese da (OMISSIS) (OMISSIS) parte offesa, invece, del reato di cui all’art. 612-bis cod.pen., riscontrata, quest’ultima in particolare, dalle rimesse di denaro effettuate tramite (OMISSIS) (OMISSIS).
Ha, poi, assunto l’assenza di concreti argomenti probatori attestanti la condotta materiale, o quanto meno la compartecipazione morale, dell’odierno ricorrente al reato contestato al capo 2, laddove la Corte territoriale, non avrebbe specificato – pur affermandone la ricorrenza – le modalità del fattivo apporto del (OMISSIS) detto – (OMISSIS) allo sfruttamento della prostituzione delle giovani straniere; e il mancato confronto, da parte della Corte territoriale, col dato dell’assenza di (OMISSIS) dall’Italia per molto tempo dopo l’espiazione di una precedente condanna; sl da desumere, da un unico, esiguo, trasferimento di denaro – di poco più di duemila euro, a fronte di una condotta di sfruttamento contestata da aprile 2014 e in atto – la responsabilità del ricorrente. Cosi incorrendo nel vizio di manifesta illogicità della motivazione allorquando, insieme con le dichiarazioni delle persone offese che hanno riferito di aver consegnato il denaro o a (OMISSIS) o a (OMISSIS) mai al ricorrente, ha individuato l’unica prova, documentale, del suo ruolo ‘fattivo’, nel passaggio di denaro a lui destinato, ossia il già dedotto trasferimento, a mezzo di poco piu di duemila euro.
2.2. Col secondo motivo, sempre in relazione al capo 2, e subordinatamente al mancato accoglimento del motivo n. 1, deduce, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., vizio di travisamento della prova e vizio di motivazione della sentenza impugnata, asseritamente apparente e contraddittoria, in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente, come già denunciato al giudice di appello con riferimento a molteplici passi della stessa.
2.2.1. Quanto al § 2.2. la censura riguarda il fatto che la parte civile (OMISSIS) (OMISSIS) assunta a s.i.t. per la prima volta il 3 febbraio 2025, aveva dichiarato di non conoscere alcuna delle persone offese, tuttavia presentatesi spontaneamente, a ruota libera, innanzi allo stesso ufficio di Questura, solo dopo la sua escussione, nelle stesse giornate e negli stessi orari, per sporgere denuncia o consegnare registrazioni in assenza di formali convocazioni.
Coincidenza, quest’ultima, secondo la difesa sospetta, e spiegata invece dalla Corte territoriale col mero ricorso ad opinioni (l’essersi fatte le donne coraggio l’un l’altra) nell’ambito di una motivazione contraddittoria (relativa alla reciproca conoscenza tra (OMISSIS) e le ragazze da un lato, e tra le stesse dall’altro).
2.2.2. Con riferimento al § 2.3. la censura riguarda la pretesa contraddittorietà tra la dichiarazione della (OMISSIS) della propria estraneità al mondo della prostituzione, del non essere mai stata in strada, di non aver più, da tempo, contatti col ricorrente, e la sua invece particolareggiata indicazione del numero attuale delle ragazze sfruttate, delle modalità di riscossione del denaro da parte del gruppo di sfruttatori, delle modalità di versamento (OMISSIS) delle dinamiche criminali intranee al gruppo; circostanze di cui, peraltro, la teste dichiarava di essere venuta a conoscenza durante la passata frequentazione con (OMISSIS) assunto logicamente inconciliabile con l’indicazione di nominativi e luoghi di esercizio del meretricio di almeno due ragazze che avevano iniziato l’attività dopo che la dichiarante aveva interrotto il rapporto col fidanzato, e la cui conoscenza e stata dalla donna, dietro contestazione, ricollegata a dirette confidenze fattele dalle ragazze (che tuttavia hanno sempre negato sia la di lei conoscenza o frequentazione, sia le confidenze stesse).
2.2.3. Denuncia, poi, travisamento delle testimonianze di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS) sulla destinazione finale delle somme di denaro erogate.
2.3. Col terzo motivo denuncia, con riferimento al capo 3 di imputazione, ex art. 606, comma 1, lett b), cod.proc.pen., erronea applicazione della legge penale – art. 612-bis cod.pen.- e correlate vizio di motivazione, nella parte in cui é stata ritenuta la responsabilità del ricorrente sulla base della attendibilità della parola della parte civile, ritenuta suffragata da riscontri estrinseci.
2.3.1. Contesta il mancato rispetto da parte della Corte territoriale (e del Tribunale prima) della scansione logico-cronologica, nel processo di verifica della attendibilità della parte civile, doverosamente articolantesi in analisi della capacita a testimoniare, disamina della credibilità soggettiva e della attendibilità intrinseca, valutazione dei riscontri eventualmente esistenti.
A confutazione della positiva attestazione da parte dei giudici di merito sottolinea la difesa la contraddittorietà del contegno della teste parte civile che, a fronte della dichiarata interruzione della relazione, continue a far visita al (OMISSIS) per tutta la durata della sua carcerazione -un anno e mezzo-, e con lui ed ii figlio ebbe a trascorrere una settimana in Serbia, dopo l’espiazione della condanna e l’espulsione dal territorio italiano.
Ancora sottolinea le contraddittorie dichiarazioni in ordine alla conoscenza di (con cui oltre che col ricorrente ha condiviso la settimana in Serbia) prima omessa, poi ammessa a fronte delle evidenze contestatele.
2.3.2. Contesta la mancanza e la illogicità della motivazione sulla sussistenza dei riscontri esterni.
La Corte di appello avrebbe illogicamente attribuito la valenza di riscontro alla parola di nonché delle persone offese del reato di prostituzione, nonostante le criticità evidenziate, al proposito, dalla difesa con l’atto di appello.
2.3.3. Contesta la difesa, inoltre, la mancanza di prova alcuna della condotta persecutoria almeno tra ii 2007 e il 2015. Anche a voler ammettere condotte minacciose successive all’anno 2014 le stesse non sarebbero mai state poste in essere dal (OMISSIS) bensì dal fratello o da soggetti terzi; pertanto l’invio di alcuni messaggi nell’arco temporale circoscritto al solo anno 2015 non avrebbe potuto concorrere ad integrare ii delitto di cui all’articolo 612-bis cod. pen, del quale fa difetto qualsivoglia degli eventi normativamente previsti.
2.4. Col quarto motivo la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett e9 cod.proc.pen. contraddittorietà della motivazione in relazione alla dosimetria della pena.
II Tribunale aveva operato un aumento della pena, ex art. 81, ultimo comma, cod.pen., ritenendolo obbligatorio.
La Corte di appello, pur deducendo l’inapplicabilità del vincolo di cui all’art. 81, ultimo comma, cod.pen., ha confermato la congruita della pena inflitta, in relazione alla gravita del reato, considerata la tipologia delle minacce rivolte, la durata delle stesse, la circostanza che siano state accompagnate da una vera e propria caccia all’uomo, con motivazione asseritamente apparente e comunque contraddittoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
II ricorso é inammissibile.
1. Giova alla comprensione delle censure mosse dalla difesa una breve ricostruzione delle vicende procedimentali come risultanti dalle decisioni di merito. Già il Tribunale aveva fondato la propria pronuncia sulla testimonianza della parte civile, parte offesa del delitto di atti persecutori e non di sfruttamento della prostituzione, (OMISSIS) ritenuta soggettivamente credibile ed intrinsecamente coerente, oltre che confermata da riscontri estrinseci molteplici.
La credibilità della donna e stata affermata dai giudici di merito, superando le contestazioni mosse dalla difesa in ordine ad una sua presunta attività di prostituzione -negata dalla donna- sulla scorta della verifica e valutazione delle risultanze, testimoniali (OMISSIS) (OMISSIS) datore di lavoro della donna fino al 2015) e documentali, relative alla attività lavorative dalla stessa svelte, e della attenta disamina delle solo apparentemente contraddittorie -sul punto- dichiarazioni di taluna delle ragazze vittime di sfruttamento invero avevano anche loro negato l’esercizio attività, indicandola, invece, quale compagna del ricorrente (relazione logicamente ritenuta fonte di conoscenza, in capo alla stessa, della natura dell’attività svolta dal sia perché da lui informata e perché con lo stesso si accompagnava, sia per aver conosciuto qualcuna delle ragazze di vista, come specificato dalla donna che aveva dichiarato di averle incontrate in compagnia di (OMISSIS) il fratello dell’odierno ricorrente, sia per aver ascoltato le conversazioni tra i germani, spiegando, anche, che aveva imparato l’albanese, pur se il compagno con lei parlava ordinariamente in rumeno, sia, infine, perché le stesse ragazze, talora, le avevano ‘fatto qualche rivelazione -(cfr. pag. 6 della motivazione della sentenza impugnata ove si dice di come, una volta fatta la denuncia, alcune ragazze l’avevano contattata per avvisarla che ‘la stavano cercando’ per ammazzarla, evenienza a partire dalla quale avrebbe poi man mano parlato anche con altre ragazze, apprendendo ulteriori informazioni-).
La Corte territoriale ha poi valorizzato le risultanze degli incidenti probatori, nel corso dei quali erano state assunte le dichiarazioni di tutte le donne esercitanti la prostituzione e che avevano confermato la contestazione di favoreggiamento, dicendo di aver pagato, per la propria postazione in strada, direttamente a (OMISSIS) o al fratello, ben sapendo comunque che poi i soldi andavano a (OMISSIS).
Le contraddizioni poste all’attenzione della Corte territoriale con l’atto di appello – e solo in parte nuovamente denunciate col ricorso innanzi a questa Corte- sono state sviscerate, e superate con puntuale motivazione resa con riferimento a ciascuna delle dichiaranti, da pagina 6 fino a pagina 10 della sentenza impugnata.
Cosi: per § 2.5.1., la quale ha affermato di aver pagato a (OMISSIS) per il posto dove si prostituiva, sapendo che quei soldi andavano a (OMISSIS) che ben sapeva chiamarsi (OMISSIS) ed essere fratello maggiore di lei non conosciuto direttamente, ma indicatole dall’amica (OMISSIS) mentre stavano una sera in strada, quando non aveva per il buio potuto vederne il volto, successivamente mostratole da (OMISSIS) su Facebook; che anche che come lei abitavano in un albergo, pagavano come lei; che (OMISSIS) le aveva detto che era (OMISSIS) che decideva le postazioni e che non si potevano spostare senza permesso; per – § 2.5.3., la quale, effettuato il riconoscimento del (OMISSIS) ha affermato di averlo conosciuto non appena giunta in Italia, nel 2007, insieme con amico del ricorrente; ha confermato il racconto di (OMISSIS) ha dichiarato che in una occasione (OMISSIS) si era fermato davanti a lei, sul (OMISSIS) e le aveva detto che era uscito di galera e che doveva pagare; per-§ 2.5.7., la quale ha reiteratamente affermato che uomini, armati, erano andati a cercare (ove c’era suo figlio, perché costei le faceva da baby sitter); e che anche (OMISSIS) con un amico, si era recato da lei, in strada dove lavorava, sempre per cercare pe § 2.5.5., di professione parrucchiera, conoscente di anni, e solo inizialmente all’oscuro del fatto che costei fosse la compagna di circa gli episodi in cui degli uomini erano andati da lei a cercare (OMISSIS) con fare sl minaccioso che, spaventata, ebbe ad accusare un malore e chiamare un’ambulanza; la testimonianza -riscontrata dalle dichiarazioni di sul fatto di essere stata da lei avvisata- é stata ritenuta immune da incoerenza alcuna, e la circostanza che la donna abbia parlato di denuncia, invece che di s.i.t., e stata ricondotta all’evidente assenza di competenze tecnico-processuali; per § 2.5.11., con riferimento alla quale le contestazioni della difesa, circa l’affermazione dell’essere ‘amica’ di (OMISSIS) pur tuttavia di non essere al corrente di che lavoro facesse, sono compiutamente analizzate dalla Corte che attesta, peraltro, che la testimone ha negato che-si prostituisse come lei; per-§ 2.5.13, con riferimento alla quale, relativamente alla affermazione dell’esercizio del meretricio da parte di (OMISSIS) la Corte ha rilevato trattarsi di evenienza riferibile a tempo passato, e comunque frutto soltanto del sentito dire, non risultandole tanto direttamente; mentre, con riferimento alla negazione della conoscenza di (OMISSIS) e del fratello rappresentata in altro procedimento, ben ha spiegato che la negatoria era stata determinata, ivi, dal timore di ritorsioni a carico del marito che, ormai, in costanza di trattazione di questo procedimento si trovava in Romania, laddove il timore per le dichiarazioni accusatorie era ben evidente attese le minacce, via telefono e via Facebook, addirittura la sera prima di deporre, nell’imminenza dell’incidente probatorio in questo procedimento.
Sulla scorta di tanto la Corte di appello ha ritenuto le fonti testimoniali, tutte, idonee a provare la condotta di favoreggiamento della prostituzione dell’odierno ricorrente esattamente nei termini di cui all’editto accusatorio, individuando quale riscontro documentale, in particolare alle dichiarazioni di (OMISSIS) circa le rimesse di denaro rivenienti dal reato in esame ed effettuate presso i punti la traccia documentale di quelle in tal modo effettuate, come da produzione del pubblico ministero all’udienza del 24 novembre 2020.
La Corte territoriale ha, pure già osservato -al cospetto delle censure dell’allora appellante relativamente alla misura in tesi esigua dell’ammontare della rimessa, provata per un totale di euro 2.362, peraltro da parte di familiari e non dell’imputato direttamente – che data rilevante e il riscontro di invii di denaro, plurimi, proprio dall’agenzia indicata dalla – in quanta effettuati o ricevuti da persone vicine all’imputato, quali l’ultima fidanzata, il fratello (OMISSIS) il cugino direttamente il fratello (OMISSIS) cui e riferibile l’alias (OMISSIS) (OMISSIS).
Ha, inoltre, aggiunto, che, nelle more della definizione di questo procedimento, erano divenute irrevocabili le condanne per ii reato di sfruttamento della prostituzione di cui al capo 2 qui contestato in concorso nei confronti degli originari coimputati (OMISSIS) (OMISSIS), cugino di (OMISSIS) (OMISSIS)- sentenza del Tribunale di Treviso del 26 maggio 2016, irrevocabile il 20 ottobre 2017-, -sentenza del giudice per le indagini preliminari di Treviso ex articolo 444 cod.proc.pen., irrevocabile il 23 Marzo 2016-, -sentenza del giudice dell’udienza preliminare di Treviso dell’8 marzo 2016, irrevocabile il 29 gennaio 2018, sentenze tutte prodotte dal pubblico ministero all’udienza del 21 giugno e del 5 ottobre 2022 ed acquisite agli atti del processo.
Sentenze che, a mente dell’art. 238-bis cod.proc.pen. costituiscono riscontro ulteriore alle prove acquisite in questo processo in ordine al reato di sfruttamento della prostituzione (ha richiamato la Corte territoriale il principio di diritto secondo cui «Nel caso in cui una sentenza irrevocabile sia acquisita agli atti del processo, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., per fornire la prova diretta del fatto oggetto del suo accertamento, necessita di una conferma esterna, che non e, invece, richiesta laddove la medesima sentenza sia utilizzata come riscontro di altre prove già acquisite» così Sez. 3, n. 33972 del 16/06/2023 Ud. (dep. 02/08/2023 ) Rv. 285063 – 02.
2. Tanto premesso i motivi primo e secondo, afferenti al capo 2 di imputazione, che, entrambi, contestano la ritenuta responsabilità dell’odierno ricorrente in ordine al reato di sfruttamento della prostituzione, si dimostrano manifestamente infondati, e ancor prima inammissibili.
2.1. Ripropongono, tal quali, censure tutte gia svolte in appello e dalla Corte territoriale superate con argomentazioni, puntuali, svolte in aderenza alla piattaforma probatoria e immuni da illogicità manifeste.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, Jallow, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, e direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
Risultano, altresì, affetti da genericità «intrinseca» per essere in se indeterminati, risolvendosi in considerazioni generiche o astratte.
2.2. Risultano, poi, inammissibili anche sotto altro profilo, in quanto miranti, al di la della ‘rubrica’ formale, a proporre una diversa valutazione degli elementi di prova.
Non é consentito il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanta i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027). Difatti la deduzione del vizio di violazione di legge, in relazione all’asserito malgoverno delle regale di valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, non e permessa non essendo l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. c) c.p.p. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale (ex muftis Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, Pecorelli e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Ne vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento di questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della denunciabilità della violazione di norme processuali solo nel caso in cui cio determini una invalidità (ex muftis Sez. 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, Ruggeri, Rv. 208446; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, P.M. in proc. Altoe e altri, Rv. 268404).
2.3. Sono, comunque, come anticipato, manifestamente infondati.
La responsabilità é stata affermata sulla scorta di chiare e convergenti fonti probatorie, dichiarazioni testimoniali ritenute fondatamente e correttamente attendibili, riscontrate da elementi probatori alle stesse estrinseci e dalla inequivoca portata probatoria (da un lato per la natura documentale delle ricevute di versamento da parte di stretti familiari del ricorrente e dall’altro per la valenza di cosa giudicata delle pronunce a carico dei coimputati per lo stesso reato).
Ne sussiste travisamento alcuno delle prove, essendo state le testimonianze -come sopra dimostrato merce la loro disamina specifica, cfr. § 1 del Considerato in Diritto- utilizzate a fondamento della pronunciata condanna, esattamente nei limiti di quanto dalle stesse risultante, senza difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice.
2.3.1. Come chiarito da questa Corte, in caso di «doppia conforme» -come nella specie- il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite (Sez. 2, 32113 del 02/07/2021, Dhayba, n.m.).
Detto travisamento deve tuttavia avvenire in forma di tale «macroscopica o manifesta evidenza» da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (cfr., Sez. 4, n. 35963 del 3/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 – 01; Sez. 2, n. 5336 del 9/1/2018, Loculli, n.m.).
E’ necessario, quindi, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice, di guisa che il travisamento sia tale da «disarticolare» l’intero ragionamento probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 2/7/2019, S., Rv. 27758-01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774 – 01).
Ne consegue l’irrilevanza di eventuali errori commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima che tali caratteristiche non abbiano (Sez. 5, n. 8188 del 4/12/2017, Grancini; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Borriello, Rv. 276567 – 01).
3. II terzo motivo é svolto, questa volta con riferimento al capo 3 di imputazione, sempre in relazione alla postulata inattendibilità della parte civile,
3.1. Gli atti persecutori per cui e stata pronunciata condanna del ricorrente sono quelli commessi nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) con la quale l’odierno ricorrente aveva avuto una relazione fino a dicembre 2012.
Secondo imputazione l’imputato la aveva ripetutamente picchiata, e, successivamente alla rottura della relazione, reiteratamente minacciata, anche a mezzo terzi, di farla a pezzi, darle fuoco, lasciare orfano suo figlio; l’aveva fatta cercare nei luoghi da lei frequentati, tanto che la donna era stata costretta a cambiare le proprie abitudini di vita (abitazione e telefono) e viveva nel terrore.
Alla base della condanna le affermazioni della parte civile, valutata soggettivamente credibile e intrinsecamente coerente, come ritenuto dalla Corte territoriale che ha correttamente confutato le censure al proposito svelte dalla difesa con l’atto di appello (relativamente all’assenza di riscontri documentali alle accuse per tutto il periodo 2007-2012 -arco temporale durante ii quale la stessa dichiarante ha affermato che la relazione era ‘normale’- ed offerti, invece, solo per l’anno 2015; alla contraddittorietà tra la decisione di lasciare il compagno, nel dicembre 2012, per tornare in Romania, allegando di averne grande timore, e
a) il rientro in Italia nei primi mesi del 2013, negli stessi luoghi della precedente convivenza,
b) la reiterata condotta delle visite in carcere, almeno fino al luglio del 2014, asseritamente paste in essere sotto minaccia, pur se la donna ha poi contraddittoriamente affermato di non averlo denunciato in precedenza perché non la minacciava,
c) la corrispondenza epistolare nello stesso periodo intrattenuta; il tutto asseritamente incongruente rispetto alla circostanza della relazione del (OMISSIS) già al suo ingresso in carcere, con l’altra donna, e con il mantenimento da parte di (OMISSIS) di rapporti col fratello del (OMISSIS) compagno, fino a tutto il novembre 2024).
La Corte territoriale ha, al proposito, superato le presunte aporie postulate dalla difesa, e previa rilettura delle testuali dichiarazioni rese dalla teste, chiarito (cfr. pag. 12 e seguenti della sentenza impugnata) come la stessa abbia confermato che la relazione, definitivamente interrotta per suo volere a partire dal 2012, fosse stata comunque caratterizzata da reiterate per quanta non diuturne violenze, anche sessuali, minacce, percosse che le avevano procurato lesioni, pur se mai denunciate.
Ha anche rinvenuto la spiegazione del perché la donna abbia continuato a far visita al compagno durante ii periodo di detenzione in quanta costretta dalle minacce del fratello e comunque conscia delle conseguenze del contrapporsi a lui ed alla sua famiglia, sperando, invano, nella fine delle angherie che, invece, perpetuate, l’avevano alfine convinta a denunciarlo, proprio una volta tomato in liberta, per il timore del possibile avverarsi delle minacce di cui ancora veniva fatta destinataria. Ha ritenuto la coerenza del racconto della donna, racconto sostenuto, anche, dalla consapevolezza delle manifestazioni di gelosia e malsano senso di possesso nutrite dall’odierno ricorrente.
Ha, infine, indicato e valutato nella loro esatta portata probatoria (cfr. pag 15- 18 della sentenza impugnata) i plurimi riscontri estrinseci alla già attendibile dichiarazione della parte offesa, nelle a) testimonianze di chi aveva vista direttamente gli emissari del chiedere, con violenza e minaccia pasta in essere anche con l’uso di armi, notizie della donna, e verificare se si trovava li; b) gli screen shot contenenti i messaggi minacciosi, c) le immagini delle telecamere di videosorveglianza del bar d) risultanze delle indagini riferite dal teste di polizia giudiziaria effettuata da parte dei lavoro di datore di (OMISSIS) (OMISSIS).
3.2. Si rinvia, per la confutazione delle censure sopra riassunte ai 2.3.1. e 2.3.2. del Ritenuto in Fatto, a quanto già diffusamente argomentato a proposito della sufficientemente indagata e correttamente ritenuta attendibilità della parte offesa, parte civile costituita in relazione al reato di che trattasi.
Si ritiene di aggiungere, soltanto, come la validazione della parola della denunciante merce l’attestazione di riscontri estrinseci, pur correttamente resa dalla Corte territoriale a fronte della piattaforma probatoria disponibile, non fosse, comunque, necessaria.
Come da orientamento costante di questa Corte, il Giudice di merito può trarre ii proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che -come nella specie- sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessita di applicare le regale probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod.proc.pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr. Sez. U. n. 41461 del 19/07/2012, Rv 253214; Sez 2. N. n. 43278 del 24/09/2015 Ud. (dep. 27/10/2015) Rv. 265104 – 01., Sez. 1 n. 29372 del 27/07/2010, Rv 24801).
Si é anche precisato come tale controllo, considerato l’interesse di cui la persona offesa e naturalmente portatrice ed al fine di escludere che ciò possa comportare una qualsiasi interferenza sulla genuinità della deposizione testimoniale, debba essere condotto con la necessaria cautela, attraverso un esame particolarmente rigoroso e penetrante, che tenga conto anche degli altri elementi eventualmente emergenti dagli atti (Sez. 3, 26 settembre 2006, Gentile).
Anche più di recente si e ribadito che le dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile, possono essere poste, anche da sole, a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, piu penetrante e rigorosa rispetto a quella richiesta per la valutazione delle dichiarazioni di altri testimoni, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto e, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, ne assistere ogni segmento della narrazione, posto che la loro funzione e sostanzialmente quella di asseverare esclusivamente ed in via generale la sua credibilità soggettiva (cfr. Sez 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv 275312 -01).
Si tratta di condizioni tutte, nella specie, ricorrenti.
Ed é acquisizione pacifica che la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa involge un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sulla attendibilità intrinseca del racconto, che si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanta attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre e precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria (cfr. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Rv 262575; Sez 3, n. 8382 del 22/01/2008, Rv 239342; Sez 3, n. 41282 del 05/10/2006, Rv 235578).
Tanto premesso, sulla scorta dei disponibili dati probatori, corretta e, anche, la ritenuta sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie di atti persecutori, integrati non solo dai messaggi dal terribile contenuto, ma, anche, dopa la scarcerazione del (OMISSIS) dalle minacce di morte, dalle plurime ricerche nei luoghi più disparati, dagli ‘interrogatori’ -dalla valenza e dalle modalità minacciose- fatti alle persone che potevano essere entrate in contatto con lei e, quindi, conoscere il luogo ove si trovasse.
Con la conseguenza del perenne stato d’ansia della parte offesa -che peraltro proprio in previsione di tanto aveva rinviato oltre ogni limite la decisione di denunciare ii proprio compagno-, della sua assenza dal lavoro, del reiterato cambio di casa e, alfine del suo inserimento in casa-famiglia, stante ii timore per la incolumità propria e del figlio.
Tanto coerentemente col consolidato orientamento di questa Corte, che ha ritenuto integrare il delitto di atti persecutori la condotta di chi cagiona lesioni personali volontarie a danno della persona offesa, trattandosi di una modalità di consumazione del reato che rientra nella nozione di molestia, in quanta concretizza un’indebita ingerenza o interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio e ostile idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica (Sez. 5, n. 15734 del 13/01/2023 Ud. (dep. 13/04/2023) Rv. 284587 – 01).; e rientrare nella nozione di molestie anche le condotte che, pur non essendo direttamente rivolte alla persona offesa, comportino subdole interferenze nella sua vita privata (Sez. 5, n. 25248 del 12/05/2022 Ud. (dep. 01/07/2022 ) Rv. 283369 – 01); condotte eventualmente anche dirette verso soggetti che siano legati alla vittima da un rapporto qualificato di vicinanza, da intendersi non solo in senso formale, ma come idoneità della relazione interpersonale, secondo l”‘id quad plerumque accidit“, a giustificare ii verificarsi dell’evento di danno anche nei riguardi della persona offesa (in termini Sez. 5, n. 43384 del 16/10/2023 Ud. (dep. 26/10/2023 ) Rv. 285271- 01).
Condotte, tutte, quelle accertate nel processo, rilevanti per essere state paste in essere o direttamente dal prevenuto, o su suo mandato, indipendentemente dal fatto che la vittima si trovasse presente o assistesse a tutti o a parte di tali comportamenti, così ponendo in essere una condotta minacciosa o molesta nei confronti di soggetti diversi dalla vittima, ma agendo nella consapevolezza che la parte offesa venisse posta a conoscenza della sua attività intrusiva e persecutoria, volta a condizionarne indirettamente le abitudini di vita cos] da determinare, quale conseguenza voluta, l’impossibilita o, comunque, la difficolta per la persona offesa di trovare un lavoro o di frequentare un determinate luogo.
Laddove, come ha ritenuto questa Sez. 3, n. 9222 del 16/01/2015 Ud. (dep. 03/03/2015 ) Rv. 262517 – 01, il delitto in parola, abituale, si caratterizza per la produzione di un evento di “danno” consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave state di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di “pericolo”, consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, e che la prova del grave e perdurante state d’ansia o di paura denunciate dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante, ovvero aggravino una preesistente situazione di disagio psichico della persona offesa (cfr. Sez. 5 – , Sentenza n. 7559 del 10/01/2022 Ud. (dep. 02/03/2022 ) Rv. 282866 – 01).
Anche il discusso motivo é, dunque, manifestamente infondato, oltre che, ancor prima, inammissibile in quanto postula una rilettura alternativa, più favorevole all’imputato, del compendio probatorio.
4. Manifestamente infondato é, alfine, anche il quarto motivo di ricorso.
La Corte di appello, nel confermare la congruita della pena, disattesa la obbligatorietà dell’aumento ex art. 81 cod.pen. ritenuta dal Tribunale e dichiaratamente non applicabile, ha, comunque, svolto sintetiche, ma efficaci valutazioni, in merito alla adeguatezza della misura dell’aumento, in ragione della gravita del reato, della tipologia di minacce -di morte- rivolte alla donna in termini pesantissimi e specifici e rese ancor più verosimili dalle violenze precedenti, perpetrate lungamente, dalla loro durata nel tempo e dalla vera e propria caccia, da parte di soggetti molteplici, per rintracciarla nei diversi luoghi di vita della stessa.
4.1. Osserva il Collegio che in relazione agli aumenti operati per la continuazione, occorre prendere le mosse da Sez. U. n. 47127, del 24/06/2021, Pizzone, secondo cui «ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’art. 81 cod. , ii giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare ii reato piu grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite» (c.d. “visione multifocale” descritta dalle Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717, poi richiamata da Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, Giglia, Rv. 273750, che una volta ancora hanno rimarcato la necessita della individuazione delle pene per i singoli reati satellite).
Certo l’obbligo di motivazione su ciascun aumento di pena, obbligatorio nell’an, si rileva, in relazione al quantum, che su un piano generale, risulta consolidate ii principio secondo ii quale nel case in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, ii mere richiamo ai «criteri di cui all’art. 133 cod. pen.» deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare l’adeguatezza della pena all’entità del fatto (Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464). E, per converse, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto piu ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, Curcillo, 207497).
In ogni case principio di fondo, esplicitato da Sez. 6, n. 8156 del 12/01/1996, Moscato, Rv. 205540 (richiamata dalle Sez. U. Pizzone), e quello secondo cui e necessario che:
a) risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen.;
b) che non si sia operate surrettiziamente un cumulo materiale di pene;
c) che sia state rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati.
4.2. Nel case di specie, attesi ii rispetto di quanto sopra, per avere la Corte di appello stabilito un aumento di un anno per la continuazione, e esplicitato i motivi per cui é stata ritenuta la gravita dell’addebito, con motivazione autonomamente resa sia pure in relazione alla misura di pena confermata in adesione a quella comminata in prime grado, la decisione risulta sorretta da motivazione tutt’altro che apparente e comunque correttamente retta dal rispetto del dettato normative e della lettura offertane da questa Corte di legittimità.
II motive, meramente contestativo ed asserivo, e manifestamente infondato.
5. Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerate che non vi é ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 10 gennaio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
Cinzia Vergine Vito Di Nicola
Dispone, a norma dell’art. 52 del D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, che – a tutela dei diritti e della dignità degli interessati – sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.
Il Presidente
Vito Di Nicola
Depositato in Cancelleria, oggi 18 giugno 2025.