“Torre piloti” crollata a Genova: assoluzione per il progettista e collaudatore (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 25 giugno 2020, n. 19221).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. TANGA Antonio Leonardo – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI GENOVA

nel procedimento a carico di:

BALLERINI BRUNO nato a GENOVA il 06/10/1937 – imputato non ricorrente;

MOZZO GIORGIO nato a GENOVA il 25/03/1944 – imputato non ricorrente;

inoltre (parti civili non ricorrenti):

TUSA CHIELLO ADELE nato a PALERMO il 11/02/1956

TUSA EMMA nato a PALERMO il 22/12/1973

TUSA SILVANA nato a MILAZZO il 24/06/1977

MORELLA ANTONIO nato a BARLETTA il 10/03/1946

MORELLA SAVINO nato a BISCEGLIE il 25/01/1977

MORELLA FABIO nato a MOLFETTA il 10/04/1981

VINCI ANNA MARIA nato a MESAGNE il 15/06/1948

CECCONI MICHELA nato a LIVORNO il 05/11/1969

RUSSO GABRIELE nato a MESSINA il 03/08/1981

ASSOCIAZIONE DELLE VITTIME DEL DOVERE ENTE GENERICO ASSOCIAZIONE NAZIONALE FRA LAVORATORI MUTILATI E INVALIDI DEL LAVORO ANMIL ENTE GENERICO

PECCHI ENEA nato a PAVIA il 28/02/1973

CHIARLONE RAFFAELE

MEO GIORGIO

avverso la sentenza del 11/12/2018 della CORTE APPELLO di GENOVA

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Daniele CENCI;

lette le conclusioni del P.G., Dott. Mario Pinelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova ricorre per la cassazione della sentenza con cui la Corte l’11 dicembre 2018 ha confermato la sentenza di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto, pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova il 16 maggio 2018 nei confronti di Bruno Ballerini e di Giorgio Mozzo in ordine ai reati loro ascritti di omicidio colposo plurimo, di lesioni colpose gravissime e di disastro colposo, fatti avvenuti il 7 maggio 2013.

2. Il 7 maggio 2013 la nave “Jolly nero”, in uscita di poppa dal Porto di Genova tramite il canale Sannpierardena, una volta giunta nell’avamporto in cui avrebbe dovuto invertire la marcia, ruotando in senso antiorario, urtava la “Torre Piloti”, collocata all’estremo del molo Giano, provocandone il crollo.

2.1. Va premesso che con sentenza del 17 maggio 2017 il Tribunale di Genova ha condannato per la morte e per le lesioni gravissime delle vittime e per disastro colposo il comandante della nave, un pilota, un ufficiale e il direttore di macchina della “Jolly nero” e per responsabilità amministrativa la società armatrice.

2.2. Il G.i.p., all’esito dell’udienza preliminare, per quanto in questa sede rileva, ha prosciolto per la ritenuta estraneità ai fatti il progettista della struttura “Torre Piloti”, ing. Bruno Ballerini, ed il collaudatore della stessa, ing. Giorgio Mozzo.

Al progettista il P.M. contesta che nel progetto la Torre piloti fosse collocata a cavallo della banchina, senza tenere conto di azioni non ordinarie incidenti sulla struttura, quali il possibile urto da parte di navi, essendo la struttura adiacente ad un’area in cui si effettuavano manovre delle stesse, ed al collaudatore di non avere rilevato tale criticità.

In estrema sintesi, il G.u.p. ha ritenuto non sussistente una specifica posizione di garanzia degli imputati, avendo avuto il progettista il compito, appunto, di progettare, secondo corretta tecnica, la struttura in cemento armato “Torre Piloti”, la cui progettazione preliminare generale e la scelta della collocazione dell’opera nel porto erano state già approvate; né erano state contestate al professionista o accertate violazioni in punto di progettazione esecutiva dell’opera in cemento armato e di scelta o di qualità dei materiali impiegati.

Dalla esclusione della posizione di garanzia, nei termini precisati, in capo al’ing. Ballerini, discende anche, secondo il G.u.p., la esclusione della posizione di garanzia del collaudatore ing. Mozzo, cui competeva – si è detto – valutare l’edificio in sé e la sua statica intrinseca, non già sindacare la scelta della collocazione dello stesso nell’ambito portuale.

2.3. L’articolato ricorso avverso la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. proposto dal P.M., ricorso in cui, con vari argomenti, si contestava la esclusione della posizione di garanzia in capo agli imputati, è stato rigettato dalla Corte di appello con sentenza dell’11 dicembre 2018.

La Corte territoriale, in sintesi, ha condiviso in toto le argomentazioni del giudice di primo grado circa la insussistenza, in base sia alle disposizioni vigenti all’epoca dell’attività svolta dagli ingegneri Ballerini e Mozzo, essendo stata la Torre realizzata nel 1996, sia al contenuto di capitolati o contratti, di un obbligo di prevedere eventi non ordinari, ma eccezionali quali, ad esempio, esplosioni ovvero, come accaduto, un urto di una nave sull’opera in cemento armato. In particolare, la Corte di merito ha escluso, tra l’altro, l’applicabilità del d.m. 14 gennaio 2008, recante “Nuove norme tecniche per le costruzioni”, entrato in vigore dodici anni dopo la realizzazione della Torre, nonché della circolare del Ministero dei lavori pubblici del 4 luglio 1996, successiva non solo al completamento dell’opera ma anche al suo collaudo, avvenuto nel giugno 1996, delle circolari dello stesso Ministero del 9 novembre 1978 e del 24 maggio 1982 (richiamate dell’appellante), in quanto imponevano di tenere conto di eventi eccezionali (quali uragani, urti ed esplosioni) soltanto quando ciò fosse prescritto, escludendo la sussistenza di siffatte prescrizioni nel caso di specie, e della normativa spagnola, siccome non vigente nell’ordinamento, richiamata nella consulenza delle parti civili.

La Corte territoriale ha anche osservato (p. 13 della sentenza impugnata) che «Solo con il D.M. 14 gennaio 2008 [successivo alla realizzazione dell’opera] il metodo semiprobabilistico agli stati limite è divenuto l’unico ammissibile […]

Peraltro, come già ricordato […], la stessa circolare 24 maggio 1982, n. 22631 disponeva l’obbligo di considerare azioni eccezionali quali uragani, urti, esplosioni ecc. solo quando prescritte (e nel caso in questione non lo erano).

Conseguentemente non era fatto obbligo al progettista strutturale di considerare azioni non prescritte dal committente, non considerate dal metodo delle tensioni ammissibili applicato e in uso all’epoca, e siffatto obbligo correlativamente, non incombeva neppure sul collaudatore».

La Corte di appello ha inoltre evidenziato: che il progetto della Torre Piloti era stato approvato, all’esito di una complessa istruttoria, nel 1993 dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici, organismo che nel 1999, quindi dopo la realizzazione, in sede di parere sul piano regolatore portuale, aveva espressamente ritenuto scarsissima la probabilità di verificazione di azioni eccezionali; che la scelta della collocazione della Torre era stata decisa anche in base alle osservazioni degli stessi piloti perché consentiva la migliore visibilità e quindi la funzionalità operativa; che nello spazio d’acqua, detto avanporto, antistante l’edificio, non venivano eseguite manovre di rotazione; che negli anni successivi il porto di Genova aveva subito rilevanti modifiche che hanno ridotto gli specchi d’acqua ove eseguire le manovre delle navi; infine, che la manovra concretamente posta in essere dalla nave Jolly Nero in uscita era vietata.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza, come accennato, il Procuratore generale, che si affida a due motivi, con i quali lamenta violazione di legge.

3.1. In particolare, con il primo motivo denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge 5 novembre 1971, n. 1086, recante “Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”, artt. 1, 3 e 21.

Dovendo, infatti, ai sensi della disciplina richiamata, il progettista assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture, evitando qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità, ad avviso del ricorrente apparirebbe strano che, a seconda del metodo liberamente scelto per la progettazione (metodo delle tensioni ammissibili ovvero metodo degli stati limite ultimi ovvero altro metodo), la sicurezza della costruzione e la tutela della pubblica incolumità possano essere significativamente differenti; come apparirebbe strano che l’azione derivante da urti prevedibili e catastrofici, quali quello in esame, possa essere indifferentemente considerata oppure non considerata nella progettazione a seconda di una scelta arbitraria del progettista.

In realtà, il rinvio ad opera dell’art. 21 della legge n. 1086 del 1971 a decreti ministeriali per la esecuzione di norme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni va inteso come operato, secondo il ricorrente, anche al d.m. 3 ottobre 1978, n. 18407 (recante “Criteri generali per la verifica della sicurezza delle costruzioni e dei sovraccarichi”), che ai punti n. 2.2. e n. 2.3. indica i corretti metodi di verifica ed i livelli di sicurezza, ai quali l’imputato progettista non si sarebbe attenuto.

Si richiama al riguardo anche la circolare interpretativa del 9 novembre 1978, n. 18591 sullo scopo delle verifiche di sicurezza e sui metodi di verifica, per concludere che, conformemente alla ratio della legge, già prima della realizzazione della Torre piloti di Genova era compito preciso del progettista considerare, secondo il metodo delle tensioni ammissibili, e comunque a prescindere dalla scelta di un metodo di calcolo piuttosto che un altro, tutte le azioni prevedibili come incidenti sulla struttura, tra le quali non potrebbe non rientrare l’urto con una nave. Si richiamano anche l’art. 3.1. del d.m. 3 ottobre 1978, n. 18407 ed i punti n. 1.4. e 1.5. della circolare integrativa del 9 novembre 1978, n. 18591.

Erronea sarebbe l’affermazione della Corte di merito che l’obbligo di considerare gli urti sussista solo in presenza di una prescrizione del committente, mentre, in realtà, esso sussisterebbe anche a prescindere: in base ad una lettura sistematica delle disposizioni, deve ritenersi – si assume da parte del Procuratore Generale – che le azioni derivanti da urti, esplosioni etc., pur in assenza di una richiesta del committente, da parte del progettista devono «essere considerate quando prescritto dalle concrete circostanze del caso» (p. 7 del ricorso) cioè ove «vi sia un verosimile scenario di rischio».

La diversa conclusione cui perviene la Corte di appello sarebbe gravemente erronea, anche perché si è fatta prevalere, in difformità dalla gerarchia delle fonti, l’interpretazione contenuta in una circolare su norme di legge o decreti ministeriali.

3.2. Con l’ulteriore motivo si censura la violazione dell’art. 425 cod. proc. pen., avendo i giudici di merito disatteso la regola di giudizio che deve guidare il Giudice dell’udienza preliminare nel decidere il proscioglimento, regola che è stata anche recentemente puntualizzata dalla S.C. nella sentenza di Sez. 4, 32574 del 12/07/2016, P.C. in proc. Trimarchi e altri. Rv. 2567457-01, la cui massima ufficiale recita: «Ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non è l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti; ne consegue che, nell’ipotesi di diverse ed opposte valutazioni tecniche, non spetta al Gup decidere quale perizia sia maggiormente attendibile, dovendo egli solo verificare se gli elementi acquisiti a carico dell’imputato risultino irrimediabilmente insufficienti o contraddittori, in ragione di eventuali manifeste incongruenze del contributo dell’esperto posto a sostegno dell’accusa o dell’errata piattaforma fattuale assunta ovvero della palese insipienza tecnica del metodo o dell’elaborazione».

Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.

4. Il Procuratore Generale della S.C., nella sua articolata requisitoria del 28- 29 novembre 2019 ha chiesto il rigetto del ricorso.

5. Con memoria pervenuta il 7 febbraio 2020 i difensori dell’ing. Bruno Ballerini hanno chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso. La memoria è articolata in quattro punti, che di seguito si sintetizzano.

5.1. In primo luogo, si ritiene inammissibile, siccome tardivo, il ricorso del Procuratore Generale, poiché, alla stregua delle norme che disciplinano le impugnazioni, come interpretate dalla S.C. sia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alterio, Rv. 222044-01 e 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01) che semplici (Sez. 4, n. 29654 del 21/04/2016, p.c. Vita in proc. Pappalardo, non mass.), avverso la sentenza camerale della Corte di merito dell’Il dicembre 2018, con termine – rispettato (8 marzo 2019) – di novanta giorni (scadente 1’11 marzo 2019) per il deposito della motivazione, il Procuratore Generale, al quale non spettava comunicazione dell’avvenuto deposito, avendo partecipato all’udienza dell’Il dicembre 2018, avrebbe dovuto osservare il generale termine di quindici giorni per l’impugnazione, impugnazione che, invece, è stata depositata, come risulta dagli atti, al quarantaquattresimo giorno.

5.2. Il ricorso del Procuratore Generale sarebbe in ogni caso inammissibile, in tesi difensiva, siccome aspecifico, concentrandosi esclusivamente sull’aspetto dell’elemento soggettivo del reato, che risulta però – si ritiene – eccentrico ed inconferente rispetto alla pronunzia di assoluzione, che è fondata sul rilievo della mancanza di un obbligo giuridico ex art. 40 cpv. cod. pen. in capo all’imputato di impedire lo specifico evento oggetto della contestazione, cioè l’urto di una nave contro la struttura, punto centrale del ragionamento dei giudici di merito sul quale, tuttavia, il ricorrente non muove alcuna mirata, puntuale e specifica censura.

5.3. Ancora, in linea subordinata nella memoria si lamenta l’infondatezza della interpretazione del Procuratore Generale secondo cui l’imputato avrebbe dovuto prevedere tra le azioni agenti sull’erigenda opera anche eventi eccezionali, quali gli urti con le navi, difettando – si ritiene – nell’ordinamento qualsiasi attribuzione al progettista in tale senso, conclusione questa dei giudici di merito peraltro non impugnata tramite il ricorso, che, secondo la difesa dell’ing. Ballerini, si inerpica invece lungo la china di una non condivisibile, poiché eccessivamente lata, interpretazione della fonte della “prescrizione” di eventuali azioni eccezionali, potendo la prescrizione derivare o da una norma ovvero dalla committenza dell’opera, come confermato ex post dalla disciplina successiva ai fatti (punto n. 3.6. del d.m. del Ministero infrastrutture e trasporti del 17 gennaio 2018, recante “Aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni”).

5.4. Da ultimo, nella memoria si sottolinea la ritenuta assoluta inconferenza del richiamo alla migliore interpretazione del canone decisorio ex art. 425 cod. proc. pen., in quanto nel caso di specie non si ha una questione su quale sia la preferibile valutazione tecnica tra valutazioni difformi ma si pone, invece, una questione squisitamente giuridica (la sussistenza o meno della posizione di garanzia) che, in realtà, non ha alcuna necessità della celebrazione del dibattimento né di acquisizioni istruttorie per essere risolta.Si chiede, dunque, dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso della parte pubblica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore Generale, come segnalato nella memoria difensiva, in cui si richiama pertinente giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alteri°, Rv. 222044-01 e Rv. 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01; Sez. 4, n. 29654 del 21/04/2016, p.c. Vita in proc. Pappalardo, non mass.), è tardivo.

2. La scansione temporale è stata nel caso di specie la seguente: decidendo, nelle forme del rito camerale, ai sensi dell’art. 428, comma 3, cod. proc. pen., che richiama l’art. 127 cod. proc. pen., sull’impugnazione da parte del P.M. della sentenza di proscioglimento emessa dal G.i.p. ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., la Corte di appello all’esito dell’udienza dell’Il dicembre 2018 ha dato lettura, alla presenza delle parti, tra cui il P.G., del dispositivo, assegnandosi – irritualmente – un termine di novanta giorni per la decisione, in luogo di quello previsto, in linea generale, dall’art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. di quindici giorni.

Tale termine, stabilito dal giudice, di novanta giorni, scadente marzo 2019, è stato rispettato, essendo stata la motivazione depositata l’8 marzo 2019.

Ciò posto, il Procuratore Generale, cui non spettava comunicazione dell’avvenuto deposito, avendo partecipato all’udienza dell’Il dicembre 2018 ed avendo assistito alla lettura del dispositivo, avrebbe dovuto osservare il generale termine di quindici giorni per l’impugnazione, impugnazione che, invece, è stata depositata, come risulta dagli atti, il 24 aprile 2019 ossia al quarantaquattresimo giorno decorrente dall’11 marzo 2019, ergo: in ritardo.

Il chiaro ed inequivoco dettato della lett. a) del comma 1 dell’art. 585, cod. proc. pen. fissa, in via generale, in quindici giorni il termine per l’impugnazione dei provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, fra i quali rientra sicuramente anche la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello a sensi del comma 2 dell’art. 428 c.p.p., quale quella oggetto del ricorso; né, ovviamente, tale regime può essere mutato ove la Corte di merito faccia, come nella specie, irrituale applicazione del comma 3 dell’art. 544 cod. proc. pen. (cfr. Sez. U, n. 31312 del 26/06/2002, D’Alterio, Rv. 222044-01 e 222043-01; Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249670-01).

Infatti, «Il termine di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, pronunciate in grado d’appello (art. 428, commi 2 e 8, cod. proc. pen.), è quello di quindici giorni stabilito dall’art. 585, comma 1 lett. a) cod. proc. pen. per i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, essendo ininfluente l’irrituale applicazione, da parte del giudice, dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen.» (Sez. 6, ord. n. 1798 del 28/11/2002, dep. 2003., Vidoni, Rv. 223281 – 01).

3. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nulla per le spese, attesa la natura di parte pubblica del ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

____//

TGLa7 – Porto di Genova, 7 maggio 2013: le immagini dello schianto e le registrazioni audio …

video
play-sharp-fill