Inciampa sulla sporgenza del tombino: niente risarcimento dal Comune (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 12 aprile 2022, n. 11794).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3816-2021 proposto da:

(OMISSIS) MANUELA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS), 35, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO (OMISSIS), pec: alessandro.(OMISSIS)@milano.pecavvocati.it alberto(OMISSIS)@ordineavvocatiroma.org

– ricorrente –

contro

COMUNE di MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTINA (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO (OMISSIS), pec: avvocatofrancesco(OMISSIS)galmail.it

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3501/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/12/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANNA MOSCARINI.

Considerato che:

1. Manuela (OMISSIS) convenne il Comune di Milano davanti al Tribunale della stessa città per sentir pronunciare la condanna del convenuto al risarcimento dei danni derivanti dalla omessa custodia ex art. 2051 c.c. di una strada comunale sulla quale l’attrice era caduta a causa di un dislivello invisibile di un tombino, costituente insidia.

Fu espletata una CTU sulla persona della danneggiata, acquisito il verbale della Polizia Municipale, facente prova fino a querela di falso, che confermava la presenza del dislivello.

All’esito il Tribunale adito accolse la domanda condannando il Comune a pagare, in favore dell’attrice, la somma di €. 47.135,67.

2. La Corte d’Appello di Milano, adita in appello dal Comune, ha integralmente riformato la sentenza di primo grado affermando che, pur in presenza della prova dell’eventus damni costituito dalla caduta della (OMISSIS) nel tratto di strada indicato, era rimasta indimostrata la riconducibilità eziologica del sinistro all’asserita anomalia stradale ossia la derivazione causale del danno secondo il criterio della normalità o della “adeguatezza causale”, dalla particolare condizione potenzialmente lesiva posseduta dalla cosa in custodia non prevedibile o evitabile da un utente medio mediante l’impiego della normale diligenza.

Nel caso di specie, ad avviso della Corte del gravame, doveva considerarsi essere stato decisivo il comportamento imprudente della danneggiata che aveva interrotto il nesso causale tra il fatto e l’evento, in modo da integrare il caso fortuito.

Quindi, pur ritenendo provato che la danneggiata era inciampata nel tombino, lo stesso presentava carattere innocuo -essendo minima la sua sporgenza- mentre le sconnessioni e il tombino stesso erano visibili al momento dell’evento, mediante l’uso da parte del pedone se non dell’ordinaria diligenza, quantomeno dello specifico grado di diligenza richiesto dal generale principio di autoresponsabilità e di correttezza nell’uso della strada pubblica, con riferimento allo specifico atto – percorrenza del marciapiedi – in corso di compimento al momento del sinistro.

A ciò ha aggiunto che il tratto stradale era ben visibile, anche in ragione dell’ora mattutina né erano state allegate particolari condizioni atmosferiche idonee a rendere scivolosa o difficilmente percorribile la pavimentazione stradale.

Infine la colorazione del tombino era più scura rispetto a quella del manto stradale, il che rendeva tutto visibile ed il marciapiedi era esteso in larghezza in modo che il pedone avrebbe potuto camminare senza necessariamente passare sopra il tombino.

Conclusivamente la sentenza, riformando integralmente quella di primo grado, ha rigettato la domanda disponendo conseguenzialmente sulle spese del doppio grado in ragione della soccombenza.

3. Avverso la sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

3.1. Il Comune di Milano ha resistito con controricorso.

4. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ.

5. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., é stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza.

Ritenuto che:

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione dell’art. 2051 c.c. per travisamento o errata valutazione del significato di “caso fortuito” focalizzato solo sulla condotta della danneggiata, censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, 1° co. n. 3 c.p.c. avendo la Corte di merito aderito ad una nozione di caso fortuito che si identifica con l’accertamento della condotta colposa del danneggiato, senza verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode”.

Ad avviso della ricorrente il giudice del gravame avrebbe errato nell’incentrare l’accertamento della sua condotta esclusivamente sulla colpa della danneggiata senza interrogarsi circa i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità dell’evento da parte del custode.

Ad avviso della ricorrente i presupposti della non prevedibilità dell’evento avrebbero dovuto essere accertati in capo all’ente comunale, custode della strada e non anche in relazione alla danneggiata.

1.1 II motivo va disatteso.

In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass. 2480 del 2018).

Dunque la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’imprevedibilità dell’evento – quale elemento idoneo a rompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno – non va inteso in termini soggettivi ma oggettivi ponendosi cioè nell’ottica della causalità adeguata rispetto alla quale l’evento assuma, indipendentemente dalla colpa del custode, caratteristiche di inverosimiglianza.

Quanto più il pericolo è suscettibile di essere previsto con l’adozione delle normali cautele, in un’ottica di autoresponsabilità, tanto più incidente è l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo fino alla rottura del nesso eziologico di cui all’art. 2051 c.c.

Ora la sentenza impugnata appare del tutto conforme ai richiamati principi anche in ordine alla prevedibilità del comportamento.

Non poteva ritenersi prevedibile il comportamento della (OMISSIS) che, in condizioni di piena visibilità, di diversa colorazione del manto stradale, di ampiezza del marciapiede, anziché accorgersi con l’ordinaria diligenza della presenza di un tombino sporgente, ed evitarlo grazie anche all’ampiezza del marciapiedi che avrebbe consentito un percorso alternativo, abbia invece omesso ogni cautela richiesta dalle circostanze di tempo e di luogo e sia andata ad inciampare nel tombino sporgente a causa esclusivamente della propria disattenzione.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato e la ricorrente condannata a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare, in favore della parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in €. 4.300 (oltre €. 200 per esborsi).

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, in data 9 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.