REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAZA Carlo – Presidente
Dott. BRANCACCIO Matilde – Rel. Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) EMANUELE nato a NAPOLI il 30/07/19xx;
avverso la sentenza del 15/06/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa MATILDE BRANCACCIO;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. PASQUALE SERRAO D’AQUINO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Viene in esame la sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 15.6.2021 che, ai sensi dell’art. 599 cod. proc. pen., ha confermato la decisione del GIP del Tribunale di Napoli, emessa in data 5.3.2020, con cui Emanuele (OMISSIS) e Antonio (OMISSIS) sono stati condannati alla pena di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a seicento euro di multa, in relazione al reato di concorso in furto con strappo commesso ai danni di Silvana (OMISSIS), alla quale sottraevano la borsa contenente il telefono cellulare, effetti personali, la somma di 165 euro e un portafoglio con all’interno ulteriori 50 euro, prelevandola dall’abitacolo della sua autovettura, ferma in coda per il traffico intenso, attraverso il finestrino aperto.
I due imputati, che hanno confessato, sono stati visti agire da un ispettore di polizia, il quale, tuttavia, non è riuscito a catturarli dopo un inseguimento, ma sono stati successivamente individuati tramite i sistemi di videosorveglianza presenti sul luogo del delitto, la testimonianza della persona offesa e quella dell’altro operante di polizia giudiziaria che ha assistito al delitto.
La Corte d’Appello ha ritenuto, tra l’altro, di escludere l’aggravante della destrezza e confermare la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, che – insieme alla recidiva qualificata configurata per ciascuno degli imputati – era stata ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti generiche pure riconosciute; nei confronti di (OMISSIS) è stata ritenuta sussistente anche l’attenuante del risarcimento del danno, confermando, altresì, il giudizio di bilanciamento equivalente di aggravanti e attenuanti tutte.
2. L’imputato Emanuele (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso avverso la sentenza predetta, deducendo due motivi distinti.
2.1. Il primo argomento di censura denuncia violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante della minorata difesa: il traffico intenso presente sul tratto di strada percorso dalla vittima è una condizione di fatto che ha reso possibile la condotta di reato, altrimenti irrealizzabile con l’auto in marcia ordinariamente veloce, ma non costituisce una condizione di ostacolo alla difesa privata, tale da integrare l’aggravante prevista dall’art. 61, comma primo, n. 5, cod. pen.; né detta situazione può configurare l’aggravante sotto il profilo dell’ostacolo posto all’inseguimento dei due autori del reato da parte della polizia.
2.2. La seconda ragione difensiva dedotta lamenta vizio di mancanza di motivazione in ordine alla richiesta prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti ritenute sussistenti: si tratta di motivazione tautologica che ripercorre la gravità della condotta descritta dalle circostanze e non tiene adeguatamente conto della confessione e del fattivo ristoro della vittima da parte del ricorrente.
3. Il PG ha chiesto l’inammissibilità del ricorso con requisitoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo di censura, con cui si contesta la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., non può essere accolto nella sua prospettiva di censura.
2.1. L’aggravante in esame è stata recentemente al centro della riflessione delle Sezioni Unite Penali, proprio per la necessità di indagarne natura e caratteri di configurabilità con miglior chiarezza e coerenza, rispetto al dettato normativo ed alla sua ratio.
La sentenza Sez. U, n. 40275 del 15/7/2021, Cardellini, Rv. 282095 ha affermato, così, che, ai fini dell’integrazione dell’aggravante della minorata difesa, prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso.
Le Sezioni Unite, a ben vedere, rifiutano meccanismi presuntivi di ordine assoluto, derivanti da precostituite condizioni di fatto, considerate idonee a diminuire e depotenziare la capacità di reazione della vittima, ed hanno puntato alla necessità di una verifica concreta di volta in volta necessaria per la verifica della circostanza aggravante in esame, ferma la valenza di “indicatore relativo” di minorata difesa di alcune situazioni di fatto, dal “significato” inequivoco ed indubbio; è il caso, ad esempio, dell’età della vittima.
La circostanza — secondo la pronuncia Cardellini – ha natura oggettiva e ricorre in presenza di condizioni utili a facilitare il compimento dell’azione criminosa, a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dalla volontà dell’agente (Sez. 1, n. 39349 del 11/07/2019, Marini, Rv. 276876; fattispecie in tema di omicidio; Sez. 1, n. 39560 del 06/06/2019, Souhu Mahdi, Rv. 276871; Sez. 5, n. 14995 del 23/02/2005, Bordogna, Rv. 231359).
Inoltre, anche una sola circostanza, di tempo, di luogo o di persona, è sufficiente ad integrare l’aggravante della c.d. “minorata difesa”, se astrattamente idonea ad ostacolare le possibilità di pubblica o privata difesa, e sempre che in concreto tale effetto ne sia effettivamente conseguito.
Il giudice, pertanto, e seguendo ancora il percorso ermeneutico delle Sezioni Unite, ai fini di ritenere sussistente l’aggravante in esame, è chiamato ad operare tre verifiche, riguardanti, nell’ordine:
a) l’esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di “ostacolo alla pubblica o privata difesa”;
b) la produzione in concreto dell’effetto di “ostacolo alla pubblica o privata difesa” che ne sia effettivamente derivato;
c) il fatto che l’agente ne abbia concretamente “profittato” (avendone, quindi, consapevolezza).
2.2. Ebbene, tutte le condizioni richiamate possono dirsi realizzate nel caso di specie, invero non infrequente, per quanto ancora poco esplorato dall’interpretazione della giurisprudenza di legittimità.
La fattispecie in esame è la seguente: l’imputato, insieme al suo complice, a bordo di uno scooter, ha sottratto alla vittima del reato una borsa contenente il telefono cellulare, effetti personali, la somma di 165 euro e un portafoglio con all’interno ulteriori 50 euro, prelevandola dall’abitacolo della sua autovettura, ferma in coda per il traffico intenso, attraverso il finestrino aperto.
Le sentenze di merito – ma, in particolare, quella di primo grado – hanno messo in risalto le circostanze di intenso traffico, anzitutto, presente sull’arteria stradale che stava percorrendo la vittima, che la costringevano a marciare incolonnata dietro altre auto, sostanzialmente “in coda”, nonché la forte calura, che le aveva imposto di tenere il finestrino aperto: tali caratteristiche di tempo e luogo hanno, evidentemente, provocato una situazione di innegabile scarsa possibilità della persona offesa di sfuggire ad azioni predatorie improvvise quali quella realizzata dai due complici del reato.
In aggiunta, il Tribunale ha valorizzato la distrazione provocata alla persona offesa dal colpo di clacson, artatamente suonato dai ricorrenti con lo scooter mediante il quale hanno realizzato il reato, e che, proprio per le condizioni di intenso traffico, ha sortito l’obiettivo di sorprendere la persona offesa.
Le condizioni suddette rientrano nei parametri di configurabilità dell’aggravante della minorata difesa delineati dalle Sezioni Unite, mentre la prospettiva del ricorrente, che le indica come situazioni di fatto essenziali alla stessa realizzazione del reato, ma non aggravanti agevolatrici, è errata, poiché il disegno del legislatore è proprio quello di voler sanzionare con maggior gravità quelle condotte di reato che si alimentano anche di una più agevole possibilità di realizzazione, per la sussistenza di fattori di debolezza nella difesa altrui, siano essi personali, di tempo o di luogo.
Pertanto, se è alquanto discutibile – come correttamente evidenziato nel ricorso – il collegamento argomentativo della sentenza impugnata tra la sussistenza dell’aggravante e le scarse possibilità di riuscire ad inseguire gli autori del furto, in ragione del traffico e della natura autostradale della strada percorsa, tuttavia, il richiamo generale alle ragioni della sentenza di primo grado e la soddisfacente motivazione di questa riguardo alle condizioni di configurabilità dell’aggravante della minorata difesa, fondano la logica conclusione dei giudici di merito quanto all’integrazione della circostanza prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen. nel caso di specie.
Del resto, già prima dell’intervento delle Sezioni Unite, si era sottolineato come l’aggravante della minorata difesa in relazione al luogo di commissione del reato è configurabile quando, secondo una valutazione in concreto, ricorrono situazioni oggettive idonee ad abbattere o affievolire le capacità reattive della vittima in relazione al tipo di reato cui si correla l’evento circostanziale (Sez. 2, n. 3560 del 14/10/2020, dep. 2021, Sacchi, Rv. 280521, sebbene in una fattispecie alquanto diversa, ma che valorizza proprio gli effetti che le condizioni esterne di luoghi e situazioni possono avere sulle capacità reattive della vittima).
In definitiva, può affermarsi che, in tema di furto, le condizioni di intenso traffico e caldo, presenti sulla strada percorsa in auto dalla vittima e delle quali l’agente abbia profittato per appropriarsi del bene altrui, possono integrare l’aggravante della minorata difesa qualora, in concreto, si siano tradotte in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato.
Ciò è avvenuto nel caso di specie in cui l’auto della vittima viaggiava “in coda” a marcia lentissima e con il finestrino aperto per l’intensa calura, il che ha consentito agli autori del furto di approfittare di tali situazioni, determinanti fattori innegabili di indebolimento delle sue difese, per prelevare dall’abitacolo accessibile dall’esterno la borsa ivi poggiata.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e generico.
La Corte d’Appello ha esplicitamente argomentato le ragioni in base alle quali ha ritenuto di confermare il giudizio di bilanciamento in equivalenza tra aggravanti ed attenuanti, segnalando la particolare capacità di turbamento della sfera personale-patrimoniale della vittima del reato, derivata dall’introdursi repentinamente nell’abitacolo dell’autovettura attraverso il finestrino aperto, approfittando delle condizioni di caldo e traffico intensi.
Un tale riferimento non è affatto tautologico, ma esprime il giudizio di particolare gravità della condotta oggettiva posta in essere e la peculiare intensità del dolo, oltre che la pericolosità del ricorrente e del suo complice, in coerenza con i parametri normativi prefissati dall’art. 133 cod. pen. per sovrintendere al procedimento commisurativo della sanzione.
Ed è noto che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/2/2010, Contaldo, Rv. 245931; Sez. 2, n. 31543 del 8/6/2017, Pennelli, Rv. 270450).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 luglio 2022.
Depositato in Cancelleria, oggi 30 settembre 2022.