Abuso dei mezzi di correzione per il padre che dà un violento schiaffo alla figlia (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 19 dicembre 2024, n. 46974).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. ROSA PEZZULLO – Presidente –

Dott. ANDREINA MARIA ANGELA OCCHIPINTI – Consigliere –

Dott. MARIA TERESA BELMONTE – Relatore –

Dott. RENATA SESSA – Consigliere –

Dott. DANIELA BIFULCO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MARIA TERESA BELMONTE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa FRANCESCA CERONI, che  ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Campobasso, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Isernia, che aveva riconosciuto (omissis) (omissis) responsabile del delitto di cui all’art. 571 pen., ha riqualificato il fatto quali lesioni aggravate dal rapporto parentale, consistite in un ematoma alle palpebre dell’occhio sinistro, giudicate guaribili in giorni quattro, provocate alla figlia minore (omissis) colpendola con uno schiaffo dopo una discussione verbale, e confermato nel resto la decisione di prime cure.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato (omissis) (omissis) che svolge un unico articolato motivo — enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen. — denunciando violazione della legge e correlati vizi della motivazione in merito al mancato riconoscimento della lieve entità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen..

Secondo il ricorrente, sono ravvisabili, nella fattispecie in esame, plurimi indici, tra quelli individuati dalla giurisprudenza, della levità del fatto, segnalandosi il contesto in cui il fatto è maturato – ovvero in una situazione di concitazione correlata alla discussione tra padre e figlia, e a seguito dell’atteggiamento oppositivo e insolente di quest’ultima; l’esiguità delle lesioni; l’unicità dell’evento e l’insussistenza di comportamenti successivi indicativi di una abituale propensione a delinquere; si segnala, inoltre, come la precedente condanna riportata dall’imputato per violazione degli obblighi familiari, ex art. 570 cod. proc. pen., sia stata riformata in appello.

3. Ha depositato memoria integrativa, in replica alle conclusioni scritte del Procuratore generale, il difensore dell’imputato, riportandosi ai motivi di ricorso e concludendo per l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

1. Le Sezioni Unite ‘Tushaj’ (S.U. 1368 1 del 25/02/2016) hanno rilevato che l‘art. 131-bis cod. pen. fa riferimento testuale alle modalità della condotta, per inferirne che tale disposizione non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle modalità di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.

Occorre pertanto avere riguardo — ai fini della applicabilità della causa di non punibilità – al fatto storico, alla situazione reale e irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente, perché non è in questione la conformità al tipo ( la causa di non punibilità presuppone un fatto conforme al tipo e offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettivo( Sez. U. n. 13681 del 25/02/20 16, Rv. 266590).

Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, sicché i criteri indicati nel primo comma dell’art. 131-bis cod.pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, e alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi, infatti, secondo il tenore letterale dell’art. 131 bis cod.pen. nella parte del primo comma qui rilevante, la punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità (Sez. 3 n. 893 del 28/06/2017, Rv. 272249; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678), Sez. 7 Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044).

2. Nel caso di specie, la Corte di appello ha esplicitato una specifica e ampia motivazione delle ragioni del diniego della speciale causa di non punibilità invocata dal ricorrente, non intaccata dal ricorso, che si risolve nella pedissequa reiterazione dei motivi di appello.

Motivi del genere più che specifici, come richiede l’art. 581 proc. pen., risultano soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. U. n. 8825 del 27/ 10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822; conf. Sez. 2 , n. 42046 del 17/07/2019 Rv. 277710).

La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di a-specificità, conducente, a mente dell’art. 591 cod. proc. pen comma 1 lett. c) all’inammissibilità (ex  plurimis, 4 n. 256 del 18/09/ 1997, dep. 1998, Rv. 210157; Sez. 1, Ordinanza n. 4521 del 20/01/2005, Rv. 230751; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014 , Rv. 259425; Sez. 2 , n. 42046 del 17/07/2019 Rv. 277710) .

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 proc. pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Oscuramento dei dati.

Cosi deciso in Roma, il 17 ottobre 2024

Il Consigliere estensore                                                                                      Il Presidente

Maria Teresa Belmonte                                                                                     Rosa Pezzullo

Depositato in Cancelleria, oggi 19 dicembre 2024

SENTENZA

Il Funzionario Giudiziario

Dott.ssa Sabrina Belmonte