REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1670/2016 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5192/44/15, depositata l’1 giugno 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2022 dal Consigliere dott. Giacomo Maria Nonno.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza 5192/44/15 del 01/06/2015, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 716/05/13 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. (di seguito (OMISSIS)) avverso un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2007.
1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, con l’avviso di accertamento l’Agenzia delle entrate contestava la detraibilità dell’IVA in relazione all’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
1.2. la CTR rigettava l’appello di AE evidenziando che «l’Ufficio non ha recepito il principio, ormai acquisito in giurisprudenza, in base al quale spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare “gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapesse o dovesse sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si collocava in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessioni” (Corte di Giustizia, 13 marzo 2014, causa C-107/13)», principio recepito dalla giurisprudenza della S.C. e applicabile a tutte le ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti.
2. AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
3. (OMISSIS) (OMISSIS) resisteva con controricorso e depositava memoria ex 380 bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso AE lamenta la nullità della sentenza, per violazione dell’art. l32, secondo comma, 4), cod. proc. civ. e dell’art. 36 del d.lgs. 3l dicembre l992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché la motivazione resa dalla commissione tributaria regionale sarebbe meramente apparente.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli 21, settimo comma, e 54 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché degli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di appello violato le regole sul riparto dell’onere della prova in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, avendo l’Amministrazione dato prova, in via presuntiva, della frode perpetrata da una serie di società cd. cartiere, tutte riconducibili ad un’unica persona fisica, nonché dell’elemento soggettivo.
2. Il primo motivo è infondato.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019).
2.2. Nel caso di specie, la motivazione resa dalla CTR non può ritenersi apparente: il giudice di appello, infatti, afferma con chiarezza che l’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio, non ha fornito la prova dell’elemento soggettivo, vale a dire che (OMISSIS) sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto di detrazione dell’IVA si inserisse in una frode orchestrata da altri soggetti, a monte o a valle della catena di cessioni.
2.3. Trattasi di motivazione sicuramente succinta, ma non già apparente, in quanto idonea a illustrare la ratio decidendi.
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Costituisce orientamento pacifico di questa Corte che «l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi» (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 15/05/2018; Cass. n. 17619 del 05/07/2018; Cass. n. 21104 del 24/08/2018; Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018; Cass. n. 5873 del 28/02/2019; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; Cass. n. 28628 del 18/10/2021).
3.2. L’onere di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate non può ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 28628 del 2021, cit.).
3.3. La sentenza impugnata si è puntualmente attenuta ai superiori principi di diritto, evidenziando – con accertamento in fatto – la mancata prova, da parte di AE, del requisito soggettivo in capo all’imprenditore accertato.
3.4. AE, invece, insiste sulla natura di cartiere dei soggetti che hanno effettuato le cessioni in favore di (OMISSIS) ma, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, che è quello specificamente attenzionato dalla sentenza impugnata, finisce per argomentare dalla semplice natura fittizia di detti soggetti, senza evidenziare ulteriori elementi di prova.
3.5. Ne consegue la correttezza della valutazione del giudice di merito, che ha ritenuto non assolto dall’Amministrazione finanziaria l’onere di provare il requisito psicologico in capo a (OMISSIS).
4. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 814.301,25.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 11.000,00, oltre ad euro 200,00 per spese borsuali, alle spese forfettarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2023.