Alunno vittima di un infortunio durante il cambio d’ora: possibile porre sotto accusa la scuola (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 5 luglio 2022, n. 21255).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

DOTT. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22866/2021 R.G. proposto da:

(OMISSIS) LUCA, elettivamente domiciliato in Roma via (OMISSIS), 10, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) PAOLO (B(OMISSIS)G) che lo rappresenta e difende;

-ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITÀ E RICERCA SCIENTIFICA, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE LAZIO, ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE ALESSANDRO VOLTA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso lo studio dell’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (AD(OMISSIS)87) che li rappresenta e difende;

-controricorrenti-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 802/2021 depositata il 02/02/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/05/2022 dal Consigliere ANTONELLA PELLECCHIA.

Rilevato che:

1. Nel 2009, Luca (OMISSIS) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma l’Istituto Tecnico Industriale Statale “Alessandro Volta”, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti, in conseguenza dell’infortunio a lui occorso in orario scolastico, il 14 maggio 2004, quando era ancora minorenne.

A fondamento della domanda, l’attore dedusse di aver riportato lesioni alla tibia a seguito di una caduta avvenuta durante la lezione di educazione fisica, nonostante fosse esonerato dal prendere parte all’attività, mentre l’insegnante ometteva di vigilare la classe, essendo intenta piuttosto a “fumare sigarette con altri colleghi fuori dalla palestra”.

Si costituirono in giudizio i convenuti, contestando la fondatezza della domanda avversaria e proponendo una ricostruzione del fatto diversa da quella dedotta dall’attore.

In particolare, l’Amministrazione sostenne che l’infortunio si era verificato alla presenza dell’insegnante, che avrebbe tentato in ogni modo di evitare che il (OMISSIS) svolgesse attività fisica, senza tuttavia riuscire ad impedirlo.

Istruita la causa mediante escussione di due testimoni e CTU medico-legale, il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 23858/2013, accolse la domanda attorea e, applicando i criteri in uso presso il medesimo Tribunale per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica, condannò i convenuti in solido al pagamento in favore del (OMISSIS) di Euro 41.833,543, oltre interessi e spese processuali.

2. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 802 del 2 febbraio 2021, in totale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava la responsabilità esclusiva dell’attore nella determinazione dell’infortunio, che aveva svolto attività fisica nonostante fosse pienamente consapevole della propria condizione di inabilità temporanea.

La Corte territoriale, pur riconoscendo la natura contrattuale della responsabilità dell’istituto scolastico, ha affermato che, indipendentemente dalla presenza dell’insegnante nella palestra, vi era il divieto per l’alunno di partecipare alla lezione e che il sinistro era accaduto nel momento del cambio di ora, ovvero terminata la lezione di educazione fisica; l’alunno, non potendo rimanere da solo in classe, era sceso con gli altri alunni in palestra e la caduta era imputabile allo stesso studente che era ben consapevole, considerata la sua età, che non poteva giocare a pallacanestro, peraltro, senza previo riscaldamento.

La Corte d’Appello escludeva, pertanto, che la condotta dell’Istituto scolastico e dell’insegnante avesse avuto qualche rilievo nella determinazione dell’infortunio.

3. Avverso la sentenza Luca (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Istruzione.

Considerato che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente censura, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. “la violazione ovvero falsa ed erronea applicazione al caso di specie di norma di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 1218 c.c. e 2048 c.c. ed ai criteri di ripartizione legale dell’onere della prova compiendo errata applicazione della norma che determina, nel caso in esame, il riconoscimento della responsabilità dell’Amministrazione per il danno sofferto per l’infortunio occorso durante l’orario scolastico nonché in relazione all’art. 115 c.p.c. in relazione al nesso causale tra esonero all’attività fisica e danno generato dalla stessa”.

La Corte d’Appello avrebbe applicato erroneamente le regole di riparto dell’onere della prova, in materia di responsabilità contrattuale, nonché i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità sull’accertamento della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’alunno.

Sostiene il ricorrente che l’alunno era tenuto a provare esclusivamente che il danno si era verificato in orario scolastico, ovvero sotto la vigilanza dell’Istituto, mentre la scuola doveva dimostrare che l’evento dannoso era stato determinato da causa a sé non imputabile.

Nel caso di specie, il (OMISSIS) avrebbe compiutamente provato non solo che l’evento si era verificato durante l’orario di lezione, ma anche che l’insegnante non era presente in palestra.

Viceversa, l’Istituto scolastico non avrebbe fornito la prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 c.c., al fine di giustificare l’asserito inadempimento degli obblighi di vigilanza e controllo da parte dell’insegnante.

La sentenza d’appello sarebbe, inoltre errata, nella parte in cui non ha riconosciuto il nesso di causalità tra il danno subito dal (OMISSIS) e la circostanza che era esonerato dall’attività sportiva. Tale nesso di causalità era stato ammesso dalla stessa Amministrazione e che alcuna ulteriore prova sul punto doveva essere offerta dall’attore.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. c.p.c. la “violazione ovvero falsa ed erronea applicazione al caso di specie di norma di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 1218 e 2048 c.c. ed all’art. 2697 c.c. in relazione ai criteri legali di ripartizione dell’onere della prova omettendo di riconoscere l’assenza di prove da parte dell’originario convenuto a discarico rispetto alla responsabilità ascritta”.

Sostanzialmente riproponendo quanto già sostenuto con il primo motivo di gravame, il ricorrente lamenta che il giudice d’appello non avrebbe preso in considerazione, ai fini della decisione, il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Istituto scolastico.

Come correttamente rilevato dalla sentenza di prime cure, l’Amministrazione convenuta non avrebbe fornito alcuna prova che lo studente abbia preso parte all’attività sportiva contravvenendo a un divieto dell’insegnante. In assenza della prova liberatoria, la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare dunque la responsabilità esclusiva dell’Istituto per la determinazione dell’infortunio.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. la “violazione ovvero falsa ed erronea applicazione al caso di specie di norma di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 1227 c.c. ed in relazione alla valutazione della concorsualità della colpa secondo il quadro probatorio anche ex art.115 c.p.c.”.

La Corte d’Appello avrebbe omesso di esprimersi in merito all’applicazione dell’art. 1227 c.c. e ai principi di concorsualità della colpa, nel caso di specie.

Sostiene il ricorrente, che la Corte avrebbe escluso ogni responsabilità dell’Istituto scolastico, nonostante la prova che l’insegnante non stava vigilando sulla classe al momento dell’infortunio.

4.4. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. la “violazione ovvero nullità della sentenza e del procedimento, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 345 c.p.c. per non avere dichiarato e riconosciuto l’inammissibilità dell’appello, avendo, l’appellante, proposto fatti costitutivi a propria difesa del tutto difformi dalla posizione originaria”.

La Corte d’Appello avrebbe errato nel non dichiarare inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., per violazione del divieto dei nova in appello.

Mentre in primo grado l’Amministrazione fondava la sua difesa sulla presenza dell’insegnante al momento del sinistro, in appello, cambiando impostazione difensiva tentava di giustificare l’assenza dell’insegnante.

4.5. Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. la “violazione di norme di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio in riferimento alla L.R. n. 29 del 1992, art. 22, art. 1218 e 2043 c.c.”.

La Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare d’ufficio la responsabilità della Regione Lazio per non aver adempiuto all’obbligo di provvedere alla copertura assicurativa del (OMISSIS), come imposto dalla L.R. n. 29 del 1992.

5. Il primo motivo è fondato.

Va premesso che la responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno dell’istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l’adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti, delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell’ambito dei locali scolastici (Cass. n. 14701/2016).

Nell’ambito dell’individuata responsabilità contrattuale, la causa non imputabile rilevante ai sensi dell’art. 1218 c.c. , e cioè il fatto imprevedibile ed inevitabile per il debitore, è stata attribuita dal giudice di appello alla circostanza dell’accadimento del sinistro al termine della lezione di educazione fisica ed alla iniziativa dell’alunno, nonostante la consapevolezza da parte di costui dell’inabilità e nonostante gli fosse stata vietata la partecipazione alla lezione di educazione fisica.

La corte territoriale non ha attribuito rilevanza alla circostanza se l’insegnante fosse presente nella palestra, avendo considerato rilevanti gli altri aspetti evidenziati, ma le circostanze di fatto accertate non sono suscettibili di essere qualificate come causa non imputabile ai sensi dell’art. 1218 perché al termine della lezione non cessano gli obblighi di sorveglianza da parte della struttura scolastica.

Nel quadro della persistenza degli obblighi scolastici durante il cambio d’ora deve perciò essere valutata dal giudice del merito la rilevanza della circostanza della presenza o meno dell’insegnante in palestra o comunque di un rappresentante della struttura scolastica in grado di far rispettare all’alunno il divieto che gli era stato imposto.

5.1. Il secondo, terzo e quinto motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

5.2. Il quarto motivo, con cui il ricorrente censura la violazione dell’art. 345 c.p.c. perché sarebbe stata dedotta con l’appello la circostanza dell’accadimento dell’infortunio alla fine dell’ora scolastica, deve essere rigettato in quanto la questione rientra tra le eccezione in senso lato e come tale liberamente proponibile e rilevabile anche in grado d’appello, non ampliando il contenuto del giudizio a condizione che non siano necessari accertamenti di fatto.

6. Pertanto, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, come in motivazione, dichiara assorbiti il secondo, terzo e quinto motivo, rigetta il quarto motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, come in motivazione, dichiara assorbiti il secondo, terzo e quinto motivo, rigetta il quarto motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, l’11 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.