REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
ANTONIO VALITUTTI Presidente
LUIGI ABETE Consigliere – Rel.
ROBERTO GIOVANNI CONTI Consigliere
PAOLO CATALLOZZI Consigliere
ELEONORA REGGIANI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 22521 – 2021 R.G., proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. – p. i.v.a. n. (omissis) in persona del legale rappresentante, pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via (OMISSIS), n. 53, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
(OMISSIS) s.r.l. – p. i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore.
INTIMATA
avverso la sentenza n. 305/2021della Corte d’Appello di Reggio Calabria;
udita la relazione nella camera di consiglio del 12 aprile 202 4 del consigliere dott. Luigi Abete.
RILEVATO CHE
1. Con decreto n. 82 in data 4.4.2012 il Tribunale di Palmi ingiungeva alla “(OMISSIS)” s.r.l. di pagare alla ricorrente, “(OMISSIS)” s.r.l., in virtù della fattura n. 45/2011, la somma di euro 22.951,91, oltre accessori e spese, a titolo di corrispettivo per i lavori di pulizia e di manutenzione del “verde” dalla medesima “(OMISSIS)” eseguiti nel 2010 lungo, tra le altre, la S.S. 18 Tirrena Inferiore e la S.S. 182 Serre Calabre (cfr. ricorso, pag. 2).
2. La “(OMISSIS)” s.r.l. proponeva opposizione.
Esponeva che tra essa opponente e la ricorrente non era intercorso alcun rapporto d’appalto ovvero di subappalto , avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di cui all’ingiunzione (cfr. ricorso, pag. 2).
Esponeva che viceversa vi era stato per un periodo di tempo determinato il “distacco” presso i suoi cantieri di talune unità lavorative della “(OMISSIS)” per l’attività di manutenzione del “verde” descritta in ricorso (cfr. ricorso, pag. 2). Instava per la revoca dell’ingiunzione.
2.1. Si costituiva la “(OMISSIS)” s.r.l.
Adduceva che aveva concluso l’accordo a fondamento della sua pretesa con l’(OMISSIS), di cui la “(OMISSIS)” era stata parte unitamente alla “(OMISSIS)” s.r.l. ed alla “(OMISSIS) in (OMISSIS) di (OMISSIS) (OMISSIS)”; che il corrispettivo pattuito –nel complesso pari ad euro 68.885,73 –era da ripartirsi in egual misura tra le tre imprese in associazione temporanea (cfr. sentenza d’appello, pag. 2).
Adduceva che i lavori erano stati eseguiti con personale e mezzi propri. Instava, peraltro, per il rigetto dell’opposizione.
3. Assunta la prova per testimoni, con sentenza n. 58 2/20 15 il tribunale rigettava l’opposizione e confermava l’ingiunzione.
4. Proponeva appello la “(OMISSIS)” s.r.l.
Resisteva la “(OMISSIS)” s.r.l.
5. Con sentenza n. 305/2021 la Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettava il gravame e condannava l’appellante – con distrazione – alle spese del grado.
Evidenziava la Corte di Reggio Calabria – in ordine al la ragione di doglianza con cui l’appellante aveva censurato il primo dictum nella parte in cui aveva reputata comprovata la sussistenza di un rapporto di subappalto tra le parti in lite – che il tribunale aveva opinato per la sussistenza di un rapporto di subappalto sulla scorta di una corretta valutazione degli esiti della prova per testimoni, ovvero il tribunale aveva dato conto della univocità e con vergenza delle dichiarazioni rese dai testi escussi; che al contempo la “Comunicazione Obbligatoria Unificato (OMISSIS)”, concernente il distacco unicamente dell’operaia (OMISSIS) (OMISSIS), non valeva a suffragare la prospettazione della “(OMISSIS)” in considerazione dell’entità dei lavori eseguiti e della loro durata, pari a sei/otto mesi (cfr. sentenza d’appello, pagg. 3 – 4).
Evidenziava la corte – in ordine alla ragione di doglianza con cui l’appellante a censura del primo dictum aveva addotto che il preteso contratto di subappalto sarebbe stato comunque nullo, siccome assoggettato al duplice onere, inadempiuto nella specie, della forma scritta ad substantiam, necessaria attesa la natura pubblica dell’appalto aggiudicato all’(OMISSIS), e dell’autorizzazione della stazione appaltante – che il contratto di subappalto intercorso tra la “(OMISSIS)” e l’(OMISSIS), ancorché, quest’ultima, appaltatrice di lavori pubblici, non soggiaceva, in quanto strutturalmente distinto dal contratto d’appalto ed intercorrente tra soggetti privati, all’onere della forma scritta, salvo diversa convenzione non riscontrata nella specie (cfr. sentenza d’appello, pag. 4).
Evidenziava altresì la corte – in ordine all’addotta necessità dell’autorizzazione della stazione appaltante ai fini della stipula del contratto di subappalto – che, nel quadro del disposto dell’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, applicabile ratione temporis, la prova dell’esecuzione in subappalto di opere di valore superiore ai limiti di cui al 12° co. dell’art. 118 cit., in quanto circostanza estintiva della pretesa azionata dal subappaltatore asseritamente abusivo, gravava senz’altro sulla “(OMISSIS)”, che si era “limitata invece solo a contestare la violazione normativa in materia” (così sentenza d’appello, pag. 5).
6. Avverso tale sentenza la “(OMISSIS)” s.r.l. ha proposto ricorso; ne ha chiesto la cassazione sulla base di cinque motivi.
La “(OMISSIS)” s.r.l. non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
7. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. e dei canoni legali di ermeneutica.
Deduce che la Corte di Reggio Calabria, allorché ha qualificato in guisa di subappalto il contratto intercorso con la “(OMISSIS)”, ha erroneamente interpretato, sulla scorta di un’erronea valutazione delle risultanze probatorie, la volontà dei contraenti (cfr. ricorso, pagg. 3 -6).
Deduce in particolare che la “Comunicazione Obbligatoria Unificato (OMISSIS)” relativa alla lavoratrice (OMISSIS) (OMISSIS) depone univocamente nel senso che il rapporto intercorso tra le parti ha riguardato il distacco presso i suoi cantieri della medesima operaia alle dipendenze della “(OMISSIS)” (cfr. ricorso, pag. 4).
8. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Deduce che l’impugnata statuizione è in contrasto con i principi e gli orientamenti in tema di valutazione delle prove (cfr. ricorso, pag. 7).
Deduce che gli esiti probatori non danno ragione dell’esistenza dell’asserito contratto di subappalto tra essa ricorrente e la “(OMISSIS)”; che in particolare i testi nulla hanno riferito circa l’accordo ed il contenuto dell’accordo intercorso tra le parti in lite (cfr. ricorso, pag. 7).
Deduce ulteriormente che con raccomandata del 22.11.2011 ha prontamente contestato il credito preteso da controparte sulla scorta della fattura n. 45 del 4.11.2011 (cfr. ricorso, pag. 8).
9. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1418 e 1424 cod. civ. nonché dell’art. 118 d.lgs. n. 163/2006.
Premette che è fuor di contestazione che all’A.T.I. di cui è stata parte, era stata affidata in appalto l’esecuzione di lavori pubblici (cfr. ricorso, pag. 9 ).
Premette che senza dubbio l’appalto di lavori pubblici soggiace all’onere della forma scritta ad substantiam e che il subappalto che vi si correla, ai sensi dell’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, applicabile ratione temporis, postula a pena di nullità l’autorizzazione della stazione appaltante (cfr. ricorso, pag. 9).
Indi deduce che ha errato la Corte di Reggio Calabria a qualificare il rapporto intercorso tra essa ricorrente e la “(OMISSIS)” in guisa di subappalto in assenza di autorizzazione ex art. 118 del d.lgs. n. 163/2006 (cfr. ricorso, pag. 10 ).
Deduce altresì che in assenza di autorizzazione della stazione appaltante il contratto di subappalto è nullo per violazione di norme inderogabili e la nullità è rilevabile anche d’ufficio (cfr. ricorso, pag. 11).
10. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Deduce che l’impugnata statuizione è in contrasto con i principi e gli orientamenti in tema di riparto dell’onere della prova (cfr. ricorso, pag. 12).
Deduce che la “(OMISSIS)”, attrice in senso sostanziale, non ha assolto la prova, su di essa gravante, dell’asserito titolo, dell’asserito fatto costitutivo – il contratto di subappalto – della sua pretesa (cfr. ricorso, pag. 13).
11. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Deduce che l’appello sarebbe stato da accogliere e conseguentemente la Corte di Reggio Calabria avrebbe dovuto porre a carico dell’appellata le spese di lite (cfr. ricorso, pag. 14).
12. Il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso sono, nei termini che seguono, fondati e meritevoli di accoglimento. Il loro buon esito assorbe la disamina del primo motivo, del secondo motivo e del quinto motivo di ricorso.
13. Viene in evidenza nella specie, dapprima, il disposto dell’art. 21 della legge n. 646 del 13.9.1982, nella parte in cui commina sanzioni penali (allo stato le sanzioni della reclusione e della multa) a chi, “avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l’autorizzazione dell’autorità competente”.
Al riguardo questa Corte ha da tempo puntualizzato che l’art. 21 della legge n. 646 del 1982 vieta all’appaltatore di opera pubblica di cedere in subappalto o a cottimo l’esecuzione delle opere stesse o di una loro parte senza l’autorizzazione della “autorità competente”, prevedendo, a carico del contravventore, la sanzione penale dell’arresto e dell’ammenda [ora della reclusione e della multa]; che tale disposizione è finalizzata alla tutela preventiva della collettività dalla ingerenza mafiosa o della criminalità organizzata, nella esecuzione di opere pubbliche; che, in mancanza di una tale preventiva autorizzazione, il contratto di subappalto di opera pubblica, o di parte di essa, è in contrasto con norma imperativa, e tale contrasto determina la nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., quando non sia diversamente disposto dalla legge (cfr. Cass. 18.2.2008, n. 3950; Cass.16.7.2003, n. 11131, secondo cui l’art. 21 della legge n. 646 del 1982 (modificata dalle leggi n. 726 del1982 e n. 936 del 1982), contenente la normativa penale antimafia in materia di appalti pubblici, vieta all’appaltatore di opere appaltate dalla P.A. di concedere in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse senza l’autorizzazione dell’amministrazione committente; per cui il subappalto stipulato in violazione di tale norma imperativa è nullo ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., perché in contrasto con una norma imperativa, e costituisce nel contempo grave inadempimento dell’appaltatore, che legittima la stazione appaltante a chiedere la risoluzione del contratto; Cass. 18.11.1997, n. 11450).
14. Viene in evidenza nella specie, poi, il disposto dell’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 12.4.2006, applicabile ratione temporis (i lavori per cui è controversia, sono stati eseguiti nel 2010; il d.lgs. n. 163/2006 è stato abrogato dall’art. 217, 1° co., lett. e), del d.lgs. n. 50 del 18.4.2016).
All’art. 118, 11° co., cit. è statuito che “ai fini del presente articolo è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”.
15. Entro la delineata cornice normativa sovviene l’elaborazione di questa Corte.
Ossia l’insegnamento per cui il contratto di subappalto stipulato dall’appaltatore di un’opera pubblica è strutturalmente distinto dal contratto principale, restando sottoposto [anche ai fini del requisito della forma] alla disciplina del codice civile e del negozio voluto dalle parti, non essendo ad esso applicabili, se non attraverso gli eventuali richiami espressi inseriti nell’accordo, le disposizioni pubblicistiche tipiche dell’appalto di opere pubbliche (cfr. Cass.19.7.2018, n. 19296; Cas. 20.6.2000, n. 8384).
Ossia l’insegnamento per cui, in tema di appalto di opere pubbliche, il divieto di subappalto sancito nell’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, che trova il suo fondamento nel principio già cristallizzato nell’art. 21, 1° co, della legge n. 646 del 1982, si estende anche al c.d. nolo a caldo, caratterizzato dal fatto che il locatore mette a disposizione dell’utilizzatore non solo un macchinario ma anche un proprio dipendente con una specifica competenza in ordine al suo utilizzo, non solo per il chiaro tenore letterale della norma, che impone a tutti i soggetti affidatari di eseguire in proprio il contratto, ma anche venendo in rilievo una normativa volta alla tutela preventiva dalla ingerenza della criminalità anche mafiosa nella esecuzione degli appalti (cfr. Cass. (ord.) 6.4.2018, n. 8481).
16. Ebbene, i suindicati riferimenti normativi inducono ai seguenti rilievi.
In primo luogo, al rilievo per cui la qualificazione in guisa di subappalto del titolo fondante la pretesa di corrispettivi per lavori eseguiti per conto di un appaltatore di opere e servizi pubblici è oggetto di una presunzione ex lege (“(…) è considerato subappalto (…) se singolarmente di importo superiore (…) ”), allorché si riscontri il superamento dei limiti “di valore” di cui all’11° co. dell’art. 118 cit. (il 12° co. dell’art. 118 cit. soggiunge che non si configura come attività affidata in subappalto, peraltro, l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi).
In secondo luogo, al rilievo per cui la qualificazione –pur presunta – in guisa di subappalto del titolo negoziale (in dipendenza del superamento degli anzidetti limiti “di valore”)postula, ai fini de l la validità del medesimo titolo , il riscontro della sussistenza dell’imprescindibile autorizzazione della stazione appaltante.
17. Alla luce degli operati rilievi non può che postularsi quanto segue.
18. La Corte calabrese ha avallato la qualificazione – operata dal tribunale – in guisa di subappalto del titolo negoziale intercorso tra l’(OMISSIS), di cui la “(OMISSIS)” è stata parte, e la “(OMISSIS)”. Il che avrebbe supposto, per certa qual coerenza, l’eccedenza del valore del titolo rispetto ai limiti di cui all’11° co. dell’art. 118 cit ., con susseguente necessità dell’imprescindibile autorizzazione della stazione appaltante.
19. In ogni caso, la Corte calabrese ha affermato che “della prova dell’esecuzione abusiva di opere in subappalto per importi superiori al limite consentito dalla legge, in quanto circostanza estintiva della dedotta obbligazione, avrebbe dovuto farsi carico parte appellante” (così sentenza d’appello, pag. 5), ossia, nella specie, l’opponente in prime cure, “(OMISSIS)”, attrice in senso formale nondimeno convenuta in senso sostanziale, cosicché “l’eccepita invalidità del vincolo negoziale (…) non [poteva] essere accolta”, giacché l’appellante si era limitata “a contestare genericamente la violazione della normativa in materia”, (così sentenza d’appello, pag. 5).
E però le suddette affermazioni della corte non possono essere condivise.
Invero, è la parte che pretende corrispettivi per lavori eseguiti per conto di un appaltatore di opere e servizi pubblici, nella specie la “(OMISSIS)”, che– qualora intenda inibire l’operatività della presunzione di qualificazione del titolo in guisa di subappalto ex art. 118, 11° co. , cit. – è onerata della dimostrazione del circoscritto “valore”, entro i limiti di cui all’11° co. dell’art. 118 cit., dell’attività svolta, onde sottrarre il titolo alla nullità ex art. 21 cit.
Invero, è la parte che pretende corrispettivi per lavori eseguiti per conto di un appaltatore di opere e servizi pubblici, nella specie la “(OMISSIS)”, che –qualora risulti pur in via presuntiva comprovata la natura di subappalto del titolo negoziale intercorso con il pubblico appaltatore, in quanto eccedente i limiti di cui all’11° co. dell’art. 118 cit. – è onerata della dimostrazione dell’autorizzazione della stazione appaltante, onde sottrarre il titolo alla nullità ex art. 21 cit.
Propriamente, il “valore” circoscritto, entro i limiti anzidetti, dell’attività svolta e l’autorizzazione della stazione appaltante, qualora i limiti anzidetti siano stati superati, sono elementi che concorrono ad integra re il titolo costitutivo allegato in giudizio e a connotarlo in termini di validità.
Tanto, segnatamente, in considerazione dell’ampia proiezione della presunzione di cui all’11° co. dell’art. 118 cit. (“è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto (…) se singolarmente di importo superiore (…)”) e dell’incondizionata operatività – per il subappalto – della connessa regola dell’imprescindibile autorizzazione, pena la nullità, della stazione appaltante, siccome finalizzate, l’una e l’altra, a neutralizzare il rischio di infiltrazioni delinquenziali.
20. Alla luce de gli enunciati postulati non può, in verità , esser condiviso l’assunto del ricorrente secondo cui “va (…) esclusa la possibilità di qualificare come subappalto il contratto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori pubblici, in assenza di autorizzazione della stazione appaltante” (così ricorso, pag. 10). Infatti, l’assenza dell’autorizzazione della stazione appaltante non osta alla qualificazione del contratto in guisa di subappalto. L’assenza di autorizzazione, piuttosto, ne importa la nullità (cfr. Cass. n. 3950 /2008 ; Cass. n. 11131 /2003; Cass. n. 11450/1997).Alla luce degli enunciati postulati va, invece , senz’altro condivisa la denunciata – con il quarto mezzo – falsa applicazione della regola di riparto dell’onere della prova.
21. Ovviamente la rilevazione d’ufficio – ben vero, nella specie la “(OMISSIS)” aveva addotto con il motivo di appello la nullità del titolo negoziale (cfr. sentenza d’appello, pag. 3) – sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, e altresì per le ipotesi di nullità speciali o di protezione – è sempre obbligatoria, purché la pretesa azionata non venga rigettata in base a una individuata “ragione più liquida”, e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio; la loro dichiarazione, invece, ove sia mancata un’espressa domanda della parte all’esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa – salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte – del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia di giudicato in assenza di sua impugnazione (cfr. Cass. 5.2.2019, n. 3308; Cass. sez. un. 12.12.2014, n. 26242 (Rv. 633502-01).
22. Una puntualizzazione finale si impone, siccome la ricorrente ha addotto – altresì con il terzo mezzo – che il credito portato dalla fattura n. 45/2011 non si giustifica, giacché la “(OMISSIS)” non ha eseguito lavori di alcun genere per conto di essa ricorrente (cfr. ricorso, pagg. 11 – 12 ).
Occorrerà evidentemente tener conto – in esito, ben vero, al la dimostrazione da parte della “(OMISSIS)” di un valido ed efficace titolo negoziale in suo favore – che nella specie si verte in materia di opposizione a decreto ingiuntivo.
Cosicché esplica valenza l’insegnamento di questa Corte secondo cui la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà dall’opposto – a fronte della contestazione dell’opponente -essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova (cfr. da ultimo, ex plurimis, Cass. (ord.) 12.7.2023, n. 19944).
23. In accoglimento, nei termini suindicati, del terzo motivo e del quarto motivo di ricorso la sentenza n. 305/2021 della Corte d’Appello di Reggio Calabria va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1° co., cod. proc. civ., dei principi di diritto – ai quali ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo nei termini seguenti:
è la parte che pretende corrispettivi per lavori eseguiti per conto di un appaltatore di opere e servizi pubblici, che – qualora intenda inibire l’operatività della presunzione di qualificazione del titolo in guisa di subappalto ex art. 118, 11° co., d.lgs. n. 163/2006 – è onerata della dimostrazione del circoscritto “valore”, entro i limiti di cui all’11° co. dell’art. 118 cit., dell’attività svolta, onde sottrarre il titolo alla nullità ex art. 21 della legge n. 646/1982;
è la parte che pretende corrispettivi per lavori eseguiti per conto di un appaltatore di opere e servizi pubblici, che –qualora risulti pur in via presuntiva comprovata la natura di subappalto del titolo negoziale intercorso con il pubblico appaltatore in quanto eccedente i limiti di cui all’11° co. dell’art. 118 cit. – è onerata della dimostrazione dell’autorizzazione della stazione appaltante, onde sottrarre il titolo alla nullità ex art. 21 della legge n. 646/1982.
24. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, d.P.R. n. 115/2002, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
accoglie il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti dell’accoglimento dei medesimi motivi la sentenza n. 305/2021 della Corte d’Appello di Reggio Calabria e rinvia alla stessa Corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
dichiara assorbiti nell’accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso il primo motivo, il secondo motivo ed il quinto motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte di Cassazione il giorno 12 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2024.