Atti persecutori, il divieto di avvicinamento solo con l’allontanamento dalla casa familiare (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 2 agosto 2024, n. 31704).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

composta da:

Dott. ROSA PEZZULLO – Presidente –

Dott. TIZIANO MASINI – Consigliere –

Dott. FRANCESCO CANANZI – Relatore –

Dott. IRENE SCORDAMAGLIA – Consigliere –

Dott. MATILDE BRANCACCIO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI GORIZIA

nel procedimento a carico di:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 18/01/2024 del GIP TRIBUNALE di GORIZIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO CANANZI;

lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. MARCO DALL’OLIO, che ha chiesto annullarsi senza rinvio il provvedimento impugnato;

lette le conclusioni, depositate in data 12 aprile 2024 dall’avvocato (omissis) (omissis) nell’interesse dell’indagato, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. II G.i.p. del Tribunale di Gorizia, con il provvedimento ora impugnato, non convalidava il decreto del Pubblico ministero che in data 13 gennaio 2024 aveva disposto nei confronti di (omissis) (omissis) in ordine al delitto di atti persecutori, la misura precautelare del solo divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, (omissis) (omissis) e non anche dell’allontanamento di urgenza dalla casa familiare.

Dall’imputazione emergeva che si verteva in tema di una pregressa relazione affettiva fra l’indagato e la persona offesa senza alcuna coabitazione, cessata al dicembre 2023, all’esito della quale l’indagato aveva posto in essere gli atti persecutori in contestazione.

II G.i.p. aveva evidenziato come la misura precautelare, ex art. 384-bis, comma 2-bis, cod. proc. pen. disposta dal pubblico ministero non potesse essere oggetto di convalida, in quanto non prevista dall’ordinamento, che la indicava esclusivamente come aggiuntiva rispetto all’ordine – non disposto dal Pubblico ministero nel caso in esame – di allontanamento d’urgenza dell’indagato dalla casa familiare della persona offesa.

2. II ricorso per cassazione proposto dal Procuratore della Repubblica presso ii Tribunale di Gorizia consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanta disposto dall’art. 173 att. cod. proc. pen.

3. II motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 384-bis, comma 2-bis, proc. pen.

Lamenta il ricorrente che la ratio legis e la lettura sistematica della norma processuale consentirebbero di evidenziare come la misura precautelare non presupponga la convivenza – a differenza di quanto richiesto dall’art. 282-bis, comma 6, cod. proc. pen. al quale rinvia il comma 1 dell’art. 384- bis – e debba collocarsi quale misura funzionale a garantire le vittime non solo di violenza domestica, come si trae dal richiamo generico all’art. 612-bis cod. pen., senza che sia richiesto che la persona offesa sia convivente dell’indagato o prossimo congiunto dello stesso.

Inoltre, la misura precautelare non prevede, per il pubblico ministero, una mera facoltà di estendere il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa che, dunque, non é provvedimento accessorio, rispetto alla misura cautelare dell’allontanamento della casa familiare, bensì provvedimento autonomo e necessitato.

4. II Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Marco Dall’Olio, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto annullarsi senza rinvio il provvedimento impugnato, rilevando la legittimità della misura precautelare, in quanto il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa comprende anche l’abitazione, essendo per altro applicabile tale misura anche al caso in cui la coabitazione sia cessata, ma sia non occasionale il pericolo di ripristino della stessa contra la volontà della persona offesa.

5. II difensore dell’indagato ha chiesto rigettarsi il ricorso, rilevando come in sede di riesame sia stata revocata la misura cautelare.

6. II ricorso é stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, l. n. 105 del 2021, la cui vigenza é stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro ii 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II ricorso é infondato.

2. Va in primo luogo evidenziato come, pur a fronte della intervenuta revoca della misura cautelare, dedotta dalla difesa dell’indagato, resti fermo l’interesse della Procura ricorrente in ordine alla censura del provvedimento di non convalida, stante l’autonomia dello stesso dall’ordinanza applicativa della misura cautelare personale, nonché l’interesse del Pubblico ministero alla verifica della legittimità del provvedimento impugnato.

Quanto al primo profilo, l’autonomia dei provvedimenti già affermata in relazione ai provvedimenti di arresto e fermo, anche in ordine a quello disposto dal pubblico ministero, ex art. 384, comma 1, cod. proc. pen., sussiste anche in relazione alla misura precautelare in esame rispetto al provvedimento applicativo della misura cautelare, in ragione del rinvio operato dall’art. 384-bis, comma 2- sexies alle disposizioni di cui agli art. 385 e ss. (sulla autonomia in relazione all’arresto o ii fermo rispetto alla misura cautelare personale, si rinvia a Sez. 2, n. 26605 del 14/02/2019, Hossain, Rv. 276449 – 03; conf.  n. 5740 del 2008 rv. 239031 – 01, n. 10015 del 2002 rv. 220977 – 01, n. 22993 del 2001 rv. 219112 – 01, n. 17 del 1999 rv. 214238 – 01, n. 6761 del 2014 rv. 258993 – 01, n. 42074 del 2008 rv. 241498 – 01, n. 43561 del 2004 rv. 231023 – 01).

Quanto al secondo profilo, analogamente a quanto accade per il fermo disposto dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 384, comma 1, cod. proc. pen., sussiste l’interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di convalida del fermo di indiziato di delitto, in ragione del principio generale per cui é sempre necessaria la verifica di legittimità dell’arresto e del fermo (Sez. 1, n. 37634 del 23/03/2023, Uzdienov, Rv. 285283 – 01; conf.: n. 3410 del 1993, Rv. 197371-01).

3. Va premesso che l’art. 384-bis, proc. pen., che reca in rubrica «Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare», dopo aver attribuito, ai commi 1 e 2, alla polizia giudiziaria il potere di provvedere d’urgenza all’allontanamento dalla casa familiare – previa autorizzazione del pubblico ministero, per il caso di flagranza dei delitti previsti dall’art. 282-bis, comma 6, cod. proc. pen., fra i quali anche quello di atti persecutori se in danno di prossimi congiunti o del convivente – ha visto introdotto il comma 2-bis (aggiunto dall’art. 11, comma 1, L. 24 novembre 2023, n. 168, a decorrere dal 9 dicembre 2023), che attribuisce analogo potere direttamente al pubblico ministero, anche per i casi in cui non vi sia flagranza del reato e però sussista il pericolo per la persona offesa nelle more della decisione del giudice rispetto alla mozione cautelare.

II comma 2-bis, oggetto del ricorso per saltum in esame, recita: «Fermo restando quanto disposto dall’articolo 384, anche fuori dei casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l’allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei delitti di cui agli articoli 387-bis, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, e 612-bis del codice penale o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice>>.

I commi 2-ter e 2-quater prevedono la necessità della richiesta di convalida rivolta al G.i.p. nelle quarantotto ore e nelle successive quarantotto ore la decisione da parte del giudice.

4. Va anche premesso che la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, che costituisce misura cautelare corrispondente a quella nel caso di specie applicata in sede precautelare, risulta invero disciplinata in modo del tutto autonomo (art. 282-ter) rispetto a quella dell’art. 282-bis cod. proc. pen., che prevede al comma 2 – in modo speculare all’art. 384-bis, comma 2-bis – il divieto di avvicinamento solo come misura accessoria.

Può essere utile prendere le mosse proprio dalla distinzione fra le due tipologie di misure cautelari, seguendo quanta affermato dalle Sez. U., n. 39005 del 29/04/2021, G., Rv. 281957 – 01, che hanno ricostruito in motivazione lo stratificarsi della disciplina ora in esame, sulla quale sono intervenute anche modifiche successive, in funzione della tutela specifica e sempre piu ampia della vittima del reato (cfr. parr. 6.1 e ss.).

Difatti, dapprima la I. 4 aprile 2001, n. 154 ha inserito l’art. 282-bis cod. proc. pen., che disciplina la misura dell’allontanamento dalla casa familiare e prevede al comma 2, con una formulazione prima facie simile a quella successivamente adottata nella disciplina del divieto di avvicinamento, la possibilità per il giudice di prescrivere, nel caso di allontanamento dalla casa familiare, anche il divieto di avvicinamento dell’indagato ai luoghi ove la persona offesa svolge la sua vita di relazione.

II successivo d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, convertito, con modificazioni, dalla I. 23 aprile 2009, n. 38, al fine dichiarato di garantire maggiore incisività alla tutela offerta rispetto ad allarmanti condotte persecutorie non adeguatamente contrastate, ha introdotto congiuntamente al delitto di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.) proprio la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter cod. proc. pen.), nuova misura cautelare coercitiva che riprende ratio e struttura dell’art. 282-bis, affermano le Sezioni Unite, «costituendone una sorta di “perfezionamento”.

La disposizione, nella intenzione del legislatore, mira sostanzialmente a prevenire sviluppi criminogeni potenzialmente degenerativi, in quanto la distanza tra l’indagato e la persona offesa dal reato dovrebbe evitare le occasioni di contatto agevolatrici della prosecuzione di condotte delittuose». Osservano ancora le Sezioni Unite che «[l]’inserimento dell’art. 282-ter cod. proc. pen. nell’elenco delle misure coercitive come concepite nella originaria previsione del codice di procedura (artt. 272 – 286-bis cod. proc. pen.) rende necessaria la valutazione della nuova disposizione nell’ambito di quelle precedenti e seguenti e delle altre regole introdotte con la stessa normativa, tutti elementi necessari per ottenere la chiave di lettura dell’istituto […]».

Al paragrafo 7.3. proseguono le Sezioni Unite: «L’art. 282-bis cod. proc. pen., comma 1, prevede quale prescrizione principale l’allontanamento dell’indagato dalla casa familiare con la possibilità di autorizzazione del giudice al rientro (tipicamente per la visita ai figli). II comma 2 della medesima disposizione introduce anche la possibilità di un’ulteriore prescrizione, ossia ii divieto di avvicinamento a “luoghi” determinati [ …] Tale seconda prescrizione é facoltativa e aggiuntiva rispetto alla misura principale dell’allontanamento (“può inoltre”), data significativo per l’interpretazione dell’art. 282-ter cod. proc. pen., ed é espressamente riferita solo ai “luoghi determinati”: il destinatario della misura deve essere informato dei luoghi ai quali non può avvicinarsi, indipendentemente dalla effettiva presenza della persona offesa nel dato momento».

Le Sezioni Unite evidenziano come «il campo effettivo di applicazione della misura dell’art. 282-bis cod. proc. pen., sia quello dei reati in cui é particolarmente significativa la componente vittimologica; nella casistica, infatti, il reato più frequente é quello di maltrattamenti dell’art. 572 cod. pen.» mentre invece l’art. 282-ter cod. proc. pen. «é calibrato fondamentalmente sulle particolari esigenze di tutela della vittima dello stalking. Non é quindi casuale che tutte le decisioni sopra citate riguardino o questo reato o il reato di maltrattamenti per il quale, anche se era già applicabile l’art. 282-bis cod. proc. pen., é risultato maggiormente funzionale il divieto di avvicinamento alla persona offesa nei termini della nuova disposizione, di contenuto più ampio rispetto alla analoga previsione del comma 2, della norma sull’allontanamento dalla casa familiare».

Le Sezioni Unite – fissando il principio per cui l’art. 282-ter consente di disporre il divieto di avvicinamento sia in relazione alla persona offesa in se sia in relazione ai luoghi dalla stessa abitualmente frequentati, anche in via cumulativa, richiedendo che il giudice indichi questi ultimi specificamente, mentre, nel caso in cui reputi necessaria e sufficiente la sola misura dell’obbligo di mantenersi a distanza dalla persona offesa, non é tenuto ad indicare i relativi luoghi, potendo limitarsi a determinare la stessa –  chiarivano che la (allora) «nuova misura cautelare trova piena corrispondenza nella normativa sovranazionale di promozione della tutela delle vittime di aggressioni mirate.

La Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio U.E. n. 2001 del 13/12/2011 sull'”ordine di protezione Europeo” prevede, infatti, la possibilità di disporre una misura di protezione in ambito europeo quando sia stata adottata in base al diritto nazionale una “misura di protezione che impone alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti divieti o delle seguenti restrizioni”, con riferimento ai luoghi frequentati dalla persona protetta, a cominciare dalla residenza, e alla stessa persona offesa.

Inoltre, la stessa definizione di violenza domestica non coincide in via esclusiva con il luogo in cui le violenze vengono ad essere consumate, se é vero che per l’art. 3 della Convezione cd. di Istanbul – Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata in Italia con I. 27 giugno 2013, n. 77 e dalla Unione Europea con le decisioni 2023/1075 e 2023/1076 – l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

D’altro canto, tale definizione si rinviene anche nell’art. 3, comma 1, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla I. 15 ottobre 2013, n. 119, che definisce in modo sovrapponibile la «violenza domestica» ai fini della misura di prevenzione dell’ammonimento alla quale provvede il Questore.

5. Non di meno, però, deve evidenziarsi che pur a fronte di questa nozione ampia di violenza domestica, vige nel nostro ordinamento il principio di tipicità delle misure cautelari, che può estendersi ad ogni forma limitativa della libertà personale, a maggior ragione anche alle misure precautelari, stante la medesima fonte costituzionale posta a presidio della libertà personale, garantita dalla riserva di legge (<< casi e modi previsti dalla legge >>), dalla motivazione del provvedimento, dalla riserva di giurisdizione, dovendo il provvedimento essere assunto dall’autorità giudiziaria (art. 13, comma 1, Cost.).

Quanto alle misure precautelari disposte dalla autorità di pubblica sicurezza si richiama l’eccezionalità dei casi caratterizzati a necessità e urgenza e la tassatività della indicazione di legge (art. 13, comma 2, Cost.).

A tal proposito va richiamato quanto affermato dalle Sezioni Unite per il caso di cumulabilità delle misure cautelari, non consentita alla data dell’intervento dell’autorevole Consesso (solo le modifiche apportate all’art. 275, comma 3 e 299, comma 4, consentivano l’applicazione cumulativa in forza della I. 332 del 1995; cfr. Sez. 5, n. 12777 del 27/03/2020, Picentini, Rv. 279099 – 01 in motivazione e Sez. 5, n. 6790 del 23/11/2016, dep. 2017, Musumeci, Rv. 269161 – 01).

Difatti, osservavano le Sez. U, n. 29907 del 30/05/2006, La Stella, rv. 234138 – 01, che nell’ambito delle disposizioni generali (artt. 272-279), cui il codice di rito affida la funzione di pilastri fondamentali del sistema cautelare, la prima a venire in rilievo e l’art. 272 che sancisce il principio di stretta legalità, stabilendo che “la libertà della persona possono essere Inimitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo”.

L’art. 272, osservano le Sezioni Unite, riduce a un “numero chiuso” le figure di misure limitative della libertà utilizzabili in funzione cautelare nel corso del procedimento penale, sicché non possono essere applicate misure diverse da quelle espressamente considerate. E soprattutto grazie all’impiego dell’avverbio “soltanto” che il significato garantistico del principio di legalità si apprezza sotto il profilo della tassatività, in quanto diretto a vincolare rigorosamente alla previsione legislativa l’esercizio della discrezionalità del giudice in materia di limitazioni, di per se eccezionali, della libertà della persona (Relazione al Progetto definitive, p. 183).

Ciò determina la natura tipica e nominata delle misure cautelari personali, dei i casi, delle forme e dei presupposti secondo i quali possono essere adottate le limitazioni della libertà personale.

Per i principi di stretta legalità, tassatività e tipicità, al di fuori dei casi in cui non siano espressamente consentite da singole norme processuali, non sono ammissibili l’imposizione “aggiuntiva” di ulteriori prescrizioni non previste dalle singole disposizioni regolanti le singole misure, non essendovi alcuno spazio per la discrezionalità del giudice cautelare.

6. Pur prendendo atto di una stratificazione normativa, a volte convulsa, deve però osservare questo Collegio come la misura precautelare dell’art. 384-bis, comma 2-bis, proc. pen., rifletta la medesima struttura della misura cautelare dell’art. 282-bis cod. pen. ove alla misura principale dell’allontanamento dalla casa familiare viene affiancata la misura accessoria del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (comma 2).

La natura accessoria di tali ultime prescrizioni, rispetto a quella principale, viene anche affermata – con riferimento al divieto di avvicinamento non solo ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ma alla stessa vittima del reato – da Sez. 6, n. 24351 del 28/04/2023, T., rv. 284760 – 01, che per altro ribadisce, riprendendo la distinzione operata dalle Sez. U., G., cit., che la misura cautelare dell’art. 282-bis é propria dei delitti fra familiari e conviventi nella stessa casa familiare, a differenza della previsione dell’art. 282-ter che invece tutela la persona offesa nell’ambito di dinamiche che prescindano dalla convivenza.

Tale ragionevole distinzione ha rilievo anche nella valutazione della misura precautelare del caso in esame che, per scelta del legislatore, proprio per i principi di tassatività e tipicità, non può trovare applicazione se non congiuntamente all’ordine urgente di allontanamento dalla casa familiare, misura principale.

In sostanza, il legislatore ha nella sua discrezionalità ritenuto che la misura precautelare ex art. 384-bis sia giustificata per il solo caso in cui l’urgenza scaturisca dalla commissione del delitto in una situazione di convivenza, dal che la necessità dell’intervento da parte della polizia giudiziaria in caso di flagranza o il decreto del pubblico ministero in assenza di flagranza, che eliminino immediatamente il maggior rischio per la persona offesa determinato dalla coabitazione che giustifica l’allontanamento urgente.

Si tratta di una scelta che ha una intrinseca ragionevolezza, legata alla situazione di peculiare pericolo determinata dalla convivenza o dalla coabitazione, tale da far sussistere, come prevede lo stesso comma 2 della norma processuale in esame, «fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, di attendere il provvedimento del giudice».

Solo in presenza di tali presupposti i poteri della polizia giudiziaria e del pubblico ministero possono disporre in via precautelare una limitazione della libertà personale allontanando l’indagato dalla casa familiare, avendo il legislatore escluso che altrettanto possa accadere per il caso di condotte non intercorrenti fra persona non conviventi o non coabitanti.

Si tratta di un bilanciamento che ha una sua razionalità intrinseca, potendo sacrificarsi il bene della libertà con un intervento d’urgenza basato sui «fondati motivi» di pericolo, solo in presenza di una situazione anche oggettivamente maggiormente pericolosa per la condivisione della abitazione.

Ovviamente il pubblico ministero, risultando i relativi presupposti, come suggerisce la clausola d’esordio del comma 2-bis, potrà anche e in alternativa disporre il fermo ex art. 384 cod. proc. pen.

Per altro, oltre alla simmetria fra l’art. 384-bis e l’art. 282 bis, e alla distinzione operata dalle Sezioni Unite fra la funzione delle misure cautelari ex artt. 282-bis, condotte tendenzialmente maltrattanti in contesti di coabitazione o convivenza, e 282-ter, tendenzialmente relativo a condotte persecutorie, deve anche evidenziare questa Corte come nella relazione illustrativa all’art. 11 della 24 novembre 2023, n. 168, introduttiva del comma 2-bis, viene esplicitamente richiamata la circostanza che «l’art. 384-bis c.p.p. regola un’autonoma misura precautelare per i reati commessi in ambito familiare».

A fronte di tali considerazioni, non pare decisivo rispetto al caso in esame, l’acuto argomento richiamato da parte della Procura ricorrente: per la misura precautelare disposta dalla polizia giudiziaria (comma 1) vi é un rinvio all’art. 282- bis, comma 6 – che inserisce nel catalogo dei reati ai quali applicare la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare il delitto di atti persecutori, a patto che sia intervenuto in danno di prossimi congiunti o del convivente – mentre, diversamente, il comma 2-bis che non prevede tale specifico rinvio, ma esclusivamente richiama il delitto ex art. 612-bis cod. pen. come titolo giustificante l’intervento precautelare, senza alcun riferimento alla convivenza.

A ben vedere, la natura tendenziale della distinzione operata da Sez. U., G., cit. fra le diverse tipologie di misure cautelari, scaturisce dalla non sempre semplice individuazione dei confini fra il delitto di maltrattamenti e quello di atti persecutori, anche per una continua evoluzione dei rapporti sociali, che vedono la coabitazione non solo come conseguenza di condivisione affettiva ma anche economica: deve, pertanto, evidenziarsi che la funzione della misura precautelare in questione può essere compatibile anche con il delitto di atti persecutori, alla luce dell’osservazione della ricorrente Procura, ma non può prescindere dalla esistenza di una coabitazione anche temporanea o del pericolo della stessa.

Sez. 6, n. 10621 del 20/02/2024, P., Rv. 286293 – 01 ha chiarito, da ultimo, che ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti di cui all’art. 572 cod. pen., integra il requisito necessario della convivenza soltanto la coabitazione tra individui legati da una relazione qualificata da comunanza materiale e spirituale di vita e da aspettative di reciproca solidarietà, non già la contingente condivisione di spazi abitativi, priva di connotati affettivi e solidali, dovuta a mera amicizia (la Corte ha annullato la condanna per ii reato di maltrattamenti nei confronti del ricorrente che, insediatosi nell’abitazione di un’amica in temporanea difficolta, aveva reagito con condotte minacciose e violente alla richiesta di lasciare la casa).

Non di meno, quindi, seguendo tale impostazione esemplificativa, la coabitazione anche occasionale, pur in assenza di legami affettivi e solidali, può comportare condotte persecutorie ex art. 612-bis cod. pen. e dunque consentire il ricorso alla misura precautelare dell’ordine di allontanamento, o anche al divieto di rientro nell’abitazione, ex art. 282-bis cod. proc. pen., come suggerisce la Procura generale, richiamando Sez. 5, n. 4572 del 13/01/2023, P., Rv. 284185 – 01.

Tale ultima pronuncia ha chiarito che il divieto di avvicinamento di cui all’art. 384-bis cod. proc. pen. é applicabile nel caso in cui la convivenza tra l’agente e la vittima, intesa come coabitazione, non sia più in atto, ma sussistano concreti elementi che inducano a ritenere una perdurante e non occasionale frequentazione del domicilio domestico da parte del primo, al fine di ripristinare, contra la volontà della seconda e anche con modalità violente, la pregressa situazione di condivisione dell’abitazione.

Ma nel caso in esame, la misura precautelare non e stata motivata ne con riferimento a una pregressa coabitazione, ne con il pericolo della ripresa della stessa, essendosi il Pubblico ministero limitato, infatti, a disporre la sola misura accessoria, atipica e non consentita in sede precautelare, del solo divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

7. L’interpretazione del dettato normativo, come fin qui evidenziata, risulta, a parere del Collegio, per un verso rispettosa dei principi di tipicità e tassatività richiesti dalle disposizioni codicistiche e, prima ancora, dall’art. 13 Cost.; per altro verso, ricettiva di una nozione di violenza domestica quale e quella più ampia recepita nel nostro ordinamento in forza della Convenzione di Istanbul.

Inoltre, ha una sua razionalità consentire al pubblico ministero – e non alla polizia giudiziaria – una valutazione di applicazione della misura precautelare in assenza di flagranza anche in caso di difetto della convivenza, sussistendo la sola coabitazione, nei termini indicati, o il pericolo della ripresa della stessa.

8. Ne consegue che va affermato il principio per cui la misura precautelare ex 384-bis, comma 2-bis, cod. proc. pen. che il pubblico ministero può disporre, in presenza dei fondati sospetti di pericolo per la persona offesa, non può consistere solo nella misura accessoria del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, dovendo, in ragione dei principi di tipicità delle misure cautelari, essere disposto l’allontanamento urgente dell’indagato dalla casa familiare della persona offesa, anche nella forme del divieto di rientro, in ragione almeno di una pregressa coabitazione o della probabilità di ripresa della stessa, con esposizione a pericolo della vita e dell’integrità fisica della persona offesa. Solo disposta la misura precautelare principale dell’allontanamento dalla casa familiare il pubblico ministero potrà affiancarvi la misura accessoria del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, in se non applicabile autonomamente.

9. Ne consegue l’infondatezza del ricorso e la legittimità del provvedimento

10. D’ufficio va disposto l’oscuramento dei dati personali, attesa la necessità prevista dall’art. 52, comma 2, d.lgs. 196/2003 di predisporre tale misura a tutela dei diritti e della dignità degli interessati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Pubblico ministero.

In caso di diffusione del presente provvedimento andranno omesse le generalità gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, 02/05/2024

Il Consigliere estensore                                                                                                      Il Presidente

Francesco Cananzi                                                                                                             Rosa  Pezzullo

Depositato in Cancelleria, oggi 2 agosto 2024.

SENTENZA