Ballatoio demaniale non a norma, i proprietari di casa non rispondono della caduta mortale di una residente (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 3 maggio 2024, n. 17543).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. SALVATORE DOVERE – Presidente –

Dott. LUCIA VIGNALE – Consigliere –

Dott. DANIELA CALAFIORE – Consigliere –

Dott. EUGENIA SERRAO – Relatore –

Dott. MARINA CIRESE – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 11/05/2023 della Corte di Appello di Salerno;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EUGENIA SERRAO

udita la requisitoria del Procuratore generale, in persona del Sostituto dott.ssa MARILIA DI NARDO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per tutti i ricorsi, in subordine per l’annullamento con rinvio agli effetti civili;

udito il difensore della parte civile Avv. (omissis) (omissis) in sost. dell’Avv. (omissis) (omissis) che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e per la condanna dei ricorrenti alle spese di lite;

udito ii difensore Avv. (omissis) (omissis) per i ricorrenti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi;

udito il difensore Avv. (omissis) (omissis) per i ricorrenti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello proposto da (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno il 25/03/2021, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per prescrizione del reato loro ascritto, confermando la sentenza impugnata agli effetti civili.

2. (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) erano inputati dal reato previsto dagli artt. 113 e 589 cod. pen. perché, in cooperazione tra loro, quali condomini della medesima palazzina, per negligenza e imprudenza i primi quattro in quanto proprietari degli appartamenti siti al secondo, terzo e quarto piano del civico (omissis) in (omissis) non provvedendo a uniformare l’altezza dei due scalini antistanti il portoncino d’ingresso dello stabile, e tutti e cinque, con la (omissis) (omissis), proprietaria dell’appartamento sito lateralmente al primo piano di cui al civico (omissis) non provvedendo ad elevare all’altezza di 100 centimetri previsti dalla normativa vigente il parapetto in muratura, delimitante il ballatoio esterno conducente alle loro abitazioni, alto appena 66 centimetri, avevano cagionato la morte di (omissis) (omissis) la quale, uscendo dallo stabile, dopo aver chiuso il cancello di ingresso dello stesso, era incespicata sugli scalini ed era caduta all’indietro, non trovando appoggio nel basso parapetto, da un’altezza di circa 3 metri sulla sottostante strada, decedendo il successivo 25 agosto 2013 in (omissis).

3. (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) propongono ricorso, con unico atto, censurando la sentenza, con un primo motivo, per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.c) cod. proc. pen. in ordine al presupposto della posizione di garanzia rivestita dagli imputati, individuati in imputazione come proprietari del bene pericoloso e ritenuti in sentenza gestori di fatto dello stesso.

All’esito del giudizio di primo grado il tribunale, considerato superfluo l’accertamento dell’effettiva titolarità del diritto di proprietà del ballatoio, ha ricondotto la fonte della responsabilità colposa degli imputati all’onere generico di porre in condizioni di sicurezza l’accesso alla loro abitazione in quanto «effettivi gestori del ballatoio»; ha, in particolare, considerato che gli imputati esercitassero una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone l’uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti, ivi comprese le attività di manutenzione e custodia, provvedendo, «com’e logico supporre», alle ordinarie attività di pulizia e manutenzione del  pianerottolo antistante l’accesso alle loro abitazioni.

Esclusa la rilevanza causale dell’omesso adeguamento dell’altezza dei gradini della scala, il giudice ha fondato l’affermazione di responsabilità esclusivamente sull’omesso adeguamento dell’altezza del parapetto.

La difesa aveva dedotto con l’appello la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nella parte in cui la posizione di garanzia era stata collegata in fatto non alla qualità di proprietari del bene ma all’effettiva gestione del bene stesso, nonché nella parte in cui ai profili di colpa specifica dedotti in imputazione si era sostituita la violazione del generico dovere di innalzare il parapetto.

La lesione del contraddittorio risiedeva nel fatto che il giudizio di primo grado si fosse focalizzato sulla titolarità formale del diritto di proprietà, approfondita dalla consulenza tecnica del pubblico ministero oggetto di controprova da parte delle difese, piuttosto che sull’effettivo esercizio dei poteri di gestione dello spazio antistante l’accesso alle abitazioni.

La Corte di appello, tuttavia, ha escluso la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. ritenendo che le parti si fossero ampiamente difese sul tema e che, in ogni caso la difesa, mutata la contestazione, non avrebbe potuto dimostrare o allegare circostanze o fatti dirimenti.

Affermando che i consulenti tecnici avevano ampiamente sviluppato il tema della proprietà demaniale piuttosto che privata, la Corte  territoriale  non  si é confrontata con il motivo di appello.

Non si é sviluppata, si assume, alcuna forma di contraddittorio sulle circostanze concrete afferenti alla gestione e alla custodia del ballatoio, che sono state affermate nella motivazione della sentenza senza che gli imputati avessero potuto articolare sul punto alcuna difesa. La condanna si fonda su un nucleo di accadimenti storici, consistenti nell’effettivo esercizio dei poteri di gestione del ballatoio, del tutto distinti dalla formale titolarità del diritto di proprietà.

Con il secondo motivo deducono erronea applicazione dell’art. 43 cod. pen. censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento alla posizione di garanzia rivestita dagli imputati, nonché difetto assoluto di motivazione sul punto.

II giudice di primo grado ha fondato l’affermazione di responsabilità colposa sulla circostanza che essi esercitassero sul ballatoio una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari in considerazione del fatto che il ballatoio consente esclusivamente l’accesso ai civici (omissis) ricavandone la conclusione che lo stesso non potesse ritenersi altro che una pertinenza di tali beni, in assenza di una concreta fruizione pubblica.

Con l’atto di appello la difesa aveva posto il tema dell’erronea applicazione dell’art. 43 cod. pen. osservando che il presunto esercizio di generici poteri di pulizia e di manutenzione fosse un escamotage per scardinare il dato inequivoco della natura pubblica del bene, attestato dall’istruttoria  dibattimentale.

La Corte di appello si é limitata a ribadire le argomentazioni poste a fondamento della decisione di primo grado, ritenendo che vi fosse un quadro indiziario grave e concordante in ordine all’assunzione della posizione di custode e gestore del rischio in capo al proprietario dell’immobile, in contrasto con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di reati omissivi colposi.

Difetta, in particolare, l’individuazione delle circostanze in forza delle quali gli imputati avrebbero, attraverso comportamenti concludenti, effettivamente preso in carico il ballatoio assumendosi la gestione del rischio specifico.

La responsabilità degli imputati era stata ricollegata in primo grado a una presunta «precedente attività pericolosa», individuata nell’omesso innalzamento dell’altezza del parapetto prima dell’evento letale ma, nel caso di specie, l’unica attività posta in essere prima dell’evento era da rinvenire nella risalente realizzazione del parapetto, ossia in un’attività non ascrivibile agli imputati ma al Provveditorato alle Opere Pubbliche.

La sentenza é censurabile, oltre che per l’erronea applicazione della disciplina della colpa con riferimento alla fonte della posizione di garanzia, anche per la carenza di motivazione sul tema delle acquisizioni istruttorie idonee a dimostrare l’esercizio dei poteri di gestione.

II giudizio inerente a tali poteri é meramente congetturale e privo di aderenza con gli elementi di prova acquisiti al fascicolo del dibattimento.

La Corte territoriale ha confermato il giudizio di primo grado aggiungendo l’esistenza di un atto formale con finalità fiscale, quale l’avvenuto accatastamento del bene in favore dell’imputata (omissis) (omissis) certamente non riferibile alla posizione dei ricorrenti. I giudici di merito non hanno, in sostanza, posto alcun concreto elemento di prova a fondamento dell’asserita signoria di fatto degli imputati sulla fonte di pericolo, essendo la sentenza carente di motivazione su un punto essenziale.

4. (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) propongono ricorso per cassazione, con unico atto, deducendo con il primo motivo inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 40, comma 2, cod. pen. nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione.

La difesa ritiene che entrambi i giudici di merito abbiano ritenuta accertata la titolarità di una posizione di garanzia in capo ai ricorrenti benché i dati acquisiti avessero dimostrato che non incombesse sugli stessi l’obbligo di innalzare il muretto di cinta del ballatoio dal quale e precipitata la persona offesa.

I giudici hanno attribuito agli imputati la proprietà del ballatoio e li hanno comunque ritenuti garanti di fatto sul presupposto che incombesse sui medesimi l’obbligo di porre in sicurezza l’accesso alle loro abitazioni per tutti coloro che vi si fossero trovati a transitare.

Si é, di fatto, introdotto il principio secondo il quale il proprietario di un’abitazione, dovendone garantire l’accesso in sicurezza, assume una signoria di fatto sulla proprietà altrui, ossia sull’area di strada pubblica che si deve necessariamente percorrere per raggiungere la propria abitazione.

Gli elementi valutati dal tribunale non sono idonei a dimostrare tale assunto, sia perché non si comprende come il ballatoio, posto prima del cancello delimitante l’area di proprietà dei ricorrenti, possa qualificarsi di proprietà dei predetti o comunque privo di funzione pubblica, sia perché l’accatastamento del ballatoio operato dalla (omissis) (omissis) che ha acquistato l’appartamento nel 2002, non rileva ai fini della prova della proprietà.

Con riferimento all’asserita apposizione di piastrelle in ceramica sulle alzate dei gradoni di accesso al ballatoio, nessuno ha accertato chi le avesse apposte e chi avesse, post factum, apposto una ringhiera aggiuntiva al muretto del ballatoio.

In ogni caso, tale ultimo punto non rileverebbe ai fini della loro investitura quali soggetti obbligati alla condotta attiva contestata nell’imputazione.

I vizi argomentativi della sentenza impugnata muovono da un travisamento della risultanza probatoria ossia quello relativa all’individuazione dell’Ente che ha realizzato il ballatoio.

Era emersa la natura demaniale necessaria del bene, appartenente al Provveditorato alle Opere Pubbliche, Ufficio periferico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le cui funzioni risultano oggi trasferite agli uffici regionali del Genio Civile; in particolare, fino all’evento alluvionale del 1954, in luogo dell’attuale (omissis) fluiva il fiume denominato (omissis) e l’accesso all’immobile avveniva con l’attraversamento di un ponticello sovrastante il corso d’acqua. Dopo l’alluvione, il Provveditorato alle Opere Pubbliche, organismo all’epoca competente per i beni del demanio, aveva risistemato l’intera area demolendo il ponte con la conseguente tombatura del fiume e la realizzazione della nuova sede viaria denominata (omissis).

All’esito di tale intervento, la parte terminale del ponte originario, quella che si appoggiava al fabbricato, era divenuto il ballatoio dal quale oggi si accede ai civici (omissis) (omissis) (omissis).

Tale vicenda, emergente dalla consulenza tecnica del pubblico ministero e della difesa, evidenziava la natura pubblica del bene, in quanto afferente al demanio necessario, tanto é vero che la demolizione del ponte e la contestuale creazione del ballatoio erano state realizzate dal Provveditorato alle Opere Pubbliche e non dai proprietari del fabbricato privato adiacente.

Non potendo i beni del demanio necessario formare oggetto di negozi di diritto privato diretti a trasferire la proprietà a soggetti diversi dallo Stato e non essendo usucapibili, potendo al limite essere concessi in godimento a soggetti privati con atto formale, i giudici hanno erroneamente ricavato la certezza che il ballatoio fosse di proprietà dei ricorrenti sull’unico dato per cui il Comune di (omissis) aveva attestato che il bene non fosse censito tra le proprietà comunali. Ma tale esito era ovvio in quanto il ballatoio rientra tra i beni dello Stato.

Non vi é traccia di provvedimenti formali della pubblica amministrazione attestanti una concessione del godimento dell’uso del bene agli imputati, per cui e evidente ii travisamento della prova.

Sono palesemente illogiche le motivazioni con le quali giudici di merito hanno superato la prospettazione difensiva, ritenendo che la circostanza che i numeri civici sono apposti dopo il ballatoio, sui fabbricati dei ricorrenti, non fosse indicativa della natura pubblica dello spazio antistante, in contrasto con la normativa della numerazione civica, costituita da numeri che contraddistinguono gli accessi esterni che dall’area di circolazione immettono alle unità ecografiche semplici.

Qualora il ballatoio fosse stato di proprietà privata, si sarebbero dovuti avere un numero civico all’ingresso del ballatoio stesso e due numeri interni dinanzi all’ingresso dei rispettivi appartamenti, non registrati nell’indirizzario. La presenza di due distinti numeri civici in corrispondenza degli autonomi ingressi alla proprietà della signora (omissis) (omissis) da un lato, e dei signori (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) dall’altro, é ulteriore prova della natura pubblica del ballatoio.

Con il secondo motivo deducono illogicità, contraddittorietà e carenza della motivazione in quanto la Corte di appello ha aderito all’impostazione del primo giudice individuando il comportamento alternativo doveroso quale ipotesi di colpa generica sussistente nella violazione da parte degli imputati della regola di esperienza che impone di predisporre una barriera tesa a impedire il rischio di precipitare nel vuoto.

La sentenza, però, omette di individuare la regola cautelare violata, segnatamente l’indicazione della misura dell’altezza minima del parapetto adeguata ad evitare ii rischio di caduta nel vuoto. Non avendo i giudici di merito indicato in concreto il comportamento doveroso, entrambi sono incorsi nell’errore di aver ritenuto che l’evento si sia verificato come conseguenza della colpa senza aver valutato se l’evento si sarebbe comunque verificato nonostante il comportamento doveroso mancato.

5. All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, Jett. a), 94, comma 2, d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Una osservazione preliminare s’impone. La sentenza impugnata ha dichiarato estinto per prescrizione il reato e su tale punto i ricorsi non propongono alcuna specifica doglianza. Non risultano, infatti, esplicitate ragioni di doglianza che afferiscano in via diretta ed esclusiva agli effetti penali della pronuncia o che alleghino che il giudice avrebbe dovuto privilegiare la sentenza assolutoria rispetto alla dichiarazione della causa estintiva (Sez. 3, n.18069 del 20/01/2022, Grosso, Rv. 283131 – 01; Sez. 4, n.8135 de\ 31/01/2019, Pintilie, Rv. 275219 – 01).

2. Esaminando, dunque i motivi di ricorso ai soli effetti civili, occorre previamente sgombrare il campo da un equivoco.

Le censure a vario titolo mosse con il primo motivo di ricorso da (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis)  e con il primo motivo del ricorso da (omissis) (omissis) assumono come elemento d’accusa e presupposto necessario del giudizio di responsabilità la titolarità del diritto di proprietà sulla porzione di fabbricato costituita dal ballatoio e dal parapetto dal quale (omissis) (omissis) é precipitata. Si tratta di una prospettiva errata, posto che ne il capo d’imputazione ne le conformi sentenze di condanna attribuiscono ai ricorrenti la titolarità di alcun diritto reale su tale bene.

2.1. La Corte di appello ha sottolineato che nel giudizio di primo grado i consulenti tecnici avevano esaminato il tema del rapporto esistente tra gli imputati, in quanto proprietari del fabbricato al quale si accedeva a mezzo del ballatoio, e il ballatoio stesso; in particolare, il consulente tecnico (omissis) (omissis) aveva avuto modo di sostenere che il ballatoio fosse di proprietà demaniale e non potesse considerarsi pertinenza dell’abitazione degli imputati.

2.2. Una ulteriore considerazione da fare concerne l’affermazione di responsabilità degli imputati per un comportamento omissivo di minore ampiezza rispetto a quello loro contestato in quanto proprietari della scala interna all’edificio.

La pubblica accusa aveva ritenuto che anche la conformazione della scala interna all’edificio di proprietà degli odierni ricorrenti avesse assunto rilievo determinante nella dinamica dell’evento letale, mentre i giudici delle due fasi di merito, all’esito dell’istruttoria, hanno accertato che, se anche la perdita di equilibrio da parte della vittima fosse avvenuta all’atto della chiusura dall’esterno del cancello che delimitava detta scala, in correlazione all’insidia determinata dal passo irregolare degli scalini (ultimo gradino era più altro di cm. 7 rispetto al precedente), la caduta in strada per un’altezza di tre metri fosse causalmente collegata alla conformazione del muretto in pietra che delimitava l’affaccio del ballatoio sul (omissis) (omissis) alto 66 centimetri e privo di corrimano.

II giudice di primo grado ha indicato nell’art. 8 d.m. 14 giugno 1989, n. 236 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere  architettoniche) la regola secondo la quale il parapetto che costituisce la difesa verso il vuoto deve avere un’altezza minima di 1 metro. Ma tale regola riguarda, come accertato, gli edifici di nuova costruzione o ristrutturati, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 1 del medesimo testo normativo.

2.3. Tale considerazione rimanda, dunque, alla lettura del capo d’imputazione; in esso, la condotta inerente all’omessa elevazione del parapetto del ballatoio é stata contestata a (omissis) (omissis) (proprietari degli appartamenti siti al civico (omissis) e a (omissis) (omissis) (proprietaria dell’appartamento sito al civico (omissis) nella qualità di condomini della medesima palazzina, lasciando aperta ogni possibile qualificazione della relazione giuridica o di fatto esistente tra gli appartamenti di loro proprietà e il ballatoio di accesso.

A tale proposito, si legge a pag. 10 della sentenza impugnata che la lettura complessiva e non parcellizzata della imputazione sosteneva la posizione di garanzia fondata sulla assunzione in fatto della stessa siccome derivante dalla signoria/custodia su quel bene.

Con riguardo all’obbligo gravante sugli imputati, esso si é declinato in una comune regola di esperienza che impone «di predisporre barriere tese a impedire il rischio di precipitare nel vuoto».

La Corte territoriale ha, poi, sottolineato che il tema dell’effettivo utilizzo del ballatoio fosse stato affrontato nel giudizio di primo grado in quanto era stato oggetto di discussione negli elaborati tecnici, sottolineando come il consulente del pubblico ministero avesse dato atto dei nominativi degli imputati sul citofono, delle visure catastali, e della funzione del ballatoio unitamente alla prova negativa della funzione pubblica del bene e della manutenzione da parte dell’ente comunale.

In assenza di un intervento pubblico, si legge a pag.12 della sentenza impugnata, unici soggetti che avevano la disponibilità del bene e che l’avevano già ristrutturato e potevano avere apposto, dopa l’evento letale, la ringhiera sul parapetto erano gli imputati, a comprovare la signoria sulla cosa e la custodia effettiva della stessa.

Secondo la Corte di appello gli imputati, quali unici utilizzatori, si erano appropriati del bene, ne avevano la disponibilità e lo avevano annesso al proprio fabbricato, divenendone custodi nell’accezione di cui all’art. 2051 cod. civ., omettendo tuttavia di predisporre la dovuta cautela.

3. Con riguardo alla paternità del fatto, la Corte territoriale ha, dunque, ritenuto che la posizione di garanzia, desunta dalla pacifica titolarità, in capo agli imputati, non del ballatoio ma, del fabbricato al quale si accedeva a mezzo del ballatoio, fosse desumibile dalla funzione pertinenziale esclusiva del ballatoio e dalla gestione di tale porzione di edificio antecedente e susseguente i fatti da parte dei proprietari dell’immobile.

I giudici di appello hanno, in sostanza, condiviso che la fonte della posizione di garanzia fosse stata dedotta dall’assunzione in fatto della signoria-custodia esercitata sul bene al di là della formale investitura in assenza di prova, considerata diabolica, circa la proprietà del bene.

4. La presa in carico del bene é stata desunta dall’uso esclusivo e sistematico del ballatoio, servente in via esclusiva l’accesso all’edificio privato e privo di qualsivoglia funzione pubblica, dalla mancanza di attività manutentive da parte del Comune di (omissis) dall’accatastamento del ballatoio intero in capo all’imputata (omissis) (omissis) e dalla recente manutenzione «privata», con piastrelle tipiche del luogo, dei gradini di accesso al ballatoio.

La posizione di custode in capo ai proprietari dell’immobile é stata, dunque, ritenuta provata sulla base di un quadro indiziario considerato grave e concordante, ritenuto tale da evidenziare una signoria sovrapponibile a quella dei proprietari nella concomitante assenza di ingerenza da parte di enti di natura pubblica.

4.1. Se tale é il tenore della motivazione, se ne desume in primo luogo la totale inconferenza del primo motivo del ricorso (omissis) (omissis) che tende ad avvalorare come dirimente la tesi, già dichiarata irrilevante ai fini del giudizio, circa la proprietà pubblica del ballatoio. Ciò non esclude, tuttavia, che proprio l’eventuale accertamento della natura demaniale del bene avrebbe dovuto formare oggetto di specifica disamina anche in correlazione con le attività consentite al privato sul bene di proprietà pubblica ai fini dell’affermazione della legittima signoria di fatto sulla cosa, mettendo in luce un vizio motivazionale della sentenza impugnata.

4.2. Le doglianze inerenti al vizio di motivazione sono, per altro verso, fondate laddove censurano il ragionamento dei giudici di merito per avere individuato elementi inidonei a sostenere ii giudizio per cui gli imputati avrebbero, attraverso comportamenti concludenti, effettivamente preso in carico il ballatoio assumendosi la gestione del rischio specifico.

Risulta, in primo luogo, condivisibile la critica alla individuazione da parte del giudice di primo grado della fonte dell’obbligo di agire in una «precedente attività pericolosa» non esattamente indicata.

Tale impostazione, per quanto abbandonata dal giudice di appello, é stata soppiantata dal collegamento della colpa omissiva a un obbligo di agire che troverebbe la sua fonte in una situazione di signoria di fatto sulla cosa (pag. 11 sentenza di appello); per quanto tale impostazione sia in linea con principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, secondo i quali la colpa omissiva sussiste qualora venga violato un obbligo giuridico che non e necessariamente vincolato all’esistenza di una norma o regola dettata da Fonte pubblicistica o privatistica ma può derivare anche «dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, essa deve essere sostenuta dalla prova che l’agente abbia assunto la gestione dello specifico rischio mediante un comportamento di consapevole presa in carico del bene protetto» e dall’accertamento in concreto della «effettiva titolarità del potere dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si é verificato il sinistro» (Sez. 4, n. 19029 del 01/12/2016, dep. 2017, De Nardis, Rv. 269602 – 01; Sez. 4, n.34975 del 29/01/2016, Biz, Rv. 267539 – 01).

4.3. La fonte di pericolo era, nel caso in esame, un muretto aggettante sulla strada alto cm. 66, delimitante il ballatoio utilizzato per accedere alle abitazioni degli imputati.

I ricorrenti contestano, in sostanza che la loro posizione di garanzia possa essere desunta, come hanno fatto i giudici di merito, dalla conformazione del ballatoio in quanto bene unicamente destinato a consentire l’accesso alle loro proprietà private e dall’uso continuativo ed esclusivo che i medesimi ne hanno fatto negli anni e tale censura risulta fondata, giacche uso del bene e signoria di fatto non sono situazioni di fatto sovrapponibili.

4.4. II Collegio ritiene, poi, che la ponderazione dei giudici di merito sia basata su acquisizioni generiche, in parte congetturali, prive di collegamento dei comportamenti concludenti con la singola persona e con l’allegata natura demaniale del bene.

Occorre, quindi, soffermarsi sul quadro indiziario dal quale nelle sentenze é stata desunta la predetta «consapevole presa in carico del bene protetto», segnatamente l’avere avuto gli imputati per diversi decenni la completa e totale disponibilità dello spazio di accesso alle loro abitazioni costituito dal predetto ballatoio, la supposizione che abbiano provveduto all’attività di pulizia e manutenzione del pianerottolo antistante l’accesso alle loro abitazioni, il richiesto accatastamento a proprio. nome dell’intero ballatoio da parte di (omissis) (omissis) (teste della difesa (omissis) udienza  26/11/2020), la posa in opera, sulle alzate dei gradoni di accesso al ballatoio, di piastrelle in ceramica tipica del luogo (teste (omissis) (omissis) CT dell’accusa, udienza 14/04/2020), l’installazione di una ringhiera aggiuntiva al muretto dopo l’incidente.

Dalle predette attività, considerate di manutenzione e custodia, i giudici hanno desunto che i proprietari delle due unita immobiliari, che mai avevano interpellato le autorità per eseguire i predetti interventi, avessero esercitato sul luogo una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone un uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti. Sotto un profilo oggettivo, il ballatoio é stato valutato bene pertinenziale dei civici (omissis) e (omissis).

4.5. Vale la  pena  ricordare  che  il  consolidato  orientamento  della giurisprudenza civile di legittimità é nel senso di ritenere che coloro che, in ragione dell’effettiva disponibilità di un’area, ne siano i concreti utilizzatori sono tenuti, in quanto custodi della stessa, a prevenire i pericoli correlati alle condizioni in cui versa il bene; tanto in ragione della loro prossimità alla fonte di pericolo, purché siano dotati di poteri e obblighi che consentono loro di attivarsi onde evitare la lesione o la messa in pericolo dei beni giuridici altrui.

Consegue a quanto detto che l’utilizzatore-custode del bene, quand’anche non investito della sua formale titolarità, secondo precedenti pronunce della Cassazione civile e penale (Sez. 3 civ., n.15384 del 06/07/2006, Rv. 591255-01; Sez. 4 pen., n.51452 del 12/09/2023, Fabio, Rv. 285573 – 01), risponde dei danni subiti dai terzi con esso venuti in contatto ogniqualvolta il fatto rientri tra le conseguenze normali e ordinarie della condotta omissiva (Sez.3, n. 16029, de! 07/07/2010 Rv. 614012-01).

4.6. Ma va anche rilevato come i dati enunciati a sostegno della decisione non soddisfino i principi come sopra enunciati. Non é stata operata alcuna distinzione tra le singole posizioni e il fatto é stato attribuito sul presupposto di una posizione di garanzia de facto, in cui la condotta tipica si deve arricchire della precedente condotta che ha determinato l’insorgenza dell’obbligo di garanzia per ogni singolo imputato, senza che tale precedente condotta sia stata identificata.

Non emergono dati concreti indicativi di una condotta pregressa che abbia assunto le caratteristiche dell’esercizio dei poteri tipici della proprietà, avendo per tale profilo i giudici fatto riferimento al mero piastrellamento, non collocate nel tempo e non attribuito al singolo, di alzate laterali della scalinata di accesso al ballatoio. Manutenzione e pulizia del ballatoio sono comportamenti desunti in via congetturale.

Non sono state evidenziate condotte identificabili con l’esercizio dello ius escludendi o con attività di manutenzione straordinaria. L’unico elemento specifico a tale proposito é l’attività amministrativa riferibile alla (omissis) (omissis) non ricorrente, che ha accatastato il ballatoio, dimostrando un comportamento che giova ai ricorrenti, i quali non si sono opposti a un atto che avrebbe potuto qualificarsi come esercizio di signoria corrispondente al diritto di proprietà esclusiva.

5. Tali considerazioni, rendendo ultroneo l’esame degli altri motivi di ricorso, impongono l’accoglimento dei ricorsi agli effetti civili con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grade di appello, che provvederà anche sulle spese del presente grado.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi agli effetti penali.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civile  competente per valore in grade di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Così deciso il 12 marzo 2024

Il Consigliere estensore                                                                          Il Presidente

Eugenia Serrao                                                                                     Salvatore Dovere

Depositato in Cancelleria, oggi 3 maggio 2024.

Il Funzionario Giudiziario

Dr. Gianfranco Catenazzo

SENTENZA