Bancarotta fraudolenta: l’imputato ha comunicato al curatore l’esistenza del bene, quindi nessuna distrazione deve essergli addebitata (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 3 giugno 2021, n. 21712).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Livio Biagio, nato a (OMISSIS), il 3/2/19xx;

avverso la sentenza del 10/1/2020 della Corte d’appello di Lecce;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tomaso Epidendio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio e per il rigetto del ricorso nel resto;

udito per l’imputato l’avv. Andrea (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna di (OMISSIS) Biagio per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso nella sua qualità di amministratore della (OMISSIS) s.r.I., fallita nel corso del 2010.

In parziale riforma della pronunzia di primo grado, la Corte territoriale ha invece assolto l’imputato per il concorrente reato di bancarotta fraudolenta documentale per l’insussistenza del fatto, nonché, esclusa l’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta e riconosciute le attenuanti generiche, ha rimodulato il trattamento sanzionatorio.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi.

Con il primo deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito all’affermazione di responsabilità del (OMISSIS) per la distrazione di un veicolo acquistato dalla fallita in forza di un contratto di leasing.

In proposito osserva come sia la stessa sentenza ad ammettere che l’esistenza del bene sia stata comunicata dall’imputato al curatore al quale egli ha fornito le indicazioni per il suo recupero non essendo dunque possibile addebitare al medesimo l’inerzia dell’organo fallimentare.

Né i giudici di merito hanno dimostrato che il non immediato rinvenimento del veicolo abbia arrecato un effettivo pregiudizio ai creditori, invero necessario per la configurabilità del reato.

Ulteriori vizi di motivazione vengono denunziati con il secondo motivo in merito alla rideterminazione della pena a seguito dell’assoluzione dell’imputato per i fatti di bancarotta documentale.

In realtà la Corte territoriale, una volta esclusa l’aggravante e riconosciute le attenuanti generiche, si sarebbe limitato ad applicare la diminuzione corrispondente a queste ultime, senza motivare le ragioni della conferma della pena base stabilita in primo grado nonostante all’esito del giudizio d’appello l’imputato sia stato condannato solo per la bancarotta patrimoniale relativa alla distrazione di un unico bene, peraltro successivamente rinvenuto ed acquisito al fallimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. La contestazione nei confronti dell’imputato, coerentemente a quanto previsto dall’art. 216 comma 1 n. 1) legge fall., riguardava l’occultamento o la distrazione del bene descritto in precedenza.

In tal senso va dunque ribadito che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito.

Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo.

Quanto alla condotta di occultamento, la stessa ricomprende qualsiasi condotta che comporti anche solo la temporanea indisponibilità di un bene attraverso il suo materiale nascondimento in grado di frapporre un ostacolo alla sua acquisizione da parte degli organi fallimentari, attentando così all’integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, fermo restando che la mera omessa segnalazione della sua esistenza cui, ai sensi dell’art. 87 comma 3 legge fall. il fallito è tenuto, integra il diverso reato di cui all’art. 220 della stessa legge.

Ciò premesso la sentenza, dopo aver ammesso che l’esistenza del veicolo di cui si tratta era stata puntualmente e tempestivamente comunicata dall’imputato al curatore (contraddicendo dunque quanto sostenuto nella sentenza di primo grado, per la quale l’esistenza del bene venne scoperta solo a seguito della presentazione di una querela da parte della società di leasing che ne aveva finanziato l’acquisto), solo apparentemente ha spiegato in che termini lo stesso debba ritenersi essere stato oggetto di distrazione ovvero di occultamento.

In tal senso insufficiente è il richiamo operato dalla Corte ai consolidati principi relativi al valore indiziante del mancato rinvenimento del bene che si assume oggetto di distrazione in assenza di adeguata giustificazione da parte del fallito.

Infatti tali principi presuppongono l’effettività del mancato rinvenimento del bene, che non si identifica però con la sua materiale irreperibilità nei locali dell’impresa e nemmeno soltanto con la mera mancata consegna del medesimo da parte del fallito, il quale peraltro non ha alcun obbligo in tal senso se non, ai sensi dell’art. 86 legge fall., con riguardo al danaro ed ai titoli di credito.

Il mancato rinvenimento non coincide, infatti, con la semplice materiale “assenza” del bene, ma è connesso all’incapacità da parte del fallito di fornire idonea giustificazione della medesima.

Ed in proposito con il gravame di merito era stato eccepito non solo che l’imputato avesse comunicato l’esistenza del bene al curatore, ma altresì che avesse fornito le opportune indicazioni per la sua acquisizione, obiezione che la sentenza non ha preso in considerazione, senza precisare se la materiale apprensione del medesimo dopo ben due anni dall’apertura del fallimento sia stata causata da comportamenti (precedenti o successivi alla denunzia dell’esistenza del bene) attribuibili all’imputato e tali da renderne difficoltoso il rinvenimento o il recupero (e quindi idonei ad integrare la condotta di occultamento), né se e in che termini la collocazione del veicolo presso un terzo possa ritenersi aver impreso allo stesso una destinazione diversa dallo scopo cui era giuridicamente vincolato (rimanendo in tal caso effettivamente integrata la condotta di distrazione).

3. Fondate sono altresì le censure proposte con il secondo motivo.

Una volta assolto l’imputato per il reato di bancarotta documentale, nel rimodulare il trattamento sanzionatorio la Corte si è apparentemente limitata a diminuire la pena determinata in primo grado di un terzo in ragione del riconoscimento delle attenuanti generiche.

Della commisurazione finale della pena – che peraltro emerge esclusivamente dal dispositivo della sentenza – i giudici dell’appello non hanno comunque offerto giustificazione alcuna nella motivazione della sentenza, nella quale non sembra essersi tenuto conto del fatto che la pena irrogata dal Tribunale era stata calcolata in riferimento ad un compendio accusatorio più ampio e, soprattutto, considerando l’aumento per l’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, poi correttamente esclusa nel giudizio di secondo grado.

4. Alla luce delle evidenziate lacune motivazionali la sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.

Così deciso il 12/5/2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.