Segnali di preavviso sufficienti: legittime le multe per l’automobilista che ha violato ripetutamente la ZTL (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 4 giugno 2021, n. 15724).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. SCRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5907-2020 proposto da:

(OMISSIS) GIOVANNI, rappresentata e difesa dall’Avvocato PATRIZIA (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOLLATE, rappresentato e difeso dall’Avvocato TIZIANA (OMISSIS) per procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 6655/2019 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato il 4/7/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/2/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’opposizione che Giovanni (OMISSIS) aveva proposto nei confronti di ventiquattro verbali di accertamento della violazione prevista dall’art. 198 del codice della strada per accesso non autorizzato in area ZTL.

Il tribunale, in particolare, dopo aver evidenziato che:

– l’opponente non aveva proposto querela di falso nei confronti dei verbali di contestazione e dei relativi allegati e che i fatti ivi accertati, e cioè l’ingresso in zona vietata da parte del possessore del veicolo, peraltro mai contestati, erano, di conseguenza, orami incontrovertibili;

– i cartelli posizionati dal Comune a segnalazione della ZTL non sono di prescrizione ai sensi dell’art. 79 del regolamento di esecuzione del codice della strada ma sono segnali di preavviso e come tali disciplinati dall’art. 127 dello stesso regolamento;

– i segnali di preavviso, come si evince chiaramente dalla documentazione fotografica prodotta in giudizio dal Comune, sono stati collocati “in posizioni utili al fine di garantire a tutti la possibilità di evitare la ZTL”;

– ha ritenuto che le prove raccolte dimostravano l’esaustività e la completezza dei segnali di preavviso posti dal Comune e che doveva, pertanto, escludersi, “in presenza sia di puntuali segnali di preavviso sia dell’indicazione dei percorsi alternativi”, che l’opponente si fosse introdotto nell’area vietata per un errore incolpevole.

D’altra parte, ha aggiunto il tribunale, “la stessa pluralità delle infrazioni, commesse nei mesi di settembre e di ottobre 2016, è di per sé incompatibile con l’allegata incolpevole ignoranza del divieto, in assenza della dimostrazione di circostanze di fatto diverse ed ulteriori rispetto a quelle concernenti l’insufficienza della segnalazione”, laddove, al contrario, la pluralità degli accessi nel corso di due mesi nella medesima area attesa la piena dimestichezza e familiarità con in luoghi in esame, difficilmente compatibili con l’incolpevole ignoranza del divieto di accesso.

Giovanni (OMISSIS), con ricorso notificato il 3/2/2020, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.

Il Comune di Bollate ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo articolato, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 2°, della I. n. 689 del 1981, in relazione all’art. 116 c.p.c., censurando la sentenza impugnata:

a) innanzitutto, nella parte il tribunale non ha considerato che l’opponente era caduto in errore a causa della poca chiarezza e della scarsa visibilità della segnaletica indicante la ZTL e della mancanza di indicazioni utili circa i percorsi alternativi idonei ad evitare la violazione in cui è incorso.

D’altra parte, ha aggiunto il ricorrente, l’art. 79 del regolamento di esecuzione del codice della strada prevede che la misura minima di avvistamento dei segnali di prescrizione nelle strade urbane sia di ottanta metri mentre, nel caso in esame, la segnaletica che prescrive il divieto di accesso alla ZTL era posta proprio all’inizio dell’area vietata al traffico senza che altro avviso fosse posizionato prima di tale accesso;

b) in secondo luogo, nella parte in cui il tribunale ha rilevato che l’opponente non aveva proposto querela di falso avverso i verbali di contestazione delle infrazioni, senza, tuttavia, considerare che l’opponente non aveva mai negato di essere transitato nella ZTL e che, pertanto, non aveva alcun motivo per contestare il fatto del passaggio in loco, essendosi limitato a chiedere l’annullamento dei verbali in ragione del fatto che era stato indotto in errore da prescrizioni poco chiare, nonché per incompetenza riguardo all’atto istitutivo della ZTL, violazione dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 250 del 1999 e violazione dell’art. 2 del d.m. 12/9/2012.

2.1. Il motivo, in tutte le censure in cui risulta articolato, è infondato.

2.2. Intanto, deve escludersi ogni rilievo alla ribadita applicazione dell’art. 79 del regolamento di esecuzione del codice della strada, non avendo il ricorrente svolto alcuna censura in ordine alla statuizione assunta sul punto dal tribunale lì dove ha ritenuto che i cartelli posizionati dal Comune a segnalazione della ZTL sono non segnali di prescrizione ai sensi dell’art. 79 del regolamento di esecuzione del codice della strada ma segnali di preavviso e come tali disciplinati dall’art. 127 dello stesso regolamento.

2.3. Per il resto, il ricorrente cade nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dalla valutazione (asseritamente erronea) del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 116 c.p.c. può porsi solo allorché il ricorrente abbia allegato (ma non è questo il caso) che il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass. n. 27000 del 2016).

La valutazione degli elementi istruttori costituisce, del resto, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, a meno che, a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente non deduca che il giudice abbia del tutto omesso di esaminare un fatto, principale o secondario, la cui deduzione nel giudizio di merito risulti dal testo della sentenza impugnata o dagli atti del giudizio di merito, e sia decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe con certezza determinato una diversa soluzione della controversia.

Nel caso in esame, invece, il ricorrente, lungi dall’indicare il fatto o i fatti decisivi che il giudice di merito avrebbe omesso di esaminare nell’accertamento che ha svolto in ordine alla esaustività e completezza dei preavvisi posizionati dal Comune per segnalare l’esistenza della zona a traffico limitato, ha, in sostanza, invocato, lì dove ha ribadito di essere caduto in errore in conseguenza della poca chiarezza e della scarsa visibilità di tali segnali, un’inammissibile rivalutazione da parte della Corte di cassazione delle risultanze istruttorie circa la collocazione e l’idoneità degli stessi.

2.3. Il tribunale, in effetti, valutando le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto che i segnali di preavviso della zona a traffico limitato erano esaustivi e completi nonché collocati “in posizioni utili al fine di garantire a tutti la possibilità di evitare la ZTL”.

2.4. Il tribunale, peraltro, “in presenza sia di puntuali segnali di preavviso sia dell’indicazione dei percorsi alternativi”, ha escluso che l’opponente si fosse introdotto nell’area vietata per un errore incolpevole.

L’incolpevole ignoranza del divieto, peraltro, ha aggiunto il tribunale, è incompatibile con “la stessa pluralità delle infrazioni, commesse nei mesi di settembre e di ottobre 2016, …, in assenza della dimostrazione di circostanze di fatto diverse ed ulteriori rispetto a quelle concernenti l’insufficienza della segnalazione”.

Il tribunale, così giudicando, si è senz’altro attenuto ai principi che trovano applicazione in materia, secondo i quali, infatti, in tema di illeciti amministrativi, la sufficienza, al fine d’integrare l’elemento soggettivo della violazione, della semplice colpa ex art. 3 I. n. 689 del 1981, comporta che, al fine di escludere la responsabilità dell’autore dell’infrazione, non basta uno stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non superabile dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. n. 720 del 2018; conf., Cass. n. 6018 del 2019) che il giudice di merito ha, invece, con apprezzamento in fatto rimasto incensurato, escluso.

2.5. Le residue censure sono, invece, inammissibili: non solo i rilievi svolti in ordine alla mancata proposizione della querela di falso avverso i verbali di accertamento delle violazioni, avendo il ricorrente espressamente ammesso, al pari di quanto affermato dal tribunale, i fatti contestatigli, ma anche quelli concernenti l’incompetenza relativa all’atto istitutivo della ZTL, la violazione dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 250 del 1999 e la violazione dell’art. 2 del d.m. 12/9/2012: di tali questione, in effetti, la sentenza non tratta.

Ed è noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (nella specie rimasto inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 1.600,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15% ;

dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, in data 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.