Banchina praticamente inesistente: nulla la multa emessa grazie all’autovelox (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 20 gennaio 2023, n. 1805).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15995-2020 proposto da:

COMUNE DI MOTTA DI LIVENZA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. RICCARDO ERNESTO (OMISSIS) e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 6, presso lo studio dell’avv. STEFANO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. GIANLUIGI (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 2392/2019 del TRIBUNALE di TREVISO, depositata il 14/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/11/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del 25.1.2019, (OMISSIS) Giuseppe proponeva opposizione avverso tre verbali di violazione delle norme del codice della strada, elevati nei suoi confronti dal Comune di Motta di Livenza per violazione, in tre diverse occasioni, dell’art. 142, commi 8 e 9, del codice della strada, perché circolava sulla S.R. 53, via Postumia, ad una velocità superiore a quella consentita.

Con sentenza n. 380/2019, resa nella resistenza del Comune, il Giudice di Pace di Treviso rigettava il ricorso.

Con la sentenza impugnata, n. 2392/2019, il Tribunale di Treviso accoglieva il gravame proposto dal (OMISSIS) avverso la decisione di primo grado, annullando i provvedimenti sanzionatori impugnati.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il Comune di Motta di Livenza, affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS) Giuseppe

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 348 bis c.p.c., perché il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello a fronte della assenza di specificità dei motivi di gravame proposti dal (OMISSIS).

La censura è infondata.

Come rilevato dal Tribunale, il primo motivo di appello, ritenuto fondato dal giudice di seconde cure, concerneva l’illegittimità della rilevazione dell’infrazione, eseguita a distanza mediante apparecchiatura elettronica, “in quanto il tratto stradale ove la rilevazione è avvenuta non soddisferebbe le caratteristiche tecniche previste dall’art. 2 del Codice della Strada” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).

La decisione gravata dà atto anche che, oltre a tale doglianza, l’appellante aveva contestato la mancanza della taratura periodica dell’apparato utilizzato nella fattispecie per la rilevazione delle infrazioni (cfr. ancora pag. 2).

I motivi di impugnazione erano dunque perfettamente comprensibili, ed il Tribunale li ha correttamente esaminati nel merito.

Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 168 del 2002, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per erroneo apprezzamento delle caratteristiche del tratto di strada sul quale sono state rilevate le infrazioni di cui è causa.

Con il terzo motivo, la parte ricorrente lamenta invece la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 delle Preleggi, 2, terzo comma, del codice della strada, 4 del D.L. n. 121 del 2002, convertito in legge n. 168 del 2002, e del D.M. 5.11.2001, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente individuato le caratteristiche minime prescritte per il tratto di strada in questione.

Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Il Tribunale ha, infatti, accertato che la S.R. Postumia, lungo la quale sono state contestate le violazioni di cui ai verbali impugnati, “… non presenta alcuna banchina e la presenza di una banchina è un requisito imprescindibile ai fini della qualificazione di una strada quale extraurbana secondaria” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Si tratta di accertamento di fatto, non utilmente attinto dalle doglianze in esame, con le quali non vengono indicati elementi di prova, ritualmente acquisiti agli atti del giudizio di merito, ritenuti idonei ad attestare la presenza, in loco, della banchina che il Tribunale ha ritenuto assente, che non siano stati valutati.

Il Comune ricorrente, infatti, si limita a dedurre:

a) con il secondo motivo, che il Tribunale avrebbe erroneamente valutato l’esistenza della banchina nel solo tratto di strada interessato dalla rilevazione delle infrazioni, e non invece – come avrebbe dovuto fare – considerando tutta la strada nel suo complesso;

b) con il terzo motivo, che se fosse stata eseguita correttamente la valutazione delle caratteristiche della strada, il giudice di merito avrebbe rilevato la presenza di due banchine, una per senso di marcia, della larghezza media di metri 0,80 a destra e di metri 1,00 a sinistra (cfr. pag. 13 del ricorso).

Sul punto, va ribadito che “L’art. 201, comma 1 bis, c.d.s., ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione mediante rilevatori elettronici di velocità esclusivamente su determinate tipologie di strade, tra cui quelle urbane di scorrimento, rispetto alle quali costituisce elemento strutturale indefettibile, ai sensi dell’art. 2, comma 3, c.d.s., la banchina che, quale spazio della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata e destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza, deve restare libero da ingombri e avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12864 del 22/04/2022 Rv. 664613, con la quale è stata confermata la sentenza di merito, che aveva escluso potesse qualificarsi strada urbana di scorrimento quella in cui si trovava l’autovelox, in quanto lo spazio esterno alla carreggiata non era riconducibile alle funzioni di banchina, proprio in ragione delle sue esigue dimensioni; nello stesso senso, cfr. anche Cass. Sez.2, Sentenza n. 16622 del 20/06/2019 , Rv. 654339).

Il ricorrente indica, a pag. 13 del ricorso, che la banchina laterale avrebbe le dimensioni medie di metri 0,80 a destra e metri 1,00 a sinistra, che certamente non sono idonee a consentire la sosta di un veicolo senza invadere, almeno in parte, la carreggiata.

Inoltre, sempre a pag. 13 del ricorso, viene descritta la condizione dello spazio indicato come banchina, e si precisa che esso si compone di “margine della carreggiata, nella specie costituito da linea bianca continua, da una parte e ciglio della scarpata ancorché erbosa, che poi scende al fossato laterale e pieno del piano di campagna”.

Sul punto, va tuttavia ribadito che “La banchina è la parte della strada, per la quale non è prevista una misura minima, che si trova oltre la linea continua destra delimitante la carreggiata ed è “compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino dei seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati” (Cass. Sez.2, Sentenza n. 8934 del 29/03/2019 , Rv. 653306): ne deriva che – contrariamente a quanto affermato dal Comune ricorrente – non può essere considerato parte della banchina lo spazio più esterno del “ciglio interno della cunetta”, ove presente, o del “ciglio superiore della scarpata nei rilevati”.

Le dimensioni medie indicate dal Comune, che sono state invece calcolate dal margine della carreggiata sino al piano di campagna laterale alla strada (cfr. ancora pag. 13 del ricorso), inclusa dunque l’intera area della cunetta, si riducono ulteriormente rispetto a quanto indicato in ricorso, a conferma dell’assenza, lungo la S.R. Postumia, di una banchina avente le caratteristiche strutturali delineate dalla normativa applicabile, nell’interpretazione che della stessa è stata fornita dalla giurisprudenza di questa Corte.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D .P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.