Chi parcheggia abusivamente in condominio può essere denunciato per violazione di domicilio e invasione di terreni (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 20 luglio 2023, n. 31700).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta da:

ROSA PEZZULLO                  – Presidente –

LUCA PISTORELLI

RENATA SESSA                     – Relatore –

MATILDE BRANCACCIO

PIERANGELO CIRILLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

su! ricorso proposto da:

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza dei 12/04/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa RENATA SESSA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ANDREA VENEGONI che ha concluso chiedendo

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore

Il Difensore avv.to (omissis) (omissis) del foro di NAPOLI si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12.4.2022 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di (omissis) (omissis) che lo aveva dichiarato colpevole occupazione prolungata di spazio di parcheggio condominiale e di violazione di domicilio.

2. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Col primo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale osservando come con riferimento al reato di cui all’articolo 614 cod. pen. si sia pronunciata di recente questa Corte di Cassazione affermando che l’occupazione di un’area condominiale non può integrare il reato di cui all’articolo 614 poiché l’invasione di un cortile condominiale non può certamente qualificarsi come violazione di domicilio non essendo qualificabile tale spazio antistante all’edificio come abitazione o dimora della vittima.

In ogni caso, nel caso di specie, si tratta di un’ampia area paragonabile ad una piazza alla quale accedevano liberalmente soggetti diversi da quelli del condominio, esistendo tra l’altro ben due scuole al suo interno, sicché non si può affermare che vi sia stata violazione della vita domestica; né si può parlare di manovre svolte in tale area da parte dell’imputato.

2.2. Col secondo motivo deduce vizi di motivazione per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa in relazione alla configurazione della fattispecie di cui all’art. 633 cod. pen.

Occorre muovere dalle dichiarazioni testimoniali rese nel corso del dibattimento di primo grado e che sono state poste a fondamento della decisione del giudice malgrado si evinca palesemente la loro contraddittorietà.

Indi si indicano a dimostrazione dell’assunto stralci di deposizioni testimoniali assumendo che da esse si possono cogliere  diversi riscontri dell’impostazione difensiva secondo cui tra le parti, ossia tra l’amministratore (omissis) e il ricorrente (omissis) non correva buon sangue – come testimoniato, in particolare, dal teste della difesa (omissis); laddove i testi dell’accusa avevano in realtà affermato determinate circostanze per supportare la ricostruzione del  querelante (così, ad esempio, quanto alla appartenenza della autovettura Volvo al ricorrente); laddove peraltro dalla testimonianza di (omissis) (omissis) si deve desumere che l’imputato non aveva proseguito nella condotta delittuosa a differenza di quanto affermato dal querelante.

2.3. Col terzo motivo deduce vizi di motivazione per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa.

Si lamenta che a causa dell’errore materiale contenuto nella sentenza impugnata che indica quale data della revoca dell’autorizzazione a parcheggiare l’anno “201” la difesa non ha potuto contestare i fatti contenuti nella medesima pronuncia; parimenti erronea è la circostanza, pure riferita in sentenza, secondo cui l’imputato lavorava presso uno studio professionale laddove egli era titolare di contratto di locazione del proprio studio professionale dì architettura con accesso pedonale dal

Errato  è anche  il  cognome  dell’imputato  riportato  in sentenza  come (omissis) mentre  è – (omissis). Indi si insta per l’annullamento della sentenza impugnata affinché si proceda alla correzione di tali errori e alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ove dovesse ritenersi errata la data “201”.

2.4. Col quarto motivo deduce vizi di motivazione per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della stessa.

Erra, ancora, la corte territoriale nell’affermare che la (omissis) (omissis), intestataria  dell’autovettura (omissis), pure ricondotta all’imputato, fosse la moglie dello stesso.

Inoltre, non vi è unicità di versione da parte dei testi perché alcuni affermano che il ricorrente utilizzasse una (omissis) come rilevabile anche  dall’autorizzazione a parcheggiare rilasciata dal Condominio, mentre altri sostengono che utilizzasse una (omissis).

Si era inoltre fatto rilevare già al giudice di primo grado che era inverosimile che le numerose fotografie non a1vessero mai ritratto il ricorrente, laddove sarebbe stato dirimente ritrarlo mentre saliva o scendeva dall’autovettura.

Si dà infine, erroneamente, per scontato che le motociclette pure ritenute occupare l’area condominiale fossero di proprietà dell’imputato.

2.5. Col quinto motivo lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale, limitatamente ai casi previsti dall’art. 495, comma 2, proc. pen.

Si lamenta che non si è mai riferito se con riferimento alla missiva inviata nel 2015 a con cui la si invitava a rimuovere l’autovettura, fosse pervenuta una risposta da parte della medesima

3. Il difensore dell’imputato, con la memoria pervenuta in atti il 26.4.2023, ha insistito nell’accoglimento del ricorso, aggiungendo a quanto già esposto nei motivi di ricorso, che l’atto di denuncia-querela che ha dato origine al procedimento penale è privo della Procura Speciale richiesto dall’art. 336 c.p.p.

Tale disposizione prevede che la querela sia presentata personalmente dalla parte o a mezzo di procuratore speciale. In particolare la norma sopracitata dispone che la procura speciale abbia le caratteristiche richieste dall’art. 122 c.p.p., ovvero che ” deve, a pena d’inammissibilità, essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere, oltre alle indicazioni specificamente richieste dalla legge, la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce…”.

Sebbene i termini delega e procura speciale siano spesso usati come sinonimi nel linguaggio comune, hanno funzioni giuridiche differenti.

Con la delega si conferisce ad un soggetto il potere di svolgere un determinato compito.

La procura speciale è, invece, un istituto giuridico con il quale si attribuisce un determinato potere di rappresentanza.

Orbene, se il legislatore del codice di rito utilizza il termine procura speciale, vuole, evidentemente, fare riferimento ad uno specifico istituto giuridico che non può in nessun caso essere sostituito da altro strumento.

Pertanto, si deve ritenere che la querela oggetto del procedimento de quo sia improcedibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Preliminarmente, quanto alla questione della procura speciale sollevata con la memoria, osserva che la querela è stata presentata personalmente dalla persona offesa, sicché es non trova alcun fondamento in atti.

1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, oltre che aspecifico, reiterando una questione in fatto e in diritto già ampiamente risolta dalla Corte territoriale che nel pronuncia impugnata ha dedicato ampio spazio alle considerazioni giuridiche inerenti al specifica situazione di fatto emersa nella vicenda di specie, evidenziando come l’area i questione fosse da ritenere a tutti gli effetti pertinenza del condominio e rientrasse quindi nel concetto di privata dimora tutelato dalla disposizione di cui all’art. 614 cod. pen. che non richiede la disponibilità esclusiva del proprietario ma che si tratti di luogo non aperto al pubblico, ossia a chiunque, ovvero che si tratti di luogo che – come nel caso di specie – non sia accessibile a terzi senza il consenso del titolare.

L’impostazione seguita nella sentenza impugnata è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che nel suo massimo consesso ha avuto modo di affermare che ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale (Sez. U, n. 31345 di 23/03/2017, Rv. 270076).

Questa Corte, ancor più specificamente rispetto al tema in argomento, ha per altro verso anche già avuto modo di affermare che i cortili e gli orti, destinati al servizio ed <completamento dei locali di abitazione, rientrano nel concetto di appartenenza di cui al primo comma dell’art 614 cod pen, ed è irrilevante, ai fini della sussistenza del reato previsto di tale norma, che le “appartenenze” siano di uso comune a più abitazioni, spettando il diritto e esclusione da quei luoghi a ciascuno dei titolari delle singole abitazioni (Sez. 5, Sentenza r 7279 del 14/02/1978, Rv. 139288 – 01); e che commette reato di violazione di domicilio si introduca, contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo, nel cortile dell’edifici condominiale, rientrando il cortile nel concetto di “appartenenza” dell’abitazione (Sez. 2 Sentenza n. 7470 del 25/02/1974, Rv. 088665 – 01).

1.2. Il secondo motivo attinge direttamente le prove, producendo stralci di esse ponendo in tal modo in essere una modalità confutativa non ammissibile nella presente sede di legittimità.

Ed invero, deve essere ricordato che non è ammissibile un ricorso che, anziché individuare vizi di legittimità nel provvedimento impugnato, esibisca direttamente alla Corte di cassazione elementi di prova che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errata valutazioni probatoria.

La Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se contenute in un atto di parte.

Peraltro, la Corte territoriale aveva già evidenziato come le discrasie già in quella sede evidenziate fossero di scarsa consistenza e rilievo rispetto al nucleo fattuale intorno al qual era stata ricostruita la fattispecie di cui all’art. 633 cod. pen.

1.3. II terzo motivo è del tutto fuori fuoco e generico, deducendo presunti errori di circostanze del tutto marginali che non inficiano la tenuta della sentenza impugnata, né i realtà tale motivo indica in che modo tali errori – uno dei quali evidentemente materiai emergendo pacificamente dalle pronunce di merito la data della revoca dell’autorizzazione parcheggiare risalente all’anno 2013, come ribadita alle pagg. 2 e 5 della stessa sentenza impugnata – abbiano inciso sulla decisione ovvero sul diritto di difesa (così anche per Ia circostanza specifica dell’intestazione del contratto di locazione dello studio professionale del ricorrente che in realtà non è affatto messa in discussione dai giudici di merito; e quanto é cognome dell’imputato si è con separato provvedimento disposta la correzione dell’error materiale).

1.4. Il quarto motivo che mira a porre in dubbio che l’imputato fosse l’effettivo utilizzatore delle autovetture e motociclette con le quali interveniva l’accesso e la sosta no autorizzati nell’area condominiale in questione è aspecifico, non confrontandosi con I puntuale ricostruzione svolta nelle pronunce di merito che in quanto conformi si integrano costituendo un unicum argomentativo, che danno ampiamente conto delle prove dichiarative convergenti sul nucleo essenziale del fatto, e documentali (fotogrammi e verbali di assemblea condominiale) sulla cui base si sono ricostruiti i fatti.

1.5. Il quinto motivo, che lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva per non essersi mai appurato se con riferimento alla missiva inviata nel 2015 a con cui la si invitava a rimuovere l’autovettura, fosse pervenuta una risposta da parte della medesima, è anch’esso del tutto generico non prospettando neppure la decisività di tale circostanza ai fini del decidere.

2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 5/5/2023.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2023.

SENTENZA