REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta da
Dott. Franco DE STEFANO – Presidente –
Dott. Pasquale GIANNITI – Consigliere –
Dott. Marco ROSSETTI – Consigliere –
Dott. Marco DELL’UTRI – Consigliere –
Dott. Irene AMBROSI -Consigliera Rel –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1281/2020 R.G. proposto da
(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), in persona del Segretario Generale e legale rappresentante, rappresentate e difese dagli (omissis) (omissis) (omissis) (omissis);
– ricorrenti –
contro
(omissis) (omissis) (omissis) (già (omissis) (omissis) (omissis) s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, (omissis) (omissis) (omissis) ;
– controricorrenti, ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 3355/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 20/05/2019;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giovanni Battista Nardecchia, il quale ha concluso per iscritto per l’accoglimento del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale;
uditi gli avvocati (omissis) (omissis) per delega, per le parti ricorrenti e (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) per le parti controricorrenti;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/05/2023 dal Consigliere Dott.ssa Irene Ambrosi.
Fatti di causa
1. Con sentenza 3355 del 20 marzo 2014 la Corte d’appello di Roma ha accolto l’impugnazione principale proposta da (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) dal direttore responsabile (omissis) (omissis) e dai giornalisti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) avverso la pronunzia n. 3508 del 17 novembre 2015 del Tribunale della stessa città, – con cui era stata accolta la domanda proposta da (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) condannati i convenuti al risarcimento dei danni subiti da parte attrice, liquidati in euro 25.000,00, ciascuno, e condannati i giornalisti autori degli articoli al pagamento di euro 5.000,00, ciascuno, ai sensi dell’art. 12 L. n. 47 del 1948, per effetto della pubblicazione di quattro articoli sul quotidiano (omissis data 12 e 13 febbraio 2012;
nello specifico:
1) articolo a firma di (omissis) (omissis) dal (omissis) (omissis) (omissis).
Il quotidiano nelle pagg. 1, 2 e 3; medesimo articolo sulla edizione on line con il (omissis) (omissis) vertice segreto (omissis) – norma sospesa per ex precari e nuove aziende“;
2) articolo non firmato dal (omissis) (omissis) conferma il vertice” pubblicato sul sito internet il 12.2.2012;
3) articolo a firma di (omissis) (omissis) dal (omissis) (omissis) (omissis) sera” pubblicato sul (omissis) quotidiano del 13.2.2012 a pag. 1 e 7;
4) articolo a firma di (omissis) dal (omissis) “Il dovere della notizia” pubblicato sul quotidiano del 13.2.2012 a pag. 1 e 26).
Gli articoli richiamati riportavano la notizia dell’avvenuto svolgimento di un presunto “vertice segreto” nei giorni immediatamente precedenti il 12 febbraio 2012 tra il (omissis) della (omissis) (omissis) (omissis) e l’allora (omissis) (omissis) (omissis) incontro separato rispetto alla trattativa unitaria che ci sarebbe stata tra il Governo e le Associazioni sindacali, nel corso del quale, secondo il quotidiano, i due partecipanti avrebbero raggiunto un accordo preliminare che prevedeva la modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto, in particolare, non rispettato il requisito della verità dei contenuti pubblicati, in quanto i convenuti avevano non solo perseverato nell’affermare la veridicità della notizia nonostante le formali smentite, ma anche omesso di indicare la fonte dalla quale proveniva la notizia, impedendo in tal modo il vaglio sulla veridicità del suo contenuto.
Viceversa e per quanto ancora di interesse, la Corte d’appello ha respinto integralmente la domanda proposta dagli attori originari, ritenendo che la notizia del vertice segreto (omissis) (omissis) non fosse apprezzabile in termini di trama segreta portata avanti contemporaneamente al confronto ufficiale tra governo e sindacati ed in contrasto con le posizioni ivi formalmente assunte dal sindacato; nello specifico, il giudice del gravame ha escluso il carattere diffamatorio, affermando la non offensività della notizia in quanto incontri paralleli ed ufficiosi finalizzati a superare ostacoli e ad avvicinare posizioni, possono considerarsi consustanziali all’attività politica senza minare in alcun modo la reputazione e credibilità di un leader sindacale e del sindacato dallo stesso guidato; pertanto, ha motivato in ordine all’insussistenza della lesione rispetto alla reputazione e all’onore degli attori originari, odierni ricorrenti.
2. Avverso la decisione della Corte d’appello di Roma, (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) L. (omissis) hanno proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
Hanno (omissis) con controricorso (omissis) (omissis) (omissis) S.P.A., e (omissis) (omissis) ed i giornalisti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) loro volta proponendo ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Fissata la pubblica udienza ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 (norma la cui operatività è stata prorogata dall’art. 8, comma 8, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (omissis) con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14), parte ricorrente ha fatto richiesta di discussione orale.
Ha depositato conclusioni scritte il Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Le ricorrenti principali denunciano:
1.1. con il primo motivo di ricorso, la nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente e/o contraddittoria e/o obiettivamente incomprensibile e/o contenente affermazioni tra loro inconciliabili in relazione all’art. 360, comma 1, 4 e/o 3 e/o 5, c.p.c. anche in violazione degli artt. 111, comma 6, e 117 Cost. in riferimento agli artt. 6 CEDU, 132, comma 1, n. 4 c.p.c. e 118, disp. att., c.p.c., sotto un duplice profilo da un canto, per mancanza, contraddittorietà o apparenza della motivazione circa l’accertamento secondo il quale la notizia per cui è causa (i.e. il presunto “vertice segreto (omissis) (omissis) non sarebbe «apprezza[bile] […] in termini di trama segreta», e ciò proprio in quanto la stessa sentenza impugnata ha accertato che la notizia ha proprio ad oggetto il verificarsi di un «vertice segreto»; d’altro canto, per aver omesso di giustificare il rilievo (omissis) circa la ritenuta mancanza di «contrasto con le posizioni […] formalmente assunte dal sindacato» del predetto «vertice segreto»;
1.2. con il secondo motivo (facendo riferimento alle stesse norme invocate col primo motivo), per avere la Corte d’appello omesso di prendere in considerazione i fatti storici contestuali alla diffusione della notizia del “vertice segreto”, costituiti sia dalla netta opposizione palesata dalla (omissis) dal suo Segretario nei confronti delle considerazioni svolte dal Governo (omissis) in merito alla modifica dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori sia dalla partecipazione della (omissis) del suo Segretario con le altre associazioni sindacali agli incontri ufficiali con il Governo; le medesime ricorrenti insistono inoltre nell’affermare che l’omesso esame di tali situazioni di fatto non ha (omissis) al giudice di formulare le possibili conseguenze derivanti dalla connessione degli eventi ed in particolare dell’incidenza della segretezza degli incontri sui rapporti con gli iscritti e con le altre sigle sindacali della Confederazione partecipanti agli incontri ufficiali e che soltanto dall’analisi di tali situazioni di fatto risultanti dalla sentenza e dagli atti processuali sarebbe stato infatti poi possibile formulare una piena motivazione fondata su profili argomentativi riconducibili alle vicende oggetto della controversia;
1.3. con il terzo motivo (facendo riferimento alle stesse norme invocate per il primo motivo), la nullità della sentenza laddove la Corte d’appello ha ritenuto non lesiva dell’onore e della reputazione delle ricorrenti odierne la pubblicazione della notizia secondo la quale le stesse avrebbero diffuso un comunicato stampa riferente fatti non veritieri; in particolare, le ricorrenti principali lamentano la mancata motivazione circa la ritenuta carenza di carattere oggettivamente diffamatorio dell’articolo oggetto di causa con il quale era stata data notizia della smentita da parte della CGIL del “vertice segreto”, accompagnandola con la pubblicazione di un’ulteriore notizia che affermava la veridicità del vertice segreto e, quindi, la falsità della smentita dichiarata da CGIL; inoltre, la violazione o falsa applicazione degli artt. 21 Cost., 2043 e 2059 c.c. e 595 c.p.. per avere la sentenza escluso il carattere diffamatorio dell’articolo con cui la controparte ha pubblicato la notizia della smentita del vertice segreto da parte di CGIL accompagnandola con altra notizia che dichiarava la veridicità di tale vertice segreto e quindi la falsità della smentita;
1.4. con il quarto motivo, la nullità della sentenza impugnata con riferimento all’art. 360, 1°, n. 3, c.p.c. perché la Corte d’appello, in violazione degli artt. 21 Cost., 2043 e 2059 c.c. e dell’art. 595 c.p., ha erroneamente ritenuto non illecita, in quanto non oggettivamente diffamatoria, la notizia della condotta di un leader sindacale del sindacato da lei guidato, antitetica rispetto alle proprie convinzioni politiche professate pubblicamente;
1.5. con il quinto motivo di ricorso principale, la nullità della sentenza impugnata con riferimento all’art. 360, 1°, n. 3, c.p.c. perché la Corte territoriale, in violazione dell’art. 8, l. 8 febbraio 1948, n. 47, ha omesso di rilevare che la pubblicazione della rettifica era accompagnata da notizia che ne affermava la non rispondenza al vero e, pertanto, ha accresciuto la lesione, o addirittura, l’ha provocata.
2. I ricorrenti incidentali lamentano con l’unico motivo, in relazione all’art. 360 1°, n. 3, c.p.c., la violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché la nullità parziale della sentenza per omessa pronuncia sulla specifica domanda, precisamente formulata in grado d’appello, di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza provvisoriamente esecutiva in primo grado, in ogni caso senza motivare tale statuizione.
3. Per motivi di ordine logico, va esaminato con precedenza il ricorso principale: di cui sono complessivamente fondati i cinque motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per intrinseca connessione, sia pure nei limiti e in ragione delle seguenti considerazioni.
3.1. Osserva il Collegio, in via preliminare, che non viene in rilievo la riconsiderazione della valutazione, operata dalla corte territoriale, degli elementi di prova raccolti: questa, naturalmente, costituendo parte essenziale del giudizio di merito, non è rinnovabile in questa sede; e tuttavia va rilevato che la gravata sentenza ha compiuto un duplice errore di diritto (cfr. tra tante, da ultimo: Sez. 3, 09/06/2022 n. 18631).
In primo luogo, sul metodo da utilizzare al fine della corretta valutazione del materiale probatorio, la cui incongruità deve essere in questa sede rilevata: acquisita una pluralità di elementi che costituiscono indici rilevanti, per stessa (omissis) affermazione e considerazione del giudice di merito circa la configurabilità di una determinata situazione produttiva di ricadute giuridicamente rilevanti, essi non possono essere poi presi in considerazione atomisticamente, ma devono essere considerati nella loro unitarietà e nella loro interazione l’uno con l’altro.
In secondo luogo, in ordine alla sussistenza, nella fattispecie in esame, dei requisiti di struttura del danno da diffamazione a mezzo stampa nonché degli elementi della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie, in relazione al «giudizio sulla congruità, sulla adeguatezza e sull’assenza di vizi logici della motivazione che sorregge la decisione finale» (Cass. Sez.U., n. 24647/2016), da riferirsi necessariamente al contesto fattuale come ricostruito.
Al riguardo, va evidenziato che a seguito della riformulazione del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., disposta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, (omissis) dalla legge 7 agosto 2012, 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012 e dunque, anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame), il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al c.d. “minimo costituzionale”, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conf.; da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090).
Questo vizio è riscontrabile nel caso di specie, atteso che la motivazione della sentenza impugnata si caratterizza per una irriducibile contraddittorietà interna e risulta viziata per il carattere obiettivamente apparente di alcuni rilevanti passaggi.
3.2. Nello specifico, un primo passaggio argomentativo che si caratterizza per contraddittorietà interna è quello in cui la Corte territoriale ha premesso di dover vagliare prioritariamente il carattere di offensività della comunicazione de qua, rispetto a quello della esistenza della scriminante del legittimo esercizio del diritto di critica (che richiede il vaglio dei requisititi di verità, rilevanza e continenza), argomentazione con cui preannuncia la valutazione atomistica degli elementi del fatto illecito lamentato, tanto è che la Corte territoriale, escluso il carattere oggettivamente diffamatorio degli articoli pubblicati, ha ritenuto, nella parte conclusiva della motivazione, il venire meno della stessa esigenza di accertamento della veridicità della notizia circa l’incontro tra (omissis) la (omissis)
Un secondo passaggio motivazionale, caratterizzato da elementi del tutto privi di idoneità ad integrare una ragionevole motivazione, è quello utilizzato dalla Corte d’appello per escludere l’oggettiva lesività della pubblicazione, a mente del quale ha ritenuto che «non si apprezza, per come (omissis) con ricorso, ad un registro (omissis) mai denigratorio o allusivo (come del resto rilevato dallo stesso Tribunale), in termini di trama segreta portata avanti in contemporanea con il confronto ufficiale tra governo e sindacati e in contrasto con le posizioni ivi formalmente assunte dal sindacato», argomentazione che viene ritenuta compatibile «con la notizia della esistenza di un incontro informale, non ufficiale, riservato, tra (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) su iniziativa di quest’ultimo, al fine di tentare un superamento della situazione di contrasto sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (un faccia a faccia per sbloccare la trattativa e dare uno sbocco alla riforma del mercato del lavoro articolo (omissis) (omissis))» (pag. 5 della motivazione della sentenza impugnata).
A corollario di tale argomentazione la Corte d’appello di Roma ha aggiunto che il termine «compromesso» che compare nell’articolo non aveva la valenza negativa e disdicevole attribuitagli in prime cure dal Tribunale «vieppiù in un contesto di tipo politico o sindacale», riferendosi l’articolo medesimo ad un «confronto serrato diretto, termini che sono antitetici con l’idea di una trama nascosta e proditoria rispetto agli interessi degli aderenti al sindacato», osservando, in proposito, che detta notizia «non pare (.) minare la reputazione e credibilità della (omissis) e del sindacato dalla stessa guidato, poiché incontri paralleli e ufficiosi finalizzati a superare ostacoli e ad avvicinare posizioni, possono considerarsi consustanziali alla attività politica e che, nella specie, vedeva il coinvolgimento del sindacato nelle decisioni del governo sulla riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
E ciò soprattutto se si tiene conto che la notizia apparsa sul quotidiano (omissis) del (omissis) è stata correttamente seguita da pronta pubblicazione della smentita di cui alla nota congiunta di (omissis) nell’ambito del successivo articolo comparso nell’edizione on line del quotidiano dello stesso giorno e nei due articoli del giorno successivo – ove il giornale confermava tuttavia la veridicità della stessa» (pagg. 6 e 7 della motivazione della sentenza impugnata).
3.3. Nei suoi tratti principali la motivazione sopra riportata appare obiettivamente apparente e caratterizzata dall’omesso necessario esame complessivo della potenzialità diffamatoria della pubblicazione di una notizia falsa o non verificabile in merito ad una linea sindacale di condotta politica assunta in un particolare momento storico da un sindacato, che viene affiancata, nelle pubblicazioni de quibus, alla posizione ufficiale, diversa e contrastante, in contrapposizione al rigore nella difesa di quest’ultima e all’importanza della coerenza con essa, sottolineata sia dalla segretaria del sindacato sia dal sindacato medesimo, inducendo intuitivamente una valutazione di chiara incoerenza, di singolare gravità in relazione al contesto ed alle qualifiche soggettive degli interessati: giacché, se non altro in tesi, la confutazione della linea di rigore in base a notizie non vere o non verificabili, potrebbe integrare gli estremi di una diffamazione per denigrazione, non rilevando, di per sé solo, che un incontro riservato si riesca a dire connaturale ad un normale confronto a livello lato sensu politico.
Difatti, non è possibile estendere, puramente e semplicemente, la valutazione di normalità di incontri riservati pure al caso di una notizia smentita dagli interessati e, soprattutto, in un contesto caratterizzato dalle qualità soggettive di almeno alcuni di questi, fortemente connotate dall’esigenza di pubblica coerenza e rigore nella linea di condotta nelle trattative con la controparte.
L’apparenza, sotto il profilo dell’incongruenza tra premesse e conclusioni (Cass. sez. 3, sent. 05/07/2017, n. 16502) della motivazione in esame, risulta altresì da una serie di ulteriori considerazioni:
– le argomentazioni utilizzate appaiono del tutto inconciliabili con la rilevanza probatoria del dato, costituito dal giudizio di veridicità effettiva o putativa della notizia relativa al vertice segreto tra (omissis) (omissis) per come risultante dal (omissis) e dal contenuto degli articoli pubblicati, esame sul quale la Corte territoriale ha premesso di soprassedere per esaminare prioritariamente il carattere offensivo degli articoli medesimi, per poi comunque riesaminarlo, al solo dichiarato fine di escludere la lesività della notizia rispetto all’onore e alla reputazione degli originari attori, dando conto della smentita pubblicata prontamente negli articoli comparsi lo stesso giorno e pubblicati in quello successivo, mediante i quali tuttavia, e contemporaneamente, si insisteva in merito alla veridicità della notizia, e cioè, che si fosse tenuto un incontro segreto (pagg. 5 e 7 della motivazione della sentenza impugnata);
– dalla circostanza, del tutto obliterata dalla Corte territoriale, per come emersa nella sentenza di prime cure e prospettata dalle parti come circostanza pacifica, del contesto politico e sociale in cui si collocava la pubblicazione degli articoli de quibus, caratterizzato dalla posizione critica e di ferma opposizione assunta dalla CGIL rispetto alla ipotesi di riforma dello Statuto dei lavoratori e dal significato che la partecipazione della CGIL ad un vertice segreto, ad un incontro non ufficiale, potesse assumere agli occhi delle altre componenti sindacali e degli stessi iscritti al sindacato, a maggior ragione a volere correttamente rilevare l’importanza attribuita dall’organizzazione sindacale e dalla sua segretaria generale alla coerenza con tale linea;
– dalla contemporanea pubblicazione, oltre alla smentita, di una ulteriore notizia che confermava, apoditticamente e senza indicazione di riscontri, la veridicità del vertice segreto (e quindi la falsità della smentita medesima), fatti il cui significato la Corte territoriale ha immotivatamente svalutato, affermando: «ove il giornale confermava, tuttavia, la veridicità della stessa, escludendo che fosse stata inventata per forzare la mano con riferimento al confronto in atto, come adombrato dalla (omissis) (si veda l’articolo di (omissis) pag. 7 della sentenza impugnata).
3.4. In definitiva, la sentenza impugnata va cassata poiché non si è attenuta al seguente principio di diritto: «è apparente, in quanto atomistica ed intrinsecamente contraddittoria o comunque frutto di insanabile incongruenza logica con le premesse, la motivazione che esclude la valenza diffamatoria della notizia, pur smentita dagli interessati, di una condotta riservata tenuta da un’organizzazione sindacale e dalla sua segretaria generale, in aperto ed inconciliabile contrasto con la linea ufficiale di critica e ferma opposizione nella trattativa in corso con il Governo, senza tener conto della valenza attribuita dallo stesso sindacato al rigore nella coerente difesa di tale linea e della confutazione di tale linea di rigore, avvenuta in base a notizie non vere o non verificabili».
4. In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto nei limiti e secondo le considerazioni sopra meglio indicate, mentre dall’accoglimento del ricorso principale discende l’assorbimento dell’unico motivo di ricorso incidentale, siccome relativo alla restituzione di somme invocata in base alla sentenza di appello; per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata e rinviata la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà secondo i principi sopra enunciati, nonché sulle spese del giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte accoglie il ricorso principale nei limiti e secondo le considerazioni indicate in motivazione, assorbito il ricorso incidentale; per l’effetto, cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2023.