Ciclomotore non assicurato: l’assicurazione risarcì la vittima. Il proprietario e il conducente, del ciclomotore, condannati a risarcire l’assicurazione (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 17 dicembre 2021, n. 40592).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19112-2019 proposto da:

(OMISSIS) PIETRO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato UBALDO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO (OMISSIS) (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

(OMISSIS) BERNARDO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA (OMISSIS) 26, presso lo studio dell’avvocato DANIELA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO (OMISSIS) (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 527/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 07/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. Il 17 aprile 2008 Floriana (OMISSIS), trasportata su un ciclomotore privo di copertura assicurativa di proprietà di Bernardo (OMISSIS) e condotto da Pietro (OMISSIS), patì lesioni personali in conseguenza d’un sinistro stradale.

La società Fondiaria Sai s.p.a. (che in seguito muterà ragione in UnipolSai s.p.a., e come tale sarà d’ora innanzi indicata), nella veste di impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, risarcì la vittima con la somma di euro 130.000.

2. Nel 2012 la UnipolSai chiese ed ottenne dal Tribunale di Firenze un decreto ingiuntivo nei confronti dei suddetti Bernardo (OMISSIS) e Pietro (OMISSIS), per l’importo di euro 130.000 oltre accessori.

A fondamento del ricorso monitorio la società assicuratrice invocò il proprio diritto di rivalsa nei confronti dei responsabili del sinistro.

3. Bernardo (OMISSIS) (come s’è detto, il proprietario del ciclomotore) propose opposizione al decreto ingiuntivo, contestualmente chiamando in causa Pietro (OMISSIS) (come s’è detto, il conducente del ciclomotore).

Il ricorso non indica i motivi dedotti a fondamento dell’opposizione.

Pietro (OMISSIS) si costituì, allegando di non aver mai ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo.

4. Con sentenza 19 novembre 2015 n. 4704 il Tribunale di Firenze rigettò l’opposizione.

Inoltre, accogliendo la domanda di garanzia formulata da Bernardo (OMISSIS), condannò Pietro (OMISSIS) a rifondere a quest’ultimo la metà delle somme che fosse stato costretto a pagare alla UnipolSai.

5. La sentenza di primo grado venne appellata con separati atti di gravame tanto da Pietro (OMISSIS), quanto da Bernardo (OMISSIS).

Ambedue gli appellanti si dolsero del rigetto delle eccezioni di incompetenza per territorio e prescrizione.

Allegarono altresì vari errores in procedendo che, secondo la prospettazione di parte, avrebbero dovuto comportare la dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo.

6. Con sentenza 7 marzo 2019 n. 527 la Corte d’appello di Firenze rigettò tutte le impugnazioni.

La Corte d’appello ritenne che:

-) il decreto ingiuntivo era diventato inoppugnabile nei confronti di Pietro (OMISSIS), poiché questi non aveva proposto alcuna valida opposizione al decreto ingiuntivo, né tempestiva, né tardiva; in particolare, secondo la Corte d’appello, non costituivano una opposizione tardiva” ex articolo 650 c.p.c. le difese svolte da Pietro (OMISSIS) in conseguenza della sua chiamata in causa da parte di Bernardo (OMISSIS);

-) la costituzione di Pietro (OMISSIS) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo incardinato da Bernardo (OMISSIS) andava qualificata come “intervento adesivo dipendente”, con la conseguenza che Pietro (OMISSIS) non era legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado;

-) correttamente la UnipolSai aveva richiesto il decreto ingiuntivo al Tribunale di Firenze, in quanto il credito da essa vantato aveva ad oggetto una obbligazione pecuniaria, che andava adempiuta al domicilio del creditore;

-) il credito di rivalsa dell’impresa designata nei confronti dei responsabili d’un sinistro causato da veicolo non assicurato era soggetto al termine di prescrizione decennale, nel caso di specie non trascorso;

-) tanto il proprietario, quanto il conducente del veicolo erano obbligati in solido nei confronti dell’impresa designata;

-) Bernardo (OMISSIS), proprietario del mezzo, non aveva fornito sufficiente prova del fatto che questo circolasse contro la sua volontà;

-) la circostanza che la vittima al momento del sinistro non avesse il casco era irrilevante, dal momento che la circolazione in condizioni di menomata sicurezza era stata pur sempre consentita dal conducente, e tale omissione del conducente “si riverbera anche in danno del proprietario”;

-) i motivi di gravame concernenti il quantum pagato dalla UnipolSai alla vittima erano inammissibili perché nuovi ex articolo 345 c.p.c..

7. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale da Pietro (OMISSIS) con ricorso fondato su cinque motivi, ed in via incidentale da Bernardo (OMISSIS) con ricorso fondato anch’esso su cinque motivi.

La UnipolSai ha resistito con separati atti alle due impugnazioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale di Pietro (OMISSIS).

Col primo motivo del ricorso principale Pietro (OMISSIS) lamenta la violazione dell’articolo 1182 c.c.. Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto sussistente la competenza ratione loci del Tribunale di Firenze ad emettere il decreto ingiuntivo richiesto dalla UnipolSai.

Deduce l’appellante che all’epoca dei fatti ha società dante causa della UnipolSai (e cioè la Fondiaria-Sai s.p.a.) aveva sede a Torino, e quello dunque doveva essere il locus destinatae solutionis, per i fini di cui all’articolo 1182 c.c..

1.1. Il motivo è infondato.

Il luogo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie liquide ed esigibili è il domicilio del creditore (art. 1182 c.c.).

Ma quando creditore sia una società commerciale, a tal fine rileva sia la sede sociale, sia il luogo ove il creditore abbia un rappresentante abilitato a stare in giudizio.

Nel caso di specie la Corte d’appello ha affermato che la Fondiaria-Sai all’epoca dei fatti avesse in Firenze una “direzione generale” (e quindi un rappresentante legittimato a stare in giudizio, ex art. 2203, comma secondo, c.c.). L’art. 1182 c.c., dunque, non è stato violato.

Lo stabilire poi se davvero in Firenze la Fondiaria-SAI avesse un direttore generale è questione non affrontata dal ricorso, e comunque concernente una questione di puro fatto, come tale non prospettabile in questa sede.

2. Il secondo motivo del ricorso principale investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’impugnazione proposta da Pietro (OMISSIS).

Esso, se pur formalmente unitario, contiene in realtà tre diverse censure così riassumibili:

a) la Corte d’appello ha errato nel rilevare d’ufficio che il decreto ingiuntivo chiesto dalla UnipolSai fosse divenuto definitivo per mancata opposizione da parte di Pietro (OMISSIS); tale circostanza infatti non era mai stata dedotta da alcuna delle parti, con la conseguenza che sulla tempestività dell’opposizione si era “formato il giudicato interno”;

b) la Corte d’appello ha trascurato di considerare che il decreto ingiuntivo chiesto dalla UnipolSai non era mai stato validamente notificato a Pietro (OMISSIS);

c) la Corte d’appello ha errato nell’escludere che la costituzione in giudizio di Pietro (OMISSIS), in conseguenza della sua chiamata in causa nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto da Bernardo (OMISSIS), potesse qualificarsi come una valida opposizione tardiva.

2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza. O, quanto meno, per difettosa esposizione, nel ricorso, di quale possa essere la sua rilevanza.

Si consideri infatti che, secondo quanto riferito dalla sentenza impugnata (p. 3), Pietro (OMISSIS) col proprio atto d’appello impugnò la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva:

a) ritenuto competente per territorio il Tribunale di Firenze;

b) rigettato l’eccezione di prescrizione del diritto vantato dalla UnipolSai;

c) ripartito al 50% fra i due coobbligati il debito solidale;

d) rigettato la sua opposizione a decreto ingiuntivo.

La Corte d’appello di Firenze, dopo aver ritenuto che Pietro (OMISSIS) non avesse mai proposto alcuna valida opposizione al decreto ingiuntivo, ha comunque esaminato sia la questione della prescrizione, sia la questione della competenza, sia la questione del rapporto interno tra i due coobbligati: le prime due previa qualificazione come “impugnaone adesivd‘ dell’appello di Pietro (OMISSIS) (pp. 6-7 della sentenza impugnata); la terza perché trattavasi di questione che ovviamente prescindeva dalla tempestività dell’opposizione a decreto ingiuntivo.

2.2. Ciò vuol dire che tutte le questioni di merito sottoposte da Pietro (OMISSIS) alla Corte d’appello col suo gravame (incompetenza, prescrizione, regresso fra coobbligati) sono state esaminate.

Ne consegue che un eventuale errore della Corte d’appello nel reputare non validamente opposto il decreto ingiuntivo da parte di Pietro (OMISSIS) è stato privo di conseguenze svantaggiose per l’odierno ricorrente, e questi non ha interesse ad impugnare su questo punto la sentenza d’appello.

Il ricorrente, infatti, nel ricorso non riferisce affatto di avere mosso, avverso la pretesa della UnipolSai, eccezioni ulteriori e diverse rispetto a quelle esaminate e decise dalla Corte d’appello (e cioè, come s’è detto: competenza, prescrizione, riparto dal lato interno dell’obbligazione solidale).

Delle due, pertanto, l’una: se in primo grado Pietro (OMISSIS) contestò le pretese della UnipolSai sollevando unicamente le eccezioni di incompetenza e prescrizione, tali questioni sono state reputate ammissibili ed esaminate anche dalla Corte d’appello, e il giudizio di “inammissibilità del gravame” da questa formulato fu privo di conseguenze svantaggiose per l’odierno ricorrente.

Se, per contro, Pietro (OMISSIS) nel costituirsi in primo grado ebbe a sollevare ulteriori eccezioni avverso la pretesa della UnipolSai, di queste non si fa cenno né sunto alcuno nel ricorso: e la violazione dell’onere di completezza e specificità, richiesto dall’art. 366, n. 6, c.p.c., rende inammissibile su questo punto il motivo di ricorso qui in esame.

3. Col terzo motivo il ricorrente formula una censura così riassumibile:

-) il decreto ingiuntivo non era mai stato notificato a Pietro (OMISSIS);

-) di conseguenza la UnipolSai, nel giudizio di primo grado, non avrebbe potuto limitarsi a chiedere la “conferma” del decreto ingiuntivo, ma avrebbe dovuto invocare dal Tribunale un esame pieno nel merito del rapporto giuridico controverso;

-) la Corte d’appello avrebbe perciò “pronunciato ultra petita” perché, invece di dichiarare inefficace per difetto di notifica il decreto ingiuntivo, si limitò a “confermarlo”.

3.1. Il motivo è inammissibile per più motivi.

3.2. In primo luogo è inammissibile ex articolo 366, n. 6, c.p.c..

Il ricorso, infatti, non riassume né trascrive il contenuto della comparsa di costituzione e risposta depositata dalla UnipolSai in primo grado, né il contenuto della comparsa di costituzione depositata da Pietro (OMISSIS) in primo grado.

Ma colui il quale lamenta in sede di legittimità un vizio di ultrapetizione propone una censura che “si fonda” (per usare le parole della legge) sull’atto di parte contenente le domande che si assumono indebitamente ampliate dal giudice.

E quando un ricorso si fonda su un atto processuale, l’art. 366 n. 6 c.p.c. – così come costantemente interpretato da questa Corte – impone al ricorrente di trascriverne od almeno riassumerne il contenuto.

3.3. In secondo luogo la circostanza che il giudice dell’opposizione a decreto non si avveda della nullità dello stesso per vizio di notifica non costituisce un vizio di ultrapetizione, ma un vizio di merito.

3.4. In terzo luogo, il processo civile non è una legis actio sacramenti, e le domande e le eccezioni in esso proposte non richiedono affatto l’uso di formule sacramentali.

Esse vanno interpretate alla luce dei complessivi argomenti che le sorreggono, e non di questa o quella singola espressione, eventualmente anche impropria o malaccortamente impiegata.

Nel caso di specie, il processo concluso dalla sentenza qui impugnata aveva ad oggetto una domanda di rivalsa dell’impresa designata; il debitore la contestò, e il giudice la reputò fondata: è dunque arduo comprendere in cosa sia consistita l’ultrapetizione.

4. Col quarto motivo il ricorrente principale deduce che erroneamente la Corte d’appello avrebbe rigettato l’eccezione di prescrizione.

Sostiene che il credito della UnipolSai era soggetto ad una prescrizione di due anni, qualora si volesse applicare il termine prescrizionale dettato per i crediti scaturenti da sinistri stradali (articolo 2947 c.c.); oppure di un solo anno, qualora si volesse applicare la regola dettata per i contratti di assicurazione (articolo 2952 c.c.).

Nell’uno, come nell’altro caso, tali termini erano già spirati al momento del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo da parte della Unipolsai.

4.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo le norme sul contratto di assicurazione sono richiamate del tutto a sproposito, in quanto fra l’impresa designata e il responsabile non esiste alcun contratto di assicurazione, né l’impresa designata, in tale sua veste, svolge alcuna attività assicurativa.

In secondo luogo, quale che fosse la qualifica che si volesse attribuire al diritto di rivalsa spettante all’impresa designata (surrogazione ex art. 1203 o 1916 c.c.; oppure regresso ex art. 1299 c.c.) la prescrizione comunque non potrebbe mai essere né biennale, né quinquennale, in quanto:

a) se si ritiene che la rivalsa di cui all’art. 293 cod. ass. appartenga al genus della surrogazione ex art. 1203 c.c. (e dunque che l’impresa designata, quando eserciti la rivalsa, faccia valere lo stesso diritto originariamente sorto in capo alla vittima), prescrizione non vi fu perché sussistendo il reato di lesioni colpose al credito risarcitorio s’applicava il termine prescrizionale di sei anni ex art. 2947, comma terzo, c.c.;

b) se si ritiene che la rivalsa di cui all’art. 293 cod. ass. appartenga al genus del regresso (e dunque che l’impresa designata, quando eserciti la rivalsa, faccia valere un diritto nuovo, sorto dal pagamento dell’indennizzo in favore del danneggiato), prescrizione non vi fu perché in questo caso il credito scaturirebbe dalla legge, e sarebbe soggetto al termine ordinario decennale di prescrizione.

5. Col quinto motivo il ricorrente principale prospetta sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo.

Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che, sotto il profilo interno dell’obbligazione solidale, questa si dovesse ripartire in pari misura tra i due debitori.

Deduce che il mezzo da lui condotto al momento del sinistro era stato chiesto in prestito al proprietario, e questi glielo concesse senza informarlo della scopertura assicurativa; e che se egli avesse conosciuto tale circostanza, si sarebbe astenuto dal circolare con quel veicolo.

Aggiunge, in buona sostanza, che erroneamente il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del suo “affidamento” circa l’esistenza di una valida copertura assicurativa, affidamento che si sarebbe dovuto desumere dalle circostanze emerse dalla prova testimoniale.

5.1. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo lo stabilire quali circostanze di fatto siano emerse dall’attività istruttoria è questione riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo l’articolo 122 del codice delle assicurazioni addossa l’obbligo di stipulare un’assicurazione della responsabilità civile non al proprietario, ma a “chiunque” metta in circolazione un veicolo a motore senza guida di rotaie.

Pertanto l’eventuale “affidamento” del conducente sul fatto che il proprietario abbia stipulato una assicurazione della r.c.a. è irrilevante ai fini dell’esclusione della responsabilità del primo verso i terzi danneggiati e verso l’impresa designata, dal momento che è preciso dovere di chi circola accertarsi dell’esistenza della copertura assicurativa.

6. Il ricorso incidentale di Bernardo (OMISSIS).

Il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale di Bernardo (OMISSIS) ripropongono i temi già esaminati dell’incompetenza e della prescrizione, e sono infondati per i medesimi motivi già indicati supra, rispettivamente ai §5 1.1 e 4.1..

7. Col terzo motivo il ricorrente incidentale sostiene che l’impresa designata, nel caso abbia indennizzato la vittima di un sinistro provocato da veicoli non assicurati, ha azione di rivalsa ex articolo 292 cod. ass. nei confronti del solo conducente, e non del proprietario, perché solo il primo è quegli che ha “materialmente provocato l’incidente”.

7.1. Il motivo è infondato.

L’articolo 292 cod. ass. accorda all’impresa designata il diritto di rivalsa nei confronti “dei responsabili”, ed il plurale non consente dubbi sul fatto che la suddetta rivalsa spetterà all’impresa designata nei confronti tanto del conducente, quanto del proprietario.

8. Col quarto motivo il ricorrente incidentale lamenta la violazione dell’articolo 1227 c.c..

Deduce che la vittima, omettendo di fare uso del casco, aveva concausato a se stessa il danno.

Di conseguenza la UnipolSai, risarcendo quest’ultimo integralmente, aveva pagato più del dovuto, e non poteva pretendere di ripetere dei responsabili civili l’intera somma.

8.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non spiega la decisività e la rilevanza, ai fini del risarcimento, della circostanza dell’omesso uso del casco da parte della vittima.

In particolare, nulla riferisce né sulla dinamica del sinistro, né sulle lesioni patite dalla vittima, e ciò non consente di stabilire se l’eccezione di omesso uso del casco fosse astrattamente idonea a determinare un diverso esito della lite.

È infatti evidente che, se la vittima fu risarcita per avere subito – poniamo – lesioni agli arti inferiori, l’omesso uso del casco sarebbe stato del tutto irrilevante.

9. Col quinto motivo il ricorrente incidentale lamenta la violazione sia dell’articolo 112 c.p.c., sia di cinque diverse norme del codice civile.

Al di là di tali riferimenti normativi, non tutti pertinenti, nell’illustrazione del motivo si espone una censura così riassumibile:

-) il giudice di primo grado aveva ritenuto che tanto il proprietario del veicolo, quanto il conducente, fossero responsabili in pari misura del sinistro;

-) tale statuizione era stata impugnata da Bernardo (OMISSIS), il quale sosteneva che Pietro (OMISSIS) doveva essere condannato a tenerlo indenne di tutte le somme che avrebbe pagato alla UnipolSai, e non solo del 50% di esse;

-) su tale motivo di gravame la Corte d’appello nulla aveva stabilito.

9.1. Il ricorrente si prefigura, poi in via subordinata, l’eventualità che la Corte d’appello abbia deciso implicitamente sul motivo di gravame concernente il riparto delle responsabilità tra i due condebitori, rigettandolo.

Se fosse corretta tale interpretazione della sentenza d’appello, prosegue il ricorrente incidentale, quest’ultima sarebbe comunque erronea.

La condotta che causò il sinistro, infatti, fu quella del conducente, non certo quella del proprietario.

Di conseguenza, nel rapporto interno tra i due, solo il primo doveva essere condannato a rivalere per intero il secondo.

9.2. Nella parte in cui prospetta il vizio di omessa pronuncia il motivo è infondato: la Corte d’appello, infatti, ha espressamente affrontato la questione a pagina 9, paragrafo 7, della propria sentenza.

9.3. Nella parte in cui lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto insufficiente la prova della circolazione probibente domino, il motivo è inammissibile perché censura un apprezzamento di fatto e la valutazione delle prove.

9.4. Nella parte in cui sostiene che, nel caso di sinistro stradale causato da veicoli non assicurati, il proprietario ha diritto di essere tenuto indenne integralmente dal conducente, per tutte le somme che dovesse pagare al terzo responsabile, il motivo è del pari infondato.

Il proprietario di un veicolo a motore risponde dei danni causati dalla circolazione del veicolo, in solido col conducente, nei confronti dei terzi danneggiati (articolo 2054, terzo comma, c.c.).

Storicamente la responsabilità del proprietario in solido col conducente venne introdotta dal legislatore a tutela del terzo danneggiato (art. 120, comma terzo, r.d. 8.12.1933 n. 1740, recante l’approvazione del codice della strada), sul presupposto implicito che, in quegli anni ormai remoti, di norma il proprietario di un veicolo a motore dovesse presumersi titolare di più larghi mezzi, rispetto al conducente, per far fronte all’obbligazione risarcitoria.

Il proprietario d’un veicolo a motore, dunque, venne costituito garante per legge del debito risarcitorio gravante sul conducente, scaturente da una condotta di guida imperita o imprudente.

In questi casi, pertanto, è conforme alla ratio della legge che, dal lato interno dell’obbligazione solidale, al proprietario sia concesso un regresso integrale verso il conducente per le somme pagate al terzo danneggiato.

Le conclusioni mutano quando il sinistro sia stato causato da un veicolo non assicurato, e debba discutersi non già dell’obbligazione solidale del conducente e del proprietario verso il terzo danneggiato, ex art. 2054, comma terzo, c.c., ma della diversa obbligazione solidale del conducente e del proprietario verso l’impresa designata, ex art. 292 cod. a s s..

9.4.1. Il debito solidale del conducente e del proprietario verso il terzo danneggiato nasce dalla commissione d’un fatto illecito consistito nella guida malaccorta del mezzo, della quale il conducente risponde come autore, e il proprietario come garante ope legis, per quanto detto.

9.4.2. Il debito solidale del conducente e del proprietario verso l’impresa designata, invece, sorge dalla violazione dell’obbligo assicurativo, violazione la quale è parimenti imputabile tanto al proprietario, quanto al conducente.

Rispetto a tale obbligazione, pertanto, in assenza di circostanze specifiche del tutto peculiari (ad es., la simulazione dell’avvenuta stipula della polizza, dimostrata mediante l’esibizione di documenti falsi), che nel caso di specie nessuna delle parti ha mai prospettato, l’obbligazione solidale del conducente e del proprietario nei confronti dell’impresa designata dovrà gravare su tutti e due, giacché ciascuno ha dato luogo, con la propria omissione, all’insorgenza del debito comune verso l’impresa designata.

Lo stabilire, poi, in che misura debba avvenire il riparto, è questione che andrà valutata ai sensi dell’art. 2055 c.c., e comunque non sollevata in questa sede.

10. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.

P.q.m.

(-) rigetta il ricorso principale;

(-) rigetta il ricorso incidentale;

(-) condanna Bernardo (OMISSIS) e Pietro (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;

(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria, il 17 dicembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.