REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. GASTONE ANDREAZZA – Presidente –
Dott. GIOVANNI LIBERATI – Consigliere –
Dott. VITTORIO PAZIENZA – Consigliere –
Dott. MARIA BEATRICE MAGRO – Relatore –
Dott. VALERIA BOVE – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(omissis) (omissis), nato a (omissis) il x/x/19xx;
avverso l’ordinanza del 17/4/2024 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giovanni Liberati;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Valentina Manuali, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 aprile 2024 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di (omissis) (omissis) volta a ottenere la riduzione della confisca disposta a suo carico dal medesimo Tribunale con ordinanza del 24 gennaio 2023, con riferimento alla condanna dello stesso (omissis) per il reato di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 74 del 2000, divenuta irrevocabile il 12 febbraio 2021, reputando irrilevante, rispetto alla confisca del profitto di tale reato, l’accordo di ristrutturazione del debito tributario intervenuto tra il debitore e l’Amministrazione finanziaria, in quanto non assimilabile al pagamento di tale debito, unica condotta ritenuta rilevante ai fini della riduzione dell’importo della confisca del profitto del reato.
2. Avverso tale ordinanza il condannato (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato (omissis) (omissis), che lo ha affidato a un unico motivo, con il quale ha denunciato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza di rigetto della richiesta di riduzione della confisca, nella parte in cui si afferma che soltanto l’integrale pagamento del debito tributario potrebbe condurre alla non operatività della confisca.
In particolare, il ricorrente ha censurato la motivazione di detta ordinanza nella parte in cui non è stata ritenuta rilevante la riduzione del debito tributario (avvenuta tramite accordo di ristrutturazione del debito incidente sull’entità dello stesso), al fine di rideterminare il profitto del reato e il conseguente ammontare della confisca, evidenziando come tale omessa considerazione determini anche una violazione del principio di proporzionalità tra la misura ablatoria e i diritti del condannato.
Ha sottolineato anche la rilevanza attribuita dal legislatore agli accordi di rateizzazione del debito, costituenti cause di non punibilità secondo quanto previsto dal d.l. 34/2023, ribadendo come il mantenimento della originaria misura della confisca determinerebbe una inammissibile duplicazione sanzionatoria a carico del condannato.
3. Il Procuratore Generale ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, sottolineando che il perfezionamento di un accordo per la ristrutturazione del debito tributario non può esplicare la propria incidenza nel solo ambito amministrativo o tributario, ma assume rilevanza anche in sede penale, incidendo anche sul profitto del reato; pertanto, l’esecuzione della confisca nella sua misura iniziale, nonostante l’avvenuta ristrutturazione del debito tributario, darebbe luogo a una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio di proporzionalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Va, in premessa, richiamato il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, attraverso una verifica che può sovrapporsi e anche entrare in contraddizione con quella eventualmente compiuta dal giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (Sez. 3, n. 24225 del 14/03/2023, Rossi, Rv. 284693; Sez. 3, n. 28710 del 19/04/2017, Mantellini, Rv. 270476; v. anche Sez. 5, n. 40412 del 13/06/2019, Tirozzi, Rv. 277120 – 01).
Tuttavia, è innegabile che il raggiungimento di un accordo con l’Amministrazione finanziaria non può ritenersi produttivo di effetti solo in ambito amministrativo, essendo, invece, necessario verificare la sua incidenza anche nell’ambito penale, onde attribuirgli, in determinati casi, rilevanza nella determinazione dell’imposta evasa e, quindi, incidenza sul quantum del profitto del reato confiscabile, in via diretta o per equivalente (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016, Tomasi Canovo, Rv. 265843; Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409; Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Cavatorta, Rv. 258903).
Nei casi di ammissione del debitore alla sola rateizzazione del debito tributario la giurisprudenza di legittimità, con orientamento consolidato, ha costantemente affermato che la mera ammissione a un piano di rateizzazione non è sufficiente a legittimare una richiesta di revoca o riduzione della confisca, essendo necessario un quid plurís, costituito dal pagamento (integrale o parziale) del debito tributario (Sez. 3, n. 33602 del 24/04/2015, Pastore, Rv. 265043).
La ratio delle norme che prevedono la confisca per equivalente del profitto dei reati tributari impone, infatti, di ritenere che solo l’adempimento dell’obbligazione tributaria possa far venir meno la ragione giustificatrice della misura ablatoria, non rilevando, quindi, ai fini della revoca della misura, la mera rateizzazione del pagamento, non essendo questa un’ipotesi equiparata all’adempimento (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409).
Tale rateizzazione, peraltro, è ora ritenuta rilevante dal legislatore, che, in relazione al sequestro, ha modificato il secondo comma dell’art. 12-bis del d.lgs. 74/2000 stabilendo che “Salvo che sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, desumibile dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del reo, tenuto altresì conto della gravità del reato, il sequestro dei beni finalizzato alla confisca di cui al comma 1 non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i relativi pagamenti”.
In ogni caso, la confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuta sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotta in misura corrispondente ai ratei via via versati per effetto della convenzione (Sez. 3, n. 6054 del 26/10/2016, dep. 2017, Attanasio, Rv. 268836; Sez. 3, n. 33602 del 24/04/2015, Pastore, Rv. 265043; Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409, cit.).
Il presupposto per la riduzione della confisca va, dunque, individuato esclusivamente nella riduzione del debito tributario conseguente all’omesso versamento dell’imposta dovuta.
3. Nel caso in esame il ricorrente è stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile, per il reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74 del 2000, per l’omesso pagamento dell’Iva per l’anno di imposta 2013, per un ammontare complessivo di euro 383.246,00.
Successivamente al passaggio in giudicato della sentenza il condannato ha presentato al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto istanza di omologazione della proposta di accordo di ristrutturazione del proprio debito tributario sottoposta all’Agenzia delle Entrate, avente a oggetto, tra l’altro, il pagamento dell’Iva non versata, garantito da polizza fideiussoria, ridotto al 15% rispetto all’ammontare originario; il Tribunale, pronunciandosi sull’istanza, ha omologato l’accordo di ristrutturazione del debito tributario, riducendo conseguentemente l’importo dovuto dal condannato alla minor somma di euro 57.486,90.
Il debito tributario è stato, dunque, oggetto di un accordo di ristrutturazione, mediante il quale il debito è stato ridotto sulla base di un accordo transattivo, che non può essere assimilato a un mero accordo di rateizzazione, stante la diversità di contenuto ed effetti.
Mediante l’accordo di rateizzazione, infatti, il debitore si accorda con il creditore solamente in ordine alle modalità di pagamento del proprio debito, che non viene estinto per intero in un’unica soluzione, bensì dilazionato nel tempo.
La rateizzazione, dunque, consente di suddividere il pagamento dell’intero debito, immediatamente dovuto, in più rate, senza incidere sul quantum debeatur, che rimane nella misura originariamente stabilita, ma solo sul tempo dell’adempimento, cosicché un tale accordo non può, come ricordato, determinare una riduzione della confisca del profitto del reato (che non è stato rideterminato né ridotto), se non in corrispondenza dei vari pagamenti rateali effettuati nel corso del tempo e in misura pari agli stessi.
L’accordo di ristrutturazione del debito ha, invece, contenuto transattivo non limitato al solo termine di adempimento, in quanto con esso il creditore effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie e dello stato di crisi in cui lo stesso si trova, che si sostanzia nella rinuncia ad alcuni diritti (in particolare alla riscossione di tutto il credito).
Tale accordo, quando intervenuto con l’Amministrazione finanziaria, sotto forma di transazione fiscale ex art. 182-ter I.f., incide direttamente sull’entità del debito erariale, che subisce una modifica quantitativa, incidendo, di conseguenza, anche sul profitto del reato.
Alla luce di tale differenza, allora, risulta chiaro come l’accordo di ristrutturazione del debito, ex art. 182-bis l.f., incidendo direttamente sul quantum della somma di denaro dovuta all’Amministrazione finanziaria per l’Iva non versata, che costituisce il profitto del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74 del 2000, esplichi necessariamente i propri effetti anche sulla confisca per equivalente del profitto di tale reato, nel senso di determinare una necessaria rivisitazione dell’ammontare del quantum del profitto del reato e, con esso, della somma da assoggettare a confisca, quando la misura di quella originariamente disposta risulti eccedente rispetto all’attuale debito tributario da estinguere (che costituisce il profitto del reato).
D’altronde, è principio pacifico in giurisprudenza che la confisca “per equivalente”, per sua intrinseca natura, non può avere a oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, imponendosi quindi una valutazione relativa all’equivalenza tra il valore dei beni e l’attuale entità del profitto del reato (quale risultante a seguito dell’accordo di ristrutturazione del debito, per effetto del quale l’Amministrazione finanziaria ha rinunziato a parte della propria pretesa creditoria, determinando una riduzione dell’imposta dovuta e, quindi, anche del profitto del reato tributario, che non può essere superiore al debito fiscale).
4. Nel caso in esame, vertendosi in una ipotesi non già di mera rateizzazione del debito, bensì di ristrutturazione dello stesso, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto tenere conto dell’intervenuto accordo di ristrutturazione del debito medio tempore intervenuto tra il debitore e l’Amministrazione finanziaria, in conseguenza del quale è stato ridotto l’importo dovuto dal primo alla seconda per l’Iva non versata e, quindi, è corrispondentemente diminuito anche il profitto del reato tributario commesso dal ricorrente medesimo.
La confisca non può che corrispondere al profitto del reato, sicché se, in forza di un accordo di ristrutturazione del debito, questo sia stato rideterminato, non potrà essere mantenuta la confisca nel suo quantum originario, pena la violazione del principio di proporzionalità.
Ragionando a contrario, quindi mantenendo inalterato il quantum della confisca anche dinanzi a una novazione del debito tributario, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’abiezione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016, Tomasi Canovo, Rv. 265843, cit.; Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409, cit.), che è pari all’imposta effettivamente dovuta, da determinare anche sulla base degli accordi intercorsi con l’Amministrazione che ne abbiano comportato una rideterminazione.
5. L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio per consentire un nuovo esame nel merito, affinché il giudice dell’esecuzione possa valutare compiutamente l’incidenza dell’intervenuto accordo di ristrutturazione del debito sul profitto del reato e sull’ammontare della confisca.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen..
Così deciso il 17/9/2024.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2024.