Danni da vaccino, il nesso stabilito dalla Commissione medica ospedaliera non vincola il giudice (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 25 novembre 2024, n. 30267).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. UMBERTO BERRINO – Presidente –

Dott. ROSSANA MANCINO – Consigliere –

Dott. GABRIELLA MARCHESE – Consigliere –

Dott. LUIGI CAVALLARO – Consigliere –

Dott. ALESSANDRO GNANI – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 18146-2019 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) in qualità di tutore di (OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

ricorrente

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

controricorrente

avverso la sentenza n. 382/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 04/12/2018 R.G.N. 41/2017;

udita la relazione delta causa svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO GNANI.

RILEVATO CHE

La Corte d’appello di Ancona confermava la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda dell’odierno ricorrente, rappresentato legalmente dalla madre, volta ad ottenere l’indennizzo previsto dalla I. n. 210/92 stante la patologia (cerebropatia epilettogena) contratta a seguito di somministrazione di vaccino antipolio.

Ricordava la Corte, per quanto qui di rilievo, che era stata disposta consulenza tecnica d’ufficio medico-legale sia in primo sia in secondo grado, e che ambedue le relazioni avevano concluso come assolutamente più probabile l’assenza di nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il quadro clinico riscontrato, nonostante i sintomi della patologia fossero comparsi pochi giorni dopo la somministrazione, e nonostante il nesso causale fosse stato riconosciuto dalla Commissione Medico Ospedaliera (C.M.O.). La letteratura scientifica escludeva infatti ii nesso causale.

Avverso la pronuncia, il ricorrente propone quattro motivi di censura, illustrati da memoria.

II Ministero della Salute resiste con controricorso.

All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione dell’art. 4, I. n. 210/92 e omesso esame di fatto decisivo.

Secondo parte ricorrente, il giudizio della C.M.O. non era stato considerato dalla Corte, nonostante esso avesse accertato il nesso causale e fosse riferibile allo stesso Ministero.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce omesso, esame di un fatto decisivo. La Corte avrebbe aderito alle conclusioni del c.t.u. nominato in appello nonostante egli non avesse risposto alle osservazioni del consulente di parte.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalle valutazioni positivamente compiute dalla C.M.O. in ordine alla sussistenza del nesso causale.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce violazione degli artt. 40 e 41 c.p. e 1 I. n. 210/92. La Corte non avrebbe applicato il principio del principio del più probabile che non, avendo richiesto una forte probabilità, prossima alla certezza, in ordine alla sussistenza del nesso causale.

II primo motivo é infondato.

La Corte non ha omesso di considerare il verbale della C.M.O., ma ha ritenuto che i dati di fatto ivi menzionati – prossimità cronologica tra somministrazione e insorgenza dei sintomi, letteratura scientifica a sostegno della eziologia – non fossero attendibili, alla luce delle due relazioni mediche. Entrambe avevano negato che, alla  luce della letteratura scientifica, potesse sussistere un nesso causale tra la somministrazione del vaccino antipolio e il quadro clinico del ricorrente.

Va aggiunto che il verbale della C.M.O. attestante il nesso causale non ha efficacia di prova legale (Cass. S.U. 19129/23), ma di prova liberamente valutabile dal giudice (Cass.36504/23), il quale può utilizzarlo in giudizio e apprezzarlo ai sensi dell’art.116 c.p.c.

Non avendo efficacia di prova legale, la valutazione della C.M.O. non impediva al tribunale e alla Corte d’appello di disporre c.t.u. medico legale. Questa Corte ha del resto precisato che la p.a., e quindi il Ministero della Salute, può riesaminare in sede di procedimento amministrativo quanto stabilito dalla C.M.O., e il giudice, investito della domanda di accertamento del diritto all’indennizzo, deve procedere all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni richieste e, quindi, anche al riesame, eventualmente in senso sfavorevole all’interessato, della  valutazione della  C.M.O. (Cass. 28262/17).

II secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente deducendo omesso esame di fatti decisivi.

Essi sono inammissibili ai sensi dell’art. 360, co. 4 c.p.c., in quanto vi é doppia pronuncia conforme.

Entrambe le sentenze, nell’ambito del giudizio di fatto che presiede l’accertamento di causalità, hanno escluso il nesso eziologico alla luce degli stessi elementi di fatto, esposti da due diversi consulenti tecnici. In particolare, la letteratura scientifica escludeva il nesso causale tra la somministrazione del vaccino antipolio e il quadro clinico del ricorrente, nonostante la prossimità cronologica dei due eventi.

Si aggiunge che i motivi non espongono alcun fatto storico omesso dalla Corte, poiché si limitano a richiamare i fatti esposti dalla C.M.O., che non sono stati obliterati dalla Corte, ma ritenuti non attendibili.

Il quarto motivo é infondato.

È vero che la Corte, in un passo della motivazione, parla di forte probabilità, prossima alla certezza, della sussistenza del legame causale tra somministrazione vaccinale e patologia. Ma poi la stessa Corte d’appello richiama la pronuncia di questa Corte n. 25119/17, dove si enuncia il criterio del più probabile che no. Nella sostanza quindi, la sentenza impugnata si é attenuta a tale criterio. Del resto, entrambe le consulenze hanno escluso con grande probabilità se non con certezza – ovvero secondo un criterio di maggior probabilità – che la somministrazione del vaccine sia stata causa della patologia riscontrata.

In conclusione, ii ricorso deve essere rigettato senza pronuncia sulle spese attesa la dichiarazione ex art.152  d.a. c.p.c.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente in cassazione e della madre.

Roma, deciso all’adunanza camerale del 26.6.24

II Presidente

Umberto Berrino

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.