Donna caduta sulla pedana d’accesso all’ufficio postale: deve provare la dinamica dell’incidente (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 27 dicembre 2023, n. 35991).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

composta dai signori magistrati:

dott. Franco DE STEFANO -Presidente

dott. Pasquale GIANNITI -Consigliere

dott. Pasqualina Anna Piera CONDELLO –Consigliere

dott. Augusto TATANGELO -Consigliere Relatore

dott. Stefano Giaime GUIZZI -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 26536 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da

(omissis) (omissis) (C.F.: (omissis)) rappresentata e difesa, giusta procura allegata al ricorso, dall’avvocato (omissis) (omissis) (C.F.: (omissis))

-ricorrente-

nei confronti di

POSTE ITALIANE S.p.A. (C.F.: (omissis)), in persona del rappresentante per procura, (omissis) (omissis) rappresentata e difesa, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato (omissis) (omissis) (C.F.: (omissis))

-controricorrente-

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Parma n. 295/2020, pubblicata in data 20 aprile 2020;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 16 novembre 2023 dal consigliere dott. Augusto Tatangelo.

Fatti di causa

(omissis) (omissis) ha agito in giudizio nei confronti di Poste Italiane S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un infortunio riportato in seguito ad una caduta, avvenuta sulla pedana esterna di accesso ad un ufficio postale di Parma.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Parma.

La Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello dell’attrice, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., ritenendo che lo stesso non avesse ragionevoli probabilità di accoglimento.

La (omissis) ricorre avverso la sentenza di primo grado, sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso Poste Italiane S.p.A..

È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c.;

la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c.».

La ricorrente sostiene che, nel rigettare la domanda per la mancata specifica allegazione e prova della esatta dinamica dell’incidente, il tribunale avrebbe violato i principi di diritto che regolano la responsabilità per i danni causati dalle cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c., di natura oggettiva, imponendo erroneamente alla danneggiata l’onere di dimostrare non solo l’esistenza del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, ma anche quella di individuare la causa dell’evento stesso e, inoltre, implicitamente ritenendo che la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. trovi applicazione solo se la cosa in custodia possieda una specifica ed intrinseca idoneità a nuocere.

Il motivo è infondato.

1.1 La sentenza impugnata risulta conforme ai principi di diritto che regolano la materia della responsabilità speciale per i danni causati da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. e, in particolare, il relativo assetto degli oneri probatori.

In base ai suddetti principi di diritto, costantemente affermati da questa Corte e che in realtà neanche la stessa ricorrente contesta, spetta, infatti, all’attore danneggiato dimostrare che l’evento dannoso sia stato causato dalla cosa in custodia.

1.2 Secondo la ricorrente, peraltro, la prova del nesso di causa tra la cosa in custodia non implica altresì la necessità di provare la dinamica del fatto e le relative modalità.

In particolare, la ricorrente sostiene che, ai sensi dell’art. 2051 c.c., avrebbe dovuto ritenersi sufficiente a determinare la responsabilità oggettiva della società custode della rampa sulla quale ella si trovava al momento della caduta, salvo l’onere di quest’ultima di fornire la prova liberatoria dell’eventuale caso fortuito, la circostanza (specificamente allegata, non contestata e anzi pacifica) che la caduta fosse avvenuta sulla rampa stessa, non essendo quindi necessario, per lei, fornire la prova dell’esatta dinamica dell’incidente e, in particolare, dimostrare in che modo era caduta e l’esatto punto della rampa in cui la caduta stessa era avvenuta.

Tali assunti risultano destituiti di fondamento.

La prova che deve fornire il danneggiato, ai fini del riconoscimento della responsabilità oggettiva speciale di cui all’art. 2051 c.c., è quella della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, cioè la prova che l’evento sia stato concretamente provocato dalla cosa.

Non può quindi ritenersi sufficiente, a tal fine, specie in caso di cadute o altri eventi che si verificano in aree destinate alla circolazione pedonale o dei veicoli e che siano nella custodia di un determinato soggetto, la prova che l’evento si sia semplicemente verificato in quell’area (vale a dire, che il sinistro e la cosa custodita si collocassero, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto), essendo necessario dimostrare che lo stesso sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali.

In tale ottica e, quanto meno, a tal fine, in queste ipotesi, è dunque sempre necessario che sia allegata e provata dall’attore la dinamica del fatto, per quest’ultima intesa la successione dei fatti e l’insieme dei fattori che determinano lo sviluppo di un evento, producendo determinati effetti.

1.3 Nella specie, la mancata specifica allegazione e, a maggior ragione, la mancata dimostrazione della effettiva dinamica dell’incidente, è stata correttamente considerata dal giudice del merito decisiva al fine di escludere che potesse ritenersi fornita dall’attrice la prova della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso.

Va, quindi, esclusa la dedotta violazione o falsa applicazione dei principi di diritto che regolano la speciale ipotesi di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c..

2. Con il secondo motivo si denunzia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183, 190, c.p.c. , in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c.».

La ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe erroneamente negato l’ammissibilità della allegazione, da parte sua, per la prima volta negli scritti difensivi conclusivi, della intrinseca pericolosità della pedana sulla quale era avvenuto l’incidente, in ragione delle sue caratteristiche tecnico-costruttive e, in particolare, l’eccessiva inclinazione del suo tratto finale, da ritenersi quanto meno quale «fattore specifico di aggravamento della scivolosità del piano di calpestio in caso di fondo bagnato perle avverse condizioni atmosferiche».

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

2.1 Esso risulta, in primo luogo, inammissibile per difetto di concreta rilevanza della questione con esso posta ai fini dell’esito della controversia: una volta escluso che fosse stata correttamente allegata e provata l’effettiva dinamica dell’incidente e, quindi, il nesso di causa tra la cosa e l’evento dannoso, la questione dell’astratta pericolosità dei punti di accesso della pedana, in quanto eccessivamente inclinati rispetto alle stesse prescrizioni amministrative in materia, non può avere alcun rilievo ai fini dell’esito della controversia, come del resto correttamente rilevato dal tribunale, nella sentenza impugnata (senza considerare che lo stesso rilievo è stato operato altresì dalla corte d’appello, nell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame della (omissis), per quanto la circostanza non abbia diretto rilievo nella presente sede).

Ciò, a maggior ragione, in considerazione del fatto che non vi era alcuna prova che la caduta fosse avvenuta proprio in uno di quei tratti della pedana e, tanto meno, che l’attrice fosse effettivamente scivolata, come da essa dedotto (ma non dimostrato), su detta pedana, per di più a causa del suo carattere sdrucciolevole e/o della sua eccessiva pendenza.

2.2 Anche per completezza di esposizione, è opportuno ribadire, inoltre, che è certamente da escludere l’ammissibilità della radicale mutazione delle allegazioni di fatto poste a base della domanda, nel corso del giudizio, dopo il maturare delle preclusioni assertive e asseverative, per l’elementare ragione che ciò determinerebbe la necessità di modificare il quadro ormai cristallizzato del thema decidendi e del thema probandi e, dunque, delle stesse prospettazioni difensive delle controparti, quando ciò non è più consentito.

Sotto tale profilo, le censure formulate dalla ricorrente, volte a sostenere l’ammissibilità delle sue allegazioni tardive, risultano infondate.

2.3 Le ulteriori considerazioni esposte nel motivo di ricorso in esame, con riguardo all’effettivo rilievo, ai fini dell’incidenza causale, sull’evento dannoso , delle caratteristiche tecnico – costruttive della pedana, finiscono, poi, per risolversi nella contestazione di accertamenti di fatto operati dal tribunale, conseguenti alla prudente valutazione delle prove e sostenuti da adeguata motivazione, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.

Nella sostanza, si tratta di censure che mirano a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove in ordine alla stessa dinamica dei fatti ed all’accertamento del nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, il che non è consentito in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo si denunzia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 43 c.p. e 2043 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c.».

La ricorrente contesta l’esclusione della sussistenza, oltre che della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., anche di una responsabilità colposa della società convenuta in relazione al suo infortunio, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 43 c.p., in conseguenza della violazione delle norme amministrative in ordine all’inclinazione della rampa di accesso all’ufficio, ove si è verificato l’incidente.

Il motivo, che ha ad oggetto la domanda subordinata avanzata ai sensi dell’art. 2043 c.c., è infondato.

È sufficiente rilevare, con riguardo ad esso, che, una volta esclusa l’avvenuta prova della dinamica del sinistro e una volta correttamente esclusa, quindi, per tale ragione, la sussistenza della stessa responsabilità oggettiva della società convenuta ai sensi dell’art. 2051 c.c., a maggior ragione non avrebbe potuto essere riconosciuta la responsabilità colposa di essa, ai sensi dell’art. 2043 c.c., in quanto anche tale responsabilità richiede, oltre alla dimostrazione della condotta colposa del convenuto, la prova del nesso di causa tra la suddetta condotta e l’evento dannoso: prova nella specie del tutto mancante, per le ragioni già in precedenza esposte.

È appena il caso di osservare, infatti, che già sul piano logico, se deve escludersi che sia stato dimostrato che l’incidente è stato causato dalla cosa in custodia della società convenuta, a maggior ragione esso non potrebbe ritenersi causato dalla condotta colposa della stessa, ove riferita alle caratteristiche tecnico-costruttive o alla manutenzione di quella cosa.

4. Con il quarto motivo si denunzia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 43 c.p., 1227, 2051 c.c. , in relazione all’ art. 360, n. 3), c.p.c.».

La ricorrente contesta l’affermazione del tribunale secondo la quale, anche al di là della mancata prova del nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, il sinistro avrebbe dovuto comunque attribuirsi alla sua esclusiva responsabilità, essendosi esso sostanzialmente verificato a causa dell’omissione, da parte sua, della minima ordinaria diligenza e prudenza da chiunque esigibili nell’impegnare la pedana e, in particolare, dall’omissione dell’utilizzazione dei corrimano, disponibili su tutto il percorso della stessa.

4.1 Anche questo motivo di ricorso risulta, come il secondo, in primo luogo inammissibile per difetto di concreta rilevanza della questione con esso posta ai fini dell’esito della controversia.

L’affermazione del tribunale in ordine alla eventuale riconducibilità dell’incidente ad esclusiva responsabilità dell’attrice, pur dopo avere escluso che fosse stata correttamente allegata e provata l’effettiva dinamica dello stesso e, quindi, il nesso di causa tra la cosa e l’evento dannoso, deve ritenersi una affermazione effettuata ad abundantiam o, comunque, una ulteriore autonoma ratio decidendi a sostegno della finale statuizione di rigetto delle domande proposte, che si aggiunge a quel rilievo, pur di per sé assorbente e, in ogni caso, certamente idoneo a reggere da solo la decisione.

Ne consegue che, non essendo stati accolti i motivi di ricorso che precedono, relativi a quella prima e autonoma ratio decidendi, il motivo di ricorso in esame resta, nella sostanza, assorbito o, comunque, non potrebbe trovare accoglimento, in quanto anche ammesso, ma non concesso, che le censure in esso espresse possano avere un fondamento, ciò non potrebbe modificare l’esito della controversia.

4.2 In ogni caso, anche per completezza di esposizione, si osserva che le predette censure avrebbero dovuto ritenersi in realtà inammissibili, in quanto esse si risolverebbero nella contestazione di un accertamento di fatto operato dal tribunale con riguardo alla individuazione del carattere esclusivo dell’incidenza causale della condotta colposa della vittima sull’evento dannoso, accertamento di fatto che è sostenuto da adeguata motivazione, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.

5. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Per questi motivi

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi € 7.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se e nei limiti in cui sia dovuto).

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Suprema Corte di cassazione, il giorno 16 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.