Fallimento del marito e “ipotetica” usucapione: la prescrizione rimane sospesa tra i coniugi (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 4 aprile 2024, n. 8931).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

CRISTIANO MAGDA                         – Presidente –

MARINA MELONI                             – Consigliere –

LAURA TRICOMI                               – Consigliere –

ROSARIO CAIAZZO                           – Consigliere –

ALBERTO PAZZI                                – Consigliere Rel. –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.17476/2018 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, piazza (omissis) (omissis) n. 27, presso lo studio dell’Avvocato (omissis) (omissis), rappresentata e difesa dall’Avvocato (omissis) (omissis) giusta procura speciale allegata in calce al ricorso;

-ricorrente-

contro

FALLIMENTO di (omissis) (omissis), elettivamente domiciliato in Roma, via (omissis) n. 20, presso lo studio del Dott. (omissis) (omissis), rappresentato e difeso dall’Avvocato (omissis) (omissis) giusta procura speciale allegata in calce al controricorso;

-controricorrente-

avverso il decreto del Tribunale di Matera in R.G. n. 359/2018 depositato il 3/5/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/1/2024 dal Consigliere dr. Alberto Pazzi.

     Rilevato che:

1. Il giudice delegato al fallimento di (omissis) (omissis) rigettava la domanda di rivendica presentata da (omissis) (omissis) (omissis), moglie del fallito, la quale aveva sostenuto di essere proprietaria del 50% della proprietà degli immobili acquisiti all’attivo del fallimento (che consistevano in un terreno comprato da (omissis) dopo il matrimonio su cui questi aveva realizzato un capannone per l’esercizio dell’impresa nonché, a dire della rivendicante, la casa di abitazione), perché gli stessi rientravano nella comunione legale degli acquisti dei coniugi ovvero, in subordine, perché ne aveva acquisito la proprietà per usucapione.

2. Il Tribunale di Matera rigettava l’opposizione proposta dalla (omissis), ritenendo che il terreno acquistato dal fallito, in costanza di matrimonio con l’opponente ma per l’esercizio dell’impresa, rientrasse nella comunione de residuo e non ricadesse nel regime di comunione legale.

Questa Corte (con ordinanza n. 28838/2017) rigettava il ricorso proposto avverso questa decisione; cassava, tuttavia, il decreto impugnato in accoglimento della doglianza con cui la (omissis) aveva lamentato l’omessa pronuncia sulla domanda di usucapione proposta in via subordinata con l’opposizione.

3. Il Tribunale di Matera, a seguito della riassunzione della lite, preso atto che la (omissis), con l’opposizione, aveva chiesto che fosse riconosciuta l’usucapione in suo favore della metà dei beni immobili acquisiti al fallimento, per averli posseduti uti domina ed unitamente al marito poi dichiarato fallito, osservava che in costanza di matrimonio nessun termine utile all’usucapione può decorrere fra i coniugi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1165 e 2941, n. 1, cod. civ., per cui l’opponente non poteva vantare alcun diritto reale sui beni acquisiti all’attivo del fallimento.

Rigettava, pertanto, l’opposizione, condannando la (omissis) al pagamento delle spese del giudizio di riassunzione e di quello di legittimità.

4. (omissis) (omissis) (omissis) ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 3 maggio 2018, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (omissis) (omissis).

La procedura controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

     Considerato che:

5. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli art.1165 e 2941 cod. civ.: il disposto dell’art. 2941, n. 1, cod. civ., preordinato a impedire l’acquisto per usucapione al fine di conseguire il risultato vietato dall’art. 781 cod. civ., non sarebbe più applicabile – a dire del ricorrente – una volta che questo divieto è venuto meno, essendo preferibile valorizzare le posizioni individuali dei membri della famiglia.

6. Il motivo non è fondato.

L’art. 1165 cod. civ. stabilisce che: “Le disposizioni generali sulla prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e d’interruzione [1167, 2653 n. 5, 2943] e al computo dei termini [2963] si osservano, in quanto applicabili, rispetto all’usucapione.

OMISSIS

(vedi file allegato)

7. In forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, in data 24 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.