REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA -Presidente
GIOVANNI LA ROCCA -Consigliere-Rel.
LUNELLA CARADONNA -Consigliere
TANIA HMELJAK -Consigliere
FRANCESCO FEDERICI -Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35508/2019 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis);
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
(omissis) SPA, domiciliata, ex lege, in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis) (omissis);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di (omissis), n. 2500/2019 depositata il 24/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/06/2023 dal Consigliere dott. GIOVANNI LA ROCCA.
RILEVATO CHE:
1. (omissis) (omissis) quale erede di (omissis) (omissis) ha impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di (omissis) la cartella di pagamento n. 2 della complessiva somma di euro 868.623,81, dovuta a titolo di IRPEF e IVA ed accessori per gli anni 1999, 2000 e 2001, iscritta a ruolo sulla base di tre avvisi di accertamento oggetto di impugnazione non ancora definita.
2. La CTP di (omissis) ha rigettato il ricorso, rilevando la ritualità della notifica effettuata impersonalmente agli eredi e, comunque, la sanatoria di ogni vizio di notifica a seguito della impugnazione in termini, l’inammissibilità delle questioni relative agli altri chiamati che avevano rinunziato all’eredità, la regolare formazione della cartella.
3. Il (omissis) ha proposto appello che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Sicilia ha rigettato, con la resistenza in giudizio sia dell’Agenzia delle entrate sia di (omissis) spa, affermando il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate, posto che l’impugnazione riguardava una cartella di pagamento, il raggiungimento dello scopo della notifica dell’atto, la ritualità della cartella redatta secondo modello ministeriale, la genericità e pretestuosità del rilievo relativo agli interessi con riguardo ai quali non venivano specificamente indicati gli errori di calcolo.
4. Avverso questa pronunzia propone ricorso per cassazione (omissis) (omissis) quale erede di (omissis) (omissis), affidandosi a quattro motivi.
5. Resistono con controricorso l’Agenzia delle entrate e la Riscossioni Sicilia spa.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed omessa motivazione circa punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., in merito al computo del dovuto, in quanto incombe sull’Amministrazione l’onere di provare la debenza delle somme pretese, tanto per capitale quanto per interessi e altri accessori, «frutto di un complesso calcolo», in ragione dell’istituto della riscossione frazionata in pendenza di giudizio; in particolare, il ricorrente segnala che con le sentenze della CTP nn. 405/10/2008, 406/10/2008 e 407/10/2008 si era notevolmente ridotta la pretesa erariale e dubita della correttezza dei calcoli («La cartella in esame tiene conto di tale rideterminazione della pretesa? Si tiene conti delle cartelle già emesse e poi rettificate? Gli interessi sono stati computati nel passaggio dai vari giudizi di merito?»), ritenendo altresì che non sia «dato comprendere come sia possibile un’iscrizione a ruolo di ulteriori 868.623,81 Euro a fronte di una prima cartella di pagamento emessa in pendenza di ricorso portante una pretesa di ben 3.086.392,49 Euro, una seconda cartella di 4.081.461,70 Euro, al cospetto di un accertato pari a complessive 10.265.8982,21 [sic] Euro (somma degli importi totali dei tre accertamenti come emessi) tenuto conto, inoltre di tre sentenze di primo grado che hanno rideterminato la pretesa in modo significativo e che in corso di causa è venuto a mancare il debitore accertato, con rideterminazione della pretesa in termini di sanzioni e interessi su queste calcolati».
2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 42 comma 2 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 7 legge n. 212/2000 e dell’art. 3 legge n. 241/1990, in quanto erroneamente la CTR non aveva rilevato il vizio di motivazione della cartella impugnata, priva di elementi sufficienti a comprendere il calcolo degli importi pretesi sia per tributo che per interessi, tanto che «il Concessionario riscossione potrebbe aver calcolato (il condizionale è d’obbligo perché nulla é dato a sapere) i predetti interessi di mora su tutte le somme iscritte a ruolo, ovvero sull’importo costituito dal tributo, dagli interessi da ritardata iscrizione a ruolo e delle sanzioni irrogate in origine al de cuius, di fatto realizzando due gravi violazioni di legge» (calcolo di interessi sulle sanzioni e di a natocismo).
3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili; da un lato, come si desume dalla superiore espositiva e come già rilevato dalla CTR, le doglianze sono formulate in termini generici, oltre che dubitativi e ipotetici; d’altro lato, l’articolazione delle censure difetta non solo di specificità ma anche di autosufficienza in quanto non viene riportato, neppure in parte, il contenuto della cartella impugnata che dovrebbe rivelare il vizio motivazionale e, comunque, andrebbe valutato, con riguardo agli interessi calcolati in cartella, alla luce dei principi espressi da questa Corte secondo cui «La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della I. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della I. n. 241 del 1990» (Cass. sez. un. n. 22281 del 2022).
4. Con il terzo motivo deduce, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione sul difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate.
4.1. Il motivo è inammissibile perché, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. sez. un. n. 8053 del 2014); la modifica, inoltre, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo (Cass. 13024 del 2022), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie (Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 5795 del 2017).
In questo caso manca la precisa individuazione del fatto storico decisivo il cui esame sarebbe stato omesso, risolvendosi la doglianza nel rilievo che la deduzione degli errori di calcolo doveva avere come legittimo contraddittore l’Ente impositore; si propone, in realtà, una questione giuridica che, peraltro, contrasta con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il concessionario del servizio di riscossione è parte, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, cioè per vizi propri della cartella o dell’avviso di mora, e non è configura bile un litisconsorzio necessario con l’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 8370 del 2015; Cass n. 22729 del 2016; Cass. n. 22729 del 2016).
5. Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 65 comma 2 d.P.R. n. 600/73 laddove si è ritenuta corretta la notifica della cartella di pagamento effettuata presso l’ultima residenza del de cuius impersonalmente a tutti gli eredi, in quanto in più occasioni aveva inoltrato all’Agenzia delle entrate comunicazioni nelle quali rappresentava la sua qualità di erede universale e indicava il suo domicilio fiscale; si trattava di un caso di inesistenza della notificazione che impediva la sanatoria per raggiungimento dello scopo.
5.1. Il motivo è inammissibile e comunque è infondato.
5.2. Ai sensi dell’art. 65 cit., «Gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa» (comma 1); «Gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione» (comma 2); « La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma» (comma 4).
5.3. Risulta un difetto di specificità e autosufficienza in quanto non si precisano gli estremi delle comunicazioni che sarebbero state effettuate almeno trenta giorni prima della notifica della cartella di pagamento.
Il motivo, in ogni caso, è infondato perché la notifica dell’atto tributario nei confronti di un contribuente deceduto, notificato agli eredi collettivamente e impersonalmente presso il domicilio del de cuius, è nulla, ma non inesistente, ove gli eredi abbiano effettuato la comunicazione di cui all’art. 65 cit. prima della notificazione; quindi, atteso che la natura sostanziale dell’atto tributario non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, detta nullità deve ritenersi sanata, per raggiungimento dello scopo dell’atto ex art. 156, comma 3, c.p.c., qualora l’erede proponga tempestivo ricorso avverso il ruolo, purché ciò avvenga prima della scadenza del termine di decadenza, previsto dalle singole leggi d’imposta, per l’esercizio del potere di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 1156 del 2019).
6. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese vanno liquidate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore a ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per l’Agenzia delle entrate, in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, e, per spa, in euro 5.600,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 21/06/2023.
Il Presidente
Dott. ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA
Depositato in cancelleria il 6 ottobre 2023.