REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
UMBERTO L.G.C. SCOTTI Presidente
MAURO DIMARZIO Consigliere – Rel.
MARCO MARULLI Consigliere
EDUARDO CAMPESE Consigliere
PAOLO CATALLOZZI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6895/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) SPA, domiciliata, ex lege, in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in Roma, via (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 1293/2019 depositata il 26/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere dott. MAURO DI MARZIO.
RILEVATO CHE
1. – II Tribunale di Lecce con sentenza del 17.03.2015 n. 1431, accolse la domanda di ripetizione dell’indebito proposta da (OMISSIS) s.r.I. contro la (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a., avente ad oggetto la rideterminazione del saldo di dare-avere tra le parti del rapporto di conto corrente n. (OMISSIS) nonché la restituzione delle somme indebitamente versate all’istituto di credito a titolo di interessi ultra legali, c.m.s., spese non pattuite, giorni di valuta e capitalizzazione trimestrale degli interessi, condannando la Banca al pagamento della somma di € 312.336,00, oltre accessori.
2. – La Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 26 novembre 2019, n. 1293, in parziale riforma della sentenza impugnata ed accogliendo l’appello principale della banca, ha revocato la condanna della banca al pagamento predetto – fermo restando il mero accertamento del credito della correntista – mentre ha respinto l’appello incidentale della società concernente l’eccezione di prescrizione, accolta in primo grado: ha ritenuto che il conto corrente n. (OMISSIS) alla data di notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, non era ancora chiuso, onde fino alla chiusura del conto non potesse trovare accoglimento la domanda di ripetizione di indebito e di condanna al pagamento dell’eventuale credito accertato in favore del correntista; l’eccezione di prescrizione, come già ritenuto dal primo giudice, é stata invece giudicata ammissibile e fondata, non avendo la banca l’onere di specificare quali fossero le singole rimesse solutorie, confermando il calcolo del dare-avere operate dal Tribunale.
3. – Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la (OMISSIS) (OMISSIS) sulla base di un solo motivo, cui resiste con controricorso (OMISSIS) s.r.l.
4. – L’unico motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, prime comma, n. 3, c.p.c., ed «incongruenza e insufficienza di motivazione», avendo la corte territoriale ritenuto ammissibile una sentenza di mero accertamento, quando l’attore aveva chiesto la condanna della banca al pagamento dell’indebito ex art. 2033 c.c., e per avere la corte territoriale provveduto ad accertare un fatto, anziché un diritto, con carenza di interesse della controparte; una corretta applicazione dell’art. 112 c.p.c. avrebbe dovuto imporre la declaratoria d’inammissibilità della domanda di ripetizione.
5. – É stata formulata proposta di definizione anticipata ai sensi dell’articolo 380 bis p.c. sulle considerazioni che:
«- il motivo é inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., in quanto la circostanza che la domanda di accertamento sia strumentale alla domanda di ripetizione di indebito non comporta che la domanda presupposta debba essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse, il quale al contrario sussiste, per il principio consolidato, secondo cui «In tema di conto corrente bancario, l’assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l’interesse di questi all’accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetizione delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice consistente nell’esclusione per il futuro di annotazioni illegittime nel ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento concessogli e nella riduzione dell’importo che la banca una volta rielaborato il saldo potrà pretendere alla cessazione del rapporto» (fra le altre cfr. Cass. sez. VI 4.3.2021, n. 5904; Cass. sez. VI 5.9.2018 n. 21646; v. pure Cass.J sez. un.J 2.12.2010J n. 24418); – infatti in costanza di rapporto di conto corrente il correntista conserva l’interesse ad accertare l’invalidità delle pattuizioni del contratto di conto corrente da cui sono derivate appostazioni indebite al fine di sapere quale é il saldo sul conto ad una certa data in quanto ove questo fosse inferiore al saldo risultante delle scritture contabili ne risulterebbero aumentate le somme affidate ancora a disposizione oppure potrebbe risultare inferiore il saldo passivo da corrispondere alla banca; la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante ex art. 100 c.p.c. é stata in particolare ritenuta sotto i tre distinti profili della esclusione per il futuro di annotazioni illegittime del ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento a concesso al correntista eroso da addebiti contra legem e della riduzione dell’importo che la banca una volta rielaborato il saldo potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto quando dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito; – nessun vizio sussiste dunque ai sensi dell’art. 112 c.p.c. mentre quello di motivazione “insufficiente” e stato espunto dal novero dei vizi deducibili per cassazione fermo restando che neppure sono invocate dalla ricorrente le categorie corrette al riguardo ex art. 360 c.p.c.».
6. – A fondamento dell’istanza di decisione da banca ricorrente osserva essenzialmente quanta segue:
«Gli é che pertanto secondo l’insegnamento di questa Corte il correntista ha certamente diritto all’accertamento del saldo del proprio conto corrente, ma sempre e comunque all’esclusivo fine di veder riconosciuto un ulteriore diritto (che deve essere formalmente azionato nella causa) che può essere quello di veder condannata la banca al pagamento dell’indebito ovvero a rettificare il saldo (condanna ad un obbligo di fare), ma in alcun caso fa statuizione può rimanere finalizzata a determinare l’ammontare del rapporto bancario ad una certa data: laddove, in quest’ultimo caso, si tratterebbe solo dell’accertamento di un fatto giuridicamente rilevante. D’altronde principio cardine del nostro ordinamento, eppure posto al centro di tutte le pronunce giurisprudenziali richiamate in quest’istanza, é quello secondo cui una pronuncia giudiziale non possa mai investire un fatto, ma esclusivamente un diritto».
7. – II motivo é inammissibile, ai sensi dell’articolo 360 bis, numero 1, c.p.c..
L’orientamento di questa Corte é difatti ormai da lungo tempo consolidato nel senso che, in tema di conto corrente bancario, il correntista ha interesse all’accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetibilità delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell’esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento concessogli e nella riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto (Cass. 15 febbraio 2024, n. 4214; Cass. 6 novembre 2023, n. 30850; Cass. 4 marzo 2021, n. 5904; Cass. 5 settembre 2018, n. 21646, senza pretesa di completezza).
L’orientamento che precede non ha alcuna ragione di essere ripensato sulla base del ricorso oggi in esame.
8. – II ricorso é dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Va fatta applicazione come in dispositivo dei commi terzo e quarto dell’articolo 96 c.p.c.. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 11.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, ed inoltre al pagamento, in favore della stessa parte controricorrente, della somma di € 11.000,00, nonché, in favore della cassa delle ammende, di quella di € 1000,00, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ii ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2024.
Il presidente
UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2024.