Condannato in primo grado per guida in stato di ebbrezza, in appello rinuncia alla prescrizione (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 13 marzo 2024, n. 10487).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. PATRIZIA PICCIALLI – Presidente –

Dott. DANIELA CALAFIORE – Consigliere –

Dott. EUGENIA SERRAO – Relatore –

Dott. ALESSANDRO D’ANDREA – Consigliere –

Dott. GENNARO SESSA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato la pronuncia di condanna emessa il 29/10/2019 dal Tribunale di Roma, dichiarando non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) (OMISSIS) in relazione al reato di cui all’art. 186, commi 2 lett. c) e 2-sexies, d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285 commesso in Roma il 1 aprile 2016 in quanto estinto per prescrizione, con revoca della confisca del veicolo e della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.

2. (OMISSIS) (OMISSIS) propone ricorso per cassazione deducendo, con il primo motivo, manifesta contraddittorietà e carenza di motivazione in relazione alla mancata pronuncia della sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.

Secondo la difesa, l’assoluta contraddittorietà e l’insufficienza degli elementi indiziari richiamati nella sentenza di primo grado avrebbero imposto l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. in quanto l’accertamento dello stato di ebbrezza è stato effettuato a distanza di tempo dal primo controllo su strada.

In particolare, secondo quanto dichiarato dall’imputato, i Carabinieri lo avevano fermato una prima volta all’altezza di via Tiburtina e aveva esibito i documenti richiesti; dopo un breve tratto di strada, era stato fermato da un’altra pattuglia alle ore 1:30 circa e, infastidito dalla risposta dell’agente al suo rilievo di essere stato già controllato, era andato via lasciando ai Carabinieri i suoi documenti; alle ore 1:46 i Carabinieri erano giunti presso la sua abitazione e lo avevano trovato nell’autovettura, regolarmente parcheggiata e in sosta; l’accertamento del tasso alcolemico era, dunque, avvenuto mentre l’imputato era all’interno dell’autovettura in sosta a distanza di circa un’ora dal controllo su strada.

La difesa ribadisce che i giudici di appello hanno omesso di considerare la totale contraddittorietà, insufficienza e assenza delle prove a suo carico.

Con il secondo motivo deduce carenza di motivazione in ordine alla richiesta revoca della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.

2. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

3.1. (OMISSIS) (OMISSIS) era accusato di aver condotto in ora notturna il veicolo Audi 4 in stato di ebbrezza da assunzione di bevande alcoliche sulla base di quanto accertato dai Carabinieri della Stazione Roma San Basilio che, avendo riscontrato i sintomi di occhi lucidi, tono di voce immotivatamente alto, eccessiva loquacità e sudorazione, lo avevano sottoposto all’esame etilometrico riscontrando un tasso alcolemico pari a g/I 2,66 alle ore 2:15 e pari a g/I 2,57 alle ore 2:29.

In relazione a tale imputazione, il giudice di primo grado, ritenendo inverosimile la versione dei fatti fornita dall’imputato, ha considerato valido l’accertamento dello stato di ebbrezza eseguito da parte dei Carabinieri di Ponza che, dopo aver inseguito il (OMISSIS), datosi alla fuga all’atto del controllo, per tre chilometri lungo la via Tiburtina, lo avevano rinvenuto a bordo dell’autovettura accesa in un parcheggio distante un chilometro dalla sua abitazione.

3.2. Premesso che il ricorrente non ha rinunciato alla prescrizione, occorre ricordare che le Sezioni Unite, con la sentenza Tettamanti (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244273 – 01) hanno affermato che nel giudizio di appello il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità.

Prendendo le mosse dalle ordinanze della Corte Costituzionale nn. 300 e 362 del 1991, relative al rapporto tra la disciplina dettata dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. e quella di cui all’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., le Sezioni Unite hanno evidenziato come si debba ribadire che l’equilibrio del sistema è garantito dalla possibilità per l’imputato di rinunciare alle cause estintive del reato (amnistia o prescrizione), non determinandosi così una violazione del principio di eguaglianza tra l’imputato assolto ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. e l’imputato nei cui confronti, per ragioni di economia processuale, si sia data prevalenza alla dichiarazione della causa estintiva.

Hanno, quindi, richiamato anche le pronunce della Corte Costituzionale con le quali si era dichiarata l’incostituzionalità della mancata previsione della rinunciabilità alle cause estintive dell’amnistia e della prescrizione, poi inserita nell’art. 157 cod. pen. con legge 5 dicembre 2005, n. 251.

3.3. Il diritto dell’imputato a rinunciare all’amnistia e alla prescrizione è, nella giurisprudenza costituzionale, il portato del giudizio comparativo tra interesse alla definizione celere del giudizio per il venir meno della pretesa punitiva dello Stato e interesse dell’imputato alla protezione del diritto alla piena integrità dell’onore e della reputazione.

3.4. Presupposto imprescindibile dell’applicabilità in appello della disposizione dell’art. 129, comma 2, cod. pen. è, per altro verso, l’evidenza della prova dell’innocenza o l’assoluta mancanza di prova della colpevolezza (Corte Cost. sent. n. 5 del 9 gennaio 1975); situazione che chiaramente non ricorre nelle ipotesi nelle quali, come nel caso in esame, le acquisizioni istruttorie sulle quali il giudice di primo grado ha fondato la pronuncia di condanna non risultino del tutto arbitrarie, inesistenti o sconfessate da una lapalissiana prova contraria e avrebbero dovuto, pertanto, essere riesaminate dal giudice di appello mediante un’attività preclusa dalla disposizione dettata dall’art. 129, comma 1, cod. proc. pen.

4. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, è evidente la carenza di interesse del ricorrente. Nella sentenza impugnata la sanzione amministrativa accessoria è stata, infatti, revocata.

5. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: Corte Cost. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 29 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.