Il distributore di un prodotto non risponde della sostanza chimica presente in misura vietata (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 12 gennaio 2024, n. 1454).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. Aldo Aceto – Presidente –

Dott. Alessio Scarcella – Consigliere –

Dott. Antonio Corbo – Relatore –

Dott. Alessandro Andronio – Consigliere –

Dott. Maria Beatrice Magro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 09/11/2022 del Tribunale di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonio Corbo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione;

udito, per il ricorrente, l’avvocato (omissis) (omissis) che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 9 novembre 2022, ii Tribunale di Genova ha dichiarato la penale responsabilità di (omissis) (omissis) per il reato di cui all’art. 16 d.lgs. 14 settembre 2009, n. 133, e lo ha condannato alla pena di euro 30.000,00 di ammenda, previa concessione delle circostanze attenuanti e generiche.

Secondo quanto ricostruito dal Tribunale, (omissis) (omissis) in qualità di legale rappresentante della “(omissis) (omissis) s.r.l.”, come accertato in data 18 settembre 2019, avrebbe confezionato e immesso sul mercato colla denominata “(omissis)” contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 – all. XVII del regolamento CE 1907/2006, in particolare vendendo tale prodotto all’esercizio commerciale (omissis) sito in (omissis).

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale indicata in epigrafe (omissis) (omissis) con atto sottoscritto dall’avvocato (omissis) (omissis) articolando quattro motivi.

2.1. Con ii primo motivo, si denuncia violazione di legge, con riferimento agli artt. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, nonché 8 e 23 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c), ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta competenza per territorio del Tribunale di Genova.

Si deduce che illegittimamente il Tribunale ha rigettato l’eccezione di incompetenza per territorio formulata in sede di questioni preliminari, ritenendo irrilevante il luogo di produzione del bene e prendendo in considerazione la sola condotta di immissione sul mercato della merce, reputandola verificata nel luogo in cui è stata accertata la non conformità del prodotto alle prescrizioni normative.

Si osserva che, anche a voler ritenere dirimente ii luogo della condotta di immissione del bene sul mercato, occorre aver riguardo al luogo di esecuzione del contratto, ossia al luogo in cui il bene esce dalla disponibilità del produttore/distributore, e non certo al luogo in cui è stata accertata la non conformità del prodotto alle prescrizioni normative.

Si premette che, per altro lotto di prodotto proveniente dalla (omissis) s.r.l.”, di cui è legale rappresentante l’imputato, ma rinvenuto in provincia di Forlì, la competenza territoriale è stata individuata dalla Procura di Forlì avendo riguardo al circondario in cui ha sede la ditta appena specificata, ossia al circondario del Tribunale di Busto Arsizio.

Si rileva, poi, che la (omissis) s.r.l.” aveva ceduto il prodotto alla (omissis) s.r.l.” di Cuneo, sicché, nella specie, il luogo di immissione del bene in commercio da parte della prima deve individuarsi nel luogo di esecuzione del precisato contratto di compravendita, e, quindi, rientrava o nel circondario del Tribunale di Busto Arsizio o nel circondario del Tribunale di Cuneo.

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla individuazione del tempo di consumazione del reato e, quindi, alla mancata dichiarazione di estinzione dello stesso per prescrizione.

Si deduce che illegittimamente si e ritenuto che il reato sia stato consumato in epoca successiva al 6 ottobre 2017.

Si rappresenta che (omissis) s.r.l.”:

1) ha acquistato una partita di colla di 800 kg. dal produttore (omissis) s.r.l” nel gennaio 2017, ricevendo la merce in data 19 gennaio 2017 ed emettendo fattura il 20 gennaio 2017;

2) ha confezionato la colla così acquistata in data 27 febbraio 2017 formando il lotto di produzione al quale apparteneva il prodotto sequestrato presso il centro “(omissis)” sito in (omissis);

3) ha ceduto alla ditta “(omissis) s.r.l.” le confezioni di colla di cui al lotto di produzione al quale appartenevano quelle sequestrate presso il centro “(omissis)” sito in (omissis)­ rilasciando varie fatture, l’ultima delle quali in data 6 ottobre 2017;

4) la ditta “(omissis) s.r.l.” ha effettuato cessioni al centro “(omissis)” sito in (omissis) il 6 marzo 2017 ed il 28 agosto 2017.

Si osserva che, sulla base di questi elementi, la condotta di reato costituita dall’immissione sul mercato del prodotto non conforme alle prescrizioni comunitarie si è realizzata, al più tardi, il 6 ottobre 2017, data dell’ultima cessione del bene da parte della “(omissis) s.r.l.” alla (omissis) s.r.I.”.

Si conclude che è illegittimo ritenere, come afferma la sentenza impugnata, un onere a carico del distributore di verifica e controllo sul prodotto messo in circolazione anche dopo l’uscita del bene dalla sua sfera di disponibilità, poiché questo comportamento sarebbe comunque successive alla verificazione del reato, il quale si consuma con l’immissione della merce sul mercato e, quindi, con la vendita del prodotto.

2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, con riferimento all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato.

Si deduce che la fattispecie prevista dall’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009 integra un reato proprio, che può essere commesso solo dal fabbricante, importatore, rappresentante esclusivo o utilizzatore della merce, e che, però, alla “(omissis) s.r.l.” non è attribuibile alcuna di queste qualifiche.

Si precisa che la (omissis) s.r.l.”:

a) non produce la calla, ma la acquista dalla (omissis) (omissis) s.r.l.”, e si limita a confezionarla e a commerciarla, in conformità del suo oggetto sociale;

b) non importa la colla, perché la stessa è prodotta dalla “(omissis) (omissis) s.r.l.”, ossia da una azienda con sede in Italia;

c) non è rappresentante esclusivo della “(omissis) s.r.l.”, ma solo uno dei molteplici clienti della stessa;

d) non è utilizzatore finale della colla, in quanto si limita a confezionarla e a rivenderla all’ingrosso.

Si aggiunge che la questione era stata sollevata con memoria davanti al Tribunale e che nessuna risposta è stata data in proposito.

2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, con riferimento all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo.

Si deduce che illegittimamente si afferma la responsabilità dell’imputato a titolo di colpa, per non aver controllato la qualità, del prodotto confezionato e immesso in commercio, e per aver omesso di attivarsi per far ritirare dal mercato il prodotto, una volta scoperta la presenza in esso di toluene.

Si rappresenta, con riferimento all’omesso controllo, che vi è stata una verifica di conformità della merce ad opera del responsabile dei servizi di prevenzione e protezione della (omissis) s.r.l.”, signor (omissis) (omissis) dopo l’acquisto del bene dalla “(omissis)” s.r.l., e che questi ha dichiarato di avervi proceduto sulla base della scheda di sicurezza, documento con valore legale, previsto dal regolamento REACH n. 1907/2006, la quale era priva di qualunque menzione della presenza di toluene, non essendo previsto da alcuna disposizione, anche di fonte regolamentare, un obbligo di effettuare analisi chimiche.

Si precisa, poi, che la mancata indicazione nella scheda di sicurezza della presenza di toluene non costituiva elemento “sospetto”, perché la calla poteva anche contenere altra tipologia di solvente consentita, che la certificazione di conformità può costituire dato indicativo della buona fede del rivenditore (si cita Sez. 3, n. 20903 del 02/03/2001, Rv. 219009-01), e che la scheda di sicurezza della “(omissis) s.r.l.” era affidabile, siccome proveniva da azienda leader del settore, con un fatturato superiore a 50.000.000,00 di euro.

Si osserva, con riferimento all’omessa attivazione ex post, che il reato era già perfezionato al momento della scoperta della presenza nel prodotto di toluene, e che, inoltre, a due anni di distanza dalla cessione dello stesso, era impossibile sapere se lo stesso fosse ancora in vendita al pubblico e presso quali dettaglianti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II ricorso è fondato, in particolare in considerazione delle censure esposte nel terzo motivo, assorbenti rispetto a quelle sviluppate negli altri motivi.

2. Le censure enunciate nel terzo motivo contestano l’affermazione di ritenuta configurabilità del reato di cui all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, deducendo che la fattispecie appena indicata costituisce reato proprio, il quale può essere commesso solo dal fabbricante, importatore, rappresentante esclusivo della merce, e che, però, alla società per la quale ha agito l’attuale ricorrente, la “(omissis) s.r.l.”, non è attribuibile alcuna delle precisate qualifiche o attività.

2.1. L’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009 recita: «Salvo che ii fatto costituisca più grave reato, il fabbricante, l’importatore, il rappresentante esclusivo o utilizzatore a valle che fabbrica, immette sul mercato o utilizza una sostanza in quanto tale o in quanto componente di un preparato o di un articolo non conformemente alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento al di fuori dei casi di cui all’articolo 67 del regolamento, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro».

Dal testo normativo, pertanto, emerge con immediata evidenza che il legislatore, nel sanzionare la fabbricazione, la messa in circolazione o l’utilizzo di sostanze non conformi alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE n. 1907/2006, fa riferimento non alle condotte di “chiunque”, ma, specificamente, alle condotte del «fabbricante», dell’importatore», del «rappresentante esclusivo» e dell’«utilizzatore a valle».

Va poi rilevato che l’art. 2 del medesimo d.lgs. n. 133 del 2009 prevede, al comma 1, che «[a]i fini dell’attuazione del presente capo si applicano le definizioni di cui all’articolo 3 del regolamento [n. 1907/2006]», e, al comma 2, che «[a]i fini dell’applicazione delle sanzioni previste nel presente capo, ii rappresentante esclusivo di cui all’articolo 8 del regolamento e equiparato all’importatore». Per chiarezza, appare utile precisare che l’art. 2 cit. e collocato nel «Capo I» del d.lgs. 133 del 2009, e che in tale «Capo I», rubricato «Disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1907/2006 che stabilisce i principi ed i requisiti per la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche», sono compresi gli articoli da 1 a 17.

Va quindi osservato che l’art. 3 del regolamento CE n. 1907 del 2006, rubricato  “Definizioni”, contiene, tra l’altro, l’esplicazione delle nozioni di «fabbricante», «importatore», «utilizzatore a valle» e «distributore», mentre l’art. 8 del medesimo regolamento precisa la nozione di «rappresentante esclusivo».

Precisamente, l’art. 3 regolamento CE  cit. rappresenta che:

a) per «fabbricante», si intende «ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che fabbrica una sostanza all’interno della Comunità»;

b) per «importatore», si intende «ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità responsabile dell’importazione»;

c) per «utilizzatore a valle», si intende «ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità diversa dal fabbricante o dall’importatore che utilizza una sostanza, in quanto tale o in quanto componente di un preparato, nell’esercizio delle sue attività industriali o professionali», esplicitando, inoltre, che «[i] distributori e i consumatori non sono considerati utilizzatori a valle»;

d) per «distributore», si intende «ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità, compreso il rivenditore al dettaglio, che si limita ad immagazzinare ea immettere sul mercato una sostanza, in quanta tale o in quanta componente di un preparato, ai fini della sua vendita a terzi».

L’art. 8 cit., dal canto suo, individua come rappresentante esclusivo la persona incaricata da chi fabbrica una sostanza fuori della Comunità europea, e la importa nella stessa, «per adempiere, in qualità di rappresentante esclusivo, gli obblighi che spettano agli importatori in forza del presente titolo».

Dal coordinamento tra il testo istitutivo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009 e le definizioni del regolamento sopra riportate, a maggior ragione doverosa per essere queste ultime espressamente dall’art. 2 d.lgs. n. 133 del 2009, discende che il “distributore” è soggetto al quale non può riferirsi la figura contravvenzionale in esame, perché, (anche) a tali fini, per “distributore” deve intendersi colui che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato la sostanza (in ipotesi non conforme alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE n. 1907/2006).

Precisamente, deve escludersi che il  “distributore” possa essere qualificato, ai fini dell’applicazione dell’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, ”fabbricante”, “importatore”, “rappresentante esclusivo”, ma anche “utilizzatore”, in quanta l’art. 2 d.lgs. n. 133 del 2009 richiama, per l’applicazione delle sanzioni delle sanzioni di cui al Capo I del medesimo d.lgs., nel quale è compreso anche l’art. 16 cit., le definizioni di cui agli artt. 3 e 8 del regolamento CE n. 1907/2006.

2.2. La sentenza impugnata ricostruisce la posizione e l’attività della impresa di cui era legale rappresentate l’imputato, la “(omissis) s.r.l.” come quella di un “distributore” della colla denominata “(omissis) s.r.l.”, come contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 dell’allegato XVII del regolamento CE 1907/2006.

II Tribunale, infatti, rappresenta che:

a) la colla denominata “(omissis) (omissis)” era prodotta dalla” (omissis) s.r.l.”;

b) la “(omissis) s.r.l.” acquistava detta colla dalla (omissis) s.r.l.”, la riceveva in «cisternette da ottocento chili», la confezionava in tubetti e la cedeva a sua volta a grossisti, come la “(omissis)”, i quali la cedevano ai rivenditori finali;

c) la colla veniva confezionata collegando le cisternette provenienti dalla “(omissis) s.r.l.” ad un macchinario, il quale trasferiva il prodotto all’interno di tubetti;

d) la “(omissis) s.r.l.” non utilizzava in alcun modo, nemmeno per la pulizia dei macchinari, toluene, ossia la sostanza contenuta in misura eccedente quella consentita dal punto 48 dell’allegato XVII del regolamento CE 1907/2006.

La sentenza, anzi, precisa espressamente:

a) «(omissis) srl è un soggetto distributore di colle e affini»;

b) «Non è controverso il fatto che il materiale (la colla, n.d.r.) oggetto di confezionamento non viene in alcun modo attinto nella sua composizione da (omissis) srl che si limita appunto a “travasare” il prodotto da cisternette a singole confezioni (tubi) attraverso un macchinario sterile»;

c) «É dunque escluso, al di la di ogni ragionevole dubbio, che il toluene presenta in misura non legale nella colla venduta al supermercato sia stato “aggiunto” nei processi di  lavorazione della (omissis) srl anche per eventuale contaminazione»;

d) la responsabilità della “(omissis) s.r.l.” ricorre perché la stessa «partecipa alla distribuzione ulteriore del prodotto».

Non vi sono elementi, poi, per contestate la documentata allegazione della difesa secondo cui il produttore della colla, la “(omissis) s.r.l.”, sia ditta avente sede in Italia e, quindi, nel territorio dell’Unione Europea. Di conseguenza,”(omissis) s.r.l.” non può essere ritenuto nemmeno «rappresentante esclusivo» della colla contenente toluene in misura eccedente il limite previsto.

2.3. In considerazione di quanto precedentemente esposto nei §§ 1 e 2.2, deve escludersi che sia configurabile il reato di cui all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009 a carico dell’attuale ricorrente, quale legale rappresentante della (omissis) s.r.I.”.

Invero, si e detto nel § 2.1 che il reato di cui all’art. 16 d.lgs. n. 133 del 2009, è un reato proprio, configurabile esclusivamente nei confronti del «fabbricante», dell’«importatore», del «rappresentante esclusivo» e dell’«utilizzatore a valle», ma non anche a carico del “distributore”, e che per “distributore” deve intendersi colui che si limita ad immagazzinare e a immettere sul mercato la sostanza non conforme alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento CE  n. 1907/2006.

Si è poi evidenziato nel § 2.2 che, secondo le espresse indicazioni della sentenza impugnata, la (omissis) s.r.l. era un “distributore” della colla “denominata” (omissis) contenente toluene in misura eccedente il limite previsto al punto 48 dell’allegato XVII del regolamento CE 1907/2006, e non certo ne un «fabbricante», ne un «importatore», ne un «rappresentante esclusivo», ne un «utilizzatore a valle».

II rilevato difetto della qualifica soggettiva necessaria per l’integrazione del reato esclude la sussistenza del fatto tipico così come contestato.

3. II rilievo dell’insussistenza del fatto impone la pronuncia di sentenza di annullamento senza rinvio con la corrispondente formula assolutoria, rendendo superfluo l’esame delle censure in tema di difetto di competenza per territorio del Giudice che ha emesso la sentenza impugnata, di mancato rilievo dell’estinzione del reato per prescrizione e di carenza dell’elemento

In particolare, se fosse fondata l’eccezione di incompetenza per territorio, e quindi si ritenesse che la condotta sia stata commessa nel luogo di conclusione o in quello di esecuzione del contratto stipulato tra la (omissis)” s.r.l.” e la “(omissis) s.r.l.”, dovrebbe concludersi pure che il reato, conformemente alle prospettazioni difensive, è stato consumato non oltre il 6 ottobre 2017, e, quindi, lo stesso sarebbe ormai estinto per prescrizione.

Ora costituisce principio ripetutamente affermato in giurisprudenziale quella secondo cui il rilievo dell’incompetenza, anche per materia, è precluso dal verificarsi di una causa estintiva del reato, essendo la stessa di immediata applicazione da parte del giudice in ogni stato e grado del processo a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (cfr., in particolare: Sez. 6, n. 1606 del 11/11/2022, dep. 2023, Malattia, Rv. 284147-01; Sez. 2, n. 3221 del 07/01/2014, Macchia, Rv. 258817-01; Sez. 5, n. 26064 del 09/06/2005, Colonna, Rv. 231916-01).

4. E però, a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., «[q]uando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta» (per identiche conclusioni, v. Sez. 6, n. 1606 del 2023, Malattia, cit., in motivazione, § 4).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 10/11/2023.

Depositato in Cancelleria, oggi 12 gennaio 2024.

SENTENZA