Illegittima la determina dirigenziale di Venezia per eccesso di potere nella parte in cui il Comune lagunare introduce limitazioni all’accesso alla Ztl (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 20 novembre 2023, n. 32061).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSEPPE GRASSO  – Presidente –

Dott. MILENA FALASCHI   – Consigliere –

Dott. LUCA VARRONE       – Rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO ROLFI      – Consigliere –

Dott. VALERIA PIRARI        – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6926/2020 R.G. proposto da:

(omissis) SRL, elettivamente domiciliata in (omissis);

– ricorrente –

contro

(omissis) elettivamente domiciliato in (omissis);

– Controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza del Tribunale di (omissis), n. 2620/2019 depositata il 05/12/2019 ;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26-10-2023 dal consigliere dott. LUCA VARRONE

FATTI DI CAUSA

1. (omissis) s.r.l. proponeva opposizione, ai sensi degli artt. 22 della legge n. 689 del 1981 e 6 del d.lgs. n. 150/2011, davanti al Giudice di pace di (omissis) avverso una ordinanza-ingiunzione relativa alla violazione delle norme regolamentari del (omissis) in materia di servizi di trasporto non di linea a noleggio con conducente.

2. Il Giudice di pace di (omissis) accoglieva l’opposizione e annullava l’ordinanza ingiunzione.

3. Il (omissis) appellava la suddetta sentenza.

4. Il Tribunale di Venezia, con la sentenza in questa sede impugnata, per quanto ancora interessa, accoglieva parzialmente l’appello principale del (omissis) confermando l’ordinanza ingiunzione opposta solo in relazione alla violazione dell’art.5, comma 3, dell’ordinanza dirigenziale n.310 del 2006.

Il Tribunale evidenziava che tale provvedimento era stato gia oggetto di cognizione principale da parte del giudice amministrativo, tanto in primo grado quanto in appello. In particolare, il Consiglio di Stato aveva ritenuto legittimo tale provvedimento in quanto fondato sul rispetto del patrimonio culturale e ambientale, essendo stati fatti approfonditi studi e conferenze di servizi e che non vi era una disparita di trattamento irragionevole, essendo stati bilanciati i valori in gioco.

La citata ordinanza dirigenziale n. 310/2006 avente a oggetto “Istituzione e disciplina della circolazione acquea della zona traffico limitato comprendente tutti i rii e i canali a traffico esclusivamente urbano, di competenza del all’interno del centro storico di (omissis) (omissis) siti “, dando attuazione alla legge 15-1-1992 n.21 e alla legge Regione Veneto 30-12-1993 n.63, all’art. 5 co. 3, disponeva, “Fatte salve le ulteriori limitazioni previste nei titoli abilitativi, alle unità a motore adibite a trasporto persone aventi portata massima fino a venti persone compreso il conducente, in possesso di titoli autorizzatori rilasciati da Comuni diversi dal (omissis) ai sensi della legge regionale del Veneto 30 dicembre 1993 n. 63, anche se iscritte negli appositi registri per il trasporto di persone, e consentita la circolazione esclusivamente nel (omissis) dalle ore 16.00 (dalle ore 17.00 nel periodo di vigenza dell’ora legale) alle ore 21.00 (alle ore 22 nel periodo di vigenza dell’ora legale)“.

5. Secondo il Giudice dell’appello non sussistevano le condizioni per disapplicare l’art. 5, terzo comma, della citata ordinanza dirigenziale 310/2006 (già oggetto di cognizione del TAR Veneto, con decisione n. 705/2007, e del Consiglio di Stato, con sentenza n. 824/2008), nella parte in cui stabiliva che i natanti con autorizzazione al trasporto di persone, in virtù di noleggio con conducente, rilasciata da comune diverso da quello di  (omissis) potevano circolare sul (omissis) soltanto dalle ore 16:00 alle ore 21:00 (e dalle ore 17:00 alle ore 22:00 in costanza dell’orario legale), diversamente dal secondo comma, a mente del quale per i natanti autorizzati dal (omissis) la  possibilità di circolazione era estesa dalle ore 00:00 fino alle ore 24:00.

Attraverso dette previsioni il (omissis) aveva inteso evitare un’espansione incontrollata dell’afflusso di “natanti commerciali autorizzati da Comuni diversi”, senza che fosse vietato tout court l’accesso e la circolazione sull’intero territorio, ma solo per delimitate, seppur vaste, zone dell’abitato urbano particolarmente esposte all’azione dannosa del moto ondoso e, con riferimento al (omissis) contro precise fasce orarie. Pur sussistendo una disparita di trattamento tra natanti “titolati”, essa era ragionevole, in quanto giustificata da ragioni di rispetto del patrimonio culturale e ambientale.

L’affermazione incidentale dell’illegittimità dell’ordinanza dirigenziale, dopo la formazione del giudicato amministrativo, avrebbe importato una impropria valutazione del merito amministrativo, interdetta al giudice ordinario.

In particolare, la regolamentazione contestata costituiva il frutto di un adeguato bilanciamento tra la concorrenza tra imprese e la tutela di un sistema ambientale e di un patrimonio storico tanto unici quanto fragili.

Gli artt. 49 (sulla libertà di stabilimento) e 56 del TFUE (sulla liberta di prestazione di servizi) non erano applicabili a tal fine, in quanto si trattava di questione puramente interna allo Stato nazionale.

I natanti con autorizzazione rilasciata da altri comuni della gronda lagunare avrebbero potuto operare sul territorio del (omissis) solo ove ciò fosse stato richiesto dal cliente imbarcato in area appartenente ad un altro comune e non già in via stabile.

La segnalazione dell’Autorità antitrust non aveva valore cogente, non evocava la violazione di specifici parametri costituzionali e sovranazionali, non citava il particolare contesto di riferimento, non teneva conto della giurisprudenza amministrativa intervenuta sul punto e non era stata seguita da alcuna sanzione.

6. (omissis) s.r.l., ha proposto ricorso avverso la suddetta sentenza sulla scorta di un motivo articolato sotto molteplici profili.

7. Il (omissis) ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale avverso la parte della sentenza che ha disapplicato il regolamento del  (omissis) adottato ai sensi dell’art. 5 bis della l. n. 21 del 1992, articolo aggiunto dalla lettera b) del comma 1- quater dell’art. 29, L. 30 dicembre 2008, n. 207, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, con la decorrenza indicata nell’art. 7- bis, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5.

8. Il ricorso e stato avviato alla trattazione camerale ex 380bis.1 cod. proc. civ. e successivamente e stato rinviato in attesa della decisione della Cassazione a Sezioni Unite sulle questioni di cui all’ordinanza n. 6781/2022.

9. A seguito della sentenza delle Sezioni Unite 17541 depositata il 20-6-2023 il Comune ha rinunciato al ricorso incidentale, insistendo con memoria per il rigetto del ricorso principale.

10. La Società ricorrente ha depositato memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso.

11. All’esito della camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e così rubricato:

– violazione degli articoli 3, 16, 41, 97, 117, comma 2, lettere e) ed m), della Violazione delle disposizioni disciplinanti la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali e della concorrenza, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, tra i quali gli articoli 4, 49, 91, 96, 101 e 102 T.F.U.E., regolamento 2454 del 1992, regolamento n. 12 del 1998, regolamento n. 1073 del 2009.

– Violazione degli articoli 1, 2, 3 e 8 della l. n. 287 del 1990. Illegittimità e falsa applicazione dell’articolo 5 dell’ordinanza 310 del 2006 de (omissis) Illegittimità e falsa applicazione dell’articolo 15 dell’ordinanza numero 274 del 2015.

Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità dell’art. 5 dell’ordinanza dirigenziale n. 310/2006 del (omissis) anche sotto il profilo della disparità di trattamento tra parimenti titolati, per avere il Giudice di merito ritenuto che non fosse ingiustificata e lesiva della concorrenza la diversa modulazione dell’accesso nella ZTL per i titolati al servizio pubblico non di linea da parte del (omissis) ovvero da parte di altri comuni, in quanto le limitazioni all’uopo stabilite avrebbero dovuto applicarsi a tutti gli esercenti del servizio pubblico non di linea, indipendentemente dall’individuazione del comune che avesse rilasciato il titolo abilitativo.

Obietta la ricorrente che il principio di territorialità non avrebbe potuto giustificare tale diversità di trattamento, poiché l’autorizzazione allo svolgimento del servizio di (omissis) acqueo avrebbe consentito comunque di effettuare il viaggio iniziato nel (omissis)

Ne avrebbe potuto incidere su tale limitazione il contingentamento del numero dei titoli abilitativi, poiché la disparita di trattamento contestata avrebbe riguardato natanti parimenti titolati, sebbene i titoli provenissero da comuni diversi.

Soggiunge parte ricorrente che le limitazioni del traffico nella ZTL, con la relativa diversificazione degli operatori a seconda della loro provenienza, non avrebbero potuto essere ricondotte ad esigenze di sicurezza della circolazione e/o del patrimonio lagunare, beni, questi, che non avrebbero potuto ritenersi maggiormente protetti e salvaguardati da una presenza preponderante all’interno del centro storico lagunare di operatori autorizzati dal (omissis) anziché provenienti da altri comuni, sicché la compiuta disparita di trattamento si sarebbe tradotta in una maggiore liberta di svolgere l’attività da parte di coloro la cui autorizzazione fosse stata rilasciata dal (omissis) rispetto alle altre imprese ugualmente autorizzate, il cui accesso, subordinato al rispetto delle più stringenti prescrizioni, avrebbe inevitabilmente influito sulla liberta di concorrenza.

In ultimo, la società (omissis) deduce che i provocati effetti distorsivi della libera concorrenza, a sostegno e protezione di interessi particolari di determinate imprese, avrebbero leso gli artt. 49 e 95 e ss. TFUE, operanti anche all’interno di uno Stato membro dell’Unione, e non solo tra Stati membri, senza che le criticate limitazioni potessero ricondursi a ragioni imperative di interesse generale, quali le esigenze di salvaguardia ambientale e di tutela della sicurezza pubblica; obiettivi il cui raggiungimento sarebbe stato perseguibile inibendo omnibus il transito e non già con precipuo riferimento ai soli titolari del servizio di (omissis) portatori di pochissime autorizzazioni rilasciate dai comuni della gronda lagunare, che saltuariamente si sarebbero recati a (omissis) dai comuni limitrofi, dove esercitavano la relativa attività.

2. Si omette di riportare i motivi del ricorso incidentale del (omissis) che vi ha rinunciato, come da atto depositato in prossimità dell’udienza, firmato dal difensore munito di procura speciale, anche per la rinuncia agli atti del giudizio.

2.1. In sostanza la questione ancora da decidere all’esito della pronuncia delle Sezioni Unite 17541, depositata il 20-6-2023, che ha determinato la rinuncia del Comune al ricorso incidentale riguarda la questione posta dal ricorso principale circa la legittimità dell’art. 5 dell’ordinanza dirigenziale dell’ordinanza n. 310 del 2006.

3. Il ricorso principale, le cui censure possono esaminarsi unitariamente stante la loro stretta connessione, é fondato.

Le sanzioni di cui si discute sono state irrogate per la violazione, da parte di titolari di licenza(omissis) delle disposizioni comunali sull’istituzione della zona a traffico limitato, di cui le disposizioni della legge quadro 21/1992 prevedevano l’emanazione già nella formulazione precedente alla riforma di cui al d.l. 207/2008, che nella fattispecie erano state emanate già nel 2006 ed erano vigenti nel periodo di sospensione dell’efficacia della riforma del 2008.

La medesima questione e identica ad altre già decise da questa Corte (ex plurimis ord. n.29275 del 2023).

Si tratta, infatti, di un contenzioso che ha visto contrapposti il (omissis) e i titolari di licenza di noleggio con conducente rilasciati da altri comuni della gronda lagunare.

Nell’ordinanza sopra citata si legge che, sul piano normativo, la legge 15 gennaio 1992, n. 21 (“Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”), attribuisce rispettivamente alle Regioni (art. 4) e ai Comuni (art. 5) competenze in materia di servizio di trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea e, in particolare, prevede che i Comuni, nel redigere i relativi regolamenti, si attengano ai principi stabiliti dalle Regioni.

La conseguente legge reg. Veneto 30 dicembre 1993, n. 63, in accordo con la legge n. 21 del 1992, disciplina gli aspetti essenziali e le modalità di esercizio del servizio pubblico di trasporto non di linea e fissa la disciplina delle necessarie licenze.

La potestà normativa comunale – che si colloca entro i binari delle disposizioni statali e regionali – non deve oltrepassare il limite della mera regolamentazione delle modalità di svolgimento del servizio di noleggio con conducente. In altri termini, la potestà normativa comunale, che ha natura residuale, deve svolgersi in consonanza con quella regionale che, a sua volta, si armonizza con la potestà normativa di cui e titolare in via esclusiva lo Stato.

Cos1 tracciate le coordinate delle competenze comunali, venendo al caso di specie, sono viziate le disposizioni (come la determina dirigenziale n. 310 del 2006) che, nel regolare la materia degli autoservizi pubblici non di linea (attuati dagli operatori (omissis) prevedono una disciplina differenziata, in relazione alla circolazione nella ztl istituita nel centro storico della città, a seconda che si tratti di operatori autorizzati dal (omissis) o  di operatori autorizzati da altri comuni della c.d. gronda lagnare.

Infatti, esclusivamente a questi ultimi, a differenza dei primi, e fatto divieto, totale o temporaneo, di ingresso nelle acque della ztl cittadina. Il Comune ricorrente valorizza che l’ordinanza dirigenziale che ha posto i limiti all’ingresso nella zona ZTL sia stata ritenuta legittima dal Consiglio di Stato con sentenza 824/2008, che ha evidenziato come i provvedimenti limitativi della circolazione veicolare all’interno dei centri abitati siano “espressione di scelte latamente discrezionali, che coprono un arco molto esteso di soluzioni possibili, incidenti sul valori costituzionali spesso contrapposti, che devono essere contemperati, secondo criteri di ragionevolezza”.

In linea generale l’affermazione deve essere sicuramente recepita, ma non e decisiva al fine di ritenere la legittimità della specifica previsione dell’art. 5 co. 3 dell’ordinanza 310/2006 di cui si discute, la quale, per il numero di ore assai ristretto (5 su 24) nelle quali consente l’accesso al (omissis) (omissis), si risolve in un divieto di transito, limitato ai soggetti titolari di licenze (omissis) rilasciate da altri comuni.

Sotto questo profilo, la previsione non costituisce attuazione dell’art.11 co.1 legge 21/1992, che non consente di escludere l’esercizio della facoltà di transito ai titolari di licenza (omissis). Peraltro, la tesi del Comune circa il fatto che il divieto riguardava anche le imbarcazioni con licenza rilasciata dal (omissis) é priva di fondamento.

Infatti, dalla stessa contestazione risultante dalle ordinanze ingiunzione in esame risulta che la condotta contestata e quella relativa alla violazione del divieto previsto per le unita dotate di autorizzazione ex l. r. n. 63 del 1993 rilasciate da comune diverso da quello di (omissis)

La previsione non trova giustificazione neppure nell’art. 12 legge Regione Veneto 63/1993, che in nessuna delle sue disposizioni consente di distinguere la circolazione all’interno delle acque del (omissis) dei servizi di trasporto non di linea in relazione al Comune di rilascio dell’autorizzazione. Infatti, l’art. 12 co. 5 legge Regione Veneto 63/1993 dispone “il numero complessivo delle licenze di taxi rilasciate e il numero di autorizzazioni per le altre attività di trasporto acqueo dovrà comunque sempre tenere conto delle esigenze di una corretta gestione del traffico acqueo e, in particolar modo per ciò che riguarda la città di (omissis) e l’intero ambito lagunare, degli effetti del moto ondoso derivanti dalla circolazione dei natanti a motore”.

In questo modo la disposizione indica in quali termini il Comune debba considerare gli effetti del moto ondoso nella regolamentazione del trasporto non di linea, e cioè in fase di valutazione dell’esistenza dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni alle attività di trasporto non in linea e in fase di disciplina del traffico, ma non al fine di distinguere il transito dei soggetti già autorizzati sulla base della loro provenienza.

Secondo il suo stesso preambolo, l’ordinanza 310/20026 ha inteso perseguire sia la finalità di salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale di (omissis) sia la finalità di limitare il traffico acqueo ai titolari di licenze (omissis)rilasciate da altro comune per attuare la finalità di cui all’art. 12 co. 5 legge regionale 63/1993 che non consentivano tale limitazione.

Ne consegue che la determina dirigenziale n. 310 del 2006 e illegittima per eccesso di potere nella parte in cui il (omissis) introduce limitazioni all’accesso alla ZTL per i natanti titolati da altri comuni, in vista della tutela di un distinto e autonomo interesse, non direttamente correlato alla materia del servizio pubblico di trasporto non di linea, quale l’esigenza di ridurre il moto ondoso nella città, in funzione della salvaguardia dell’assetto ambientale e della tutela del patrimonio artistico e monumentale della laguna di (omissis) e realizzando il suddetto fine limitando le restrizioni all’ingresso solo ai titolari di licenza (omissis) rilasciata da comuni diversi da quello di (omissis)

In tal modo l’Amministrazione ha posto una limitazione non consentita dalla legge attributiva del relativo potere.

Quindi, si deve concludere, come anticipato, che l’art. 5 co. 3 dell’ordinanza dirigenziale 310/2006 e viziato quantomeno da eccesso di potere e che, ricorrono i presupposti per disapplicare tale disposizione, che erroneamente il giudice di merito ha escluso.

Nella ordinanza sopra citata si e anche posto in evidenza, da una diversa angolazione giuridica, che é persuasiva l’allegazione dei controricorrenti circa l’intervento dell’AGCM, la quale ha segnalato (ai sensi dell’art. 21, legge n. 287 del 1990) “distorsioni concorrenziali” indotte dall’ordinanza dirigenziale n. 310 del 2006, che creano una discriminazione tra operatori (omissis) autorizzati dal (omissis) e operatori autorizzati da altri comuni.

Al riguardo e sufficiente richiamare Cass. Sez. U., n. 17541/2023 (pagg. 24 e 25) che, a proposito della normativa statale, alla quale le disposizioni (regionali e) comunali debbono attenersi, constata che «l’esigenza di adeguare le disposizioni della legge n. 21 del 1992 – in considerazione sia di problematiche relative al rapporto tra i servizi di taxi e di noleggio con conducente (va ricordato che in origine gli obblighi di servizio pubblico discendevano solo per il servizio di taxi, i quali risultano disciplinati dalle leggi regionali, ai cui criteri devono attenersi i Comuni nel regolamentarne l’esercizio, enti ai quali sono delegate le funzioni amministrative), sia per l’esigenza di rispondere alle nuove realtà economiche che offrivano servizi non immediatamente riconducibili a quelli previsti dalla regolamentazione nazionale, anche al fine di superare i dubbi riguardanti la loro legittimità – ha caratterizzato le ultime legislature, a ciò stimolate anche dagli interventi delle Autorità indipendenti di settore, quali l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (che ha inviato al Governo ed al Parlamento il 21 maggio 2015 un atto di segnalazione sulla rilevanza economico-regolatoria dell’autotrasporto di persone non di linea) e l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM), intervenuta più volte proprio sul tema della riforma della disciplina del settore taxi e(omissis) (da ultimo, il 10 marzo 2017, ha inviato una segnalazione al Parlamento ed al Governo in cui si sottolinea che il settore dalla mobilità non di linea – taxi (omissis) – richiede una riforma complessiva, in quanto e ancora regolato dalla legge n. 21 del 15 gennaio 1992, oramai non più al passo con l’evoluzione del mercato)».

4. In conclusione per le ragioni esposte la Corte accoglie il ricorso principale, dichiara estinto il giudizio relativamente al ricorso incidentale a seguito della rinuncia del Comune, cassa la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito annulla l’ordinanza ingiunzione

5. Si giustifica la compensazione dell’intero giudizio comprese quelle relative al giudizio di legittimità, in considerazione della novità delle questioni e della pronuncia delle Sezioni Unite sopravvenuta nel corso del presente

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara estinto il giudizio relativamente al ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla le ordinanze ingiunzione opposte.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 26 ottobre 2023.

Il Presidente

Giuseppe Grasso

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.