Immigrazione, non esclusa la particolare tenuità per il mancato allontanamento (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 16 marzo 2020, n. 10275).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Mari – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

UGIAGBE OSAS nato il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 07/03/2019 del GIUDICE DI PACE di FERRARA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Marco VANNUCCI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Luca TAMPIERI, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 7 marzo 2019 il Giudice di pace di Ferrara condannò Osas Ugiagbe (di nazionalità nigeriana) alla pena di euro 10.000 di multa in quanto responsabile della commissione, fino al 14 marzo 2016, del delitto, accertato in Ferrara, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), consistito nell’inadempimento, senza giustificato motivo, all’ordine di lasciare il territorio dello Stato nei suoi confronti emesso dal Questore di Agrigento il 9 dicembre 2015 in applicazione del comma 5-bis dello stesso art. 14.

1.1 La motivazione della decisione può essere così sintetizzata:

il decreto di espulsione dal territorio dello Stato, con conseguente ordine di allontanamento emesso dal Questore di Agrigento il 9 dicembre 2015 venne notificato all’imputato;

dopo la notificazione questi presentò, il 29 febbraio 2016, domande di asilo e di conseguente rilascio di permesso di soggiorno;

la domanda di protezione internazionale venne respinta anche in sede giudiziale (da ultimo con sentenza emessa dalla Corte di appello di Ancona);

l’imputato ha ammesso in buona sostanza il proprio inadempimento all’obbligo a lui imposto dall’ordine contenuto nel citato atto amministrativo, senza inoltre allegare fatti costituenti giustificato motivo alla base dell’inadempimento;

è da escludere l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 34 del d.lgs n. 274 del 2000 che, “se non può trovare ingresso nel reato di cui all’art. 10 bis legge 286/98, dato che la norma si fonda su un giudizio precostituito di offensività soggettiva e indifferenziata dell’interesse ad una disciplina dei flussi migratori, senza possibilità di distinguere una varietà di comportamento più gravi o meno gravi, trattandosi di reato di pura condotta, tanto meno lo può nell’ipotesi del violato art. 14 c. bis ter”.

2. Per la cassazione di tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso (atto sottoscritto dal difensore, avvocato Paolo Quadruccio) contenente tre motivi di impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ necessaria una premessa di carattere formale.

L’originale del ricorso per cassazione, depositato nella cancelleria del Giudice di pace di Ferrara il 26 aprile 20181: è sottoscritto, alla pagina 7, dall’avvocato Paolo Quadruccio, del foro di L’Aquila, difensore dell’imputato (come dichiarato nella prima pagina); consta di quattro pagine dattiloscritte; le pagine successive alla prima sono contrassegnate dai numeri 3, 5 e 7; mancano all’evidenza talune pagine (quelle che avrebbero dovuto essere contrassegnate, rispettivamente, dai numeri 2, 4 e 6); nella prima pagina figura l’indicazione “motivi in sintesi”; dopo tale indicazione vi è sintesi del motivo n. 1 e sintesi parziale del motivo n. 2 (il testo è incompleto per mancanza della pagina successiva); a pag. 5 vi è l’indicazione del motivo n. 3, intitolato “Illogicità della motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e c.p.p., – in relazione all’art. 34 D.Lvo 274/2000”, e parte del motivo (il testo, incompleto per mancanza della pagina successiva, termina alla pagina 7).

Le risposte ai motivi di impugnazione non potranno prescindere dalla incompletezza del ricorso.

2. Il primo motivo di ricorso, intitolato “Inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b c.p.p., in relazione alla sussistenza del giustificato motivo di cui all’art. 14 comma 5 ter T.U.Imm.” (pag. 3 del ricorso), è inammissibile per violazione del precetto contenuto nell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen., impositivo, a pena di nullità (art. 591, comma 1 lett. c), cod. proc. pen.) della indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto alla base di tale censura: dal testo disponibile (l’atto manca della pagina 4) non è dato in alcun modo comprendere per quale ragione la sentenza impugnata “avrebbe omesso di valutare la sussistenza del giustificato motivo quale scriminante della violazione di cui all’art. 14 comma 5 ter T.U.Imm.”.

3. Del pari inammissibile, per la sua non intelligibilità, dovuta alla mancanza di parte del testo dattiloscritto dell’atto depositato, è il secondo motivo, che dovrebbe – secondo l’indicazione figurante nella prima pagina del ricorso – essere intitolato “Inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b c.p.p., in relazione all’art. 32 c. 4 D.Lvo 25/08”; ciò, in ragione della mancanza della pagina 4 e del fatto che dal contenuto della pagina 5 non è dato desumere in alcun modo quale sia il contenuto delle censure mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata, risultando solo da tale pagina l’affermazione secondo cui “nelle more della domanda di protezione internazionale il cittadino straniero non possa essere espulso e tantomeno possa darsi esecuzione a precedenti decreti di espulsione, stante la legittimità dell’interesse a permanere”, seguita dalla riproduzione del contenuto dell’art. 32, comma 3, del d.lgs. n. 25 del 2008; senza dunque che sia dato comprendere in alcun modo quale sia la portata concettuale della censura.

4. Dal contenuto, parziale, del testo del terzo motivo – intitolato “Illogicità della motivazione ex art. 606 comma 1 lett e cpp, – in relazione all’art. 34 Divo 274/2000 – di cui alle pagine 5 e 7 dell’atto, risulta con alquanta evidenza, soprattutto alla luce del richiamo al contenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 250 del 2010, che il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto in linea di principio inapplicabile al delitto di cui si discute, così come alla contravvenzione prevista dall’art. 10 -bis del t.u. immigrazione, la causa di non punibilità della speciale tenuità del fatto prevista dall’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000.

5. In effetti, l’affermazione in diritto sul punto contenuta nella sentenza impugnata trova innanzitutto autorevole smentita nella motivazione di Corte cost., sent. n. 250 del 2010 che, nel rigettare ovvero dichiarare inammissibili questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 10 -bis del t.u. immigrazione, ha evidenziato espressamente, con riferimento «alle ipotesi a carattere “marginale” – che il giudice a quo evoca con il riferimento alla situazione dello straniero che si trattenga in Italia oltre il termine del visto di ingresso per ragioni puramente contingenti (quali l’aver perso l’aereo o il non aver ricevuto tempestivamente dai parenti all’estero il denaro per l’acquisto del biglietto di viaggio) – occorre tener conto anche della circostanza che l’attribuzione della competenza per il reato in esame al giudice di pace è atta a rendere operante l’istituto dell’esclusione della procedibilità per «particolare tenuità del fatto», previsto dall’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, un istituto che, in presenza delle condizioni stabilite da tale articolo, potrà valere a sottrarre a pena le irregolarità di più ridotto significato».

La giurisprudenza di legittimità è ferma nell’affermare la regola interpretativa secondo cui la norma di diritto penale sostanziale recata dall’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000, applicabile solo ai reati da tale legge (in senso sostanziale) attribuiti alla competenza per materia del giudice di pace (per tali reati non trova, specularmente, applicazione la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.: in questo senso, in sede di risoluzione di contrasto di giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. S.U., n. 53683 del 22 giugno 2017, PmP, Rv. 271587) si riferisce astrattamente a tutti i reati indicati nell’art. 4 dello stesso decreto, indipendentemente dalla presenza della persona offesa nel processo (in questo senso, cfr., per tutte: Sez. 3, n. 48096 del 6 novembre 2013, Tavernaro, Rv. 258054; Cass. Sez. 4, n. 43383 del 28 settembre 2007, Corsini, Rv. 238300; Cass. Sez. 4, n. 36980 del 2 luglio 2003, Tomesani, Rv. 226376).

Tale norma di diritto sostanziale speciale trova applicazione anche ai reati previsti dal t.u. immigrazione la cui cognizione l’art. 4, comma 1, lett. s -bis) e s- ter), del decreto del 2000 attribuisce alla competenza del giudice di pace (in questo senso, cfr.: Cass. Sez. 1, n. 35742 del 5 luglio 2013, Ochinca, Rv. 256825; Cass. Sez. 1, n. 13412 del 8 marzo 2011, Prisecari, Rv. 249855); anche perché nessuna indicazione di segno contrario sul punto si rinviene nelle disposizioni dello stesso tu.

La particolare tenuità del fatto è dalla disposizione di legge in esame fatta derivare dalla esiguità, rispetto all’interesse tutelato, del danno o del pericolo rispettivamente derivati dalla commissione del reato, dalla occasionalità della violazione e dal ridotto grado di colpevolezza e dalla considerazione del pregiudizio che la prosecuzione del procedimento penale può arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato.

6. In definitiva, non è conforme a diritto l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata nella parte in cui afferma la non applicabilità della causa di non punibilità in discorso in riferimento ai fatti sussumibili nelle fattispecie rispettivamente previste dall’art. 10 -bis e dall’art. 14 -ter del t.u. immigrazione.

La sentenza impugnata, nella sola parte in cui afferma la non applicabilità dell’art. 34, comma 1, in riferimento alla fattispecie di cui all’art. 14 -ter del t.u. immigrazione, deve dunque essere annullata, con rinvio allo stesso Giudice di pace di Ferrara (in persona fisica diversa da quella che ha emesso la sentenza in questa sede annullata: in questo senso, cfr., da ultimo, Cass. Sez. 5, n. 2669 del 6 novembre 2015, dep. 2016, Raspini, Rv. 265711) per nuovo giudizio sul punto specifico.

7. Il giudice di rinvio, nel pronunciarsi sull’istanza di applicazione della causa di non punibilità in discorso avanzata in sede di conclusioni dal difensore dell’imputato, deve conformarsi al seguente principio di diritto: “la norma recata dall’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000, applicabile solo quanto ai reati da tale decreto attribuiti alla competenza per materia del giudice di pace, è astrattamente riferibile a tutti i reati indicati nell’art. 4 dello stesso decreto; compreso quello previsto dall’art. 14 -ter del d.lgs. n. 286 del 1998”.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza limitatamente all’art. 34 del d.lgs. del 28 agosto 2000, n. 274 e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Giudice di pace di Ferrara.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.