In caso di sinistro stradale il risarcimento spetta anche al convivente more uxorio del defunto (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 28 marzo 2023, n. 8801).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29890/2020 R.G. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

ricorrente

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) Dirigente, rappresentata e difesa dagli avv.ti in persona del Procuratore (OMISSIS) con  domicilio eletto in (OMISSIS), presso il loro studio, (OMISSIS);

– controricorrente –

nonché contro

(OMISSIS) (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 249/2020 della Corte di appello di Torino, pubblicata il 26/02/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio 2023 dal Consigliere, Dott.ssa Irene Ambrosi.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 26/04/2010, (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Torino (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni subiti a titolo patrimoniale e non patrimoniale; esposero, in particolare, gli attori che (OMISSIS) (OMISSIS) di cinquantacinque anni, convivente more uxorio di (OMISSIS) (OMISSIS) dal 2004, all’epoca quarantaquattrenne, era deceduto il giorno (OMISSIS) (OMISSIS) a causa di sinistro stradale determinato dalla condotta colposa del (OMISSIS) e che tale evento aveva rappresentato un pregiudizio non solo per la sua convivente (OMISSIS) (OMISSIS) ma anche per i figli di costei, (OMISSIS) i quali avevano coabitato con la madre ed il suo convivente dall’inizio della convivenza fino al 2008. Aggiunsero che ante causam la società assicuratrice aveva corrisposto la somma di Euro 150.000,00.

Si costituì la società assicuratrice chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Torino rigettò la domanda, ritenendo satisfattivo il risarcimento già accordato nella misura di Euro 150.000,00.

2. Avverso detta sentenza proposero appello (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS)

Si costituì (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a. chiedendo il rigetto dell’appello.

Il gravame venne respinto dalla Corte di appello di Torino con sentenza 30 marzo 2015.

3. Avverso la decisione di appello, proposero ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS).

I convenuti non svolsero difese.

La Corte di cassazione con sentenza 15/06/2018 n. 15766 cassò con rinvio la decisione di appello, ritenendo fondato il terzo motivo di ricorso con riferimento a tre profili di censura: «In primo luogo, laddove la parte ricorrente censura la ritenuta inammissibilità della deduzione dell’esistenza di “reciproca assistenza economica” in quanto generica pone invero una questione di motivazione apparente, posto che l’attribuzione della mera genericità alla circostanza allegata, in funzione dell’inammissibilità della relativa deduzione istruttoria, non realizza il minimo costituzionale prescritto ai fini dell’integrazione del requisito della motivazione dell’atto giurisdizionale. In secondo luogo, mediante l’enumerazione delle circostanze di fatto obliterate dal giudice di merito in sede di giudizio di fatto, la parte ricorrente denuncia la mancata sussunzione entro lo schema della presunzione di fatti rispondenti al paradigma tipico del fatto qualificabile come fatto noto ai sensi dell’art. 2727 cod. civ..

Il giudice di appello ha omesso invero di applicare il procedimento presuntivo a fronte di fatti, quali quelli indicati nel motivo di censura, suscettibili di qualificazione come fatti da cui muovere per la catena inferenziale caratterizzante la valutazione presuntiva.

Ferma la sussumibilità delle circostanze di fatto indicate nel motivo nel paradigma della presunzione, resta poi di competenza del giudice di merito la valutazione in termini di congruenza delle dette circostanze ai fini della realizzazione del risultato presuntivo cui mira la parte ricorrente.

Dovrà pertanto il giudice di merito apprezzare se le circostanze indicate concretizzino la presunzione nella direzione indicata dalla parte ricorrente.

Infine, ed in terzo luogo, nella misura in cui nel motivo si denuncia l’obliterazione della circostanza della cointestazione del conto corrente, parte ricorrente denuncia altresì l’esistenza di vizio motivazionale.

Risulta assolto l’onere processuale di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., avendo la parte indicato la localizzazione processuale della circostanza.

L’esame del fatto storico rappresentato dalla cointestazione del conto corrente è stato omesso dal giudice di merito e trattasi di circostanza decisiva ai fini della valutazione dell’esistenza del danno patrimoniale invocato dalla parte» (punto 3.1. in motivazione della sentenza  rescindente).

4. Con atto di riassunzione, (OMISSIS) (OMISSIS) ha citato in giudizio (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a. rinnovando la domanda di risarcimento dei danni da ella subiti a titolo patrimoniale da perdita delle sovvenzioni economiche che il deceduto (OMISSIS) (OMISSIS) quale convivente more uxorio, le avrebbe concesso dalla data del sinistro stradale, (OMISSIS) (OMISSIS) fino al venir meno, con la morte naturale, della capacità di guadagno e di percepimento della pensione.

Si è costituita la (OMISSIS) (OMISSIS) di (OMISSIS) mentre (OMISSIS) (OMISSIS) restato contumace.

La Corte di appello di Torino, quale giudice di rinvio, con sentenza n. 249/2020, ha rigettato la domanda, ponendo le spese dei diversi gradi di giudizio a carico della soccombente (OMISSIS).

5. Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS) articolato in tre motivi; ha resistito con controricorso (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a. sebbene intimato, (OMISSIS) (OMISSIS) non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.

La trattazione del ricorso fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la “Nullità della sentenza di rinvio conseguente ad anomalia motivazionale, sostanziatasi in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in forza di profili di (irriducibile) contraddittorietà interna al ragionamento sviluppato dal giudice ad quem (nel senso di cui a Sez. Un., sentenza 3 novembre 2016, n. 22232 Rv. 641526-01), e ciò per avere questi, da un lato, ammesso inconfutabilmente l’esistenza del  fatto  storico  della  “convivenza  more  uxorio”  tra  l’attrice (omissis) e la vittima primaria deceduta (omissis) (omissis) perdurante ormai da oltre 5 anni e caratterizzata, oltretutto, per espressa ammissione della motivazione stessa, da un’eloquente contribuzione economica del de cuius alle spese del quotidiano relative alla gestione/manutenzione dell’alloggio comune e alle esigenze alimentari della coppia convivente, nonché da una determinazione personale seria in capo all’uomo che aveva fatto scrivere in apparente decisitività sul punto delle perdite anche patrimoniali della convivente che la “formazione di un nucleo assimilabile a quello familiare dimostra l’esistenza di un impulso affettivo significativo volto a fondare una scelta certamente di impegno”, e dall’altro lato, per avere asserito che mancasse in actis una prova che la relazione inter partes la cui perdita era  stata persino risarcita spontaneamente dalla (OMISSIS) ante causam con l’avvenuto pagamento di Euro 150.000 a titolo di danni parentali non patrimoniali fosse talmente forte e stabilizzata che giustificasse come prevedibile l’apporto stabile economico del de cuius a vantaggio della superstite convivente non limitato alla stretta durata della convivenza, ma per tutta la vita (artt. 132, comma 2 e 4 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c..

2. Con il secondo motivo lamenta “Error in procedendo (e conseguente nullità processuale della sentenza) da violazione del mandato cassatorio che aveva intimato ex 384, comma 2, c.p.c. al Giudice ad quem di dare nella decisione riguardante le verosimili perdite patrimoniali della donna da mancata contribuzione economica futura da parte del compagno convivente  una rilevanza ad un tanto decisiva all’individuata relazione bancaria tra i due conviventi (definita di cointestazione del conto correte anche se in realtà era una delega ad operare sul conto monotitolare del de cuius), trascurata sino ad allora in sede di merito, senza che come giudice del rinvio gli fosse dato di contestarne l’esistenza e la sua attitudine alla decisitività, men che meno arzigogolando su di una valenza qualche valenza recessiva della delega di firma rispetto al fatto presupposto della co-intestazione del c/c dalla Corte di cassazione invece riscontrata sbagliando due volte: una prima perché ex art. 384 comma 2 c.p.c. l’accertamento di fatto della S.C. (pur errato) non poteva essere disatteso (facendo de albo nigro) ed una seconda perché quand’anche si fosse trattato effettivamente di una delega sul conto secondo la logica dell’id plerumque accidit e del più probabile che non, essa quale fatto bancario oggettivo e pregnante avrebbe semmai dovuto determinare un’inferenza ancor più concludente e decisiva (rispetto al pensiero del rescindente) sul fronte di un fatto decisivo nella prova presuntiva) in uno agli altri indizi segnalati dalla sentenza di legittimità) di una reale disponibilità finanziaria (poi perduta) da impiegarsi nella gestione del menage di coppia definito dalla stessa sentenza di “more uxorio” ed in grado di fungere da fatto noto, grave, preciso e concordante per poter ricostruirsi con il giudizio controfattuale quale sarebbe stata la situazione economica della donna in assenza della tragedia (art. 384 comma 2 e 360 comma 1 n. 4 c.p.c.)“.

3. Con il terzo motivo del ricorso, la ricorrente denuncia “Error in iudicando e in procedendo per non avere sottoposto al giudizio inferenziale, così come era stato raccomandato dalla stessa sentenza rescindente tutti i fatti ad un tanto menzionati e non solo taluno scelto ad usum Delphini per poi dirsi che l’inferenza non era positiva trascurandovi anche quelli fondamentali della comunione affettiva che si era già tradotta tanto risultava provato in un risarcimento di Euro 150.000 per danni morali in favore del convivente e della, anch’essa ammessa dalla Corte di prossimità, contribuzione delle spese di vitto e alloggio, con l’aggravante di non aver affatto spiegato la ragione per la quale la teoria di fatti astrattamente indizianti, sottoposta al suo giudizio dalla parte appellante, fosse stata sostanzialmente ridotta a poche unità senza svolgere nel loro insieme la valutazione inferenziale demandata dalla sentenza rescindente (come prevista dall’art. 2729 c.c.) e senza idonea motivazione sul perché i (pochi) fatti indizianti selezionati non fossero gravi precisi concordanti nel senso di far ritenere più probabile l’esistenza di una perdita economica futura ricollegata alla scomparsa del convivente camionista (omissis) (violazione dell’art. 2729 c.c. e motivazione al di sotto del minimo costituzionale, art. 360, comma 1, nn. 3 e 4).”.

4. Il primo e terzo dei motivi del ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione, sono fondati e meritano accoglimento nei limiti e in ragione delle seguenti considerazioni.

4.1. La Corte d’appello ha anzi tutto affermato che «non è mai stato in discussione il fatto storico della convivenza more uxorio in essere tra (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) al momento del sinistro, né la sua risalenza al 2004, con la conseguenza che al (omissis) essa perdurava da circa cinque anni si può considerare quindi accertato che tra i conviventi vi fosse una comunione affettiva» (pag. 7 sentenza impugnata) ha poi ritenuto necessario, quanto al «profilo di reciproca assistenza economica», verificare «se essa abbia avuto assunto connotazioni tali da conferire una stabilità relativamente definitiva al rapporto e da caratterizzarsi quindi come apporto continuativo corrispondente a quello che sarebbe stato effettuato in un contesto familiare» ha poi aggiunto che «in questo contesto» cioè, in ragione della scelta della convivenza fatta dal (OMISSIS) di coabitare con la (OMISSIS) fosse pienamente compatibile con questa scelta una contribuzione economica alle spese del quotidiano, relative alla gestione/manutenzione dell’alloggio e alle esigenze alimentari, senza sottintendere la stabilità nel tempo, e senza dimostrare, di per sé, l’intenzione di mettere in comune le risorse economiche nel contesto della costituzione sostanziale di un nuovo nucleo familiare» (pag. 7 della sentenza impugnata).

Il giudice di appello ha, poi, passato in rassegna le circostanze richiamate dall’attrice a fondamento della domanda in riassunzione al fine di verificare, se esse, potessero assumere una valenza indiziaria tale da giustificare un ragionamento presuntivo favorevole.

In primo luogo, esaminando la circostanza ritenuta decisiva dalla Corte rescindente (quella della cointestazione alla (OMISSIS) del conto corrente del convivente (omissis) il giudice del rinvio ha rilevato che si trattava in realtà di una mera delega (disposta dal giugno 2004) in favore della (OMISSIS) ad operare sul conto corrente del (OMISSIS) unico intestatario, e che, come tale, fosse circostanza compatibile con la volontà del convivente di partecipare alle spese del nucleo formato con la nuova convivente e giustificata dal tipo di attività lavorativa da questi svolta (camionista) che ne comportava l’assenza da casa per periodi prolungati, ma che fosse fatto «da solo equivoco» secondo la Corte territoriale ai fini del ragionamento presuntivo (pag. 8 della sentenza impugnata).

In secondo luogo, esaminando analiticamente e singolarmente, gli ulteriori fatti allegati dalla ricorrente (la durata della convivenza e la sua tendenziale stabilità; l’esclusione di familiari a carico nelle dichiarazioni dei redditi di (OMISSIS) (OMISSIS) l’entità dei redditi imponibili del predetto e della loro progressione costante la tipologia del lavoro di camionista e lo status di cassaintegrata dell’attrice dal gennaio (omissis) li ha ritenuti non significativi, ai fini della prova di un apporto economico stabile e continuativo del convivente deceduto.

Infine, la Corte d’appello ha affermato: «la durata della convivenza, con spostamento della residenza e del domicilio fiscale e la delega a favore di (OMISSIS) (OMISSIS) d operare sul conto corrente di (OMISSIS) (OMISSIS) sono gli unici elementi che potrebbero avere una significatività al fine di fondare un ragionamento presuntivo: si tratta peraltro di elementi di fatto che se valutati unitariamente, non hanno quella univocità e gravità tali da permettere di dedurne la già formatasi esistenza di una comunanza di vita tra il defunto e l’attrice in riassunzione, talmente forte e stabilizzata da giustificare il prevedibile apporto stabile economico del primo a vantaggio della seconda, non solo per la stretta durata della convivenza ma per tutta la vita» (pag. 10 della sentenza impugnata).

4.2. Osserva il Collegio, in via preliminare, che la Corte di merito non ha compiuto un errore sulla valutazione degli elementi di prova raccolti che, naturalmente, costituendo parte essenziale del giudizio di merito, non è rinnovabile in questa sede e che questa Corte non intende affatto rinnovare, bensì, ha compiuto un duplice errore di diritto per un verso, sul metodo da utilizzare al fine della corretta valutazione del materiale probatorio, che deve essere in questa sede rilevato: acquisita una pluralità di elementi che costituiscono indici rilevanti – nella stessa affermazione e quindi considerazione del giudice di merito – in ordine alla configurabilità di una determinata situazione produttiva di ricadute giuridicamente rilevanti, essi non possono essere poi presi in considerazione atomisticamente, ma devono essere considerati nella loro unitarietà e nella loro interazione l’uno con l’altro.

Per altro verso, sulla configurabilità di una relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale tra il convivente deceduto e la superstite, il giudice di appello non ha tenuto nel debito conto, nella fattispecie in esame, quanto da questa Corte già affermato con riferimento al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento mortale, che va riconosciuto – con riguardo sia al danno morale sia a quello patrimoniale allorquando emerga la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato – anche al convivente more uxorio del defunto (Cass. Sez. 3 n. 23725 del 2008 Cass. Sez. 3 n. 12278 del 2011).

Al riguardo, va evidenziato che a seguito della riformulazione del numero 5 dell’art. 360 c.p.c., disposta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012 e dunque, anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame), il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al c.d. “minimo costituzionale”, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conf. da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090).

Questo vizio è riscontrabile nel caso di specie, atteso che la motivazione della sentenza impugnata si caratterizza sia per contraddittorietà sia per il carattere obiettivamente illogico e perplesso di alcuni rilevanti passaggi.

4.3. Tanto preliminarmente osservato, l’argomentazione circa «una contribuzione economica alle spese del quotidiano, relative alla gestione/manutenzione dell’alloggio e alle esigenze alimentari » – che viene ritenuta compatibile con la scelta della convivenza fatta dal deceduto, ma che non sottintenderebbe, al contempo, «l’intenzione di mettere in comune le risorse economiche nel contesto della costituzione sostanziale di un nuovo nucleo familiare», appare intrinsecamente illogica e del tutto inconciliabile con la rilevanza probatoria del fatto storico, emerso pacificamente e rimarcato dalla stessa Corte d’appello, di una contribuzione caratterizzata dalla diuturnitas per tutto il corso della convivenza more uxorio, durata circa un lustro e interrotta dal sinistro de quo, laddove la Corte di merito l’ha ritenuta però significativa solo ai fini della sussistenza di una mera «comunione affettiva» tra il deceduto e la sua convivente (pag. 7 della sentenza impugnata).

Tale argomentazione si pone invero in aperto contrasto con la nozione di convivenza di fatto prevista dalla l. n. 76 del 2016, che all’art. 1, comma 36, definisce i conviventi di fatto come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e che presuppone l’esistenza dell’elemento spirituale, il legame affettivo e di quello materiale o di stabilità, la reciproca assistenza morale e materiale, fondata in questo caso non sul vincolo coniugale e sugli obblighi giuridici che ne scaturiscono, ma sull’assunzione volontaria di un impegno reciproco.

Alla luce del richiamato dettato normativo, la motivazione appare anche obiettivamente perplessa rispetto a quanto ritenuto a proposito della “durata della convivenza e alla sua tendenziale stabilità ove la Corte di merito ha osservato che «la formazione di un nucleo assimilabile a quello familiare dimostra l’esistenza di un impulso affettivo significativo volto a fondare una scelta certamente di impegno, ma non ne comporta anche una valutazione cristallizzata degli aspetti economici», in relazione a quanto, subito dopo, argomentato sul fatto che entrambi i due conviventi «avevano alle spalle una precedente esperienza matrimoniale» -circostanza di per sé neutra rispetto alla convivenza in essere – e rispetto ai «possibili obblighi di mantenimento» su di loro gravanti e al fatto che il deceduto «(magari, non aveva una casa di proprietà e/o non aveva mantenuto una diversa abitazione presso la quale poter risultare residente, costituendo il luogo di convivenza come domicilio di fatto)» – circostanze indicate dalla stessa Corte territoriale come soltanto probabili, ma non verificate -.

La conclusione sulla «non univocità e gravità» degli elementi di fatto valutati per escludere una comunanza di vita «talmente forte e stabilizzata da giustificare il prevedibile apporto stabile economico del primo a vantaggio della seconda», non solo si pone con le richiamate precedenti affermazioni in una posizione di irriducibile contraddittorietà logica, ma appare anche, di per sé, viziata da obiettiva incomprensibilità, posto che, come detto, il giudice di appello ha ritenuto sussistente tra i conviventi una «comunione affettiva» caratterizzata da «una contribuzione economica alle spese del quotidiano, relative alla gestione/manutenzione dell’alloggio e alle esigenze alimentari» e dalla «formazione di un nucleo assimilabile a quello familiare (…) volto a fondare una scelta certamente di impegno» ed ha al contempo ritenuto tali elementi obiettivi non idonei a conferire una stabilità relativamente definitiva al rapporto, quale apporto continuativo «talmente forte e stabilizzato» corrispondente a quello che sarebbe stato effettuato in un contesto familiare.

La ragione per cui gli elementi di fatto dedotti dall’attrice sono stati ravvisati come rilevanti soltanto ai fini di un «impulso affettivo significativo», ma non anche quelli della spontanea e volontaria assunzione di reciproci impegni di assistenza morale e materiale, rimane a tale stregua dalla Corte di merito non spiegato.

4.4. Va osservato al riguardo che gli elementi fattuali indicati come non significativi (in specie: l’esclusione di familiari a carico nelle dichiarazioni dei redditi di (OMISSIS) (OMISSIS) l’entità dei redditi imponibili del predetto e della loro progressione costante  la tipologia del lavoro di camionista e lo status di cassaintegrata dell’attrice dal gennaio (OMISSIS) sono stati valutati atomisticamente ai fini del ragionamento presuntivo che, viceversa, impone una valutazione complessiva e unitaria di tutte le emergenze precedentemente isolate, così da vagliare i requisiti di gravità, precisione e concordanza in uno sguardo d’insieme e l’uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (cfr. Cass. Sez. 3, 13/04/2018 n. 9178, ove è stata cassata la decisione di merito, che, in ragione della ritenuta assenza di coabitazione, si era limitata a negare valore indiziario, all’esito di una loro mera valutazione atomistica, ad altri elementi acquisiti in giudizio, tra i quali l’esistenza di un comune conto corrente e la disponibilità in capo ad uno dei conviventi dell’agenda lavorativa dell’altro v. altresì, in ordine alla necessità della valutazione analitica e complessiva degli elementi indizianti, Cass. Sez. 3, 13/11/2015 n. 23201).

Quanto agli ulteriori elementi dedotti, definiti ipoteticamente significativi (nella specie: la durata della convivenza, lo spostamento della residenza e del domicilio fiscale e la delega a favore di (OMISSIS) (OMISSIS) ad operare sul conto corrente del de cuius), sono stati apoditticamente ritenuti privi di quella univocità e gravità tale da permettere di dedurne che «la già formatasi esistenza di vita tra il defunto e l’attrice in riassunzione, fosse talmente forte e stabilizzata da giustificare come prevedibile l’apporto stabile economico del primo a vantaggio della seconda, non solo per la stretta durata della convivenza ma per tutta la vita» con motivazione invero soltanto enunciata, ma non compiutamente analizzata, se non in guisa tautologica la Corte territoriale sminuisce talmente la circostanza fattuale, ritenuta pacifica del rapporto patrimoniale del convivente durante la convivenza sino a obliterarla del tutto.

Sul punto, giova rammentare che nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ovvero che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (Cass. n. 14762 del 30/05/2019).

Nel caso in esame la Corte piemontese non ha reso invero apprezzabili i passaggi logici posti a base del proprio convincimento per ritenere privi di univocità e gravità gli elementi fattuali esaminati.

5. In conclusione, vanno accolti il primo e terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo motivo, con cassazione in relazione ai motivi accolti della impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Torino che provvederà, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Per questi motivi

La Corte accoglie il primo e terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Torino che provvederà, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 27 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.