In tema di notifica della cartella esattoriale è sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con relativa relazione di notifica (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 11 maggio 2023, n. 12945).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere –

Dott. LENOCI Valentino – Consigliere –

Dott. CRIVELLI Alberto – Consigliere –

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15451-2016, proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso, in virtù di procura in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS);

ricorrente

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

E

(OMISSIS) S.P.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce al controricorso,  dagli Avv. (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS) (OMISSIS);

controricorrenti

avverso la sentenza n. 5419 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 14/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2023 dal Consigliere Dott. LUIGI LA BATTAGLIA.

Rilevato che:

(OMISSIS) (OMISSIS) impugnò la cartella di pagamento n. (OMISSIS) nonché gli avvisi di accertamento presupposti, deducendo di non averne mai ricevuto la notificazione, con conseguente illegittimità dell’iscrizione a ruolo delle relative somme, per intervenuta decadenza;

la C.T.P. di Milano respinse il ricorso, ritenendo che la notifica degli atti impugnati si fosse ritualmente perfezionata nei confronti del contribuente (quanto alla cartella di pagamento, a mezzo di lettera raccomandata ai sensi dell’art. 26 del d.p.r. n. 602/1973, consegnata a persona “addetta alla casa”) e che, in ogni caso, l’impugnazione giudiziale degli stessi doveva ritenersi aver sanato qualsivoglia eventuale nullità, in applicazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c.;

il contribuente impugnò tale pronuncia, evidenziando come, nel periodo nel quale si sarebbero perfezionate le suddette notifiche, egli (dopo le dimissioni da una degenza ospedaliera) avesse trasferito il proprio domicilio presso la casa della moglie in altra città, onde ricevere la necessaria assistenza in relazione alla patologia che lo aveva colpito;

la C.T.R. della Lombardia rigettò l’appello, osservando che le notifiche de quibus erano state effettuate nel luogo corrispondente al domicilio fiscale del (OMISSIS) dal quale questi risultava cancellato per irreperibilità solo in epoca successiva), e che la “documentazione medica prodotta, riferibile al ricovero ospedaliero del (OMISSIS) non appar[iva] decisiva nella misura in cui si limita[va] a provare una temporanea assenza dello stesso (OMISSIS) dal suo domicilio/residenza, per nulla inficiante la ritualità delle notifiche” (e ciò “anche perché le patologie, pur gravi, che [avevano] determinato il ricovero del (OMISSIS) non erano comunque tali da inficiare la sua capacità di intendere e di volere”: pag. 3 della sentenza impugnata);

(OMISSIS) (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi;

l’Agenzia delle Entrate ed (OMISSIS) s.p.a. hanno depositato controricorso;

il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Aldo Ceniccola, ha depositato memoria in data 12/01/2023, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Considerato che:

con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 26 d.p.r. n. 602/1973; 60, comma 1, lett. b-bis d.p.r. n. 600/1973; 6 n. 212/2000, lamentando l’irritualità della notificazione della cartella di pagamento, per essere stata effettuata in luogo non corrispondente all’abitazione effettiva del destinatario e non essere stata corredata della spedizione della raccomandata informativa, imposta dal richiamo  contenuto nel suddetto art. 60;

con il secondo motivo, viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 42 e 60, comma 1, lett. b-bis, d.p.r. n. 600/1973, e dell’art. 6 l. n. 212/2000, reiterando le censure di cui al primo  motivo, relativamente alla notificazione degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella impugnata;

il terzo motivo censura la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c., per avere la C.T.R. opinato nel senso della legittimità delle contestate notificazioni, nonostante la mancata produzione in giudizio delle relative relazioni in originale (tenuto conto che, “essendo stata disconosciuta da (OMISSIS) proprio la conformità dell’originale alle copie prodotte in giudizio, competeva all’Ufficio impositore e all’esattore provare (..) che il contenuto delle raccomandate asseritamente notificate per posta corrispondesse all’originale iscritto a ruolo”: pag. 21 del ricorso per cassazione), e nonostante i soggetti notificanti fossero “in possesso di elementi idonei ai fini della prova che il sig. (OMISSIS) aveva trasferito (..) la propria residenza da (OMISSIS) dapprima in ospedale e, quindi, a (OMISSIS) (pag. 23 del ricorso per cassazione);

con il quarto motivo viene dedotta la nullità della sentenza per omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., in ordine alle contestazioni circa la valenza probatoria delle produzioni delle controparti nei gradi di merito e, per converso, la rilevanza della prova, portata dal contribuente, circa il mutamento della sua residenza effettiva all’epoca delle notificazioni di cui si discute;

il quinto motivo censura l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per non avere la C.T.R. esaminato la questione dell’avvenuto disconoscimento, da parte del (OMISSIS) delle copie delle relate di notifica prodotte dalle controparti, con conseguente inefficacia delle stesse, sotto il profilo probatorio, ai fini della dimostrazione del rituale perfezionamento del procedimento notificatorio;

il primo motivo è infondato;

dalle affermazioni contenute nella sentenza impugnata, si ricava che la notificazione della cartella di pagamento de qua avvenne “mediante  il  procedimento  speciale  di  spedizione  di  lettera raccomandata, recapitata all’indirizzo di formale residenza e domicilio fiscale del contribuente, con ritiro da parte di persona ·addetta alla casa· (relata prodotta in copia ed esibita in originale dal legale di (OMISSIS) in udienza) in data 19.07.2008” (pag. 2 della sentenza impugnata);

secondo la tesi del contribuente, il concessionario avrebbe dovuto attivarsi per verificare quale fosse la sua residenza effettiva e, una volta constatato che non coincideva con quella formale (ove il contribuente  stesso aveva stabilito anche il proprio domicilio fiscale), ivi effettuare la notificazione della cartella di pagamento;

invero, l’art. 26 del d.p.r. n. 602, richiama, per quanto non previsto dallo stesso, le disposizioni di cui all’art. 60 d.p.r. n. 600/1973, il quale, al comma 1, lett. c), prevede che, “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”;

secondo Cass., 22/06/2018, n. 16528, “la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicarne il proprio all’Ufficio tributario, nonché di tenerne detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni; il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente ad eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973” (si veda anche Cass., 24/09/2015, n. 18934, a mente della quale, “in tema di accertamenti tributari, la disciplina delle notificazioni, che ne consente l’esecuzione nel domicilio fiscale del contribuente per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in caso di mancata comunicazione da parte di quest’ultimo di eventuali variazioni, è posta a garanzia dell’Amministrazione finanziaria, cui non può essere addossato l’onere di ricercare il contribuente, che non abbia assolto l’onere informativo a suo carico, fuori dal suo domicilio fiscale (..)”);

nel caso di specie, non è in contestazione che il luogo in cui venne eseguita la notificazione della cartella ex art. 26 cit. corrispondesse al domicilio fiscale del contribuente, né che questi avesse omesso di comunicare all’amministrazione finanziaria il proprio trasferimento a casa della  moglie in un diverso comune;

per quel che riguarda l’asserita necessità, ai fini del perfezionamento della notificazione, dell’invio della c.d. raccomandata informativa, si deve rimarcare che, “in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione dell’art. 1, comma 883, della l. n. 145 del 2018, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della l. n. 890 del 1982” (Cass., 10/04/2019, n. 10037);

quanto alla necessità di attestazione delle ricerche effettuate “dal messo notificatore (..) delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto”, si deve ribadire che la notificazione non venne effettuata  ai  sensi  dell’art. 139 c.p.c., bensì a mezzo lettera raccomandata ex  art. 26 d.p.r. n.  602/1973, venendo  in rilievo, conseguentemente, l’insegnamento di Cass., 17/01/2020, n. 946, alla cui stregua, “ai fini del perfezionamento della notifica diretta effettuata, a mezzo posta, dall’incaricato della riscossione è sufficiente la consegna del plico al domicilio del destinatario, senza nessun altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltreché sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, essendo la notifica valida anche se manchi l’indicazione delle generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, trattandosi di adempimento non previsto da alcuna norma” (si veda anche Cass., 03/04/2019, n. 9240, secondo cui, “allorché l’ufficio finanziario proceda alla notifica mediante invio diretto dell’atto a mezzo posta, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, si applicano le disposizioni concernenti il servizio postale ordinario con la conseguenza che, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario la quale si sia dichiarata “autorizzata al ritiro della posta”, deve presumersi che la qualità indicata, sostanzialmente equivalente a quella di “incaricato”, sia stata dichiarata proprio da chi ha ricevuto l’atto sicché, per vincere la presunzione derivante dalla consegna a tale persona, occorre provare che il consegnatario non era né dipendente del notificando né addetto alla casa per non aver ricevuto neppure un incarico provvisorio e precario”);

il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato, dal momento che (anche a voler tralasciare la circostanza che con lo stesso vengono indiscriminatamente riferiti, alla notificazione degli avvisi di accertamento, i medesimi vizi di nullità di cui alla notifica della cartella, benché la prima fosse stata eseguita secondo la diversa modalità ex art. 60, comma 1, lett. a), d.p.r. n. 600/1973) valgono, con riferimento al luogo della notifica, le considerazioni già svolte in ordine al criterio del domicilio fiscale del contribuente, non incombendo al messo notificatore alcun onere di effettuare ricerche sul (presumibile) diverso domicilio del contribuente, a fronte della ricezione degli atti da parte di soggetto qualificatosi “portiere” (e invero, secondo Cass., 28/07/2017, 18804, “in tema di notificazione degli atti tributari, qualora risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, il messo notificatore prima di procedere alla notifica ex art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, deve effettuare ricerche nel comune dov’è situato il domicilio fiscale del medesimo, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune, pur non potendo richiedersi all’amministrazione un’opera di investigazione che vada oltre le risultanze dei registri pubblici, giacché il legislatore ha posto a carico del contribuente l’onere di provvedere tempestivamente alle predette variazioni”);

parimenti infondato è il terzo motivo, dovendosi preliminarmente osservare come, in seno allo stesso, il ricorrente da un lato frammischi censure relative alla prova dell’avvenuta notificazione ad altre relative a  quella  dei  presupposti  che  avrebbero  dovuto  indurre  gli  enti notificatori ad effettuarla in altro luogo; dall’altro, non distingue la diversa valenza della raccomandata, in relazione alle diverse modalità di notificazione degli atti impositivi, da un canto, e della cartella dall’altro;

circa le censure afferenti alla notifica della cartella di pagamento, in primo luogo si osserva – con Cass., 22/06/2018, n. 16528 – come, “in tema di notifica della cartella di pagamento mediante raccomandata, la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 c.c., in conformità al principio di cd. vicinanza della prova, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova”;

in secondo luogo, con specifico riferimento al disconoscimento asseritamente operato dal ricorrente (e al di là del fatto che la censura non si confronta con l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, dell’avvenuta produzione in udienza dell’originale della relazione di notificazione), il motivo difetta di specificità, non enunciando la specifica scansione del procedimento di merito nel quale esso sarebbe stato proposto, né il contenuto della relativa eccezione, tenuto conto che “il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, comma 2, c.p.c., perché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa” (Cass., 23/05/2018, n. 12737, anch’essa relativa al disconoscimento della relata di notificazione di una cartella; si veda anche Cass., 26/10/2020, n. 23426, secondo cui, “in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice che escluda l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la C.T.R. aveva correttamente dichiarato il regolare perfezionamento della notifica sulla base della copia della cartolina di ritorno, valutando in assenza di produzione dell’originale e di conseguente rituale disconoscimento da parte del contribuente – il quale assumeva di non aver mai ricevuto detta notifica -, valorizzando il fatto che su di uno stesso foglio erano riportati gli estremi della cartella, della raccomandata, della data di spedizione e quella di notifica, nonché della fotocopia della ricevuta di ritorno, con il segno di croce a fianco della qualifica del ricevente l’atto e la firma autografa dello stesso)”);

in ogni caso, non può tralasciarsi di evidenziare che, “in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione della C.T.R. che non aveva ritenuto sufficiente la avvenuta produzione, da parte dell’agente della riscossione, di copie fotostatiche delle relate di notifica contenti il riferimento “al carico di cui agli estratti di ruolo” impugnati dalla contribuente, senza considerare che, in assenza di contestazioni sulla conformità delle copie agli originali, l’estratto di ruolo – equipollente della matrice – conteneva tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria)” (Cass., 21/07/2021, n. 20769);

il quarto motivo è infondato, sulla base del principio per cui “non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi” (Cass., 30/01/2020, n. 2153), dovendosi peraltro tener conto che “non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte” (Cass., 13/08/2018, n . 20718);

il quinto motivo di ricorso è inammissibile, sul presupposto che “il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio” (Cass., 31/03/2022, n. 10525), laddove, nel caso di specie, mediante il vizio in esame il ricorrente pretende di veicolare censure afferenti all’assolvimento dell’onere della prova circa il corretto perfezionamento della notificazione;

sulla scorta delle considerazioni che precedono, il ricorso è, in definitiva, meritevole di rigetto, con regolazione delle spese (liquidate in dispositivo) in base alla soccombenza;

sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato per atti giudiziari.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;

condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente (OMISSIS) s.p.a., delle spese  del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.600,00 per compensi, euro 200 per esborsi, rimborso spese forfetaria nella misura del 15% oltre agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115/2002 (inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/02/2023.

Depositata in Cancelleria il giorno 11 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.