Scaricare dal web informazioni belliche riconducibili all’Isis e volere trasferirsi in Arabia Saudita non provano in sé il fine delle condotte (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 11 maggio 2023, n. 20193).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELTRANI Sergio – Presidente –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Rel. Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza resa il 27 gennaio 2022 dalla CORTE di ASSISE DI APPELLO di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa MARIA DANIELA BORSELLINO;

sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Raffaele Gargiulo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Sentite le conclusioni degli avv.ti (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) che insistono nei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di assise di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza resa dal GUP del Tribunale di Catanzaro 1’8 giugno 2021 che ha dichiarato la responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS) in ordine al delitto di cui all’art. 270 quinquies cod. pen.

Si addebita all’imputato di avere acquisito autonomamente le istruzioni per la preparazione e l’uso di materiali esplosivi armi da fuoco e venefiche con finalità terroristiche, di matrice ISIS, attraverso la consultazione in rete di materiale afferente la propaganda dell’Isis e la puntuale catalogazione del materiale scaricato dal web e riversato in schede di memoria micro SD.

2. Avverso la detta sentenza propone ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dai propri difensori di fiducia, deducendo:

2.1. vizio di motivazione per omessa valutazione di una memoria difensiva versata in atti e della consulenza tecnica di parte allegata alla stessa. Il ricorrente lamenta che con l’atto di appello aveva censurato l’omessa valutazione da parte del GUP di una memoria depositata ex art. 121 cod. proc.pen. e degli allegati relativi, che smentivano la prospettazione accusatoria, e la corte ha osservato che tale censura è infondata poiché, in seguito al rigetto da parte del GUP della richiesta di definizione del giudizio con rito abbreviato subordinato alla escussione del consulente tecnico e alla conseguente scelta del giudizio abbreviato “secco”, la difesa aveva di fatto rinunciato ad avvalersi del consulente tecnico e della sua relazione, che non faceva parte degli atti delle indagini

La corte ha, pertanto, ritenuto che il GUP non fosse tenuto ad esaminare il contenuto della consulenza di parte allegata alla memoria difensiva depositata il 26 Aprile 2021; ha poi osservato che, comunque, nel corpo della motivazione il GUP, pur non confutando esplicitamente gli argomenti introdotti con la detta memoria, aveva respinto indirettamente le deduzioni difensive, evidenziando passaggi del suo iter argomentativo.

Nella memoria la difesa aveva evidenziato che dall’accertamento eseguito emergeva che alcuni file non erano stati neppure aperti, dopo essere stati scaricati; che non era necessario l’accreditamento sulle piattaforme social il cui accesso non era riservato a soggetti ritenuti affidabili, ma libero; che non vi erano messaggi in uscita, il che smentiva definitivamente l’ipotesi di scambio di dati con soggetti contigui ad associazioni terroristiche; che dai supporti informatici quotidianamente in uso all’imputato non si riscontravano elementi compatibili con la ricerca di potenziali obiettivi sensibili o con la volontà di recarsi all’estero.

L’omessa valutazione degli argomenti difensivi, che avevano carattere decisivo, aveva integrato un vizio della motivazione.

2.2. Violazione degli artt. 270 quinquies e 270 sexies cod. pen. in relazione all’acquisizione autonoma di istruzioni per il compimento di atti violenti e vizio di motivazione, poiché secondo i giudici l’imputato si sarebbe autoaddestrato per il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, ma lo stesso si è limitato a scaricare dati dal web, catalogandoli e salvandoli su schede di memoria.

Nel caso di specie manca la verifica dell’utilizzo concreto che l’imputato avrebbe fatto delle informazioni reperite, che risultano inidonee ai fini dell’istruzione o dell’autoaddestramento militare.

L’imputato, infatti, si sarebbe limitato ad un’attività di raccolta di dati informativi, il che non integra la fattispecie delittuosa contestata in quanto manca una condotta idonea univocamente diretta a porre in essere atti di terrorismo. Ricorda il ricorrente che l’art. 270 quinquies cod.pen. richiede un duplice dolo specifico, caratterizzato non solo dalla realizzazione di una condotta idonea al compimento di atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, ma anche dalla presenza della finalità di terrorismo. Nel caso in esame invece non si riscontra alcuna condotta significativa posta in essere dall’imputato, che si è limitato a scaricare file dal web.

Deduce inoltre il ricorrente che la corte di merito, per colmare la carenza motivazionale della sentenza del GUP su tale aspetto, ha valorizzato ai fini della condanna una nota della Questura di (OMISSIS) riversata in atti il (OMISSIS) utilizzando un elemento probatorio acquisitivo dopo l’ammissione al rito abbreviato e in epoca successiva alla discussione dello stesso giudizio, in aperta violazione delle basilari regole del contraddittorio tra le parti sull’acquisizione di documenti, sicché la difesa non ha alcuna contezza di questa nota, tra l’altro non rinvenuta nel fascicolo processuale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II ricorso è in parte fondato.

1.1. Il primo motivo è infondato.

Devono condividersi le considerazioni svolte dalla corte di appello in merito alla consulenza tecnica di parte, che è stata introdotta nel giudizio tramite il deposito della memoria in udienza preliminare, ma che proprio per il suo carattere di accertamento tecnico non poteva ampliare la piattaforma probatoria del giudizio abbreviato, una volta avanzata la detta richiesta senza condizioni.

Nel respingere la doglianza difensiva, la corte di appello ha reso una duplice motivazione sul punto, perché ha premesso che secondo la giurisprudenza maggioritaria l’omessa considerazione di una memoria difensiva non integra una causa di nullità, ma può integrare un vizio di motivazione laddove le considerazioni in esse espresse non siano state prese in considerazione dal giudice e abbiano inficiato la correttezza logico giuridica della motivazione, che ha trascurato elementi di prova decisivi.

La corte ha, poi, evidenziato la compiutezza e la condivisibilità delle argomentazioni del giudice di primo grado, osservando che questi ha confutato nella sostanza, sia pure indirettamente, le osservazioni della difesa contenute nella memoria che richiamano quelle del consulente tecnico.

Ed infatti a pagina 7 della motivazione della sentenza di secondo grado la Corte affronta le censure e le osservazioni che sono state introdotte con la memoria e osserva che il GUP ha confutato le deduzioni difensive, contenute nella memoria e mutuate dalla consulenza tecnica di parte allegata alla stessa.

In particolare ha osservato che i 23 canali telegram da cui (OMISSIS) si era cancellato erano accessibili solo su invito e che i contatti tra l’imputato e i gruppi internet di matrice terroristica non sono stati rinvenuti poiché è provato che il prevenuto seguendo le indicazioni fornite dallo stato islamico abbia cancellato le tracce dei suoi contatti.

In conclusione la Corte ha affrontato e respinto le doglianze dedotte con la memoria, mentre il ricorrente, nel dolersi della mancata valutazione della stessa, non si è confrontato con l’iter motivazionale seguito dalla Corte di appello e non ha dedotto ragioni specifiche che inducano a ritenere il ragionamento dei giudici di merito viziato o frutto di travisamento, così incorrendo nel vizio di genericità.

1.2. Il secondo motivo è fondato.

Deve ricordarsi che l’art. 270-quinquies cod. pen. sanziona con la reclusione da 5 a 10 anni “chiunque, al di fuori dei casi di cui all’articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale”; la stessa norma incriminatrice, di seguito, prevede l’irrogazione della medesima pena sia nei confronti dell’addestrato, sia nei confronti “della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all’articolo 270-sexies”.

Appare evidente come la previsione incriminatrice descriva un’ipotesi di reato di pericolo, perché punisce atti prodromici al compimento di condotte terroristiche.

Ma la condotta tipica non può limitarsi all’attività di informazione, pena la incostituzionalità di un precetto penale che sanzioni una mera idea eversiva, ma è integrata da comportamenti univocamente finalizzati alla commissione di condotte di terrorismo, che risultino espressione di un doppio dolo specifico: la volontà di autoaddestrarsi per commettere atti di violenza o di sabotaggio e quella di perseguire una finalità terroristica.

Non è casuale che nella norma si faccia riferimento solo all’univocità e non anche all’idoneità, a riprova del fatto che viene attribuita rilevanza penale a condotte che precedono il tentativo, integrato da atti idonei e univoci.

Ma la consumazione anticipata nei reati a dolo specifico presuppone, perché il fatto non si esaurisca in una fattispecie di volontà, la sussistenza di atti che oggettivamente manifestino che la detta volontà è finalizzata a realizzare lo scopo terroristico; l’obiettivo perseguito deve esplicitarsi all’esterno in una condotta che, pur non dovendo raggiungere la soglia dell’idoneità propria del tentativo, attesti la serietà dell’azione rispetto al fine, proiettandosi all’esterno attraverso elementi concreti e, appunto, univoci.

L’univocità della condotta, espressamente richiamata nel precetto penale, costituisce un requisito immancabile per l’individuazione della stessa tipicità della condotta.

A tale scopo la giurisprudenza ha ritenuto necessario che ricorrano, unitamente alle attività di informazione attraverso i mezzi di diffusione in merito ad atti di martirio e alla preparazione di atti terroristici, il rinvenimento di elementi esterni di varia natura che possano far pensare a condotte concretamente dirette alla predisposizione e alla preparazione di atti terroristici.

Nel rispetto di questi principi è stata valorizzata la costatazione che l’agente non si fosse limitato a una mera acquisizione di informazioni di contenuto bellico, ma avesse posto in essere comportamenti, tra cui viaggi all’estero, l’individuazione di obiettivi sensibili o l’acquisto di merci pericolose o la realizzazione di contatti specifici con elementi attivi nel settore o addirittura contigui ad associazioni terroristiche, da cui desumere univocamente la sua intenzione di prepararsi al compimento di atti terroristici.

La sentenza impugnata ha ritenuto che la mole di informazioni scaricate dal web, per le peculiari modalità di catalogazione del materiale acquisito e la precipua volontà di occultare l’origine delle stesse, nella evidente consapevolezza del loro carattere illecito, unitamente alla volontà di trasferirsi in Arabia Saudita, manifestata dall’imputato, fosse idonea, complessivamente considerate, ad integrare la condotta materiale della fattispecie contestata, e cioè la realizzazione di comportamenti univocamente finalizzati al compimento di atti di terrorismo.

Tali elementi non appaiono, in realtà, univoci nel palesare tale finalità, alla stregua dei principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità e in assenza di comprovati rapporti con soggetti attivi nel settore del radicalismo islamico che connotino in modo più significativo la condotta del (OMISSIS).

La corte ha fornito al riguardo una spiegazione non manifestamente illogica, rilevando come, in seguito ad una recente operazione internazionale di Polizia, i siti dello stato islamico  abbiano fornito indicazioni ai loro iscritti per cancellarne le tracce e vi è la prova che (omissis) abbia eliminato alcuni contatti.

La corte ha poi sottolineato, in due diversi passaggi della sentenza impugnata, che dalla nota della Questura di (OMISSIS) riversata in atti il (OMISSIS) e cioè pochi giorni prima della pronunzia della sentenza di primo grado, è stato rilevato un handle di Twitter con un soggetto contiguo ad ambienti del radicalismo islamico, a riprova di un contatto qualificato del (OMISSIS) con soggetti legati alla propaganda radicale e di una condotta del predetto univocamente diretta al compimento di atti terroristici.

Va tuttavia osservato che, come dedotto dal ricorrente, questa nota è stata trasmessa per l’unione agli atti del procedimento, in epoca successiva all’ammissione al rito abbreviato ed è stata inserita, peraltro nel fascicolo di appello, senza il rispetto delle regole del contraddittorio.

Ne consegue che di tale nota non poteva essere fatto alcun utilizzo, poiché dai verbali di causa essa non risulta acquisita formalmente agli atti.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro che dovrà rivalutare gli indici di univocità della condotta del (OMISSIS) per delimitare, nel rispetto del dettato normativo, le attività penalmente rilevanti e riconducibili alla fattispecie contestata, valorizzando i soli elementi utilizzabili.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.

Roma 7 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria l’11 maggio 2023.

SENTENZA -.