LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADRIANA DORONZO – Presidente –
Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI – Consigliere –
Dott. CARLA PONTERIO – Consigliere –
Dott. GUGLIELMO CINQUE – Consigliere –
Dott. FABRIZIO AMENDOLA – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 16215-2022 proposto da:
(omissis) (omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (omissis) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis);
– ricorrente –
contro
(omissis) (omissis) domiciliato in (omissis)
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1358/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/12/2021 R.G.N. 905/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/06/2023 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato (omissis) (omissis) spa a corrispondere €. 354,43 a (omissis) (omissis) sull’assunto che, diversamente da quanto ritenuto dal datore di lavoro, al personale non esattore andasse riconosciuto, in forza di un contratto integrativo aziendale siglato il 21 luglio 2015, il diritto ai ticket restaurant anche per le giornate non di lavoro effettivo ma equiparabili a quelle di lavoro effettivo ai sensi dell’art. 43, punto g), del CCNL applicabile;
2. avverso tale sentenza la soccombente società ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, cui ha resistito con controricorso l’intimato;
le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. con il motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli 1362 e ss. e.e., in relazione agli accordi sindacali aziendali del 18 settembre 2007, del 21 luglio 2015 e del 19 luglio 2018, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.;
si critica la sentenza impugnata perché l’introduzione del ticket restaurant era finalizzata a definire un emolumento sostitutivo dell’indennità di mensa legato all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa e per avere fornito un’interpretazione incompleta ed erronea dell’accordo del 21 luglio 2015 e, in particolare, dell’intenzione perseguita dalle parti, omettendo di valutare il comportamento inequivoco tenuto dai contraenti, anche dopo la stipulazione; il successivo accordo del 19 luglio 2018 confermerebbe l’esclusione del ticket restaurant per le giornate equiparate dal CCNL a quelle di effettiva prestazione;
2. il Collegio giudica il ricorso fondato;
2.1. giova premettere come l’interpretazione dell’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015 spetti al giudice di merito e sia censurabile in sede di legittimità (oltre che per vizi di motivazione nei limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma, 5 c.p.c.) soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale; e la ricorrente li ha correttamente denunciati, concreto la violazione e considerazioni attraverso avendone precisato cui il specificato il modo e giudice si in le sia discostato dagli stessi, sicché l’interpretazione dell’accordo è sindacabile in sede di legittimità (Cass. 25 gennaio 2022, n. 2173), nei limiti detti;
né la censura si risolve in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, nella mera contrapposizione di che si sostanzi una differente interpretazione: non dovendo, peraltro, l’interpretazione data dal giudice al contratto, per essere insindacabile in sede di legittimità sotto entrambi i profili, essere l’unica possibile, migliore in astratto, ma soltanto una interpretazioni plausibili, in quanto appunto o la delle non affetta da errore di diritto (da ultimo: Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
2.2. preme, altresì, ribadire il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo cui spetta invece ad essa l’interpretazione delle disposizioni contrattuali collettive nazionali in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 d.lgs. 40/2006, per la loro parificazione, sul piano processuale, a quella delle norme di diritto; non già come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione; sicché, non è necessaria, a pena di inammissibilità della doglianza, una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 28 maggio 2018, n. 13265; Cass. 18 novembre 2019, n. 29893; Cass. 14 gennaio 2021, n. 555; Cass. 12 aprile 2021, n. 9583; Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
2.3. sulla base della richiamata distinzione, occorre allora procedere alla verifica dell’interpretazione dell’accordo aziendale del 21 luglio 2015, nel rispetto dei limiti del sindacato di legittimità; e, pertanto, non in via di interpretazione diretta (non potendo essa sostituire un’interpretazione propria a quella della Corte d’appello), bensì attraverso il filtro devolutivo correttamente formulato (nel rispetto dei principi enunciati ai punti che precedono), per l’eventuale individuazione di una violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale: e segnatamente dell’art. 1362 c.c., alla stregua di un errore di diritto, al cospetto della perentoria affermazione della Corte territoriale, per la quale sarebbe “inequivoco” il “dato letterale dell’accordo in discussione” (così pag. 4 della sentenza impugnata);
2.4. nell’interpretare la norma collettiva aziendale, appare utile richiamare il principio, secondo cui il giudice del merito può limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della disposizione soltanto se esso riveli l’intenzione delle parti con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola, dovendo ricorrere, in caso contrario, alla valutazione del comportamento successivo delle parti nella sua applicazione ed alla considerazione di tutti gli altri criteri ermeneutici indicati dagli art. 1362 ss. c.c. (Cass. 4 gennaio 2013, n. 110); in particolare, se è vero che l’art. sotto il profilo del “chiaro tenore 1362 c.c., letterale” sia del testo, sia sotto il profilo della “comune intenzione delle parti”, costituisce criterio ermeneutico che deve prevalere, quando riveli con chiarezza e univocità la volontà comune delle parti, al punto che non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti (Cass. 28 agosto 2007, n. 18180; Cass. 21 agosto 2013, n. 19357; Cass. 4 maggio 2017, n. 10850), è anche vero che esso non è necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo; e ciò perché il significato delle dichiarazioni negoziali non è un prius, ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extra testuali, indicati dal legislatore (Cass. 15 luglio 2016, n. 14432), anche secondo una interpretazione orientata dal criterio di buona fede, a norma dell’art. 1366 e.e., avuto riguardo allo “scopo pratico” perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, e quindi della relativa “causa concreta” (Cass. 17 novembre 2021, n. 34795; Cass. 25 gennaio 2022, n. 2173);
in definitiva, il percorso ermeneutico deve articolarsi, da un punto di vista logico, in una circolarità che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione dei contraenti e di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell’accordo (secondo la previsione dell’art 1363 e.e.) e con la condotta complessiva tenuta dai medesimi (Cass. 14 settembre 2021, n. 24699), coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette (Cass. 13 ottobre 2022, n. 30141);
2.5. tanto chiarito, occorre allora verificare la corrispondenza ai su enunciati principi di diritto dell’interpretazione della Corte milanese, esclusivamente fondata sulla base del criterio del tenore letterale della disposizione da interpretare, riguardo all’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015, a suo avviso di “inequivoco dato letterale”;
2.5.1. orbene, con il verbale sottoscritto dal Gruppo (omissis) (omissis) e dalle Segreterie Nazionali di (omissis) congiuntamente alle rispettive strutture territoriali e RSA, per l’accordo di rinnovo della contrattazione aziendale di secondo livello per il triennio 2015/2017, le parti hanno, per quanto qui interessa, in particolare, sotto la rubrica Ticket Restaurant, così convenuto: “A tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g del vigente CCNL, l’Azienda riconoscerà a decorrere dall’l.10.2015, in luogo della predetta indennità, un Ticket Restaurant del valore di € 5,29 … “,.
l’indennità di mensa in questione è disciplinata dal CCNL per il personale dipendente di società e consorzi concessionari di (omissis) trafori del 2005, applicabile ratione temporis, che all’art. 43, lett. g), sotto la rubrica “Indennità di mensa”, stabilisce:
“24. Dove esistono nuclei consistenti di personale la Società esaminerà la possibilità di istituire mense aziendali.
25. Nei casi in cui ciò non sia possibile la Società corrisponde per ogni giornata di effettiva presenza in servizio, intendendosi per tale anche le ferie, le festività godute, le assenze per infortunio ed i ricoveri ospedalieri di durata superiore a cinque giorni, una indennità sostituti va nella misura di € 2,58 giornaliere.
26. Tale indennità non compete nel trasferta e quando il lavoratore, corso della che fruisce dell’indennità di zona, abbia usufruito del rimborso pieno di cui al precedente punto 10″ (essendo prevista la corresponsione di un rimborso per il pasto in misura pari a € 6,46: sub lett. e), rubricata “Indennità di zona”).
2.5.2. detta disposizione contrattuale collettiva deroga al principio generale, per il quale l’indennità di mensa, pur costituendo sotto molti aspetti una voce retributiva, rimane ciononostante per l’appunto una “indennità”, come tale strettamente connessa alla effettiva prestazione dell’attività lavorativa; sicché, in mancanza di una specifica prova dell’esistenza di un patto in senso contrario, non è dovuta per i giorni in cui il dipendente non abbia prestato la propria attività lavorativa, venendo meno le ragioni specifiche per la sua erogazione, posto che il prestatore non si è trovato, a causa degli impegni di lavoro, nella necessità di consumare il pasto fuori casa e di sopportare il relativo maggiore esborso (Cass. 22 luglio 2010, 17218, in motivazione sub p.to 3);
nel caso di specie, la specifica prova dell’esistenza di un patto in senso contrario è appunto rappresentata dall’art. 43, lett. g) del CCNL testé riportato;
2.5.3. secondo indirizzo interpretativo di questa Corte (ribadito da ultimo da: 1° giugno 2022, n. 17939, in motivazione sub p.to 10) e che trova applicazione anche nell’ambito del pubblico impiego privatizzato (Cass. 26 maggio 2008, n. 13544; Cass. 13 gennaio 2016, n. 355; Cass. 6 aprile 2017, n. 8892), meritevole di continuità per la sua condivisibile correttezza, il rapporto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale deve essere regolato, non già in base ai principi di gerarchia e di specialità propri delle fonti legislative, ma di effettiva volontà delle parti sociali, in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline (e di un loro diverso ambito applicativo, e di specialità secondo il criterio di competenza nel rispetto del principio di autonomia, talché la fonte collettiva prossima agli interessi disciplinati è, inderogabile di legge, nei limiti della normativa prevalente sulle altre consimili: Cass. 19 febbraio 1988, n. 1759); ed esso ha trovato riscontro nel mondo sindacale ance nell’aspetto delle relazioni industriali (Cass. 18 settembre 2007, n. 19351); sicché, in virtù del principio di autonomia negoziale stabilito dall’art. 1322 c.c., i contratti territoriali possono prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche in pejus, senza che osti il disposto dell’art. 2077 e.e., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, non suscettibili di un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello (Cass. 18 maggio 2010, n. 12098); pertanto, l’effettiva volontà delle parti sociali deve essere desunta attraverso il coordinamento delle diverse disposizioni delle fonti colletti ve, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a regole proprie in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale (Cass. 2 marzo 2 021, n. 5651);
2.5.4. la Corte territoriale ha tratto argomento di sostegno nell’interpretazione, denunciata come erronea dalla ricorrente, dalla formulazione dell’accordo sindacale aziendale del 18 settembre 2007 di (omissis) con le SS. del 18 settembre 2007, con il quale la Società (omissis) (omissis) e le Segreterie Nazionali di (omissis) avevano stabilito, in particolare per quanto qui interessa, sotto la voce “Parte economica”: “Le parti concordano che in sostituzione di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa, art. 43 punto 25, al personale addetto all’esazione dei pedaggi verrà corrisposto un “ticket restaurant” del valore unitario di € 5,29. In ogni caso a decorrere dal 1 gennaio 2008 cesserà di avere effetto nei confronti del personale addetto all’esazione dei pedaggi quanto contrattualmente definito sui criteri di erogazione dell‘indenn t mensa e verrà corrisposto, anche coprendo il successivo periodo, il “ticket restaurant” … Resta altresì inteso che al momento dell’attivazione del nuovo sistema cessa di aver effetto tutto quanto contrattualmente previsto in materia di indennità sostitutiva di mensa sia ai fini retributivi complessivi sia come modalità di erogazione. Le parti, infatti convengono che l’importo “ticket restaurant” non verrà computato a nessun effetto di legge e di contratto su alcun istituto contrattuale e legale. Convengono inoltre, in modificazione della disciplina contrattuale sui criteri di erogazione dell’indennità di mensa, che il “ticket restaurant” verrà corrisposto per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore e … conseguentemente per lo stesso non trovano applicazione le equiparazioni previste nel c. c. n.1. all’effettiva prestazione di cui all’art. 43, punti 25 e 34 …”;
2.5.5. con più specifica e approfondita attenzione all’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015, occorre ribadire che, quale fonte negoziale prossima agli interessi disciplinati e, pertanto, prevalente sulle altre consimili nell’interpretazione dell’effettiva volontà delle parti sociali, esso deve essere letto in corretta applicazione dei principi ermeneutici denunciati (in particolare, degli articoli 1362 e 1363 c.c.); sicché, pur costituendo sempre il criterio letterale previsto dall’art. 1362 c.c. punto di avvio per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale, il criterio logico – sistematico dell’art. 1363 c.c. assume, in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, un particolare rilievo, ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune (Cass. 9 marzo 2005, n. 5140); pertanto, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata alla luce innanzitutto del criterio di interpretazione letterale delle clausole, per desumere la volontà manifestata dai contraenti, si impone il ricorso anche al criterio logico-sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c. e quindi ad un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, delle parti (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267; Cass. 18 novembre 2019, 29893);
non può allora il giudice, nell’interpretazione dei contratti, arrestarsi ad una considerazione “atomistica” delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano devono essere fra loro coordinate e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. 14 aprile 2006, 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267; Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
2.5.6. occorre allora scrutinare attentamente la previsione dell’accordo in esame:
a) alla luce di un’attenta lettura del tenore letterale del testo (“A tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, to g del vigente CCNL, l’Azienda riconoscerà a decorrere dall’l.10.2015, in luogo della predetta indennità, un Ticket Restaurant del valore di € 5,29 … “), alla ricerca della comune interpretazione delle parti: a’) senza “limitarsi al senso letterale delle parole”, e quindi confrontandolo con la volontà manifestata dalle medesime parti nella progressione negoziale aziendale (dapprima con l’accordo integrativo aziendale del 18 settembre 2007, relativo al solo personale addetto all’esazione dei pedaggi), a specificazione “di prossimità agli interessi disciplinati” di quanto previsto dall’art. 43, p.to g) del CCNL vigente; a”) comportamento complessivo valutando pure “il anche posteriore loro alla conclusione del contratto”, in particolare manifestato con la comunicazione mail di (omissis) al proprio ufficio del personale del 29 settembre 2015 e con il successivo accordo del 2018, di “conferma” della corresponsione dei ticket restaurant per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza applicazione del“le equiparazioni previste dal c.c.n.l. alla “effettiva prestazione” di cui all’art. 43 punti 25 e 34″);
b) in combinazione con il criterio di sistematicità, in particolare riferimento alla sostituzione della disciplina contrattuale collettiva dell’indennità di mensa (art. 43, p.to g del CCNL citato) con i ticket restaurant;
2.5.6.1. in specifico riferimento al punto a’), se indubbiamente l’accordo del 18 settembre 2007 è stato più esplicito nell’affermazione della sostituzione con il Ticket Restaurant “di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa, art. 43 punto 25″ e della “modificazione della disciplina contrattuale sui criteri di erogazione dell’indennità di mensa” con la chiara indicazione della corresponsione del Ticket Restaurant per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore, sicché per esso “non trovano applicazione le equiparazioni previste nel c.c.n.l. all’effettiva prestazione di cui all’art. 43, punti 25 e 34″, occorre anche sottolineare come esso, per la prima volta, sia intervenuto “in sostituzione di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa” con l’introduzione, in luogo di quella, di “un “ticket restaurant” del valore di € 5,29″;
ciò ha reso necessario una più articolata e puntuale disciplina (sotto la rubrica “Parte economica”), oltre che della decorrenza, della modalità di pagamento, di esclusione dal computo di ogni istituto retributivo legale e contrattuale, diretto e indiretto e pure di delimitazione della sua corresponsione, diversamente che dall’indennità di mensa del CCNL, soltanto per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”; per l’accordo del 21 luglio 2015 ciò non è stato necessario, posto che il nuovo emolumento apparteneva ormai alla contrattazione aziendale, sia pure limitatamente al personale addetto all’esazione dei pedaggi: sicché, è stata sufficiente, per “tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, punto g) del vigente CCNL” la sola indicazione “Ticket Restaurant”, con indicazione della data di decorrenza e del valore;
in riferimento al p.to a”), appare indubbia la manifestazione della volontà di all’accordo “dal prossimo 1° ottobre”, dare seguito espressa dalla società (omissis) con l’informazione via mail del 29 settembre 2015 (appena due mesi dopo) del proprio ufficio del personale, di “distribuzione dei Ticket Restaurant a tutto il personale di tratta … sulla base delle effettive presenze, intendendosi per tali almeno 4 ore di prestazione (es.: le ferie non daranno diritto ai TR)“;
tale volontà è stata quindi ribadita con l’accordo del 19 luglio 2018 (per tutto il personale non percipiente l’indennità di mensa), di “conferma” della corresponsione dei “Ticket Restaurant per un valore unitario di € 5,29″ – senza computo “a nessun effetto di legge e di contratto su alcun istituto contrattuale e legale”, né considerazione “nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto e su qualsiasi altro istituto retributivo diretto e indiretto” – per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza applicazione del“le equiparazioni previste dal c.c.n.l. alla “effettiva prestazione” di cui all’art. 43 punti 25 e 34″;
2.5.6.2. in specifico riferimento al punto b), l’accordo ha stabilito, per tutto il personale percipiente l’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g) del vigente CCNL, la sua sostituzione integrale (“in luogo della predetta indennità”) con un Ticket Restaurant (del valore di € 5,29: doppio rispetto a quello dell’indennità di mensa);
essa è stata, infatti, richiamata disciplina, con inclusione ovvia nella sua di tutti i intera punti contenuti (da n. 24 a n. 26: e pertanto anche del n. 25) nell’art. 43, p.to g) del CCNL, con previsione esaustiva, non esigente ulteriore specificazione; d’altro canto, un rinvio all’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g) senza un richiamo dei punti che lo costituiscono, sarebbe privo di alcun senso, in quanto rinvierebbe a nulla;
2.6. l’applicazione combinata dei criteri previsti dagli 1362 e 1363 c.c., in conformità ai principi di diritto innanzi enunciati, rende conto dell’erroneità in diritto dell’interpretazione della Corte d’appello, che, in contrasto con essi, ha invece interpretato l’accordo aziendale in termini atomistici, in virtù di una lettura frammentata e parziale, così non cogliendo il senso esatto della previsione negoziale;
3. dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si uniformerà a quanto statuito, procedendo ad una nuova interpretazione, secondo i principi innanzi richiamati;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2023.