La Cassazione ribadisce che la capacità di intendere e di volere non può essere esclusa dallo stato d’ira, che non integra un’infermità psichica ma uno stato emotivo (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 13 aprile 2023, n. 15678).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELTRANI Sergio – Presidente –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Rel. Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza resa il 8 novembre 2021 dalla CORTE di APPELLO di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa MARIA DANIELA BORSELLINO;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Raffaele Gargiulo, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) che ha insistito nei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza resa il 5 Marzo 2019 dal Tribunale di Ascoli Piceno che ha dichiarato la responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS) per il reato di danneggiamento su cosa esposta pubblica fede, commesso il (OMISSIS).

2. Avverso la detta sentenza propone ricorso l’imputato tramite difensore di fiducia deducendo:

2.1. violazione di legge e vizio di motivazione poiché la corte avrebbe dovuto assolvere l’imputato per mancanza dell’elemento soggettivo in ragione della sua non imputabilità poiché è emerso dall’istruttoria che l’imputato non era persona autonoma ed era sottoposto ad amministrazione di sostegno; inoltre, la sua condotta è sintomatica di un grado limitato di capacità di attendere ai propri interessi e la teste oculare ha riferito che l’imputato camminava e dava pugni alle auto in sosta, preferendo colpire quelle nuove.

La stessa persona offesa ha dichiarato di avere ricevuto le indicazioni dalla teste oculare in ordine al responsabile del danneggiamento e di averlo seguito poiché questi si attardava sul luogo; il verbalizzante ha parlato di uno stato di ira e di nervosismo dell’imputato, ma anche tali circostanze non sono state ritenute idonee a incidere sulla imputabilità del (OMISSIS).

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’elemento oggettivo, poiché non vi è prova che il danno subito dall’autovettura in sosta della persona offesa sia stato prodotto dal pugno dell’imputato in quanto la teste oculare si è limitata ad affermare che questi camminava e colpiva le auto in sosta.

2.3. Vizio di motivazione in ordine al diniego della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131 bis codice penale, poiché la corte ha negato l’applicazione di tale istituto osservando che i precedenti penali a carico dell’imputato sono risalenti nel tempo ma comunque specifici, evidenziano la tendenza dell’imputato a reiterare condotte analoghe e sono sintomatiche della abitualità del suo comportamento.

3. II ricorso è inammissibile perché generico in quanto si limita a reiterare pedissequamente le censure già formulate con l’atto di gravame che hanno trovato adeguata e esaustiva risposta nella sentenza impugnata.

3.1. Come correttamente rilevato dal procuratore generale «per risalente giurisprudenza il giudice di merito ha il dovere di dichiarare d’ufficio la mancanza di condizioni di imputabilità soltanto quando sia evidente la prova della totale infermità di mente, mentre l’eventuale vizio parziale di mente costituisce una semplice circostanza attenuante che deve essere allegata dall’imputato» (Sez. 6, n. 41095 del 18/09/2013, Mattina, Rv. 257805).

La Corte ha ribadito che in forza della testimonianza oculare della (OMISSIS), non emergono dubbi circa la attribuibilità del danno cagionato alla carrozzeria dell’autovettura in sosta della persona offesa all’odierno imputato; che il (OMISSIS) a dire del verbalizzante si trovava in stato di ira, ma in atti non sono stati acquisiti elementi tali da indurre a ritenere inficiata la sua capacità di intendere e di volere, nonostante il predetto sia sottoposto all’amministrazione di sostegno.

Il ricorrente con l’atto di impugnazione non censura in modo specifico tale affermazione e non allega valutazioni mediche in ordine alle condizioni psicofisiche dell’imputato che possano giustificare una diversa conclusione.

L’allegazione della difesa, sia nell’atto di appello sia nel ricorso in esame, è stata estremamente generica, in contrasto con un altro principio, anch’esso consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la capacità d’intendere e di volere, per i soggetti che abbiano raggiunto la maggiore età, è in via di principio oggetto di una vera e propria presunzione, sia pure iuris tantum.

E’ noto che lo stato d’ira non incide sulla imputabilità poiché non integra un’infermità psichica ma uno stato emotivo; né la sottoposizione dell’imputato all’amministrazione di sostegno costituisce elemento sufficiente e idoneo a palesare la sua incapacità anche solo parziale di comprendere il disvalore delle proprie condotte e di contenere la propria aggressività.

3.2. La corte ha formulato adeguata e congrua motivazione in ordine alla insussistenza della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. in ragione di precedenti specifici dell’ imputato, che inducono a ritenere una sua abitualità a commettere delitti della stessa specie.

Va infine osservato che la difesa aveva motivato la richiesta dell’art. 131 bis cod.pen. sull’incertezza della prova della responsabilità dell’imputato, elemento che non può essere preso in considerazione, e sul carattere esiguo del danno, che ammonta a non meno di 250 euro e non è pertanto di infima entità.

4. Si impone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.

Motivazione semplificata.

Roma 7 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2023.

SENTENZA – originale -.