REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. IANNELLO Emilio – Rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28437/2021 R.G. proposto da
Comune di Monte Sant’Angelo, rappresentato e difeso dall’Avv. Pasquale (OMISSIS);
–ricorrente–
contro
(OMISSIS) Lorenzo, (OMISSIS) Michele, (OMISSIS) Nicola, (OMISSIS) Leonardo, (OMISSIS) Vittorio, (OMISSIS) Pasquina, (OMISSIS) Raffaelina, (OMISSIS) Michele, (OMISSIS) Marynicla, (OMISSIS) Melania, (OMISSIS) Emanuela, tutti rappresentati e difeso dall’Avv. Matteo (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via (OMISSIS), n. 53;
–controricorrenti–
avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 692/2021, depositata l’8 aprile 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Bari, rigettando i contrapposti gravami, ha confermato la decisione di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta da Maria Luigia (OMISSIS) contro il Comune di Monte Sant’Angelo, riconosciuto il concorso del fatto colposo della danneggiata nella misura del 50%, aveva condannato l’ente al pagamento in favore della predetta della somma di € 147.875,10 per i danni subiti a seguito dell’ incidente occorsole il giorno 9 dicembre 2006, alle ore 9,15, allorquando, mentre camminava tra le bancarelle del mercato rionale, cadeva rovinosamente a terra, a causa di una buca presente sul manto stradale.
Per quanto in questa sede interessa ha in particolare rilevato, con riferimento alla condotta della danneggiata, che in forza del principio di autoresponsabilità, la (OMISSIS), con una maggiore diligenza ed attenzione, avrebbe dovuto avvedersi della sconnessione, tra l’altro evidente, esistente sul tratto stradale percorso; tanto più che l’evento accadde in pieno giorno, in presenza di tanta gente (svolgendosi il mercato rionale); elementi, questi, che avrebbero dovuto indurre la (OMISSIS) a prestare una maggiore prudenza nel percorrere la strada di che trattasi, anche in considerazione del fatto che procedendo a piedi (e quindi a velocità assai ridotta) la predetta aveva la esatta percezione dello stato dei luoghi, peraltro affollato.
2. Avverso tale decisione il Comune di Monte Sant’Angelo propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono gli eredi di Maria Luigia (OMISSIS), in epigrafe indicati, depositando controricorso.
Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2697 c.c., nonché la contraddittorietà della sentenza, ex art. 132, comma secondo, num. 4, c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato, da un lato, la responsabilità del Comune di Monte Sant’Angelo ex art. 2051 c.c., e dall’altro, la sussistenza di una condotta colposa da parte di quest’ultima, la quale non avrebbe prestato una maggiore prudenza nell’attraversare la strada pubblica pur avendo la esatta percezione dello stato dei luoghi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ. per non avere la Corte di Appello ritenuto interrotto il nesso eziologico tra la condotta della danneggiata ed il danno, pur essendo stata fornita dall’ente locale la prova del fortuito consistita nella condotta autonoma e colposa della vittima.
3. Le censure, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono infondate.
Come è noto, i più avanzati approdi della riflessione giurisprudenziale di questa Corte, sul tema della responsabilità per i danni da cosa in custodia (art. 2051 cod. civ.) sono in atto rappresentati dalle ordinanze della Terza Sezione Civile 1° febbraio 2018, nn. 2477 – 2483, nelle quali si sono stabiliti i seguenti principi, cui da ultimo ha prestato avallo anche Cass. Sez. U. n. 20943 del 30/06/2022:
a) l’art. 2051 cod. civ., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima;
b) la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 cod. civ., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso;
c) il caso fortuito, il quale può essere rappresentato da fatto naturale o del terzo, o dalla stessa condotta del danneggiato, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere;
d) la condotta del danneggiato, il quale entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, comma primo, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;
e) ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
4. Alla luce di tali principi appare evidente che nessuna intrinseca e irriducibile contraddittorietà sussiste tra l’affermazione del carattere imprudente della condotta della danneggiata e il riconoscimento di una responsabilità, concorrente, del Comune quale custode della cosa da cui è derivato il danno, ex art. 2051 cod. civ., la cui applicazione, nel caso concreto, risulta conforme alla consolidata interpretazione datane da questa Corte.
In tema di responsabilità per danni da cosa in custodia, infatti, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti come «caso fortuito» e, dunque, per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa (v. Cass. 16/02/2021, n. 4035).
La eterogeneità tra i concetti di «negligenza della vittima» e di «imprevedibilità» della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che la condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima, ferma la sua rilevanza ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1227, comma primo, cod. civ., non è di per sé sufficiente ad escludere del tutto la responsabilità del custode, occorrendo anche che si tratti di condotta non prevedibile né prevenibile (v. Cass. 31/10/2017, n. 25837; v. anche Cass. n. 26524 del 20/11/2020).
Stabilire se una certa condotta della vittima d’un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui sia o meno imprevedibile e non prevenibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito.
Nella specie tale valutazione deve ritenersi operata nel secondo senso dal giudice a quo, sia pure indirettamente o per implicito.
Le censure sul punto svolte, lungi dall’individuare il dedotto error in iudicando, si risolvono nella inammissibile sollecitazione di una diversa valutazione di merito, certamente estranea al giudizio di legittimità.
5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo e distratte in favore del difensore dei controricorrenti che ne ha fatto rituale richiesta nel controricorso.
6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, distratte in favore del difensore antistatario, Avv. Matteo (OMISSIS).
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 15 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2022.