La Suprema corte accoglie il ricorso del ricorrente condannato per furto aggravato perché agli atti vi era una “mera denuncia” (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 24 maggio 2023, n. 22658).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Edoardo – Presidente

Dott. DE MARZO Giuseppe – Rel. Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. PILLA Egle – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 12/12/2022 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Paola Mastroberardino, la quale ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa che la persona offesa venga informata della facoltà di esercitare il diritto di querela, nonché conclusioni scritte nell’interesse dell’imputato.

Ritenuto in fatto

1. Nell’interesse di (OMISSIS) (OMISSIS) viene proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 12 dicembre 2022 con la quale la Corte d’appello di L’Aquila, per quanto ancora rileva, ha confermato la decisione di primo grado, quanto all’affermazione di responsabilità dell’imputato in relazione a delitto di cui agli artt. 624, 625, primo comma, n. 7, cod. pen.

Con l’unico motivo di ricorso si deduce che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022, il delitto attribuito all’imputato è divenuto procedibile a querela e che agli atti è presente una mera denuncia non accompagnata da alcuna istanza di punizione.

Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Paola Mastroberardino, la quale ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa che la persona offesa venga informata della facoltà di esercitare il diritto di querela, nonché conclusioni scritte nell’interesse dell’imputato.

Considerato in diritto

1. Va premesso che il controllo degli atti processuali ha consentito di accertare l’esistenza di una mera denuncia dalla quale non emerge in alcun modo la formulazione di un’istanza di punizione: tanto discende sia dalla qualificazione dell’atto che dal suo contenuto.

Ciò posto, si tratta di comprendere quale sia il significato da attribuire alla disciplina transitoria dettata dall’art. 85 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, con riferimento ai reati divenuti, come nel caso di specie, procedibili a querela di parte a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso d.lgs.

Allo scopo va sottolineato che il comma 1 dell’art. 85 cit. nel testo attualmente vigente, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 5-bis d.l. 31 ottobre 2022, 162, conv. con I. 30 dicembre 2022, n. 199, dispone che, per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni dello stesso d.lgs. 150 del 2022, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso (ossia, come nella specie, prima del 30 dicembre 2022: art. 99-bis d.lgs. n. 150 del 2022), il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.

Il comma 2 dell’art. 85 disciplina la sorte delle misure cautelari personali in corso di esecuzione, le quali perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo d.lgs., l’autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela.

A tal fine il medesimo comma 2 prevede che l’autorità giudiziaria effettui ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Nella pendenza dell’indicato termine di venti giorni sono sospesi i termini previsti dall’art. 303 cod. proc. pen.

Viene, inoltre, prevista dal comma 2-bis, l’applicazione dell’art. 346 del codice di rito nella pendenza del termine di cui al comma 1 e al comma 2.

Infine, il comma 2-ter dispone che, per i delitti previsti dagli artt. 609-bis, 612-bis e 612-ter cod. pen., commessi prima della data di entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022, si continua a procedere d’ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto perseguibile a querela della persona offesa in base alle disposizioni dello stesso d.lgs.

Ne discende che il sistema normativo non contempla alcun meccanismo di sospensione del processo e, al di fuori del caso previsto dal comma 2 di applicazione di misure cautelari personali in corso di esecuzione, nessuna attività di ricerca e di sollecito della persona offesa.

In definitiva, il legislatore ha scelto di non riproporre la normativa transitoria dettata dall’art. 12 del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, quando, in occasione della modifica del regime di procedibilità di taluni reati, si previde (nella sostanza ricalcando il modello di cui all’art. 99 I. 24 novembre 1981, n. 689), al comma 1, che, per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del d.lgs. n. 36 del 2018, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorresse dalla predetta data, se la persona offesa aveva avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato; mentre, al comma 2, si aggiunse che, pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informasse la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorresse dal giorno in cui la persona offesa era stata informata.

Non solo.

L’attuale testo dell’art. 85 cit. rappresenta una consapevole modifica dell’originario testo della disciplina, quale pubblicata sul Supplemento ordinario 38/L della Gazzetta ufficiale del 17 ottobre 2022, nel quale era previsto, al comma 2, che, quando, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, fosse stata esercitata l’azione penale, il giudice avrebbe dovuto informare la persona offesa della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine per proporla avrebbe preso a decorrere dal giorno in cui la persona fosse stata informata. Era aggiunto che il giudice avrebbe dovuto effettuare ogni utile ricerca anagrafica, ove necessaria e che, prima dell’esercizio dell’azione penale, avrebbe dovuto provvedere il pubblico ministero.

Le disposizioni che significativamente sono state abbandonate con la legge di conversione, pur finalizzate a sollecitare una decisione della persona offesa in ordine all’esercizio del diritto di querela, appaiono rivelatrici dell’intendimento del legislatore, che era quello di agevolare l’ingresso nel processo dell’eventuale atto di manifestazione della volontà punitiva, quale si sarebbe realizzato ad iniziativa principalmente – anche se non necessariamente – dell’organo interessato a documentare la procedibilità dell’azione penale della quale è titolare: ossia il pubblico ministero ( impregiudicati, s’intende, i casi nei quali siffatta iniziativa è stata ritenuta superflua da Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551 – 01, in particolare, par. 3.2. del Considerato in diritto).

La soppressione di siffatta articolata disciplina – il cui significato appare univoco nel senso che si espliciterà – mostra che il legislatore ha inteso escludere qualunque percorso procedimentale speciale, finalizzato sia a sollecitare la decisione della persona offesa rispetto al mutato quadro normativo sia a garantire, in caso di positivo esercizio del diritto di querela, l’introduzione del relativo atto di manifestazione della volontà punitiva.

Se quanto precede è esatto, ritiene il Collegio che il silenzio legislativo escluda uno stringente dovere di svolgere accertamenti, quanto alla sopravvenuta presentazione di una querela, accertamenti che peraltro possono solo indicativamente essere delineati, in assenza di un puntuale percorso normativo. Invero, come ricorda la citata Sez. U, n. 40150 del 2018, la mancanza della condizione di procedibilità viene comunemente trattata come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso (Sez. 6, n. 44774 del 08/10/2015, Raggi, Rv. 265343) ed ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione (Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568).

Dalla precedente interpretazione consegue che appare ragionevolmente sostenibile la sussistenza di un onere in capo alla pubblica accusa di introdurre atti sopravvenuti che, come detto, valgano a documentare la persistente procedibilità dell’azione penale esercitata.

Tutto ciò non esclude che il giudice di legittimità, nel tentativo di porre rimedio alle carenze normative, attivi prassi finalizzate a impedire che ritardi, da parte delle Procure della Repubblica, nella trasmissione delle querele sopravvenute possano condurre ad epiloghi decisori di improcedibilità nonostante la sopraggiunta presentazione di istanze punitive.

Ma, si ripete, si tratta di modelli organizzativi che, in assenza di puntuali indicazioni normative, rappresentano uno scrupolo istituzionale finalizzato all’avanzamento della tutela garantita dall’ordinamento alle persone offese con riguardo alla facoltà di sporgere querela.

Infine, ed a completamento delle precedenti argomentazioni, è utile dare atto che, nel presente processo, una interlocuzione con la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara ha consentito di accertare che non risulta essere stata presentata alcuna querela, a seguito dell’originaria denuncia.

2. Ne discende che la sentenza va annullata senza rinvio perché l’azione penale non può essere proseguita per difetto di querela.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non può essere proseguita per difetto di querela.

Così deciso il 10/05/2023.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2023.

SENTENZA -.